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Autore: Elle Sinclaire    14/06/2013    1 recensioni
Un liceo americano, sette ragazzi.
Una cittadina di provincia, una routine ormai collaudata che entrerà in crisi, feste e intrecci faranno da sfondo alle vite degli studenti del Sequins High che vivono le loro vite come nei migliori telefilm sui licei degli USA. O almeno così sembra.
[Dal primo capitolo: "La routine implicava comunque il suo passo affrettato, gli spintoni sull’autobus e la puzza di topo morto proveniente dalle ascelle di Jeremy Cunningham, suo compagno nel corso di scienze; il rientro a scuola, la prima sigaretta della giornata in cortile con Coop, la sosta davanti all’armadietto di Victoria.
Ed era da quel momento in poi che rimpiangeva i morsi ai polpacci di Lucy e i pugni nello stomaco di Jamie: il primo spintone di solito era di Simon Scott, il quarterback della squadra di football, accompagnato dagli insulti di JC Cook, il ragazzo più bello e popolare della scuola.
La storia che vi racconterò, parlerà proprio di come JC Cook scardinò per sempre la routine di Chase Lucas Walker.]
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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Al trash,
che è ovunque
e non ci abbandona mai
anche se io
mi dimentico di loro. 

9. Festa di Halloween 

Canzone del capitolo

Chase odiava le feste organizzate dal Sequins High: il ballo di fine anno, il ballo di Sadie Hawkins, la festa dell’Homecoming e quella dopo la prima dello spettacolo annuale del club di teatro. Ma ce n’era una, una sola, a cui non avrebbe mai rinunciato, neanche se l’alternativa fosse stata lui, John, una baita e un caminetto acceso.
Halloween.
Per questo aveva contato con ansia e aspettativa crescente ogni giorno e minuto che arrivasse anche quell'anno il trentuno ottobre. Esattamente, lo aveva aspettato per trecentosessantaquattro giorni, dodici ore e quattordici minuti, quanti ne erano passati dalla festa dell’anno precedente. Aveva già pronto il costume, aveva comprato tutto l’occorrente per sé e i suoi amici: ora doveva solo convincere Victoria e Coop ad assecondare il suo folle progetto di costume coordinato.
“Assolutamente no!”
Chase sapeva che lo zoccolo più duro da convincere sarebbe stata Victoria che già si vedeva nel suo solito, vecchio e logoro vestito da Cleopatra.
“Dai, Vic! Non è che visto che hai il caschetto e i capelli neri non puoi vestirti in nessun altro modo! È ora di cambiare! Diglielo anche tu, Coop!”
Coop sembrava interessato a guardare qualcosa oltre le sue spalle, qualcosa che sicuramente aveva un paio di gambe lunghe e i capelli biondi.
“Cosa?”
“Mi rifiuto di vestirmi da…”
“Shhh! Non urlare! Nessuno deve scoprire il nostro costume!”
Coop li guardò perplesso qualche istante, indeciso se ridere o fuggire a gambe levate dall’ennesimo battibecco.
“Ho già tutto ciò che ci serve, non dovete pensare a niente. Dovete solo venire a casa mia un paio d’ore prima della festa ed esercitarvi nelle vostre espressioni e mosse di danza.”
“Preferisco venire nuda, Walker! Io quella là la odio!”
Coop fece un passo indietro, provando a defilarsi, giusto il tempo di cercare Hope per una sveltina nel bagno del secondo piano, ma Victoria lo vide e lo afferrò con forza per un braccio.
“Non provare ad allontanarti da qui, Cooper! Questo supplizio toccherà anche a te!”
“Dai, Vic, non farla tragica. Siamo uno splendido trio, adatto a…” La rimbeccò Chase.
“Adatto a un ca…”
“Vic!”
“A un capello pubico di una donna dalla bassa autostima!”
Chase la guardò perplesso qualche istante, prima di allontanarsi.
“Perfetto, sapevo avresti capito. A stasera, mi raccomando puntuale!”

f




A casa Peterson, negli ultimi giorni, si respirava un’aria tesa e poco salutare, tanto che Grace ne poteva sentire gli effetti negativi sulla pelle. La sua paura principale era che la sua fronte si raggrinzisse e le sue guance cadessero, nonostante Hope le aveva spiegato almeno tre volte, prima di lasciarla davanti allo specchio a farsi maschere su maschere, che quelle cose accadevano con l’età. Ma Grace non riusciva a smettere di pensare che stava invecchiando, se i suoi genitori avevano smesso di stare insieme. D’altronde si sa che i guai non vengono mai da soli e, peggio di un imminente divorzio, poteva solamente esserci dimostrare vent’anni invece di sedici.
Quel pomeriggio suo padre era andato via sbattendo la porta, dopo una discussione di dieci minuti bisbigliati in cucina. Hope l’aveva fatta chiudere in stanza ed era rimasta con lei a cercare qualcosa da indossare alla festa della sera, poi era fuggita, forse per vedersi con quello strano ragazzo inglese basso e brutto. Il suo JC era molto più bello e muscoloso, però ancora non era riuscito a chiuderlo nello stanzino delle scope: quella mattina ci aveva provato, ma era inciampata su un rastrello e si era ritrovata con un livido al centro della fronte che ora stava tentando di coprire con del correttore di tre gradazioni più scure della sua pelle.
Quando finì con il fondotinta e l’eyeliner, infilò la parrucca scura che legò in una treccia alta: si rimirò allo specchio e si disse piuttosto soddisfatta dei suoi pantaloncini corti e toppino e dei coltelli e pistole infilate nell’infilabile.
Sapeva che con quel travestimento finalmente sarebbe riuscita a far capitolare JC: sarebbe stata la sua donna ideale, quella che avrebbe voluto sposare e che avrebbe portato via a metà festa, per cogliere finalmente il suo fiore.
Mancava solo una cosa…
Quando JC, vestito da un affascinante Brad Pitt, entrò, per poco non gli prese un colpo. Davanti a lui, vestita da Tomb Raider, c’era quella che un tempo doveva essere Grace, con gli occhi a palla e le labbra all’infuori.
“Oh, ‘shao ‘sh, ‘shno ‘onta.”
Sarebbe stata una notte molto lunga.

f

 

La palestra del Sequins High era addobbata in modo impeccabile. L’organizzazione dell’evento aveva dato il meglio di sé, decorando lo spazio con ragnatele finte, zucche, ragni e quant’altro; il cibo era a tema, i vassoi pieni di occhi di rospi e code di salamandra di cioccolata e pasta di zucchero.
Hope, nel suo costume da Marilyn Monroe, gongolava contenta per il successo: in ogni angolo della grande sala, sotto le luci stroboscopiche, ballavano ragazzi e ragazze, in coppia o a gruppi, sorridenti e mascherati. Da dove si trovava riusciva a riconoscere una sposa cadavere, una guardia svizzera, Pollon e Hulk. Simon, accanto a lei, continuava a blaterare sulla partita della settimana successiva, inguainato nella propria divisa del football.
Hope per poco non lo aveva cacciato dalla palestra, quando lo aveva visto vestito come lo era almeno quindici giorni al mese. Non era una vera maschera, si era lamentata, ma Simon l’aveva rabbonita con vari complimenti per la perfetta riuscita della festa. Aveva notato l’assenza della sorella e JC, che aspettava con ansia, troppo curiosa di vederli vestiti da coppia d’oro di Hollywood, e anche quella di Coop, in ritardo come sempre. Non c’erano neanche i suoi due amici strani, quindi probabilmente sarebbero arrivati a momenti, insieme: forse Walker aveva passato troppo tempo davanti allo specchio, nel tentativo di truccarsi da Lady Gaga.
Quando JC e Grace entrarono dalla porta della palestra, non erano soli. Varcarono l’ingresso proprio insieme al trio più strano che avesse mai visto. Non riusciva a credere che anche in un’occasione come quella, Chase fosse riuscito a convincere Coop a vestirsi come voleva lui.

“Io ti odio, Chase Walker,” brontolò Coop, allisciandosi le pieghe del miniabito su cui era disegnata la Union Jack. Chase si avvicinò a lui sorridendo e sistemandogli la parrucca rossa sulla testa, poi lo spinse dentro la sala, controllando che Victoria non scappasse.
“So che non è vero e in realtà sei fiero del tuo vestito britannico! Non avrei mai detto che avessi uno stacco di coscia così attraente, sai?”
Victoria accanto a loro rimaneva in silenzio, tentando di mimetizzarsi con il muro alle sue spalle. Sarebbe stato più facile se non avesse indossato un paio di pantaloncini e top leopardati e una parrucca afro munita anche di corna. L’unica sua speranza era quella di non essere riconosciuta sotto i tre strati di fondotinta scurissimo.
Si era resa conto, come se non lo avesse già immaginato, che tutti li stavano fissando. Gli sembrava di essere in una di quelle scene da film in cui la protagonista entra in una sala ed è così bella che anche la musica si ferma. Invece lei si sentiva l’attrazione principale di un circo, illuminata al neon da una freccia gigante che indicava la sua persona e i suoi amici, nella perfetta imitazione di un palco calcato dalle Spice Girls negli anni '90.
“Walker, questa me la paghi.”
Sibilò prima di avvicinarsi al buffet e affogare il naso in un bicchiere di punch corretto con vodka.

f

JC era entrato proprio dietro a Chase, ma non aveva avuto la forza di alzare lo sguardo sul suo sedere lasciato quasi completamente scoperto. Non sarebbe stato in grado di affrontare improbabili protuberanze proboscidee ad altezza critica, non con Grace che aveva tentato più volte di lasciargli un gigante segno rosso sul collo con le sue labbra a ventosa.
Inquietante. Non sapeva come potesse essere possibile, ma quella ragazza era sempre più inquietante.
Doveva trovare una soluzione alle sue voglie, altrimenti sarebbe impazzito ancora prima di compiere diciassette anni. Quando raggiunse Hope, che salutò appena, e Simon che si complimentò per la sua somiglianza con Brad Pitt, riuscì a lasciare Grace alla sorella e ad allontanarsi per respirare un po’ d’aria lontano dal suo imminente attacco isterico.
Chase lo seguì con lo sguardo per trecentosessanta secondi, mentre si avvicinava al dj e poi al buffet per versarsi da bere. Non era riuscito a staccargli di dosso sin dal momento in cui aveva notato il suo travestimento: non sapeva se era possibile, ma qualcosa in lui lo rendeva molto più sexy di Brad Pitt. Aveva notato però che JC aveva evitato il suo sguardo fino a quel momento, perciò non aveva neanche provato a salutarlo da lontano.
I rapporti tra loro erano ancora tesi, nonostante la presenza del loro bambino da. Era impegnativo occuparsi di lui, dargli da mangiare e tenere conto delle spese e JC non lo aiutava per nulla in quello. La piccola Joey era abbandonata a se stessa, quando era l’altro a occuparsene: il massimo che riusciva a fare era tentare di insegnargli a prendere il pallone da football, con evidenti scarsi risultati. Se anche suo padre aveva fatto lo stesso con lui, Chase pensava di aver capito il motivo della sua stupidità.
Aveva già perso di vista Coop, infrattatosi con chissà chi, chissà dove, e Victoria, già brilla e abbracciata a Kenneth, vestito da gentiluomo dell’Ottocento. Chase perciò era solo, in un angolo della sala, che cercava di seminare Jeremy Cunningham e la sua puzza di topo morto. Quello però continuava a cercarlo e seguirlo, senza demordere. Aveva provato ad attaccare bottone, a fingersi ubriaco cadendogli addosso, a parlare del suo travestimento.
Quando si avvicinò ancora, pensò quasi di alzare per le prime volte le mani contro qualcuno, a costo di rompersi un’unghia, ma una voce li interruppe.
“Cunningham, vai a farti un giro,” borbottò JC, alle loro spalle. “Bel vestito, Walker. Victoria era la mia Spice Girl preferita.”

f

Hope aveva perso di vista Coop da tempo immemore e barcollava da una parte all’altra della palestra alla ricerca della sorella, sparita anche lei, come JC. Sperava l’amico non avesse bevuto così tanto da fare qualcosa di cui si sarebbe potuto pentire: nonostante ritenesse Grace poco attraente per gli standard di famiglia, poco aggraziata in confronto a lei e troppo -  veramente troppo – stupida, si preoccupava per lei e di quello che avrebbe potuto significare per lei perdere la verginità con JC. Che era bello, davvero bello, ma che Hope dubitava avrebbe mai guardato una donna come lo aveva visto ammirare il sedere di Chase Walker. Non male, neanche il ragazzino, ma forse troppo esuberante per un tipo come JC.
“Hope?”
La ragazza si girò verso la voce di Simon alle sue spalle e nel movimento brusco gli inciampò addosso, cadendo diretta tra le sue braccia. Forti braccia da giocatore di football.
“Ti faccio addirittura quest’effetto?” Rise il ragazzo.
Hope si allontanò velocemente, allontanando le mani dai suoi bicipiti che stava palpeggiando senza vergogna.
“Originale il costume…”
“Bello il tuo.”
Scrollò le spalle, come per dirgli di stare zitto e si guardò intorno. Era ubriaca e aveva voglia di Coop. O forse aveva voglia di un letto, un altro bicchiere di vodka e qualcuno in posizione orizzontale sopra di lei. O un muro e la posizione verticale, non che gli cambiasse molto. L’unica costante della sua fantasia rimaneva la vodka.
“Chi cerchi?”
“JC,” mentì. “Mi aveva promesso un ballo su questa canzone.”
Il dj aveva appena cambiato disco e la canzone riecheggiava tra le pareti della palestra, mentre ragazzini in piena tempesta ormonale e dai gravi problemi di coordinazione motoria agitavano braccia, bacini, gambe e capelli in aria, senza alcuna logica. Simon si guardò intorno, schifato, per poi notare Victoria e Kenneth poco lontani, decisamente fuori sincrono con la musica, che per poco non si mangiavano la faccia a vicenda.
“Sono più bravo io di JC a ballare.”
Hope non poté negare quella realtà incontrovertibile: JC era tanto bello quanto imbranato sulla pista. Annuì, annoiata e sbilanciata sui tacchi alti, con gli occhi pesanti per la sbronza, pur mantenendo sempre una certa dignità, e si lasciò trascinare sotto al palco da un Simon decisamente troppo entusiasta.
Era difficile per lei capirci davvero qualcosa: sentiva la testa pulsare e i piedi dolere, ma Simon profumava di buono e di menta, al contrario di Coop che portava sempre addosso la puzza dello scadente tabacco che fumava; si muoveva bene e le sue braccia erano forti e muscolose e la toccavano sui fianchi quasi con delicatezza. Era vicino, mentre ballava contro di lei, dietro di lei. Ed era dannatamente bravo.
“Boom, boom, boom…” Canticchiò Hope, senza pensarci, forse biascicando.
“I want you in my room,” proseguì Simon e lei pensò che non ci fosse niente di male a spostare un po’ il collo per farsi baciare sotto l’orecchio.
Hope rise e si girò coprendo entrambi con la sua massa disordinata di capelli. Guardava per terra, con sguardo da cerbiatta smarrita. Sapeva che gli uomini lo adoravano, Coop non riusciva mai a resisterle, ancora più che quando si incazzava.
Sorrise sulle sue labbra quando le sentì sulle proprie e ricambiò il bacio.
“Let's have some fun, what I want is me and you.”
Si fece trascinare senza problemi fuori dalla palestra.

 

 

OOOOPS [cit.]
Chi si rivede? :D
Non sono un miraggio! (credo...)
Sono tornata, non so per quanto! Non posso promettervi aggiornamenti regolari da ora in poi, ma spero neanche così radi... 
Mi dispiace tantissimo, ho avuto taaaanti problemi di ispirazione per questa storia (come per altre) e devo essere nel mood giusto per i miei Sequinsiani. Mood che non è stato molto presente negli ultimi *tantissimi* mesi.
Nel capitolo non succede granché, in realtà perché non doveva finire così, ma visto che i capitoli di questa storia sono corti ho preferito lasciarlo così in linea con gli altri e lasciarvi in sospeso :D
Le cose stanno cominciando a muoversi per il verso giusto (giusto per chi? XD) perciò prima o poi tornerò per raccontarvi altro di questi poveri scemi.
Intanto mi scuso ancora e vi bando tanti baci!
Elle 
“Oh, ‘shao ‘sh, ‘shno ‘onta.” significa "Oh, ciao JC, sono pronta" :D

   
 
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