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Autore: Seven Scars    16/06/2013    4 recensioni
Sonny è una ragazzina proveniente da una famiglia di maghi. La famiglia del padre vanta, da lunghissime generazioni, di essere sempre stata smistata tra le fila dei Grifondoro e le aspettative sulla piccola strega sono molte e pressanti. S.L.T. è la storia di una ragazzina che impara a lottare per dimostrare il proprio valore, contro i pregiudizi che le persone hanno su di lei. Ma se un certo Potter le rendesse difficile non avere pregiudizi? E' la sfida più grande che deve affrontare, ma lei ancora non lo sa.
Genere: Fantasy, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio, Famiglia Potter, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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 Capitolo 1
 

FUTURA GRIFONDORO







Quando Sonny Trulock cominciò a manifestare i primi segni di magia aveva soltanto sei mesi di vita. Almeno era questo che i suoi genitori le raccontavano sempre, quasi ogni domenica, come se fosse un appuntamento fisso. In effetti era proprio così. Ogni volta che arrivavano a parlarne, il padre di Sonny le spiegava di come lei, appena neonata e ancora gattonante, lo stregasse con lo sguardo, letteralmente. Bastava un solo sguardo di quei bellissimi occhi castani di Sonny a fargli fare qualunque cosa. “Se non è magia questa!”, le diceva sempre, toccandole il nasino con l'indice. Riusciva sempre a strapparle un sorriso da bambina.
A soli sei mesi era già in grado di far volare gli oggetti con uno sguardo, convincendo chiunque già da allora che sarebbe stata un'ottima strega.
I genitori di Sonny, Grant e Poma Trulock, anche loro maghi, si erano conosciuti alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Entrambi Grifondoro, possedevano tutte le caratteristiche legate a quella casa, secondo la leggenda trasmessa sin dalla fondazione della scuola.
Poma Trulock era una nata babbana, i genitori erano l'uno avvocato, l'altra scrittrice. Raccontava spesso a Sonny come era stata una grande sorpresa per tutta la sua famiglia ricevere la lettera di ammissione ad Hogwarts, tranne per la nonna, la quale diceva sempre di sapere fin dalla sua nascita che sarebbe stata una persona speciale.
Grant Trulock, invece, era un purosangue, ma ripeteva sempre che il matrimonio dei genitori, cioè dei nonni di Sonny, non era stato un matrimonio combinato. La sua famiglia vantava tra i più importanti maghi dal 1652, dettaglio che non lasciava mai sfuggire a Sonny. Cosa più importante di tutte era che, da lunghissime generazioni, erano tutti appartenuti alla casa dei Grifondoro.
«Esattamente come me, figliola, e come nonno Gabriel, che ha inventato il settimo modo con cui è possibile utilizzare l'aconito nelle pozioni antilupo, e come il trisavolo Joseph, il quale...». E così continuava per ore.
Addirittura lui affermava che la loro famiglia fosse discendente di Godric Grifondoro, ma Sonny, per quanto si sforzasse, non era mai riuscita a crederlo davvero.
Era ben chiaro a tutti, soprattutto a Sonny, come i suoi genitori avessero grandi aspettative su di lei, anche senza aver pronunciato chiaramente alcun commento diretto in proposito. Era il modo in cui il padre, sin dall'infanzia, non aveva fatto altro che raccontarle di come fosse orgoglioso di portare quel cognome, di come lui si sentisse un vero Grifondoro, che non lasciava il minimo dubbio sulla questione.
«Già perchè, Honey, un conto è essere Grifondoro perchè te lo hanno detto e un altro è sentirsi nel cuore un Grifondoro. E' tutta una questione di onore».


Quando Sonny aveva appena nove anni, i genitori invitarono dei colleghi del Ministero a casa per cena. Era il periodo natalizio e per loro sembrava una grande forma di cortesia ospitare dei cari amici.
Erano a tavola a cenare e stranamente Sonny, per quanto la sala da pranzo fosse affollata, non riusciva a non sentirsi sola e in imbarazzo. Erano tutti più grandi di lei, ad eccezione di una bambina figlia di un collega, con lunghi capelli neri e lisci e col viso malaticcio, che sembrava totalmente assente. Non mangiava neanche il pollo che Poma aveva preparato con tanta cura per tutto il pomeriggio, convinta che le sarebbe piaciuto.
Sonny cominciò a pasticciare con la purea di patate. Non era nemmeno attenta dalle conversazioni dei grandi, quando sentì improvvisamente il proprio nome in uno stralcio di conversazione. Alzò lo sguardo a guardare i commensali, a cominciare dalla madre che di fianco a lei la osservava con insistenza, aspettandosi che rispondesse qualcosa.
«Non ho capito» disse la bambina con sguardo quasi spaventato, non sapendo esattamente cosa si aspettassero da lei tutte quelle persone.
«Tesoro, Mr. Potee si domandava in quale casa ti piacerebbe essere smistata ad Hogwarts», le disse suo padre, a cui chiaramente brillavano gli occhi dall'emozione e le mani quasi tremavano dall'eccitazione.
In...quale casa mi piacerebbe essere smistata?” - nella testa di Sonny vorticavano queste parole.
«P-papà dice che sarò una Grifondoro», rispose velocemente la piccola, cercando di nascondere la sua insicurezza. Grant tuttavia si era accorto dell'esitazione della figlia e cercò subito di convincere i colleghi a tavola che era solo nervosa e molto timida.
«Già, lei sarà una futura Grifondoro! Proprio come me o come nonno Gabriel, che ha inventato il settimo modo con cui è possibile utilizzare l'aconito nelle pozioni antilupo, il trisavolo Joseph, che...» e così continuò anche allora, come tante volte aveva fatto con la figlia, a elencare tutto l'Albero Genealogico e ad esaltarlo con invenzioni o azioni eroiche che nessun'altra famiglia poteva vantare. Almeno secondo lui.
Fu così che la serata riprese senza che Sonny venisse più interpellata, come se qualsiasi altro argomento potesse renderla partecipe non sarebbe stato altrettanto affascinante dal sapere se era degna del cognome che portava.
Quando la serata finì, Sonny tirò un sospiro di sollievo mentre saliva le scale che portavano alla camera da letto, accorta a non farsi vedere dal padre.

 

Il 6 Agosto 2016 Sonny compì undici anni. Ricordava benissimo che erano tutti fuori al giardinetto di casa, i fiori curati e al posto giusto che la madre curava maniacalmente. Seduti sotto al gazebo bianco, Grant Trulock aveva in mano una lettera, “la più importante di tutte le lettere”, disse quel giorno eccitato come non mai. Era la lettera di ammissione ad Hogwarts, ovviamente, quella che tutti aspettavano con ansia e che sapevano sarebbe arrivata solo il giorno del suo compleanno.
E dopo aver aperto la lettera, dopo essere stata abbracciata con calore dai propri genitori e essere bagnata dalle lacrime della madre emozionata, eccolo lì, un pacchetto sul tavolino che il padre aveva fatto apparire per magia. Ricordava di essere emozionata, domandandosi cosa i genitori le avessero regalato. E ricordava anche la sensazione allo stomaco, quando aprì il pacchetto e realizzò cosa fosse. Lì per lì, davanti al pacco aperto che mostrava una sciarpa di lana non riusciva a capirne il senso. Insomma, era Agosto! Perchè mai avrebbero dovuto regalarle una sciarpa? Doveva ammettere, però, che era molto particolare. Era strana rispetto alle sciarpe che di solito indossavano per uscire - in inverno - perchè erano colori tanto sgargianti da essere davvero poco abbinabili. Era a strisce orizzontali e si alternavano due colori, un rosso scuro e un dorato accecante.
A Sonny non è mai piaciuto particolarmente il rosso.
Tirandola fuori dal pacco e aprendola completamente vide uno stendardo cucito con cura sulla sciarpa, anch'esso con gli stessi colori, con raffigurato all'interno un leone. Quella sciarpa era stata fatta da mani esperte e pignole, aveva pensato Sonny, perchè sembrava non esserci alcun difetto e il leone applicato alla sciarpa era stato riprodotto così fedelmente da apparire quasi vero. Aveva quasi l'impressione che quel leone la fissasse con sguardo duro e severo.
Sonny alzò gli occhi sui genitori ed era piuttosto evidente come gli sguardi fossero completamente differenti. La madre era eccitata e con gli occhi pieni di lacrime, il padre sembrava euforico oltre ogni immaginazione e un luccichio di speranza e ammirazione era visibile nel suo sguardo, puntato sul leone. Sonny era terribilmente confusa, una parte di lei sperava quel regalo non fosse mai arrivato.
«Tesoro, questa è una sciarpa molto importante. E' la sciarpa dei Grifondoro e quello è lo stemma della casa. E' appartenuta a...». E il padre di Sonny continuò a parlare, probabilmente raccontato che quella sciarpa era appartenuta direttamente alla figlia di sangue di un nipote di Godric Grifondoro, ma aveva perso l'attenzione della figlia già da quando aveva nominato la casata. Sapeva cos'erano quei colori, sapeva cosa rappresentasse quel leone e avrebbe semplicemente voluto non essere lì, davanti a loro. Sapeva bene, in cuor suo, che quello non era un regalo per il compleanno, ma la speranza di un padre che portava sulle spalle le aspettative di intere generazioni.

 

Sono almeno in parte comprensibili, quindi, i motivi per cui, sull'Espresso di Hogwarts per la prima volta nella sua vita, Sonny non riusciva ad essere davvero felice. Aveva solo molta paura di ciò che le aspettava. Non che non fosse eccitata dall'essere a un passo da un mondo a lei relativamente sconosciuto, ma perchè sentiva un grosso macigno che le premeva sullo stomaco. Non voleva avere paura, voleva essere forte, ma al tempo stesso non riusciva a fermare l'agitazione e l'angoscia che cresceva mano mano che l'Espresso si allontanava da Londra e si avvicinava verso luoghi sperduti della Scozia.

«Non deludermi, tesoro».

Quelle parole che il padre le aveva rivolto poco prima di salire sul treno, accorto nel non farsi sentire dalla moglie, le ronzavano ancora nella testa e più il tempo passava più sembrava farsi nitida la voce che giungeva alle orecchie. Aveva quasi l'impressione di averlo lì, in quel vagone vuoto, a ricordarle che dipendeva tutto da lei.
E se non dipendesse da me? Se non avessi possibilità di scelta? Cosa accadrebbe?”. Cercava con tutte le forze di dirsi che non sarebbe successo nulla se qualcosa fosse andato storto. L'unica cosa che riusciva a sperare, però, era che, semplicemente, non sarebbe dovuto andare nulla storto di lì a poche ore.
Un rumore proveniente dalla porta scorrevole del vagone le fece distogliere gli occhi dal paesaggio fuori la finestra. Si voltò e notò un ragazzino, lì sulla porta; pensò avesse la sua età dall'aspetto che aveva. Era un tipetto pienotto e tarchiato, con le guance rosse, occhi piccoli e chiari e capelli biondi. Era rimasto bloccato sulla porta non appena Sonny si era girata a guardarlo, come se lo avesse appena pietrificato. Dopo qualche secondo di esitazione, Sonny prese parola, o probabilmente sarebbero rimasti lì a guardarsi per un paio d'ore.
«Ciao...».
«C-ciao...» le rispose il ragazzino un po' incerto, diventando immediatamente rosso in viso. Il che certo non rendeva le cose facili per Sonny, altrettanto imbarazzata. Le dispiaceva, però, vedere quel ragazzino inerme sulla porta che non riusciva a spiaccicare parola, per cui cercò in ogni modo di non darlo a vedere.
«Ti...ti serve una mano?» chiese al giovanotto.
«Ehm...v-volevo chiederti...volevo chiederti se posso sedermi con te».
Se prima Sonny aveva creduto che il ragazzo fosse al massimo dell'imbarazzo dovette ricredersi, perchè nel pronunciare le ultime parole il collo gli prese fuoco e cominciò a grondare sudore dalla fronte.
«Ma certo che puoi! Io sono Sonny» gli disse sorridendo senza riuscire a nascondere una vena di sorpresa per quella domanda così semplice che provocava tanto imbarazzo.  Il ragazzo grassottello si allargò in un sorriso smagliante e, felice di aver trovato finalmente un posto a sedere e qualcuno che volesse parlargli, entrò nella cabina e richiuse la porta dietro le spalle.
«C-ciao Sonny. Il mio nome è Gabriel F-Finnigan, ma puoi chiamarmi G-Gabe» disse mentre si sedeva sulla poltrona di fronte a lei.
''Oh, mio padre ne sarebbe fiero, ha lo stesso nome di nonno Gabriel'' pensò Sonny tra sé, con ovvia vena ironica che per fortuna il padre non ha mai sentito.
Ci fu qualche istante di silenzio nel quale nessuno dei due sapeva cosa dire, quando poi, dopo una breve riflessione, Sonny trovò l'argomento adatto per cominciare una conversazione.
«Ehm, tu per caso hai preso le cioccorane dal carrello? A me sono usciti dei doppioni, magari potremo confrontare le figurine e scambiarcele...» la buttò lì Sonny, non proprio convinta della sua decisione mentre ne parlava. Non appena Gabe aveva sentito le parole “cioccorane” e “figurine” gli occhi cominciarono a brillare e non riuscì a frenare il suo entusiasmo. Si può dire che dalla soglia della porta scorrevole rotolò fino al posto di fronte a Sonny, eccitato all'inverosimile.
«Certo!» esclamò con tanta forza da saltare quasi dalla poltrona e in un unico slanciò si fiondò sullo zaino che aveva accanto a sè per cacciare una quantità enorme di figurine, erano almeno una cinquantina.
«Wow, vedo che ti sei dato da fare con le cioc...ehm...le figurine!» disse sorpresa Sonny che, nonostante la mole del ragazzino, non poteva credere avesse mangiato davvero tutte quelle cioccorane in soli trenta minuti di viaggio sull'Espresso.
«Oh, beh, faccio la collezione» rispose Gabe disinvolto – era evidente che questo argomento era il suo preferito- «ma ho iniziato tre mesi fa, quando mi...», ma non terminò la frase. Alzò la testa per guardare Sonny, forse sperando invano che lei non si fosse insospettita della sua aria spaventata. Sembrava ancora più imbarazzato di prima, se mai era possibile.
«Ehm...qualcosa non va, Gabr...ehm, Gabe?» cercò di domandare Sonny senza dare l'impressione di essere curiosa, anche se le risultava abbastanza difficile.
«No, è...è tutto a posto, è solo che mamma mi aveva detto di non farne parola con nessuno e...».
Sonny non aveva la minima idea di cosa fosse a turbarlo tanto, ma era più che evidente che il ragazzo che aveva di fronte era fortemente combattuto. I suoi occhi azzurri e sporgenti erano più grandi e spaventati e le guance si erano imporporate. Aveva anche cominciato a sfregare le mani sudate sui jeans, come se fosse stato scoperto a mangiare le gelatine tutti i gusti +1 nell'ufficio del Preside.
«Beh...tu ce l'hai Silente?» disse velocemente Sonny dando una rapida occhiata alle sue figurine per aiutare Gabe ad uscire da quella conversazione imbarazzante. «A me ne sono usciti tre».
Il ragazzino sembrò cogliere al volo le intenzioni di Sonny e ne approfittò per tergiversare ed evitare l'argomento spinoso, se così lo si può definire.
«Ah, si. Silente esce spessissimo! Si dice in giro che la sua e quella di Harry Potter siano quelle più circolanti, perchè il mondo magico si sente in colpa per come li ha trattati» rispose il ragazzino ancora con gli occhi bassi a sfogliare velocemente le figurine che aveva in mano, segno che era un'azione abitudinaria. Sonny, però, si era concentrata su quello che aveva detto e la sua attenzione si era acuita nel momento in cui Gabe aveva pronunciato il nome di Harry Potter.
«Tu...non dirmi che hai la figurina di Harry Potter?!» gli chiese Sonny sollevandosi leggermente dalla poltrona per sporgersi verso di lui, non riuscendo a trattenersi dall'emozione. Gabe alzò lo sguardo su di lei, visibilmente sorpreso dalla domanda della ragazzina e anche dallo sguardo sbrilluccicante di lei probabilmente.
«Si, certo, ne ho due. Se vuoi posso dartela...».

A onore di Sonny, bisogna dire che se c'era una cosa, una sola che adorava farsi raccontare dal padre, era la storia di Harry Potter. Lui ovviamente ne era felicissimo, perchè Harry Potter era stato un Grifondoro ed era sicuramente uno dei più coraggiosi di tutta la storia della magia. Amava farsi raccontare di come lui era un orfano maltrattato dagli zii e di come poi aveva sacrificato la sua vita pur di sconfiggere uno dei maghi più potenti al mondo, Colui-che-non-deve-essere-nominato. Grant le diceva sempre: “Se adesso puoi dire di avere una vita felice e spensierata è solo grazie a Harry Potter”. Era una cosa che Sonny non aveva mai dimenticato e col passare degli anni non aveva potuto fare a meno di provare una forte ammirazione per quel mago.
La ragazzina guardò Gabe con tanto desiderio da non riuscire a controllare le sue labbra, che immediatamente si aprirono in un sorriso di felicità.
«Lo faresti, davvero?» aveva chiesto con un grosso sorriso e gli occhi luccicanti che non poterono non far sorridere anche Gabe.
«Ma certo! Tieni, eccola» e dopo aver cercato tra il mucchio di figurine le porse quella raffigurante il mago migliore di tutti i tempi. Sonny la prese con le mani tremanti dalla commozione, consapevole che finalmente ora poteva stringere tra le mani la figurina più importante di tutte. E mentre la prendeva pensò che in tutti quegli anni in cui aveva sentito suo padre raccontarle della Seconda Guerra Magica, non aveva mai visto una foto di Harry Potter. Si era sempre immaginata un uomo grande e muscoloso, con capelli biondi e occhi azzurri, simile ai principi delle storie babbane che sentiva raccontare dalla vicina di casa, la Signora Tayler, al suo bimbo appena nato.
Con trepidazione prese la figurina e, quasi al rallentatore, la girò per osservarla. Davanti a lei non c'era un uomo, ma un ragazzo di massimo venti anni, a guardarla con i suoi occhi verdi dietro un paio di occhiali rotondi. Sulla fronte una cicatrice a forma di saetta, quella che Grant tante volte aveva nominato a Sonny nei suoi racconti, quasi coperta da cappelli neri e scomposti. Qualche ragazzina sarebbe rimasta profondamente delusa nello scoprire che il salvatore del mondo magico non era altro che un ragazzo appena uscito dall'adolescenza, mingherlino e con occhiali rotondi che non andavano più di moda dai tempi di Merlino. Eppure Sonny non riuscì a non pensare che quel ragazzo, anche se molto più grande di lei, era davvero affascinante. Aveva un qualcosa negli occhi che la colpivano. Ed era proprio quell'aria da ragazzo normale che le faceva credere che era un mago ancora migliore di quanto pensasse.
«Sai, la foto per la figurina è stata scattata quando aveva diciotto anni».
Sonny distolse velocemente lo sguardo dalla figurina per posarlo su Gabe che aveva appena parlato.
«Chi?» domandò istintivamente senza pensarci.
«Harry Potter, naturalmente! La scattarono qualche mese dopo la sconfitta di Voldemort».
Sonny non potè fare a meno di trattenere un respiro si sorpresa. «Sai che non dovresti nominarlo?» gli disse quasi rimproverandolo e sbarrando gli occhi dall'orrore.
«Ma mio padre dice che invece non nominarlo significherebbe avere ancora paura di lui. Ed è morto ormai» disse Gabe ridendo alle ultime parole e Sonny, in qualche modo, si ritrovò ad essere d'accordo con lui e rise anche lei.
«Quanti anni avrà ora? Harry Potter, intendo».
«Beh, dovrebbe avere trentacinque anni ora. Mio padre ha la sua stessa età, erano dello stesso anno ad Hogwarts e tutti e due erano dei Grifondoro» disse velocemente senza darci molto peso, cosa che non fece altro che incrementare lo stupore e la meraviglia di Sonny.
«Stai scherzando? Tuo padre era amico di Harry Potter? Non ci credo! Allora ti avrà raccontato tutto di lui!».
Gabe era quasi imbarazzato dall'entusiasmo di Sonny che, ormai senza più ritegno, aveva gli occhi sbarrati dalla sorpresa e le guance rosse di felicità. Non potette non ridere davanti alla sua faccia così buffa. «Beh, in un certo senso non è che me ne abbia parlato poi così tanto» disse Gabriel.
«Oh, capisco...» il sorriso di Sonny si spense lentamente al sentire quelle parole, visibilmente delusa. Sperava di sapere qualcosa in più sul suo eroe. Guardò ancora una volta la figurina che aveva tra le mani e accuratamente se la mise nella tasca dei pantaloni. Gabe sembrò accorgersene della delusione della ragazzina e cercò di pensare a cosa dire, per catturare di nuovo la sua attenzione.
«Però il mio papà ha detto che è uno dei maghi più coraggiosi che abbia mai conosciuto e che grazie a lui ha imparato a non avere pregiudizi sulle persone» stava andando bene così? «Anche se non so come glielo abbia insegnato, sinceramente».
La ragazzina alzò lo sguardo e gli tornò a sorridere. Sì, stava andando bene il ragazzino. «Si, anche mio padre dice che è molto coraggioso. Lui però è più grande di Harry Potter, mi ha detto aveva già lasciato la scuola quando lui è stato ammesso al primo anno a Hogwarts».

 

Fu così che Gabe e Sonny continuarono a parlare per tutto il viaggio di qualunque cosa: di Harry Potter, delle caramelle magiche, delle materie che avrebbero dovuto studiare.
«Sai, c'è una in cui si impara a cucinare con la magia e il libro di testo 'In cucina col mago' di Pauline Sausage» le disse ad un certo punto Gabe.
«Cosa?» gli chiese Sonny tra le risate «Secondo me te lo sei inventato!».
«No, davvero! Me lo ha detto la mamma quando le avevo chiesto di insegnarmi a cucinare e lei allora mi ha detto: “No, tesoro, non c'è bisogno! Lo imparerai a Hogwarts”. Sul serio!».
Fu in quel momento, tra le risate con il suo nuovo amico, che Sonny si rese conto di come la sua tensione era quasi completamente calata, anche se ogni tanto il pensiero che si stavano avvicinando a Hogwarts le faceva trattenere il fiato. Più si avvicinavano alla scuola e prima sarebbe arrivato il momento dello smistamento.
Mentre rideva con Gabe e pensava tra sé, sentì un rumore alla sua destra. Si girò di scatto e vide che la porta dello scompartimento era stata aperta, ma questa volta c'era un altro ragazzino. Appena lo vide, Sonny provò un tuffo al cuore e sentì le guance infiammarsi immediatamente. Era sicuramente dello stesso anno di Sonny e Gabe perchè indossava la divisa senza alcuno stemma delle quattro case, segno che doveva ancora essere smistato. Aveva capelli neri e scarmigliati e occhiali squadrati che coprivano un paio di occhi scuri, ma di certo Sonny non poteva sbagliarsi.
Non era possibile che il ragazzino che aveva davanti fosse...
«Ma tu...tu sei...» aveva cominciato a dire Sonny, quando l'altro ragazzo che gli era affianco, che lei non aveva nemmeno notato, la interruppe.
«Ehi, bellezza, non è che per caso sei brava con gli incantesimi? C'è questo signorino che ha lanciato una scommessa...».
Sonny spostò lo sguardo sull'altro, un ragazzino più alto per la sua età, biondo e con intensi occhi verdi. Avrebbe sicuramente fatto colpo su Sonny se non fosse stata tanto sconcertata e non provasse a pelle una certa antipatia nei suoi confronti.
“'Grazie a lui ha imparato a non avere pregiudizi sulle persone'. Sonny, ricordalo anche tu!", pensò tra se la ragazza.
«Che...che tipo di scommessa?» chiese Sonny cercando di mantenere lo sguardo fiero del biondo.
«Beh, lui scommette che chi non riesce a fare questo incantesimo venga smistato nei Tassorosso. Ormai siamo vicinissimi ad Hogwarts e si possono fare magie senza che il Ministero individui la traccia. Ti va di provare?» le disse guardandola con aria di sfida.
«Perchè, qual è il vostro problema con Tassorosso?».
Sonny si girò di scatto a guardare Gabe che fino ad allora era rimasto in silenzio e in disparte, quasi volesse nascondersi. Era scattato in piedi ed era rosso in viso, ma non dall'imbarazzo, piuttosto dalla rabbia. Sonny non sapeva perchè, ma in qualche modo si sentì turbata anche lei, sicura che un commento del genere non si confacesse a nessuna casa di Hogwarts.
«Che c'è, hai paura di non riuscire, vero?» sentì Sonny provenire dalla porta, ma questa volta era stato il tipo con i capelli scuri a dirlo. Sentì improvvisamente la rabbia salirgli dallo stomaco e arrivargli sul viso che immediatamente sembrò prender fuoco.
«Sapete, siete davvero sgarbati! Prima di tutto siete entrati nel nostro scompartimento senza neanche bussare» disse Sonny, con tono stupito, imitando il nuovo amico e alzandosi dal sedile del vagone per affrontare entrambi i ragazzini. «E poi siete solo degli sciocchi a credere che in una casa di Hogwarts possano essere smistate persone che non sanno fare magie! Hogwarts è una delle scuole di Magia più importanti al mondo ed essere scelti per farne parte, oltre ad essere un grande onore, vuol dire che si possiede la magia necessaria ad essere definiti dei veri maghi!».
Il moro e il biondo rimasero a bocca aperta dalla sorpresa. Sonny era certa che non si sarebbero aspettati una reazione del genere. Il che di certo contribuiva a mantenere il suo sguardo fermo e fiero, non c'è dubbio.
«Beh, se la cosa ti può consolare ti dico che quest'anno la casa di Tassorosso sarà molto affollata, perchè quasi nessuno fino ad ora è stato in grado di fare l'incantesimo» disse il biondo e i due ragazzini cominciarono a ridere come matti.
Sonny aveva davvero perso le staffe.
«Invece di fare tanto i gradassi perchè non lo fate voi l'incantesimo? Così ci fate vedere come si fa» disse Sonny ancora in piedi a guardarli con aria di sfida. Sapeva di averli messi in difficoltà e vedere l'orrore prendere il posto delle risa sulle loro facce era una soddisfazione enorme. Non riusciva a credere che quei due fossero tanto odiosi, soprattutto uno di loro. Sembravano davvero imbarazzati e non sapevano cosa rispondere, finché il moro alla fine non disse «Brandon, è meglio che andiamo via, questa cosa è una cavolata...».
«Già, meglio andarsene. Non vorreste fare la figura degli idioti...». Non era stata Sonny, ma Gabe a parlare. Incredibile che si tratti dello stesso ragazzino che poco prima era rosso come un peperone solo per chiedere di sedersi nello stesso vagone.
«Ehi, brutta palla di lardo, ma cos...».
La reazione della ragazzina arrivò improvvisa. Spostò la mano destra verso la tasca posteriore dei pantaloni ad afferrare la bacchetta. La puntò in avanti contro il biondino, nel giro di pochissimi istanti, compiendo un piccolo cerchio e urlando «IMPÙLSUS!». Il biondino, prima ancora che potesse reagire in qualche modo, fu leggermente spinto all'indietro, anche se non abbastanza da farlo cadere. Sonny sapeva che in realtà non era stato un incantesimo molto forte, non lo aveva mai fatto in vita sua. I bambini possono compiere magia accidentale a casa, ma non fare magie volontariamente. Il padre le aveva fatto vedere alcuni incantesimi, insegnandole in teoria i movimenti, ma non aveva mai fatto pratica. Quando aveva visto il biondo avvicinarsi velocemente a Gabe aveva sentito la rabbia ribollirle dentro e non era riuscita a trattenersi.
Con orrore rimase bloccata in piedi, con la bacchetta puntata in avanti, a fissare i due ragazzini di fronte a lei che sembravano altrettanto stupefatti. ''Ecco, ora me la faranno pagare cara, ne sono sicura'' pensò Sonny, finchè non vide un sorrisino spuntare sul viso del biondo.
«Ehi, tu dolcezza! Quando sarai smistata nei Grifondoro dovrai uscire con me!». Rimase a guardarla per il tempo necessario a farla arrossire completamente, poi girò i tacchi allontanandosi dallo scompartimento. Gabe dal canto suo era rimasto in piedi scioccato, un po' dalla reazione di Sonny, un po' da quella del ragazzino biondo. Di fronte a Sonny, invece, era rimasto il moro, in piedi, che la fissava. Era sicuramente sorpreso anche lui, ma quello che colpì Sonny furono i suoi occhi. Erano scuri, ma avevano lo stesso sbrilluccichio che aveva visto poco prima su una figurina delle cioccorane. Dopo qualche secondo sembrò ricomporsi e quella luce negli occhi scomparì immediatamente.
«Vi conviene indossare le nostre divise, credo che manchi poco all'arrivo» disse prima di distogliere lo sguardo da Sonny e di andarsene nella stessa direzione in cui l'amico se ne era scappato poco prima.








Angolo dell'autore.
Sono iscritta ad EFP da circa un anno e mezzo, ma non ho mai avuto il coraggio di pubblicare. Ho iniziato a scrivere davvero tante storie, ma non ho mai portato nulla a termine. Non so cosa mi abbia spinta a iniziare a pubblicare, forse perchè a questa storia (che ho iniziato a scrivere più di un anno fa) sono particolarmente affezionata, non so. O forse perchè voglio mettermi alla prova, uscire un po' dal mio guscio e avere meno paura. Si dice che lo scrittore nelle sue storie si mette a nudo e io ci credo davvero, quindi capirete il mio timore nel cliccare quel ''pubblica storia'' qui in basso.

Bene, ormai è fatta. Spero leggerete in tanti, spero di ricevere tante tante recensioni e soprattutto che vi piaccia!

  
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