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Autore: Mayo Samurai    13/06/2013    1 recensioni
"E questa è la storia del giovane ladro innamorato, che morì, perché il cuore gli avevan rubato."
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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 In una terra lontana, il cui nome oramai solo nei libri si rintana, viveva un re malvagio, che incuteva timore, paura e disagio.
Il re governava col pugno di ferro, anche se in verità, aveva l’aspetto di un verro.
Nessuno lo amava, nemmeno la regina, né i figli, nè tantomeno la figlia più piccina.
Il popolo piangeva disperato, sperando che qualcuno li liberasse da quel crudele fato.
Per anni nessuno giunse, e la morsa del re, sempre più si strinse.
Ma ecco un giorno, il salvatore arrivò, dopo anni di silenzio, si presentò
Nell’ombra era rimasto rintanato, da ladri, gitani, era stato addestrato.
Era minuto, pallido e piuttosto schietto, ma dotato di un grande intelletto.
Amava star solo e raccogliere erbe, passando il tempo a covare come una serpe.
Non era cattivo in fondo al suo cuore, ma a sol vedere il re, sentiva un pesante malore.
Tutto gli avevan portato via, campi, gioielli e della famiglia la compagnia.
Dei ladri faceva parte, diventata per lui, oramai un’arte.
Svelto, scaltro e intelligente, venne accolto come un eroe, dalla povera gente.
Un piano sveglio, escogitarono, e tutto i loro odio, la rabbia, dentro ci buttarono.
“Il re ha un figlio prediletto, uccidiamolo nel sonno, scuoiamo quel maledetto!”
“Si.” Rispose un altro:” Chiudiamolo al buio, da solo, in un antro.”
“Lo lasceremo marcire, e coi topi, lo vedremo soffrire.”
Ma il capo scosse la testa, alzando le mani per calmare quella piccola festa.
“Diventeremo visibili così. Ci impiccheranno tutti, ancora prima di mezzodì.
Un modo più scaltro dobbiamo trovare, se per la testa, non vogliamo penzolare.”
Allora scelsero Arthur, e con coraggio si fece avanti, offrendosi, di rendere i sovrani di dolore deliranti.
Un po’ di veleno sarebbe bastato, per rispedire quei bastardi all’inizio del creato, 
“Una goccia o due.” Rispose: ”Per esser sicuri. E nel dolore, il loro occhi sarebbero diventati scuri.”
Arthur fu mandato, e come un angelo della morte dalla notte venne guidato.
Il castello dormiva placido, sicuro, sotto alle coperte ripiene di oro puro.
Scalò le mura, saltò il cancello, per giungere poi alle camere, senza accendere nessun zolfanello.
Il principe dormiva tranquillo, beato, avvolto nelle proprie coperte sicuro che nessuno lo avrebbero toccato.
Allora Arthur avanzò e la mano col veleno, al suo viso avvicinò.
Ma, aspetta! Il principe era bello, non di certo come il padre, con la sua faccia da pipistrello.
I capelli d’oro parevano morbidi e ordinati, a differenza di quelli di Arthur, perennemente disordinati.
Venne bloccato da tanta innocenza, facendolo dubitare della sua stessa esistenza.
Perché un giovine del genere doveva morire? Perché su di lui ci si doveva accanire?
Domandandosi a se stesso quale fosse la risposta, abbassò la mano, lo salutò, e poi sparì, ignorando la batosta.
Chi era lui, si domandava, per togliere la vita, al primo che gli capitava?
Come si permetteva, di scegliere dello sfortunato la capital pena?
Pieno di crucci ai compagni non confessò, la mancanza di coraggio che quella notte mostrò.
Una piccola scusa andò più che bene, evitando al ragazzo una notte di infinite pene.
Ma come evitare che il sangue del principe venga versato, se il padre per anni, in quel modo, il popolo aveva dissetato?
Disperato Arthur ci pensò, decidendo di ritirarsi, almeno per un po’.
Ma per riordinare la testa il tempo non ebbe, perché a riprovarci, la sua compagnia lo vorrebbe.
E allora ritentò: scalò le mura, saltò il cancello,  trascinando con sé un pesante fardello.
Ah, l’amore, che cosa crudele, ancor più del destino, suo sposo fedele.
Non uccise nessuno quella notte, e nascosto nell’ombra ad osservare, al principe augurò la buonanotte.
S’immaginò il suo volto sveglio, bello, vitale, mentre lui sprofondava in una tristezza abissale.
Ma ahimè, il fato aveva scelto diversamente, dal piccolo ladro impertinente.
Col cuore gonfio di disperazione, tornò a casa, stanco, triste, pieno di indecisione.
Al ritorno gli urlarono, non contenti del suo operato:” Torna al lavoro, maledetto ingrato!”
E più il giovane ladro si struggeva, più la sua compagnia insisteva.
Volevano il sangue, e il sangue si sarebbe versato, ma non quello del principe, o no, non si sarebbe mai rovesciato.
Una notte, deciso come non lo era mai stato, s’intrufolò nel castello, accostandosi al suo ignaro amato.
Un veleno potente aveva preparato, che in poco tempo e tanto dolore, il suo cuore avrebbe fermato.
Con dolcezza la sua mano sfiorò, per muovere poi il capo, che al materasso poggiò.
Il suo tempo era oramai giunto, di arrivare lì, non aveva mai presunto.
Moriva giovane, ladro e disperato, al letto del suo principe teneramente poggiato.
La morte aveva un sapore salato, ma accanto al suo unico amore, si sarebbe per sempre addormentato.
Con mani tremanti la fiala alle labbra accostò, e tutta d’un fiato, nella gola la versò.
La morte sopraggiunse veloce e rise di lui, domandandogli:” Chi era quello sconosciuto, chi era  costui?”
Arthur non rispose e si limitò a sorridere, consapevole che per la sua vita aveva finalmente potuto decidere.
Se ne stava andando e anche se con dolore, fu piacevole, al pensiero, morire col cuore saturo di amore.
E questa è la storia del giovane ladro innamorato, che morì, perché il cuore gli avevan rubato.



[Hello hello gentaglia che non conosco.
Certo, questo pezzo non sarà un gran chè, l'unica cosa che voglio fare qui è dirvi che ci sarà un seguito.
E di fatti eccolo qui!
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1955233

 
Ciausso!]
   
 
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