Film > Howl's moving castle
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Autore: Marge    12/06/2013    3 recensioni
Un piccolo incidente domestico, avvenuto mentre Howl e Sophie sono “distratti” da tutt’altro, li spinge ad esplorare lo strano mondo che è il negozio del mago Arduine, alla ricerca del prezioso metallo di cui hanno bisogno.
Terza classificata al contest “La tavola periodica delle fanfiction”.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Calcifer, Howl, Sophie | Coppie: Howl/Sophie
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Flowers Wall'
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Questa storia fa parte della saga Flowers Wall, da me creata. Se volete un aiuto per districarvi fra tutte le storie, consultate la cronologia!





ALLO SPECCHIO


Il divano non è molto comodo, pensò distrattamente Howl; il grande letto nella stanza in cima al Castello era di gran lunga meglio, e l’aveva dimostrato in diverse occasioni, ma era impossibile concepire anche solo l’idea di interrompersi, salire tutte quelle scale solo per poter aver la libertà di rotolarsi a piacimento tra lenzuola ricamate e luci soffuse negli angoli. E chi ha bisogno di muoversi, pensò ancora, quando ci si trova nel luogo migliore al mondo? E lui in quel momento si trovata stretto tra le cosce di una Sophie eccitata ed ansimante, con le labbra su un suo seno che a malapena usciva dalla camicetta sbottonata, ed una mano di lei sul suo fianco lo esortava a spingere più a fondo ad ogni movimento. E forse non era tanto per le dimensioni ridotte del divano che lui non si faceva venire in mente qualcosa di più fantasioso da fare con lei, ma solo per le sue labbra, bagnate e socchiuse che ad ogni spinta lasciavano andare un lieve suono involontario; con Sophie poteva esser estremamente stimolante sperimentare, ma in fondo non c’era niente di più bello che perdersi semplicemente senza pensare a nulla, fondersi al suo corpo e sentirlo vibrare in risposta al suo. Ogni pensiero lasciò definitivamente la mente di Howl quando lei si irrigidì, colta dal piacere tra le sue braccia, e strinse i denti per non urlare; ed il più grande mago delle terre di Ingary si smarrì del tutto, dimenticando divano, dimensioni e comodità per sentire attorno a sé solo quel corpo morbido e caldo.
Appoggiò la fronte al suo petto, beandosi delle dita che cominciarono ad accarezzargli piano i capelli, con il cuore ancora rapido in gola e quello di Sophie che galoppava come un cavallino sotto la camicetta bianca.
D’un tratto Sophie aprì gli occhi ed alzò il naso, ad annusare. “Cos’è quest’odore?” chiese sospettosa.
Anche Howl quindi si risvegliò dal torpore: “Come di… bruciato. C’è qualcosa sul fuoco?”
“La cena!” urlò lei alzandosi a sedere; lo spinse lontano con un gesto brusco e si precipitò al pentolone sospeso sul fuoco. Con uno straccio lo spostò dalla fiamma e prese a girare energicamente con il mestolo in legno, ma smise quasi subito.
“Completamente bruciata” commentò mesta. “Ed inoltre è completamente attaccata al fondo, non credo che riusciremo a toglierla tanto facilmente.”
Sulla superficie della zuppa cominciarono ad emergere scaglie di ingredienti bruciati, nere come il carbone.
Howl si alzò dal divano rivestendosi in fretta. “Non preoccuparti, mangeremo qualcos’altro.” In quel momento si sentiva talmente appagato da poter saltare completamente il pasto ed essere comunque molto felice.
“Sì, ma credo che anche il pentolone sia da buttar via. Non riuscirò mai a ripulirlo per bene.”
“Era un vecchio pentolone senza alcun valore, non crucciarti. Possiamo…”
Un enorme boato proveniente dall’interno del Castello interruppe la sua frase a metà.
“Ed ora cosa succede?” esclamò esasperato. La porta che conduceva alla pancia del Castello sbatté contro la parete, aperta da una folata di aria grigiastra. Dal fumo emerse una fiammella volteggiante e stranamente tossicchiante.
“C’è stato un problema di sotto” disse Calcifer. Continuò a sputacchiare lapilli e fumo. “Crediamo di esserci addormentati mentre…”
“Ti sei addormentato mentre lavoravi con la mia macchina?” tuonò allora Howl. Sophie lo prese per un braccio per tentare di calmarlo: del resto, loro avevano bruciato cena e pentolone per un motivo ben più stupido.
“Era così caldo e piacevole stare laggiù…” si difese il piccolo demone corrucciando la bocca.

L’aria nel laboratorio era praticamente irrespirabile, e Sophie corse a spalancare le piccole finestrelle tonde. Howl osservava immobile i resti del suo strano marchingegno: un tubo era esploso e mostrava il suo squarcio annerito ai tre.
“Sembra che solo questo sia rotto” disse Calcifer con una vocina colpevole.
“Da quando hai questo trabiccolo qui dentro?” chiese invece Sophie guardandosi attorno meravigliata: tubi in metallo, provette di vetro e contorte serpentine correvano tutt’attorno alla stanza circolare, salendo e scendendo per le pareti intervallati da boiler e cisterne; non si riusciva neanche a capire dove cominciasse e finisse il tutto, e soprattutto a cosa servisse.
“Ti avevo semplicemente chiesto di mantenere la caldaia in funzione e la pressione costante nei tubi. Come è potuta esplodere?”
“Ci siamo addormentati e forse abbiamo sognato… Il calore è aumentato e…”
Calcifer si interruppe nel vedere l’espressione furiosa sul viso di Howl e corse a rifugiarsi dietro uno sportelletto di quella che aveva tutta l’aria di una normalissima caldaia. Sophie si avvicinò per osservare meglio: era esattamente da lì che il calore si propagava nei tubi; seguì con lo sguardo le serpentine che conducevano ad un enorme contenitore chiuso, anch’esso in metallo rosso lucente.
“Non toccare, dev’essere ancora incandescente” la avvertì Howl.
“Ma come funziona questa macchina?” chiese lei ritirando la mano.
“Il fuoco nella caldaia fa evaporare l’acqua contenuta nella cisterna, ed il vapore aziona una serie di leve che… Lascia stare, è complicato.”
“Sì, ma a cosa serve?” insistette lei.
“Howl si è dato all’alchimia” disse Calcifer da dietro lo sportello.
“Sono un mago, e sono anche il più grande di tutta Ingary” disse l’interpellato in difesa. “Suppongo non ci sia alcun problema se voglio estrarre, o vaporizzare, o miscelare od ogni altra azione questa splendida macchina mi permette di fare con tutte le sostanze esistenti.”
Si avvicinò al tubo spaccato e con un dito accarezzò il bordo tagliente della fenditura: “Mi correggo, permetteva.”
“Non si può sostituire?” chiese allora Sophie pratica, mentre dentro di sé si stava domandando come avesse fatto a non accorgersi di quel terribile marchingegno in funzione proprio sotto la sua cucina. Come aveva fatto Howl a portarlo fin lì?
“Si tratta di un materiale particolare.”
“Non è metallo?”
“Si chiama rame” specificò Calcifer, emergendo appena. “Difficile da trovare in tutto il regno, perché proviene da terre lontane, ed è anche molto costoso.”
“Vorrà dire che non avrai la cena per giorni, finché il tubo non sarà riparato!” tuonò Howl. Sophie sorrise e fece l’occhiolino al demone che si era nuovamente rintanato nel fondo della caldaia.
“Conosco un solo luogo in cui si può trovare: da Arduine.”
“È così tanto che non andiamo laggiù!” esclamò allora Calcifer, fiammeggiando al di fuori della caldaia con lingue di fuoco giallo.
“Cosa c’è da essere così felici? È un bel posto?”
“Un posto eccezionale” annuì Howl, e finalmente sorrise.

Forse essere estremamente disordinati è segno di intelligenza, pensò Sophie persa tra le cianfrusaglie di quell’enorme negozio. Ed io infatti sono molto ordinata, concluse. Howl le aveva decantato le innumerevoli doti di Arduine durante tutto il viaggio, e Sophie si era quasi aspettata di vedersi davanti un altro affascinante mago coperto di gioielli da capo a piedi: era rimasta piuttosto stupita nel vedere un omino magro come un chiodo, più basso di lei, venirle incontro totalmente insaccato in una tunica scura.
“Howl Pendragon! Qual buon vento! E c’è anche il tuo demone. Girano strane voci sul vostro conto!”
“Nulla di ciò che avrai udito è vero, posso provarlo.”
“Non sono interessato ai pettegolezzi, e men che meno alla verità. Chi è questa favolosa fanciulla che conduci con te oggi?”
Invece di rispondergli, Howl aveva commentato: “Arduine è un genio”, ed a Sophie non era rimasto che presentarsi da sé, intimidita dallo sguardo dell’omino.
“Ma è umano?” aveva bisbigliato all’orecchio di Howl quando l’altro si era voltato.
“Ha forse qualche importanza?”
Quello che Howl aveva definito negozio era piuttosto una tana, estremamente simile alla stanza in cima al Castello, ricolma di ogni oggetto immaginabile ed anche di una serie di strumenti dal dubbio utilizzo. I mucchi di roba formavano corridoi e cunicoli, alcuni talmente ampi da giungere al soffitto, e sembrava che quel luogo non avesse una fine.
“Signor Arduine, se posso chiedere…” aveva esordito Sophie timidamente, “ in questo vostro negozio avete esclusivamente articoli per maghi, o vendete anche oggetti comuni?”
Gli altri tre erano scoppiati a ridere, e Sophie si era sentita estremamente stupida senza capirne il perché.
“Carissima” aveva risposto lui mettendole un braccio attorno alle spalle, “perché non provate a perdervi un po’ nel mio negozio? Sono sicuro che troverete quello che serve.”
“Ma a me non serve niente, è Howl che…”
In tutta risposta, Arduine aveva sorriso come si fa ad una bambina, e l’aveva sospinta in un corridoio.
Dopo diverso tempo speso a girare senza meta, Sophie non era molto sicura di sapere come tornare indietro.

Una risatina improvvisa le fece rizzare i capelli sulla nuca.
“Chi c’è?” chiese voltandosi.
Davanti a sé c’era solo un grande specchio la cui cornice, in ottone polveroso, circondava la sua figura con complicati ghirigori. Sophie sospirò.
“Dopotutto non sono molto diversa dalla timida cappellaia di provincia che ero” mormorò portando una mano al cappello. Lo tolse e si squadrò voltandosi da un lato e dall’altro, con la treccia argentata che le saltellava sui fianchi ad ogni movimento.
La se stessa al di là del vetro sorrise e le fece un occhiolino.
Sophie s’irrigidì mentre il cuore mancava un battito. Possibile…? La luce arrivava a malapena, filtrata dai cumuli di oggetti. Con il cuore impazzito in petto fece un passo avanti.
“Mi sono immaginata ogni cosa” si disse. Nello specchio ora vi era solo una Sophie alquanto smarrita e spaventata. Sospirò di nuovo e chiuse gli occhi per un attimo.
Quando li riaprì, la Sophie nello specchio aveva rughe a circondarle il volto, le mani solcate da nodi duri e vene irrigidite, ed era china sotto il peso della vecchiaia. Sophie non trattenne un grido e si affrettò a controllare le proprie mani: lisce, sottili e delicate. Tirò un sospiro di sollievo e rialzò lo sguardo tremando sullo specchio.
“Sophie, non gridare” disse la vecchia al di là del vetro. “Sono io, non ricordi?”
Appoggiò la mano alla superficie, e Sophie, con la testa vuota, a sua volta mise la sua sopra quella, meravigliandosi quasi di sentire il freddo della lastra.
“Credevo di aver infranto quella maledizione per sempre” sussurrò con un filo di voce, trattenendosi dal battere i denti.
“Ma i tuoi capelli sono rimasti del colore delle stelle.” La vecchia ridacchiò. “Tutto sommato così sono quasi meglio: non ricordi che colore insulso ed anonimo avevano? Ora invece sei unica.”
Lo specchio sotto il palmo si fece molle e la mano venne inglobata da una sostanza viscida e fredda. Sophie urlò ancora, provando a ritirarla.
“Non agitarti” disse la vecchia.
“Ma chi sei?”
“Sophie Hatter, cappellaia.”
“Sophie Hatter sono io!” gridò allora lei, afferrandosi il polso con l’altra mano per fare più forza. Le dita nodose della vecchia le stringevano la mano con una forza incredibile. Terrorizzata chiuse gli occhi ancora, ma quando li riaprì l’altra era ancora lì, con un capello in testa del tutto simile al suo, il vestito azzurro rattoppato più volte ed un sorriso dolce in viso.
“Stanno tutti bene?” chiese. “Markl, Calcifer, Heen…”
Sophie annuì. “ E con Howl come va? Il solito vanitoso ed irascibile?”
La mano al di là dello specchio la lasciò andare, ma Sophie non ritirò la sua. Invece sorrise: “Sì, è sempre il solito. Ma a suo modo è anche molto protettivo.”
“Ha smesso di correre dietro ad ogni fanciulla del regno di Ingary?”
Sophie annuì e ridacchiò. “Si limita a correre dietro ad una sola, ma non deve fare molta strada.”
La vecchia a sua volta rise. Poi si raddrizzò nei suoi pochi centimetri e prese un’aria seria: “Non sarà facile vivere accanto ad un uomo del genere. Ma il suo fascino è impossibile da sfuggire, nevvero?”
“Non è solo quello” disse Sophie. È il modo in cui si prende cura di me; il modo in cui si preoccupa sempre che io sia felice, che stia bene. È per come mi guarda, cercando di capire cosa medito, perché gli interessa sempre, ed il terrore infantile che lo attraversa al solo pensiero che io decida di andar via.
La vecchia sembrò intuire le sue riflessioni. “Di se stessi bisogna decidere da se stessi.”
“Lo so. Lo sto facendo, ora.”
“C’è qualcosa di cui avresti bisogno?”
Sophie alzò gli occhi al cielo e si mise un dito sulle labbra. “Un pentolone nuovo, il mio si è bruciato ieri.”
“Niente di più facile” sorrise la vecchia. Si girò e sembrò fare qualche passo nel disordinato sfondo dietro di lei, un riflesso oscuro e confuso di ciò che era alle spalle di Sophie. Quanto tornò aveva in mano un fogliettino spiegazzato; lo mise nella tasca della gonna.
“Prendilo.”
Sophie infilò la mano nella tasca della propria, e sentì la consistenza della carta sotto le dita. Lo tirò fuori e lo osservò stupita: vi era disegnato solo un simbolo, un cerchio che sormontava una piccola croce.
“Trova lo scaffale con quel simbolo. Ci sarà tutto ciò di cui hai bisogno.”
“Grazie” disse Sophie, ma la vecchia non rispose più: sullo specchio ora vi era nuovamente solo lei, con il foglietto in mano ed un’espressione alquanto sciocca.
Si diede alla ricerca.


“Howl!” gridò poco dopo, quando fu davanti ad un enorme armadio in legno spesso; dietro le vetrinette brillavano diversi oggetti in lucente metallo rosso. Sul frontone dell’armadio svettava il simbolo riportato sul foglietto.
Arduine, Howl e Calcifer la raggiunsero poco dopo.
“Trovato qualcosa di interessante?” chiese il venditore.
“Credo di sì.”
Aprì un’anta e si mise ad osservare gli oggetti; l’armadio era piuttosto profondo e vi s’infilò con tutto il busto.
“Ecco qui!” esclamò trionfante, e si voltò per mostrare agli altri la sua incredibile scoperta: un enorme pentolone. “Questo è perfetto!”
“Quello è rame!” realizzò quindi Howl, ed a sua volta si infilò nell’armadio per poi riemergerne con un pezzo grezzo del metallo in mano.
“Sembra che abbiate entrambi trovato ciò di cui avevate bisogno” osservò Arduine, e sorrise.
“Come hai fatto a trovare questo armadio?” chiese Howl. “Calcifer ed io abbiamo vagato a lungo cercandolo.” Sembrava conoscere già la risposta, quindi Sophie si limitò ad alzare le spalle.
“Possiamo comprare entrambi?” domandò invece rivolta ad Arduine.
“Non crediamo di avere soldi a sufficienza” si intromise Calcifer.
“Non c’è problema per questo” rispose Arduine, e congiunse le mani in grembo. “Il pentolone è senz’altro un mio regalo. Non ricordavo più dove avevo raccolto tutti i miei oggetti in rame, ma voi mi avete fatto il favore di ritrovarli, quindi siamo pari.”
“Ma non posso accettarlo!” esclamò Sophie.
“Se promettete di invitarmi a cena, è vostro. Sono sicuro che sapete cucinare ottimi manicaretti.”
“È proprio così” confermò Howl. “Sophie, perché tu e Calcifer non mi aspettate fuori? Arduine ed io dobbiamo trattare il prezzo del mio rame.”
Il vecchietto rise, come se l’idea di dover contrattare lo divertisse molto. Alquanto dubbiosa Sophie salutò ed uscì dal negozio.
Mentre aspettava, seduta su un muretto con Calcifer al fianco, si specchiò nel fondo lucente del pentolone: niente altro che il viso di una ragazzina anonima dai capelli color delle stelle.
“Tutto bene, Sophie?” chiese il demone.
“Credo di sì” rispose. “Ma nel negozio di Arduine è sempre necessario far così?”
“È un posto strano” convenne Calcifer. “Anche Howl ha avuto esperienze bizzarre, lì dentro. Forse un giorno te le racconterà.”
“E tu? Non hai mai cercato nulla, da Arduine?”
Le fiamme del demone virarono dall’arancione al violetto, ma non rispose. Sophie ridacchiò: “Non preoccuparti per la tua cena: ti porterò qualcosa ogni giorno, finché ad Howl non sarà passata l’arrabbiatura. È irascibile e testardo, vero? Ma fra poco sarà così contento di riavere la sua strana macchina funzionante che non se ne ricorderà neanche più.”
Quando Howl uscì dal negozio li trovò che si sbellicavano dalle risate senza un apparente motivo.




***
Salve gente! Ecco la mia nuova fatica per la saga di FW. Questa storia è stata scritta per il contest La tavola periodica delle fanfiction, valutata da Kirame27. Ho scelto il prompt “Rame” e mi sono beccata il terzo posto! Ringrazio moltissimo la giudiciA per questo.

Ed ecco qualche spiegazione sull’utilizzo del prompt: “Il rame è stato associato alla dea Venere nella mitologia e nell'alchimia per via del suo aspetto lucente, del suo uso nella produzione di specchi e per la sua principale zona estrattiva, l'isola di Cipro. Il simbolo usato dagli alchimisti per rappresentare il rame è identico a quello impiegato dagli astrologi per rappresentare il pianeta Venere.” (Wikipedia). Con queste poche righe dovrebbero risultare molto chiari tutti i riferimenti al metallo che ho utilizzato nella fanfic.

Inoltre è stata scritta con il prompt "Specchio" per la mia tabellina per 10disneyfic. Qui non c'è bisogno di nessuna spiegazione!

Fatemi sapere cosa ne pensate! Ogni commento sarà estremamente gradito. See ya!
  
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