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Autore: Miss One Direction    16/06/2013    6 recensioni
- Ehi, andrà tutto bene. Non sei sola, ci sono io qui -
- Lo so ma ho bisogno di mia madre, di Lena e, nonostante mi abbia abbandonata, ho bisogno di sentirmi amata da qualcuno come mi faceva sentire Dave – risposi tra le lacrime
- Io non potrò mai sostituire l'amore di queste persone, visto che ci conosciamo da poco ma prometto che non ti abbandonerò come loro, ti starò vicino e ti aiuterò con la gravidanza. È una promessa – disse mettendosi una mano sul cuore e guardandomi negli occhi
Annuii e lo abbracciai per smettere completamente di piangere. Ecco era quello di cui avevo più bisogno.
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TRAILER: http://www.youtube.com/watch?v=dYXZ4dXlruk
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Liam Payne
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Cosa hai detto?! Sei incinta?! Sei impazzita?! Hai solo 16 anni! Ma non intenderai mica tenerlo vero?! - mi urlò mia madre appena le dissi che ero rimasta incinta.

"Ovvio che voglio tenerlo! Non sono mica cretina!” pensai, ma non dissi niente per evitare di peggiorare la situazione. In quel momento si aggiunse alla discussione anche mio padre che era anche più incazzato di mia madre. Non li avevo mai visti così arrabbiati in 16 anni della mia vita.

- Cazzo Emma rispondi!!! - mi urlarono in contemporanea entrambi.

Mi iniziò a girare la testa, non sarei riuscita a sopportare altre urla così corsi via lasciandoli lì ad urlare mentre mia madre continuava a ripetermi di non tornare mai più. Se questa si chiama famiglia giudicate voi! La prima cosa che mi venne in mente fu di andare dall'unica persona che fino ad allora non mi aveva mai giudicata: la mia migliore amica Lena. Mi diressi a passo veloce verso casa sua con la speranza di essere accettata almeno da lei. Avevo sbagliato a non dire subito della mia gravidanza ma avevo temuto proprio la reazione che in qul momento mi stava facendo salire la lacrime. 
Una volta arrivata bussai e dopo neanche 5 minuti venne ad aprirmi proprio lei.

- Emma! Che ci fai qui a quest'ora?! - mi chiese lei con un'espressione sorpresa.

Di solito l'avvertito subito prima di andare a casa sua.

- Sono scappata di casa, i miei genitori l'hanno presa malissimo e mia madre mi ha detto di tornare mai più! - iniziai a raccontare tutto di un fiato agitandomi sempre di più mano a mano che parlavo.
- Emma calmati! Non devi agitarti, ti fa male! - disse con voce preoccupata.

Lei era sempre stata l'unica che si era sempre preoccupata per me ed era stata la prima a sapere della mia gravidanza e quando l'aveva saputo aveva avuto la reazione opposta a quella dei miei genitori.

- Dai entriamo così mi racconti con calma -

Mi mise il braccio intorno alla vita e mi accompagnò in casa; ci sedemmo sul divano e tirando un lungo sospiro per calmarmi iniziai a raccontarle tutto per filo e per segno. Per fortuna che la madre di Lena non era in casa, sarebbe stato imbarazzante piegare come ero stata cacciata! Passai tutto il pomeriggio a raccontarle quanto accaduto e durante il mio racconto Lena non aveva proferito mezza parola. Verso le 20:00 finii di raccontare e finalmente dopo ore di silenzio Lena cominciò a parlare.

- Non ci posso credere! - esclamò visibilmente sorpresa. 
- Lo so! E la cosa che fa più male è che sono i miei genitori capisci? Cioè... non mi sarei mai aspettata una reazione simile soprattutto da loro -

Lena non disse niente, aveva solo la bocca aperta e gli occhi spalancati.

- Lena ti prego di qualcosa! -

Iniziai a schioccare le dita davanti ai suoi occhi e dopo qualche tentativo finalmente mostrò segni di vita. Mi abbracciò con una dolcezza infinita e in quel momento mi resi conto di quanto fossi fortunata ad avere un'amica come lei. Era la sorella che non avevo mai potuto avere e questo suo supporto non aveva fatto altro che farmi sentire speciale per qualcuno. Venimmo interrotte dal rumore di una porta aprirsi e chiudersi subito dopo, dopo nemmeno un minuto entrò nella stanza la madre di Lena con il suo solito sorriso. 

- Amore sono a casa... Oh Emma ciao! Non sapevo ci fossi anche tu - mi salutò con la sua solita aria affettuosa.

La madre di Lena era una donna d'oro, come una seconda mamma e lei mi aveva sempre trattata esattamente come una figlia. Mi asciugai le lacrime che erano scene durante il mio racconto e mi alzai dal divano per andare a salutarla. Quando mi alzai e mi avvicinai la sua espressione però cambiò radicalmente: dal “Oh che bello c'è Emma!” al “Ma che è quella cosa?!”. Rimasi immobile un po' perplessa e Lena, riuscendo a capire il motivo di tutto quello stupore, richiamò subito sua madre a rapporto.

- Mamma. In cucina. Urgente. ORA! -

Indicò con decisione la porta della cucina e sua madre la seguì continuando a fissare la mia pancia. “Cavolo non hai mai visto una ragazza incinta?!” pensai. Lena e sua madre si chiusero in cucina ma dopo non molto si iniziarono a sentire delle urla.

- IO QUELLA IN CASA NON CE LA VOGLIO! NON HO BISOGNO DI UN ALTRO MARMOCCHIO IN CASA! MI SIETE GIÀ BASTATI E AVANZATI TU E TUO FRATELLO! RIMANERE INCINTA A 16 ANNI! MA COME SI FA?! -

A quest'ultimo urlo i miei occhi iniziarono di nuovo a inumidirsi. Rifiutata anche dalla mia migliore amica. Bhe tecnicamente dalla madre della mia migliore amica... Tanto che differenza faceva. Non volevo sentire una parola di più, volevo solo scappare esattamente come avevano fatto tutti. Presa dalla rabbia contro me stessa corsi fuori anche da quella casa senza nemmeno aspettare che uscissero. Mi continuava a frullare in testa la solita domanda: “Ma se nessuno mi vuole perché esisto?!”



Lena uscì dalla cucina dopo una pesante litigata con la madre ma nonostante le sue continue lamentele era riuscita a convincerla: Emma poteva restare ma ovviamente sua madre non voleva avere seccature e tanto meno responsabilità.

- Emma ce l'ho fatta! … Emma? Emma dove sei? -

Si girò verso la porta d'ingresso e vedendola spalancata, presa dal panico, corse in giardino continuando a urlare il nome di Emma. Ma ormai era tutto inutile... Emma se ne era andata. Lena ritornò in casa più arrabbiata che mai e scagliò tutte le colpe a sua madre.

- È TUTTA COLPA TUA! È LA MIA MIGLIORE AMICA! - iniziò a urlarle contro mentre fiumi di lacrime si facevano spazio sulle sue guance.

Sua madre non rispose, si sentiva in un certo senso in colpa perché nonostante tutto il bene che voleva a Emma non era cambiato, però con un'espressione impassibile sul volto iniziò a preparare la cena continuando ad ignorare le accuse della figlia.



Arrivai in un parchetto, dovevo aver camminato minimo 10 km ed ero letteralmente stremata. Mi sedetti sulla prima panchina che vidi e lentamente le mie palpebre iniziarono a chiudersi fino a quando non sprofondai in un sonno profondo.

Mi trovo in una stanza bianca, su un lettino molto scomodo e ho attaccate alle braccia un sacco di fili. Nell'aria si sente una forte puzza di alcool... Non ci vuole molto a capire che mi trovo in un ospedale. Cerco di alzarmi ma faccio molta fatica perché mi fa male da morire la schiena e ho una pancia enorme! Aspettate un attimo: io ero al 3 mese perché ora sono magicamente al 9?! Ma soprattutto che ci faccio qui?! Mentre cerco di staccarmi da tutti quei fili entra nella stanza un'infermiera.

- Scusi che ci faccio qui?! - chiedo cercando di alzarmi
- Signorina, non deve sforzarsi! Ormai manca poco! - risponde con un sorriso a 360° mentre si avvicina e cerca di rimettermi a letto
- Manca poco per cosa scusi?! - chiedo sempre più spaventata.

Prima che lei possa rispondere entra nella stanza un uomo o più che altro un ragazzo in camice a cui però non riesco a vedere il volto.

- Non vedo l'ora che nasca! Sono al settimo cielo! - dice, avvicinandosi al letto dove mi trovo
- Scusa?! - chiedo io più spaventata che mai – Ma chi cazzo sei tu?! -
- Non ti preoccupare ti starò vicino e ci prenderemo cura insieme del bambino. IO e TE! -.



Mi svegliai di colpo con i capelli dritti dallo spavento. Ma che diavolo di sogno era?! Solo quando iniziai a respirare regolarmente mi guardai intorno e mi ricordai di essermi addormentata su una panchina. Mi stiracchiai per stare più comoda e rimasi seduta, non sapendo che fare presi il cellulare e lo accesi trovandomi 10 chiamate e 15 messaggi tutti di Lena. Decisi di cancellarli tutti senza nemmeno leggerli, a cosa sarebbe servito? Alzai lo sguardo e notai uno spazzino poco lontano da me che mi guardava terrorizzato.

- Ha bisogno di qualcosa? - chiesi cercando di essere gentile ma lui scosse energicamente la testa.
- Bhe?! Non ha mai visto una ragazza rimasta incinta dormire su una panchina?! Ma vada a fanculo! -

L'uomo scosse di nuovo la testa e riprese il suo lavoro continuando a guardarmi spaventato. Non avrei voluto essere così dura ma non sopportavo quando la gente giudicava senza conoscere, in fondo non ero un fenomeno da baraccone e non meritavo di essere trattata così.

- Certa gente in questo paese! Che hanno da guardare?! I cazzi loro no?! - borbottai esasperata.

Purtroppo però quello spazzino non era stato l'unico che mi aveva fissata spaventato o incredulo: ovunque andavo trovavo gente che mi indicava e mi fissava. Manco fossi un aliena! Ripresi il mio cellulare e guardai l'ora, accanto all'orologio però c'era una piccola agenda segno che dovevo ricordarmi qualcosa per quel giorno; ci cliccai sopra e si aprì una finestrella dove c'era scritto a caratteri cubitali: “Ore 10:00 : ecografia”. Ma come facevo ad andarci?! L'ospedale era dall'altra parte della città! A meno che non avessi volato sarei dovuta andare per forza a piedi. Per fortuna indossavo le mie comode Blazer verdi, almeno non rischiavo di ritrovarmi con delle vesciche. Mi misi l'anima in pace e iniziai a camminare in direzione dell'ospedale, in fondo erano appena le 08:00. Sarei riuscita ad arrrivare con calma entro le 10:00.

 

*2 ore dopo*

Ero arrivata danti all'ospedale giusto in tempo per l'ecografia ma, una volta davanti all'ingresso, mi tremarono le gambe. Avevo paura di quello che avrebbero detto i medici, del giudizio della gente... ma soprattutto avevo paura che il bambino non stesse bene. Nonostante avessi 16 anni e mezzo, non mi era mai passato nemmeno per l'anticamera del cervello di abortire: era come uccidere un bambino e non sarei stata mai capace di una tale azione. "Dai Emma fallo per tuo figlio" continuai a ripetermi in testa mentre i miei piedi si erano già iniziati a muovere nell'atrio dell'ospedale.

   
 
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