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Autore: AgelessIce    13/06/2013    3 recensioni
Spoiler capitolo 334
Deprimente.
La pioggia, la sua pioggia, è sempre stata considerata deprimente.
E lei lo odiava, questo. Perché era la sua unica amica, una fedele compagna che non l’aveva mai abbandonata.
Nonostante la solitudine la ferisse terribilmente, nonostante il suo animo diventasse sempre più freddo, distante, insensibile, lei non ha mai considerato la sua pioggia una reale maledizione.
Il suono dell’acqua che s’infrange al suolo, ora con delicatezza ora con forza sprezzante, è sempre stato piacevole, confortante.
In fondo, è per la pioggia che ha smesso di piangere. Per la pioggia che ha smesso di arrabbiarsi, di urlare.
Perché farlo, del resto?
L’acqua l’ha sempre fatto al posto suo.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lluvia, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Deprimente.
La pioggia, la sua pioggia, è sempre stata considerata deprimente.

E lei lo odiava, questo. Perché era la sua unica amica, una fedele compagna che non l’aveva mai abbandonata.
Nonostante la solitudine la ferisse terribilmente, nonostante il suo animo diventasse sempre più freddo, distante, insensibile, lei non ha mai considerato la sua pioggia una reale
maledizione.

Il suono dell’acqua che s’infrange al suolo, ora con delicatezza ora con forza sprezzante, è sempre stato piacevole, confortante.
In fondo, è per la pioggia che ha smesso di piangere. Per la pioggia che ha smesso di arrabbiarsi, di urlare.

Perché farlo, del resto?
L’acqua l’ha sempre fatto al posto suo.
Piangeva per lei, urlava per lei, distruggeva anche, per lei.

Non importava cosa facesse, dove andasse, cosa provasse.
Quelle grosse nubi scure la seguivano ovunque.

In fondo la vita è sempre stata ingiusta, con lei.

Perché era una ragazzina ingenua, Lluvia. Una di quelle bambine che si divertono con poco, una di quelle alle quali basta vedere il sorriso di qualcuno, per sorridere a sua volta.
E lei ce la metteva tutta, per far sorridere gli altri.

Solo che le persone non lo facevano, intorno a lei.
La guardavano, invece, con disprezzo, con disgusto.
Facevano di tutto per allontanarla, isolarla.

La trattavano al pari di una bestia, ma lei continuava a non arrabbiarsi.
Perché, ancora, era una bambina ingenua.
Si sentiva anche in colpa. Costruiva talmente tanti  teru teru bozu da perderne velocemente il conto.

Solo che la pioggia non spariva.
Le persone lo facevano al suo posto.

Ed è quando se ne sono andati tutti, quando è rimasta davvero sola per la prima volta –ed era piccola, davvero davvero piccola-, che ha smesso di piangere.
Che ha cominciato a voler bene a quelle nubi scure.

Ingiusto, semplicemente ingiusto, come un animo buono ed allegro come il suo sia stato forzatamente riempito di dolore.
Anche quando si è aggiunta a quella gilda oscura, l’ha fatto solo per non sentirsi più così terribilmente sola, così terribilmente triste. Ma, ancora, si prendevano solo gioco di lei.

Non le volevano bene, non l’accettavano.
Le affidavano sempre missioni difficili, che l’avrebbero tenuta lontana a lungo.

Perché gli altri non sopportavano la costanza dello scrosciare d’acqua.
Perché così come la pioggia era la sua unica compagna, lei era l’unica amica della pioggia.
                                                                                
Poi però ha incontrato Gray.
Si è innamorata e la pioggia l’ha abbandonata.
Eppure, stranamente, non ha sofferto per il suo abbandono.

Perché adesso non aveva più bisogno di una compagna inanimata, creata dal suo stesso subconscio.
Non aveva più bisogno che l’acqua esprimesse emozioni che lei cercava di chiudere dentro se stessa.

Perché, improvvisamente, la vita aveva deciso di essere più giusta anche con lei.
Di ripagarla della sofferenza inutile ed insensata che le ha arrecato negli anni.

Ed in quel momento è un sorriso mesto, quello che si dipinge sul volto della maga.
Avrebbe dovuto aspettarselo, no?
Non c’è mai stata possibilità, per lei. Non ha diritto ad una cosa semplice come la felicità, non l’ha mai avuto.

È la deprimente donna della pioggia, lei. Non avrebbe mai dovuto abbandonare quel ruolo.
Non avrebbe mai dovuto ribellarsi alla decisione della sorte.
Non avrebbe mai dovuto incontrare Gray.

Perché lui sarebbe ancora vivo, se  non fosse stato per lei.
Nonostante lei avesse giurato di proteggerlo, nonostante lei avesse promesso e ripromesso a sé stessa che mai avrebbe permesso che una cosa del genere accadesse, il suo corpo giaceva inerme tra le sue esili braccia.

Lui ha preso il suo posto, ha lasciato che quei colpi fatti di pura magia lo attraversassero al suo posto.
Perché lo sapeva lui, che quei colpi non avrebbero lasciato indenne il suo corpo d’acqua.
Perché gli attacchi dei draghi sono diversi da quelli di tutti gli altri.
Perché questa volta la sua acqua non avrebbe potuto proteggerla.
Quindi l’ha fatto lui.
Ancora una volta, ha sostituito il ruolo del suo elemento.

Solo che non avrebbe più potuto farlo, adesso.

E lei stringe a sé quel misero corpo morto, quasi ne andasse della sua stessa vita, talmente forte da farsi male.
Non è con delicatezza che tratta quel cadavere, come ci si aspetta.
Non ne ha motivo.

Perché lui è morto. Lui non può provare dolore. Lui non può dirle di lasciarlo in pace, perché lo sta soffocando.
Quella tipica fase di negazione non l’ha nemmeno sfiorata.
Come avrebbe potuto, in fondo?
Lui è morto lì, davanti ai suoi occhi.

Le unghie sottili conficcate nella sua carne già straziata, il petto premuto con forza, rabbia e disperazione contro il suo.
Le ignora, Lluvia, le lacrime che le scorrono copiose lungo il viso. Ignora i richiami dei compagni, le sciocche parole di conforto che le riservano. Ignora anche il loro stesso dolore.

Si concentra su quel contatto freddo ed ingiusto, sulle braccia indolenzite dalla presa ferrea.
Urla  con tutto il fiato che ha in corpo, urla fino a ferirsi la gola, svuotarsi i polmoni.
Permette al suo dolore di uscire fuori, di invadere la zona circostante.

Perché questa volta la pioggia non lo sta facendo al posto suo.
Ancora nessuna nube oscura il cielo.
E lei comincia a sentirne la mancanza. Per la prima volta rimpiange quell’oscurità totale e deprimente.
 
Non permette a nessuno di avvicinarsi a lei. A Gray.

Non a Natsu, che urla quasi quanto lei, che si ostina a negare l’evidenza, che risponde con rabbia alle fredde parole di Erza.

Non ad Erza stessa,  che permette alle lacrime di rigarle il volto senza vergogna. Che non si meraviglia nemmeno di piangere da entrambi gli occhi.

Non a Lucy, che singhiozza disperata, che affonda il viso nel petto di Loki, lasciandosi stringere da quelle braccia addolorate quanto lei.

Non a Lyon, che colpisce il terreno ripetutamente, fino a farsi sanguinare le mani.

Non le importa che loro abbiamo probabilmente più diritto di lei di piangere quel morto.

Vuole concedersi quell’ultimo atto egoistico.
Vuole semplicemente poter tenere tra le braccia il suo stesso sole.
Poter tenere per sé il suo amore. Non vuole condividerlo con gli altri, no. Nemmeno in quel momento. Nemmeno in quella circostanza.

Perché, dannazione, è il suo Gray-sama.
Il suo principe delle favole.
Il suo algido guerriero dei ghiacci.
 
E resta immobile per non sa nemmeno quanto tempo.
Continua a piangere finché arriva a non esserne più capace.
Continua  a mordersi il labbro inferiore fino a spaccarlo completamente, a farlo sanguinare copiosamente.
Ed il suo sangue si mischia a quello dell’amato. Una proporzione però completamente sbagliata.
Avrebbe dovuto essere il contrario.

Solo allora, permette a Gajeel, ed a lui soltanto, di avvicinarsi a lei.
Gli permette di passarle una mano fra i capelli, in un gesto non di conforto ma di comprensione.
E gli lascia anche portar via quel peso dalle sue braccia.
Lo osserva mentre solleva il moro, depositandolo poi poco distante da lei.
Lo osserva lanciare uno sguardo alla piccola maga lettrice, che si nasconde il viso tra le mani, che soffoca i singhiozzi.
E poi lo osserva tornare da lei, sovrastarla nella sua altezza, scrutarla con quegli occhi iniettati di sangue.

Non dice nulla. Non si spreca in inutili parole di consolazione, di condoglianze.
Non le dice nemmeno di reagire.
Si limita a stare lì a fissarla, con quella stilla di dolore nello sguardo che solo lei e Levy, probabilmente, sono in grado di notare.
Un muto tentativo, il suo, di farle capire che comunque non è sola.
 Che la vita non è finita

E lei lo capisce. Lei gliene è grata.
Perché Lluvia gli vuole bene. Perché è suo amico, il migliore probabilmente, per quanto possa sembrare strano.
Lo guarda con gratitudine, infatti, mentre lui torna dalla piccoletta. Mentre la stringe goffamente ma con forza, cercando di portarle un minimo di conforto.
Solo che  non è la stessa cosa, ora.

Non importa quanti amici abbia a Fairy Tail, e sono tanti.
Perché nessuno di loro è Gray.
 
Ed è solo in quel momento, mentre lei lenta si tira in piedi, sistemando la gonna con le mani, che le nubi oscurano di nuovo il cielo.
E sorride, guardando la gilda con occhi vuoti, mentre le prime gocce d’acqua le sfiorano il volto ormai completamente asciutto.

È tornato tutto normale, no?
Di nuovo non ha più bisogno di piangere, arrabbiarsi o distruggere.
Di nuovo la pioggia lo farà per lei.

Chiude gli occhi concentrandosi quindi sullo scrosciare dell’acqua, che ormai viene già fitta e dolorosa, arrabbiata.
E quando li riapre, mormorando qualche parola che gli altri non comprendono inizialmente, Lucy rabbrividisce, mentre gli occhi del drago di metallo si oscurano di sconfitta per un istante.

La deprimente donna della pioggia è tornata.
La maga di classe S, la guerriera di Phantom.

Concede un ultimo sorriso della Lluvia di Fairy Tail, della bambina ingenua, prima di mormorare delle scuse e dare le spalle ai suoi stessi compagni.
Perché ora non è più capace di tenere lontana la pioggia. Non vuole nemmeno, in realtà, tenere lontana quella sua fedele compagna.

Si allontana, poi, mentre quella sua vecchia cantilena permea l’aria.
Non è più degna di Fairy Tail.
Non lo è forse mai stata.

Perché il  destino ha scelto questo, per lei.
Perché la vita è ingiusta.
  
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