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Autore: Morgana_82    12/06/2013    3 recensioni
*AGGIORNAMENTO 24-04-2022*
Dopo lunghi anni (quasi 10 da quando l'ho pubblicato), torno a rimaneggiare questo mio piccolo racconto. Lo revisionerò e, spero, migliorerò.
Ho creato una nuova storia (con lo stesso titolo), in cui pubblicherò i capitoli revisionati.
Chiudo dunque questa storia. Grazie a tutti per aver seguito e commentato
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Frigga, Loki, Odino, Thor
Note: AU, Movieverse, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Dopo lunghi anni (quasi 10 da quando l'ho pubblicato), torno a rimaneggiare questo mio piccolo racconto. Lo revisionerò e, spero, migliorerò.
Buona lettura 
 

Átta vetr

Otto inverni

Vartu fyr jǫrð neðan

Fosti, tu, sottoterra,

Kýr mólkandi ok kona

Vacca da mungere e femmina

Ok hefr þú þar bǫrn borit

E là hai generato figli:

Ok hugða ek þat args aðal.

Penso che da froci sia questo

 

[Odino contro Loki, Lokasenna]


     

Cautamente, Loki si adagia sul letto e si abbandona contro la spalliera di legno intarsiato, il contatto con il materiale familiare gli procura una sensazione piacevole, la prima di tutta la giornata. Prova a rilassare le membra doloranti mettendosi sdraiato ma -Aah!-, un movimento troppo brusco gli dà la conferma che la spalla sinistra è decisamente slogata. Tastando con più cura sotto la pelle e i muscoli tumefatti, sente che l’omero è uscito fuori dal suo alloggio. “Deve’essere stato quando mi ha storto il braccio dietro la schiena”, ripensa alla colluttazione avuta quella mattina con Freyr, risente nelle orecchie le risate degli altri ragazzi, i loro insulti e insinuazioni… 

 

****

 

Argr

        Frocio

        Invertito

Vacca

    Effeminato 

 

-Lasciatelo! Lasciatelo stare, ho detto. Vi rompo il muso a tutti quanti!- il gruppo di aggressori si apre in un coro di urla, risa, imprecazioni, mentre il giovane si lancia nella mischia a testa bassa, tirando pugni senza guardare a chi o a cosa. 

Per terra c’è un monticello di stoffa, immobile e inerte, Thor si china su di lui e lo scuote piano,  -Loki, mi senti fratello? Come stai?- 

Il monticello di stoffa si solleva sul gomito ossuto e guarda sopra di sé con occhi pesti, un raggio di sole gli offusca la vista, Thor è sopra di lui: criniera gialla, spalle di marmo scolpito, occhi ceruleo vibrante.

-Che c’è Thor, tuo fratello ha bisogno della guardia del corpo?- a capo del gruppo di aggressori c’è Freyr. Anche lui è biondo, alto e ha già un accenno di peluria sul mento, che lui ostenta a chiamare Barba. Ride e si strofina le nocche, su cui colano rivoli rossi.

Dietro Freyr, altri quattro o cinque ragazzi sghignazzano e si danno il gomito l’un con l’altro. Si somigliano tutti, tanto da poter essere fratelli di sangue. Una schiera di chiome bionde, lineamenti solidi e regolari, braccia modellate da anni di addestramento con le armi, di lotte per gioco fino allo sfinimento. 

-Lascia stare, Fratello, posso cavarmela da solo contro questi spacconi-, in mezzo a quel campo di girasoli gialli Loki spicca come una papavero nero. Il suo mento è puntuto e prominente, il naso è affilato e dritto, i capelli sono lucidi e neri come l’acqua in fondo a un pozzo e ha gli occhi pieni d’un verde che non somiglia a nulla si sia mai visto ad Asgard. 

-Lo avete sentito, ragazzi?- bercia Freyr, - avanti, piccolo Argr, facci vedere qualcun altro dei tuoi trucchetti, o forse prima hai bisogno di dare la manina a tuo fratello? Ve la spassate insieme, la notte?- un lampo dorato e Thor è già scattato. Freyr incassa un pugno nello stomaco, che lo fa piegare fino a terra. Il tempo di respirare e assesta un montante sotto il mento di Thor e ricomincia la rissa. Gli altri fanno capannello attorno ai due che se le danno, strillando, facendo il tifo chi per l’uno e chi per l’altro. A quel punto non ha importanza.

 

Loki si solleva, malfermo, e con la mano destra tiene serrato al corpo il braccio sinistro, la cui ossuta spalla è probabilmente slogata. Gli cola sangue dal labbro, dal naso, e ha un occhio pesto. Ma coloro che fino a poco prima lo stavano riempiendo di botte adesso lo ignorano del tutto, Loki osserva le loro spalle rotonde agitarsi, le loro nuche bionde dimenarsi. Perfino nella sconfitta e nell’umiliazione non riesce ad essere al centro dell’attenzione per più di una manciata di secondi. 

“Eppure, se non fosse arrivato Thor…"

Volge le spalle allo schiamazzo e si dirige verso casa. Non ha bisogno di sapere come finirà lo scontro, Freyr non ha mai vinto una sola volta contro suo fratello, “e non penso che comincerà proprio oggi”.

 

****

 

Il flusso di ricordi si interrompe come un film messo in pausa. Nella stanza semibuia, Loki sente l’odio montare dentro, risucchiare tutto il resto, come un’onda del mare quando trascina via l’acqua dalla riva e si gonfia preparandosi a infrangersi. Ma non è il momento di riversare l’odio. Non ancora. 

L’onda si abbassa e lascia solo acqua ribollente. 

Loki si guarda intorno, cerca nella stanza qualcosa con cui poter ridurre la lussazione alla spalla, non è la prima volta che gli succede e ha imparato a curarsi da solo, anche se l’operazione è dolorosa. “Sempre meglio che andare a chiedere l’aiuto del Læknir. Nel giro di un giorno tutta Asgard saprebbe che sono stato pestato per l’ennesima volta”

Intravede un laccio di cuoio del corredo da battaglia, gettato in un angolo e inutilizzato. Lo prende e lo saggia: andrà bene. Ne lega un capo al pomo metallico del pesante letto e l’altro al polso sinistro. Inspira profondamente e stende cautamente il braccio, gemendo di dolore, quando è sufficientemente allineato, assesta uno strattone deciso.

Loki urla, mentre l’osso rientra in sede con uno schiocco secco, ed è tutto finito. Il giovane torna a sedersi sul letto e con il laccio di cuoio fascia il braccio contro il petto, per permettere ai tendini e ai muscoli di rimanere rilassati. Non resta che aspettare che passi, e che spariscano anche i lividi, ma il dolore si dimentica facilmente… quando è sopra la pelle. 

Bussano delicatamente alla porta.

-Avanti-, mormora Loki e si raddrizza, per darsi un contegno.

La porta si apre ed entra una donna alta e bionda, dal portamento rigido e austero -mi hanno detto che sei tornato malconcio anche oggi-.

-Le serve di questo palazzo hanno più occhi di Heimdallr-, commenta Loki, -oppure mi fai spiare, Madre?-

La donna viene avanti, in un frusciare di vesti leggere, -è forse un crimine, per una madre, voler sapere cosa accade ai propri figli?-

Loki non risponde, osserva sua madre con la coda dell’occhio sano, e cerca di nasconderle il braccio fasciato.    

Sua madre si siede sul bordo opposto del letto e distoglie lo sguardo per lisciarsi le vesti. Loki capisce che ha già visto, che sa tutto “come sempre…” 

-Vuoi raccontarmi cosa è successo?- gli chiede Frigga, ma lui rimane in silenzio “se sai già tutto, perché me lo chiedi?” 

Il  silenzio di un figlio è eloquente, per una madre, forse più di un discorso. -Ancora Freyr e gli altri giovani?- domanda ancora, e osserva suo figlio, che le dà le spalle mentre prova a nascondere il braccio sinistro, che evidentemente è fortemente contuso. Loki non le risponde. -Mi dispiace che tu debba subire continuamente queste angherie,- continua Frigga con tono comprensivo.

-È un mio problema, mamma, non te ne devi preoccupare-, mormora il giovane. 

-È il mio lavoro preoccuparmi per i miei figli. Se smettessi, non avrei più niente da fare tutto il giorno, mi annoierei- risponde la donna, placida. Resta in silenzio alcuni secondi, poi chiede: -mi permetti di dare uno sguardo a quella spalla?- 

-Sto bene, ti ringrazio. Presto guarirà-, risponde Loki, sfiorando i lividi bluastri. L’occhio destro gli si è quasi del tutto tumefatto.

Frigga, seduta sul bordo del letto, in silenzio, guarda il figlio con tale intensità e tanto a lungo da sembrare che voglia risucchiarlo dentro di sé, -non posso proprio fare nulla per te?- chiede a un tratto, con un accenno di tristezza nella voce, -forse potrei parlare con tuo fratello, lui…-

Loki sogghigna e l’occhio gli pulsa, insieme alla mascella e alla spalla -mio fratello Thor era tra coloro che mi hanno ridotto in questo stato-, commenta con amarezza.

L’espressione di Frigga si indurisce, -non mentire a tua madre, giovanotto-.

“Già, certo. Loki il bugiardo…” il giovane si alza dal letto e si avvicina alla finestra, unica fonte di luce nella stanza semi buia, -ti chiedo perdono Madre, hai ragione: era una bugia. Una pessima bugia, oltretutto. Thor non ha alzato la sua mano su di me.- si ferma per riprendere fiato e dare enfasi alla frase successiva -ma nemmeno si è opposto a coloro che lo facevano-, aggiunge quindi, -almeno fino a quando non mi ha visto perdere i sensi.-

Frigga fissa la schiena del figlio, -immagino volesse darti la possibilità di cavartela da solo-, commenta con voce piatta. 

-Adesso sei tu che menti, Madre-, commenta Loki in tono acido, -sai quanto me che mio fratello è come tutti gli altri. Mi disprezza, perché sono debole, incapace di primeggiare nella lotta, o nell’uso delle armi. Perché sono diverso-.

Frigga si alza in un frusciare delicato di vesti, raggiunge Loki alle spalle e gli posa una mano sulla schiena, è così magro, così minuto, così giovane eppure già così pieno di dolore.

-Tu non sei debole, figlio mio-, lo consola Frigga dolcemente, -e la diversità può essere un gran dono-, cerca di accarezzarlo, ma Loki si sottrae al tocco e si volta a fronteggiare la madre. 

-È una maledizione, invece! Perché è toccato a me e non a Thor?- Fissa sua madre, anche se non spera in una risposta, ma si accorge che Frigga lo fissa con uno sguardo strano, forse impaurito? 

La donna distoglie lo sguardo e lo dirige in un angolo della stanza, dove intravede alcuni vecchi giochi di quando Loki era bambino, ammonticchiati in una cesta, quasi nascosti da vestiti e mantelli. Istintivamente, si dirige verso quegli oggetti e scosta le stoffe che li coprono, per vederli meglio. Una palla di stoffa, un soldato di legno dipinto… mentre li prende a uno a uno e li accarezza, riprende a parlare. -Dovresti sapere, figlio mio, che le Norne incidono nel tronco di Yggdrasil le vite e i destini di ogni nuovo nato, e promulgano il loro Ørlog, il loro Fato. Tutte le creature dei nove mondi, siano essi uomini, divinità o animali, sono soggette a quanto viene da loro inscritto nell’albero-.

Loki ascolta quelle parole, che chiunque su Asgard ha ascoltato innumerevoli volte, ma che per la prima volta lo colpiscono come una martellata di consapevolezza. “Dunque non c’è speranza per me? Sono destinato al fallimento? Ad essere sconfitto?”

Il giovane torna mestamente a sedersi sul bordo del letto, curvo e malconcio, -sai, a volte mi sembra di essere di un’altra specie, di appartenere a un altro luogo…- confessa alla madre.

Un brivido freddo scende lungo la schiena di Frigga -e quale sarebbe questo luogo?- domanda con un filo di voce mentre ripone i giochi e li copre nuovamente con la pila di vestiti.

-Non lo so,- risponde il giovane, sommessamente, -un luogo in cui essere me stesso non sia fonte di vergogna.-

Frigga rilassa la mascella, che scopre essere tesa -non è così, infatti, mio dolce bambino- si gira e raggiunge il figlio, sedendoglisi accanto, -tu non sei fonte di vergogna per me e nemmeno per tuo Padre. Forse lui non lo dimostra facilmente, ma è orgoglioso di entrambi i suoi figli.-

-Allora sono io stesso che non riesco ad essere orgoglioso di me stesso, per quello che sono, anzi: che non sono. Un ragazzetto magro e inutile, che sa solo fare qualche osceno trucco di magia-.

-Osceno trucco di magia?- ripete Frigga dolcemente, -Loki, tu sei nato con un dono raro-.

-Un dono impostomi alla nascita, di cui non desidero più il peso. Preferirei mille volte essere uguale a tutti gli altri-.

-Se davvero per te è importante, allora sii come tutti gli altri-

-Ma come?-

-Inizia a comportarti come Thor e Freyr e gli altri muscolosi idioti di questo reame-

-Hai appena dato a mio fratello del “muscolodo idiota”? Aspetta che mi segno questa data-.

-Non fraintendermi. Tuo fratello ha un gran cuore, e sarà un giorno un valoroso condottiero, perché questo è il suo Ørlog, ma gli manca l’acume e l’ingegno che invece sono stati dati a te. E comunque dimentichi che, mentre ciò che è imposto alla nascita, influenza inevitabilmente il futuro, ciò che è in divenire può essere controllato e, quindi, diventando passato, può modificare il futuro. Ørlog non è che la radice, ma la tela non è tessuta-.

-Madre, forse io sono stato picchiato alla testa troppo forte, ma mi sembra che tu stia vaneggiando-.

-Non essere insolente, figlio. Se tu passassi più tempo a studiare e ad affinare la tua mente e le tue arti, che sono le tue qualità migliori, invece di autocommiserarti, e invidiare qualità che non possiedi, sapresti esattamente di cosa sto parlando.-

Il volto diafano di Loki si colora di un leggero rossore, -ti chiedo perdono. Insegnami, ti prego-.

-Vedi, ciò che in questo momento esatto è presente, nel momento stesso in cui l’ho detto è già diventato passato. Ciò che era futuro un momento fa, invece, è diventato presente. Che cosa deduci da questo?-

-Banalmente, che le mie scelte sul presente influenzano il mio futuro?- 

-Non la trovo affatto una cosa così banale. Se ci pensi, Loki, questo significa che a prescindere da quale fato ti sia stato dato alla nascita, tu hai libertà di scegliere qual è il tuo futuro-. 

-Vorrei restare solo, Madre, se non ti dispiace-.

Frigga annuisce e esce, lasciando il figlio in piedi, al centro della stanza. 

Futuro… Presente… Passato…

 

****

 

Thor lo trova appollaiato sul davanzale della finestra, irrompe nella stanza con il sorriso del vittorioso stampato sulla faccia, porta con orgoglio un labbro spaccato e gonfio, -gliel’ho fatta vedere, fratellino-, esulta, -sta pur certo che Freyr non oserà più dire certe cose di te-.

Loki gli sorride, -grazie, Thor. Anche se non credo sarà così-.

-Che vuoi dire?- Thor aggrotta le delicate sopracciglia -che non gliele ho date abbastanza forti? Ti assicuro che ho difeso il tuo onore-. 

“Stupido ammasso di muscoli senza cervello”.

-Sono sicuro che hai picchiato forte, fratello. Ma sei stato tu a farlo, e non io. Quindi perché dovrebbero smettere di infastidirmi? Almeno quando tu non sei nei paraggi-.

Thor gli si fa vicino e lo guarda con più attenzione, -quell’occhio non ha un bell’aspetto, non vuoi che ti accompagni nelle stanze del Læknir? Lui saprà sicuramente darti qualcosa per sgonfiarlo-.

-Ti ringrazio della premura-, risponde Loki scivolando giù dal davanzale, -vorrei solo che la smetteste di trattarmi come se non fossi in grado di sopportare un po’ di dolore. Non sono così fragile come tutti sembrano pensare-.

-Io non penso che tu sia fragile-, Thor lo afferra per la spalla sinistra e Loki si morde le labbra soffocando un gemito, -scusa- dice Thor lasciando la presa, -ti fa molto male?-

-Non è niente, lasciami stare!-

Loki va a sdraiarsi sul letto disfatto e si abbandona supino, il fratello lo segue e gli si sdraia di fianco. Fissano in silenzio il soffitto, affrescato con scene di guerra, caccia e vittorie di grandi eroi.

-Mi dispiace per quello che è successo oggi-, dice Thor dopo alcuni minuti di silenzio, -non pensavo che ci sarebbero andati giù così pesante-.

Loki continua a guardare il soffitto, -non fa niente-, le scuse del fratello lo blandiscono.

-Però, sai…- continua Thor, voltandosi verso il fratello -forse, se tu provassi ad assomigliare a tutti gli altri, loro smetterebbero di prendersela con te-. 

-Vuoi vedere come faccio muovere quelle figure sul soffitto?- risponde Loki dopo un attimo di silenzio.

Thor si solleva su un gomito e guarda il fratello dall’alto, -dico sul serio. Perché non puoi venire ad allenarti con me e gli altri ragazzi, o a bere o a caccia insieme a noi? Perché sei sempre scostante e disdegni la nostra compagnia? Forse non valiamo abbastanza, per te?-

Loki non risponde, solleva il braccio sano e muove le dita affusolate attraverso l’aria. Gli affreschi sul soffitto si animano di vita propria e cominciano a spostarsi, strisciando sulle pareti come fogli di carta bagnata. Uomini e donne di antiche leggende, cigni bianchi, cervi dorati, cani da caccia e cavalli scalpitanti invadono ogni angolo della stanza.

-Perché mi ignori? Io cerco solo di aiutarti…-, insiste Thor con stizza.

-Non ti sto ignorando, non potrei mai. Tu sei il potente Thor, futuro re di Asgard. Ignorati è un crimine passibile di morte-, risponde Loki con mezzo sorriso amaro sulle labbra.

-Ce l’hai con me, adesso? Non sono stato mica io a picchiarti, anzi, mi pare di averti difeso!-

Sul soffitto, due cani da caccia hanno stretto nell’angolo una volpe bruna e le abbaiano contro, muti, in attesa che arrivi il cacciatore. Loki continua a non rispondere, fissando il soffitto, fin quando un cuscino di piume piomba pesantemente sulla sua faccia.

-Ehi, ma sei impazzito? Non vedi che sono pieno di lividi?- le immagini affrescate tornano istantaneamente al loro posto, nell’affresco. 

Thor ridacchia, -beh, non credo di poter peggiorare le cose. La tua faccia è un disastro-.

-Ah, sì?- Loki prende a sua volta il cuscino e rende il colpo -ottuso caprone, sbruffone, pensi di essere così bello?-

In un attimo i due sono in piedi sul letto e nella stanza si scatena una tormenta di piume bianche, 

-non vale-, si lamenta Loki quando sta avendo la peggio, -ho un braccio che non mi funziona-. Thor nasconde il suo braccio destro dietro la schiena, -adesso siamo pari!- ma Loki soffia sul palmo della mano e d’un tratto tutte le piume turbinano attorno a Thor, trasformandolo in un pupazzo di neve sputacchiante.

-Questo è davvero sleale, Loki! Tu e i tuoi sporchi trucchi- ma ride. E ride anche Loki, una schiera di denti bianchi gli illumina il viso pallido e pesto. Un altro rapido movimento delle lunghe dita e tutte le piume ritornano al loro posto, nelle federe dei cuscini. 

Thor si guarda attorno stupito, -devi insegnarmi questo trucco, lo userò la prossima volta che nostra Madre mi chiederà di mettere a posto la mia stanza-.

-Per mettere a posto la tua stanza non basterebbe un semplice trucco, ci vorrebbe un intervento divino-, lo canzona il fratello mentre si massaggia la spalla. -Senti-, aggiunge tornando serio, -non è che voglia sembrarti un ingrato, ma la prossima volta che c’è da litigare, vorrei che tu non intervenissi-.

-Che significa? Che non vuoi che stia dalla tua parte?-

-Ma certo che lo voglio, non dire idiozie, è che vorrei farcela da solo, almeno una volta…-

-Come vuoi, fratellino-, annuisce Thor, dandogli un colpetto sotto il mento, -che ne dici se andiamo a mangiare qualcosa? Muoio di fame-.

-No, io resto qua. Voglio provare delle cose nuove che mi sono venute in mente-.

-Come vuoi, allora a dopo-.

-A dopo-, la porta si chiude alle spalle di Thor, e nella stanza è un po’ più buio. 

Le immagini affrescate tornano di nuovo a strisciare contro le pareti, espandendosi fino al pavimento. Adesso però hanno qualcosa di diverso: ghigni distorti e smorfie orripilanti sfigurano i bei volti degli eroi e delle eroine, i cavalli sbavano, mostrano zanne fameliche di smisurata lunghezza, sbuffano fumo e leccano il morso con lingue biforcute. 

Mentre la volpe bruna ha sbranato i due cani che la tenevano in scacco si ciba delle loro carni.

 

  
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