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Autore: meiousetsuna    15/06/2013    5 recensioni
“You have to have lived, to have suffered, to understand the tango, no?”
Damon ed Elena hanno condiviso un percorso fatto di allontanamenti, incomprensioni, ma anche passione repressa per paura di scoprire cosa vuol dire amare veramente; per la prima volta, o una volta di più di quello che ci si era ripromessi.
Finché un gioco di armonie li costringe ad incontrarsi davvero.
Dal testo: Non le avrebbe rivelato che gli piaceva essere trattato con dolcezza e fermezza, come un bambino che non è cattivo, ma sta facendo dei capricci per la stanchezza, per il dolore, la paura, che trova sollievo nell’avere qualcuno che gli impedisce di proseguire; che gli promette che andrà meglio.
No, non poteva armarla fino a quel punto, consegnandosi senza riserve; aveva imparato a sue spese che la fiducia non deve essere assoluta, che in un gioco a due c’è sempre uno che conduce e l’altro che perde parte di sé.
La sua mano sinistra si sovrappose alla destra della ragazza, distaccandola per intrecciare le dita, ruotando leggermente verso l’esterno; l’altra scese lungo la schiena, pregustando di toccare l’avvallamento delle reni, la curva del fianco.
Pronto a cominciare

Baci, Setsuna
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert | Coppie: Damon/Elena
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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*Sally Potter:The tango lessons
Per le figure del tango inserite nel racconto: da Wikipedia, ma soprattutto, grazie Iansom!
Personaggi: Damon/Elena
Rating: Arancione
Genere: Missing Moment, Romantico
Avvertimenti: Fluff, Lime
Ambientazione: parte da questo fotogramma della 3x9, per andare… lontano

“You have to have lived, to have suffered, to understand the tango, no?”

You are me and I am You*


Where did you come from?
Where, oh, where?
From earth, from water
From fire, or air?


Anche nel momento in cui era meno necessario, in cui diventava solo una catena che lo avvolgeva schiacciandogli il petto, frantumando le costole, fino a premere sul cuore fin troppo vivo, l’ultima cosa della quale Damon sarebbe riuscito a liberarsi restava il suo orgoglio.
Quando le mani di Elena si posavano intorno al suo viso, prima timidamente, perché temeva che stesse per avere uno dei suoi scoppi d’ira che neanche lei avrebbe saputo contenere, poi, con sollievo, stringendolo in una presa sicura anche se delicata, l’unico pensiero che riusciva a razionalizzare era chiedersi come avesse vissuto senza quel gesto.
Era come un rituale, spontaneo ma contemporaneamente con delle sue figure, dei passaggi che non andavano saltati.
Lei che si avvicinava, gli occhi colmi di tenerezza, la prima volta probabilmente solo di amicizia, ma chi dei due poteva ricordarlo con sicurezza?
Le dita intorno al suo collo che risalivano piano fino alle mascelle leggermente marcate, i pollici che si soffermavano ad accarezzare gli zigomi in modo ipnotico, le labbra che si schiudevano come le sue, dando un bacio sottinteso all’aria incorporea.
La rabbia si lasciava addomesticare, purché lei lo volesse veramente: era tutto lì.

Non le avrebbe rivelato che gli piaceva essere trattato con dolcezza e fermezza, come un bambino che non è cattivo, ma sta facendo dei capricci per la stanchezza, per il dolore, la paura, che trova sollievo nell’avere qualcuno che gli impedisce di proseguire; che gli promette che andrà meglio.
No, non poteva armarla fino a quel punto, consegnandosi senza riserve; aveva imparato a sue spese che la fiducia non deve essere assoluta, che in un gioco a due c’è sempre uno che conduce e l’altro che perde parte di sé.
Forse non doveva essere così, anche se aveva vissuto un bel po’ e non aveva conosciuto eccezioni alla regola, eppure desiderava così tanto chiudere gli occhi e perdere il controllo, perché valeva la pena comunque; poteva ricevere uno schiaffo, oppure un bacio, se per una sola volta la fortuna non gli avesse voltato le spalle.
Costringimi a non mandare tutto all’aria, fammi tenere il passo.
La sua mano sinistra si sovrappose alla destra della ragazza, distaccandola per intrecciare le dita, ruotando leggermente verso l’esterno; l’altra scese lungo la schiena, pregustando di toccare l’avvallamento delle reni, la curva del fianco.
Pronto a cominciare.  

When we’re dancing
Than I’m sure
I know I know you
From before

Elena non avrebbe mai ammesso cosa provava quando camminando verso di lui, passo dopo passo -  fino a lasciare tra loro solo lo spazio di una bugia, la distanza di una fuga da se stessa, il vuoto che la giustificava - finiva col tenere il suo viso tra le dita, pronta a pagarne le conseguenze.
Non perché l’avrebbe mai trattata male, ma perché era qualcosa di cui si sarebbe incolpata; si sentiva così incerta mentre quel ragazzo che ispirava spesso paura a chi lo incontrava si arrendeva a lei come una belva ammansita, consegnandole però anche il conto di quella conquista; il ruolo dell’adulta toccava a lei e sinceramente per molto tempo non aveva soddisfatto quella condizione.
Adesso, la parte più difficile era superata, lo raggiungeva davvero quando lo toccava, il contatto non si fermava in superficie, il coinvolgimento era inarginabile; erano già legati dall’attimo in cui pensavano di cercarsi.
Prima si squadravano da un capo all’altro della stanza, Damon spesso facendo istintivamente un passo indietro, spinto dalla sua insicurezza, seguito subito da uno in diagonale verso di lei, per recuperare lo svantaggio; poi smetteva di essere una dimostrazione e diventava solo il bisogno di andarle incontro, fino a sfiorarla col respiro.

Le labbra completavano il movimento: le braccia di Elena intorno alle sue spalle, incrociate, una mano che si sollevava per potergli accarezzare i capelli, l’altra che  passava sopra, per stringersi a metà della schiena, tenendolo il più vicino possibile.
La prima notte che avevano trascorso insieme dopo che gli aveva confessato di amarlo davvero, che non era mai stato l’Asservimento, che lo voleva veramente, si aspettava che sarebbe stata quasi una guerra; vestiti strappati, graffi, mobili rotti, anche quel famoso letto a tre piazze che, lo scoprì in quel momento, la rendeva gelosa, pensando alle decine, forse centinaia di donne che si erano risvegliate nelle sue lenzuola, magari sarebbe finito spaccato di netto.
Damon la stringeva per la vita, facendola avanzare verso il letto in lenti giri sul loro asse, per evitare di spingerla indietro con troppa foga, terminando con un vero e proprio passo di ballo, quando la fece ruotare con un movimento del polso, fino a farla sedere sul materasso.


Travelling man,
Man in my heart
Man on stage
Man of his art

In un attimo si era steso su un fianco, vicino a lei che sorrideva divertita da quella preparazione che la caricava di aspettativa; lui passò una mano sotto il suo busto, inserendo una gamba tra le sue, allacciandole strettamente, guidandola con sicurezza a disegnare un semicerchio nell’aria mentre la sollevava per portarla sopra di sé.
La bocca di Elena si unì alle sue labbra tentatrici, il seno morbido contro il petto scolpito, il centro dei loro corpi che combaciava perfettamente; le mani scorrevano febbrili disegnando degli otto immaginari sulle scapole, sulla pancia, ma quando il vestitino rosso a fiori, che definire corto era un eufemismo – l’indomani le avrebbe fatto notare che esponeva un po’ troppo di ciò che gli apparteneva, detto col dovuto garbo – salì fino a scoprire le mutandine nere, Damon la bloccò con una presa ferrea sulle spalle e sull’attaccatura delle cosce.
“Vuoi condurre tu?” La voce della ragazza era bassa e spezzata dall’eccitazione, mentre poneva quella che considerava una finta domanda.
La risposta fu il rumore della chiusura lampo che veniva aperta, il gancetto del reggiseno slacciato, lasciando tutta la pelle esposta per essere toccata.
“Aspetta”.
Quella era l’ultima parola che avrebbe creduto di ascoltare da Damon, almeno in quel frangente, quando la voglia che aveva di lei era semplicemente innegabile, tanto che non pensava restasse posto per la sua insicurezza; ma evidentemente era qualcosa di così radicato da essere la base su cui, strato dopo strato, si era  sviluppata tutta la sua personalità.
“Elena, lo sai, vero? Come uomo sarò solo tuo ma per il resto continuerò ad appartenere esclusivamente a me stesso, sai che ti amo tanto che morirei per te, in ogni momento, ma non cambierò come vorresti?”
L’aveva detto guardandola con le iridi trasparenti, che lasciavano leggere la sincerità racchiusa in ogni sillaba; doveva saperlo, non poteva certo spiegarglielo la mattina seguente, leggendo la delusione sul suo viso.
“Non è proprio così, anche tu lo sai, in fondo”.

Swiftly speaking,
With his feet
I see you, I hear you
There we meet

Elena lo accarezzava con le parole, con gli occhi e con le mani sulle tempie, lungo le sopracciglia, gli angoli delle labbra, invadendo tutto lo spazio su cui non pesava sul suo corpo.
“Eri una persona terribile e non ho potuto fare altro che chiederti la cosa giusta, ma nel modo sbagliato: ti ho domandato di cambiare somigliando a qualcun altro, senza rendermi conto di quanto ti stavo ferendo… ti sei offeso, hai reagito male, ma poi l’hai fatto Damon. Ti sei evoluto, hai accettato di riconoscere che ti importava di sentire; sei passato dal vecchio te a quello migliore, per questo funziona così bene, perché sei rimasto vero. E forse… cercando di sospingere te, sono cresciuta un po’ anch’io; non ho più paura quando capisco che ci somigliamo tanto”.
Il vampiro non rispose ad alta voce, ma con un bacio profondo e senza fretta e una stretta possessiva che sciolse lentamente, adagiando le braccia ai lati della testa, lasciando il gioco alla sua ragazza.
Elena posò i palmi aperti sul petto del bruno, sollevandosi con leggerezza fino a sedersi sul suo bacino, sbottonandogli la camicia, ridendo insieme del fatto che probabilmente quella era la prima in parecchi anni che gli veniva tolta intera, non trasformandola in uno straccio, con pazienza che non era freddezza ma solo attenzione: la cintura seguì la stessa sorte, così la chiusura dei jeans.

Improvvisamente si trovò i polsi bloccati da una mano di Damon, che li passò così allacciati dietro la sua testa rialzandosi con uno scatto felino, fino a mettersi in ginocchio con lei appoggiata sulle sue gambe piegate: l’abitino incriminato gli suggerì la tentazione di non ricambiare la cortesia, eliminando la noia di dover passare per un fidanzato morboso; ma non era giusto, anzi…
‘Mi fiderò e basta’ pensò mentre lo sfilava con maestria, lanciandolo sul pavimento.
Gli ultimi capi di abbigliamento rimasti lo raggiunsero, lasciando Elena spogliata e tremante di desiderio, con gli occhi chiusi per sentire meglio i tocchi delicati con cui Damon faceva scorrere le dita su tutti i suoi punti sensibili.

Where eyes and ears
Receive the word,
Where what is spoken
Can be heard

Il ragazzo non aveva fretta, quella notte avrebbe avuto un significato speciale; la loro reale prima volta insieme, dopo che lei aveva detto ‘ti amo’ ad alta voce, dopo che tutti gli amici avevano saputo della loro relazione, senza doversi nascondere scappando come ladri la mattina dopo.
Elena si portò indietro per spogliarlo, ansiosa di appartenergli e prendere possesso di quel territorio non ancora del tutto esplorato.
Non si accorse neanche del movimento troppo veloce per i suoi sensi di giovane vampira con cui si trovò sdraiata con una gamba distesa sotto quelle di lui, l’altra sollevata, lasciando scivolare la punta del piede dalle caviglie di Damon, il polpaccio, fino all’inizio della coscia, il ginocchio inclinato verso la schiena del bruno, in una posa da ballerina di tango, baciandolo a fior di labbra, mentre lo sentiva entrare nella sua carne fino a fondersi in una perfetta armonia.
Ogni spinta data con un ritmo lento e cadenzato non la appagava, anzi alimentava il suo fuoco, ma non aveva bisogno che fosse più aggressivo; tutta quella dolcezza la faceva precipitare in uno stato di abbandono mai provato, voleva solo che lui sperimentasse lo stesso piacere assoluto che le stava facendo perdere la cognizione del tempo e dello spazio al di fuori del suo abbraccio e del battito del cuore.
Sfilò la gamba rimasta imprigionata, facendole raggiungere l’altra sulla schiena di Damon, i loro corpi incrociati, offrendosi in un modo così provocante e totale da fargli perdere il controllo, portandolo al culmine nello stesso istante in cui anche lei sentiva un’ondata di calore esploderle dentro.

You are me
And I am you
One is one
And one are two
One is one
And one are two
You are me,
I am you

Rimasero così, incapaci di dire qualcosa che potesse avere significato rispetto a quello che avevano espresso col loro amore, addormentandosi sopra le coperte, sorridendo uno sulle labbra dell’altra.
Poco dopo, Damon le passò un braccio sulla vita, sognando; lei posò le labbra sul suo viso, senza svegliarsi.

  
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