Giochi di Ruolo > Dolce Flirt
Ricorda la storia  |      
Autore: malukuku    16/06/2013    5 recensioni
Nathaniel si è innamorato per la prima volta a 17 anni. 17 anni più tardi, ha incontrato di nuovo la ragazza che amava. Solo che non è davvero lei.
Attenzione!! Amore non corrisposto fra Professore e Studente
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nathaniel, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Al liceo, Nathaniel si innamorò della nuova arrivata. Fu la prima volta in 17 anni che qualcuno riuscì ad affascinarlo tanto: con quei capelli ricci color cioccolato che saltellavano ad ogni passo e quegli occhi dorati che brillavano come stelle.

Aveva però un rivale. 

La ragazza non scelse Nathaniel e finito il liceo, sparì insieme all'altro ragazzo, quello che amava. 

Nathaniel la rivide esattamente 17 anni dopo averla incontrata. Stessi corti capelli ricci, stessi occhi color del grano, stesso sorriso raggiante. Eppure non poteva essere lei perché questa ragazza aveva quindici anni ed era seduta dietro un banco ad ascoltarlo insegnare.

ooooo


- Lo sa che mettere in mostra delle braccia così sexy è un reato, prof? -
Era davvero impossibile che dopo un anno di battute come quella, Nathaniel ancora non avesse imparato a restare impassibile. 

Si schiarì la voce per nascondere l’imbarazzo. - Per l’ultima volta: che ci fa in sala professori, signorina? -

La ragazza si strinse nelle spalle. - All’intervallo posso andare dove mi pare, no? - No. - Avevo voglia di fare la corte al mio docente preferito. -

Nathaniel sospirò, massaggiandosi in mezzo agli occhi da sotto gli occhiali. Rialzando la testa incontrò il sorriso che gliene ricordava tanto un altro. 
- Via via, non esageri! Lo so che in realtà le fa piacere. -

- Non sarebbe meglio stare con i suoi compagni? - 

A questo la ragazza si accigliò. - Al momento no. - 

Nathaniel nascose la sorpresa riprendendo a leggere il giornale. 
Aveva sempre pensato che andasse d’accordo con i suoi compagni di classe. Aveva fatto amicizia in fretta nonostante fosse arrivata ad anno già iniziato e sembrava non avere problemi a parlare con chiunque. 
Un po’ com’era stato per sua madre.

Si accorse di essere esageratamente preoccupato. Si ricordava bene come fosse il liceo e come fosse essere liceali –gli screzi e le riappacificazioni erano all’ordine del giorno– tuttavia il silenzio in cui si era chiusa la ragazza era insolito e lo agitava. 
Non era compito suo interromperlo.  
Era solo un insegnante di matematica. Non un amico né tanto meno suo padre.

Il silenzio perdurò fino al suono della campanella. La ragazza si alzò e lo salutò con tono allegro.
Una volta che fu uscita, Nathaniel dedicò il suo sguardo corrucciato alla porta chiusa.

ooooo


La incontrò ancora nonostante quello fosse stato l’ultimo intervallo della giornata. 

Si era attardato in sala professori a mettere a posto appunti e documenti quando la sentì entrare.
- Aha! Lo sapevo che era ancora qui! - La ragazza si accomodò su una sedia di fronte a lui, reggendosi il mento con le mani. Vedendosi apertamente ignorata, borbottò offesa: - Potrebbe anche salutarmi. -

- Non dovrebbe tornare a casa? - 

Il suo tentativo di cambiare argomento la fece imbronciare ancora di più.
- Wow, lei sì che sa come trattare una signora, prof. - Poi aggiunse a voce più bassa: - Si può sapere cos’hanno tutti oggi? È il giorno “Prendiamocela con Ania” e non lo sapevo? -

Bastò quella frase per farlo sentire in colpa e finalmente alzò gli occhi su di lei. Era carina da morire con il broncio ma fece finta di non averlo pensato.

- Mi scusi, sono parecchio impegnato. -

- Quindi è il giorno “Prendiamocela con Ania perché siamo parecchio impegnati”, capisco. -

- Non faccia così. -

- Lo so che sto facendo la bambina. - mugugnò la ragazza incrociando le braccia e stringendosi nelle spalle. - Però oggi… è stata una giornata fastidiosa. -

Nathaniel nemmeno si accorse di lasciar da parte i suoi appunti. - Vuo_ - Si schiarì la voce. 
Non avrebbe dovuto dirlo, non avrebbe dovuto immischiarsi. 
- Vuole parlarne? -

La ragazza lo paralizzò con i suoi occhi dorati. 

- Sono solo problemi stupidi di adolescenti stupidi: dubito le interessino. -

- Non ci crederà ma anche gli adulti sono pieni di problemi stupidi. -

Riuscì a strapparle un breve sorriso. 
La ragazza districò le braccia e le distese sul tavolo, appoggiando anche testa e busto. In quella posizione gli sarebbe bastato spostare la mano di qualche centimetro per sfiorare la sua.

Tenne la fronte contro il tavolo mentre incominciava. – Carol sta provando a farmi deridere dall’intera scuola, tanto per cambiare. Solo che oggi ci è abbastanza riuscita, con quella stupida foto. Insomma, non so nemmeno perché ce l’abbia tanto con me!! Ancora peggio, quasi tutta la classe stavolta ci è cascata! Che diavolo, possibile che in questa scuola siano tutti così IDIOTI da dare retta a Carol?? -

Da quanto aveva sentito, questa Carol avrebbe dato del filo da torcere alla vecchia Ambra. Purtroppo poteva basarsi solo su ciò che i suoi studenti gli raccontavano: la nuova reginetta della scuola faceva attenzione ad essere l’alunna modello di fronte ai professori.

La ragazza alzò la testa dal tavolo con un’espressione contrariata. - Più di tutto mi sorprende che anche Stephan e Mia le diano corda. - I compagni con cui aveva legato di più. Quelli con cui avrebbe dovuto confidarsi per cercare di risolvere il fraintendimento. 
Perché gli stava seriamente raccontando i suoi problemi? Per lei, lui non poteva fare niente.

Nathaniel rispettò il silenzio finché non fu la ragazza  a spezzarlo. – Sono problemi stupidi, vero? -

- Ne ho avuti di più stupidi. -

Anastasie gli regalò un sorriso che nascondeva un grazie e Nathaniel sentì di star arrossendo.

ooooo


Quando un paio di giorni dopo lo salutò entusiasta, Nathaniel seppe che aveva risolto i suoi stupidi, importanti problemi da liceale.

ooooo


Anastasie poteva essere sfacciata e un po’ megalomane ma era una ragazza che sapeva controllarsi. Le serenate stonate che gli faceva e le terribili frasi da rimorchio non erano offensive e non gli davano assolutamente fastidio. (Piuttosto lo facevano arrossire fin troppo e non per la vergogna)
Era più che certo che le fosse chiaro il limite da non superare. Le ragazze erano sveglie in questo genere di cose.

Quando però sentiva un braccio scivolargli attorno alla vita e una voce familiare mormorare con la massima serietà - Posso offrirti un caffè, bellezza? -, iniziava a temere che dalla madre avesse preso solo l’aspetto. 

ooooo


Quel sorriso potrebbe illuminare il cielo notturno, cancellare le ombre delle profondità marine, incendiare le foreste, sciogliere i ghiacciai, accecare il sole. 
Quando smetterò di sentirmi così quando la vedo?
Il sorriso è stupendo ma le parole sono spietate. - Grazie, Nath! Sei fantastico! - Non intende ciò che spero io. 
In quella voce non c’è l’amore che voglio io. 
Quell’amore l’ha già dato a qualcun altro. 
L’ha già dato all’altro e l’altro la sta portando via.
Ti prego fermati, voltati, guardami, GUARDAMI_


Nathaniel si svegliò con un sobbalzo, e sobbalzò ancora vedendo sopra di lui il volto che aveva appena sognato. Questo volto però, lo guardava.

Fu il sorriso divertito a farlo tornare alla realtà. La ragazza del sogno era stata portata via anni fa e comunque non avrebbe mai sorriso in quel modo.

- Dormire in infermeria durante l’orario di lavoro: ma insomma, prof! -

Nathaniel si tirò a sedere, controllando l’orologio alla parete per poi spostare lo sguardo severo sulla ragazza. – Perché immagino non sia affatto ciò che è venuta a fare lei, signorina. -

- Pfffft, certo che no! Io sono una ragazza per bene! Sono solo venuta a fissare nel sonno il mio docente preferito. -

Anastasie rispose all’occhiata turbata grattandosi pensierosa una guancia. - Forse questa era troppo da stalker. -

- Temo proprio di sì. -

ooooo


Nathaniel riteneva di cavarsela bene negli incontri genitori-insegnati: era dai tempi del liceo che affinava i suoi modi gentili e la difficile arte del “dire senza offendere”. Inoltre aveva piena fiducia nella propria pazienza.
Solo gli incontri con il padre di Anastasie erano un disastro.

La prima volta si erano sforzati di mantenere una parvenza di decoro ma nel giro di minuti, lui e il suo ex-rivale si stavano abbaiando contro. Se almeno ci fossero stati entrambi i genitori, lei sarebbe sicuramente riuscita a tenere a bada quel… mastino di suo marito. (Sul serio, quando sarebbe cresciuto quel tizio? Come poteva essere padre?)(Perché aveva scelto lui?) Ma a quanto pareva, gli incontri coincidevano sempre con i suoi impegni di donna in carriera.

- O piuttosto ti dimentichi convenientemente di comunicarle la data. -

- Pensa quel che ti pare: lei qui non ci viene. -

- Addirittura dare alla scuola il numero di cellulare sbagliato; quanti anni credi di avere? -

Castiel si appoggiò con un gomito sulla cattedra, piegandosi verso di lui. La sigaretta tra i denti nonostante fossero al chiuso, i capelli ancora tinti e ancora lunghi ma per lo meno legati, il chiodo logorato dall’uso, gli occhi socchiusi minacciosamente. Era come se non avesse vissuto gli ultimi 17 anni.

- Lei. Qui. Non. Ci. Viene. - 
Castiel aveva sempre saputo che fossero in competizione sotto più aspetti.

L’unico lato positivo era che il giorno dopo questi disastrosi incontri/scontri, Anastasie gli portava un trionfo di pasticcini in sala professori per chiedere venia.

ooooo
 

Il fatto che la sua allieva non andasse molto d’accordo con il padre, donava a Nathaniel uno strano senso di soddisfazione.

- Sono certa che creda di avere ancora diciott’anni: sempre con quel giubbotto terribile e gli anfibi. E i capelli!! Dio, come facevo a non vergognarmi ad andare al parco con lui?? Scende tardi per la cena e per farlo uscire dal letto mamma deve prenderlo a calci, ma non perde occasione per farmi notare quando io sono in ritardo! Sta secoli in bagno! Mi urla di abbassare il volume in camera mia quando LUI è sempre in salotto ad esercitarsi su quella chitarra preistorica! Prof, ha idea di come sia svegliarsi la domenica con le stesse tre note strimpellate all’infinito?? -

Anastasie fece uscire un verso adirato mettendosi le mani fra i capelli. Chissà cos’era successo quella mattina per dare vita ad una delle loro sedute.

Nathaniel intuiva che in quanto professore avrebbe dovuto cercare di calmarla ma sentire tutti gli errori di Papà Castiel era incredibilmente gratificante. 
Aveva addirittura voglia di condividere con la ragazzina alcuni ricordi del liceo: lei avrebbe certamente capito tutti gli aspetti terribili di 17enne Castiel. Nathaniel era quasi commosso dal fatto che qualcun altro mostrasse di capire così bene.
A trattenerlo era solo la sua encomiabile professionalità.

Professionalità che tuttavia non poteva sempre bloccare sbuffi divertiti e sorrisetti compiaciuti.   

- E parlando della musica, come può ancora ascoltarsi quella roba e darsi tante arie?? Anzi, insomma, un padre non dovrebbe proprio darsele, delle arie! Ha già tipo trentacinque anni: che si dia una calmata!! -

Mentre la ragazza si lasciava ricadere con la faccia sul banco, Nathaniel non poté fare a meno di sentirsi preso in causa.
- Ho trentacinque anni anch’io. -

- Magari mio padre fosse come lei, prof. -

Nathaniel avvertì chiaramente il commento colpirgli le orecchie come un gong ma non capì che tipo di sentimenti gli avesse provocato.
(O forse lo capì ma li ignorò perché non erano stati l’orgoglio e la soddisfazione che si aspettava.)
 

ooooo
 

- Sono stupida. -

- Non sia così dura con sé stessa, signorina. -

Anastasie sobbalzò udendo la voce alle sue spalle. Dire che Nathaniel non avesse voluto spaventarla sarebbe stata una bugia. Sembrava un gatto quando si spaventava; era carina.

Notando che il professore non rappresentasse una minaccia, la ragazza tornò a guardare il cortile con un sospiro. - Ma lo sono: indovini cosa ho dimenticato. -

Dato che stava piovendo a dirotto, la risposta era fin troppo ovvia.

- I suoi amici sono già tornati a casa? -

- Dovevo prendere un libro in biblioteca e li ho fatti andare avanti. -

- Non ha un ombrello nell’armadietto? -

- Pfffft, no. - 
Sua madre ce lo aveva sempre. Indaco con piccole ranocchie verdi. 
- Speravo nell’arrivo di un principe azzurro ombrello-munito ma credo che con questo tempo non escano: sporcherebbero il cavallo. È un bel macello avere un cavallo bianco. Si finisce per spendere chissà quanto in autolavaggi. …O sono “ippolavaggi”? -

- Le va bene anche un professore ombrello-munito? - Nathaniel si pentì delle sue parole un secondo dopo essersele lasciate sfuggire. 
Cosa non gli era chiaro delle distanze che un professore e una studentessa avrebbero dovuto mantenere??

Anastasie lo osservò con la coda dell’occhio prima di mostrargli un ghigno astuto. - Temevo non me lo avrebbe chiesto. - 
Non avrebbe dovuto chiederglielo, infatti.

Era talmente piccola che l’ombrello copriva entrambi senza problemi. La spalla di lei gli toccava il braccio ad ogni passo. 
La testa di Nathaniel iniziò autonomamente a recitare i numeri primi per tenerlo occupato. Quando però la ragazza parlava o gli chiedeva qualcosa, Nathaniel era costretto a farfugliare una risposta prima di poter ricominciare daccapo a contare.

Notando il disagio del professore, Anastasie smise di parlare e rimase solo lo scroscio della pioggia. Nathaniel perse il conto altre due o tre volte per colpa di quel silenzio.

Era faticosamente riuscito ad arrivare al cinquecentotre quando raggiunsero la loro destinazione: un bel condominio color pesca con le inferriate nere. Quasi troppo “borghese” per uno come Castiel.

- Grazie. - mormorò la ragazza guardandosi la punta dei piedi. Somigliava a sua madre. 
Pure troppo.
- Le proporrei di entrare ad asciugarsi, ma… -

Nathaniel non finì la frase per lei. Non abbozzò un “Non importa” facendo per andarsene. Non era ancora il momento; doveva sentire ciò che veniva dopo. 
Doveva sentirglielo dire.

Di fronte alla mancanza di collaborazione dell’uomo, Anastasie si arrotolò nervosamente un ricciolo umido attorno al dito. - …m-ma è probabile che ci sia mio padre. -

Una ragione valida ma non quella che sperava di sentire.
Nessun “ma forse non è il caso”.

La paura gli congelò il sangue.

All’esterno, anni di pratica gli permisero di mostrare un sorriso calmo. - Non importa. Da qui posso prendere facilmente la metro. A domani, signorina. -

Anastasie alzò la testa. Occhi grandi, viso rosso d’imbarazzo, un’espressione sinceramente dispiaciuta. - A domani, prof. -
Nathaniel si incamminò prima della fine della frase. 

due, tre, cinque, sette,

Anastasie doveva sapere quale fosse il limite da non superare. Era intelligente, in grado di controllarsi, ma soprattutto era una ragazza e le ragazze erano sveglie in questo genere di cose.

undici, tredici, 17,

Doveva saperlo perché c’era il rischio che lui non lo sapesse più.

17,
17,
Merda, cosa veniva dopo?
 

ooooooooooooooooo
 

-- L'autrice Rantola --
Ok, potrei avere un problema con Dolce Flirt. 0__0
Sto passando intere giornate su quel sito, che diamine!!

Inoltre SORPRENDIAMOCI DEL FATTO CHE SONO UNA BRUTTA PERSONA E NON FINISCO MAI LE FIC: OOOOOH!! °O°
Ho agonizzato abbastanza su questa cosina e ormai mi è anche un po' sparita l'ispirazione, quindi facciamo finta che "finisca" così e che non ci siano altre scene che avrei TANTO TANTO voluto scrivere ma per le quali avrei avuto bisogno di un po' di introduzione.
Sì.
=___=

(Appena capisco come e se si possono mettere le immagini, vi farò vedere Anastasie :D)

  
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Giochi di Ruolo > Dolce Flirt / Vai alla pagina dell'autore: malukuku