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Autore: LimoneMenta    17/06/2013    2 recensioni
Caspian è in viaggio con Aslan e trovano rifugio nella casa di una giovane sirena, che non sembra molto contenta della presenza del Principe e che pare nasconda un segreto.
Storia modificata e ripostata. Spero vi piaccia comunque, "era" la mia prima FF!
Le recensioni sono sempre ben accette, quindi... se lasciate un commentino io rispondo
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Aslan, Caspian
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Sprofondata nella poltrona, Rebecca teneva in mano un bicchiere, sorseggiandone il contenuto ambrato. Osservava la stanza: un bel camino acceso la illuminava, riempiendola di luce e diffondendo un piacevole senso di tranquillità, un divano in morbida pelle la fronteggiava e una poltrona del tutto simile a quella da lei occupata le stava a fianco. Un basso tavolino dal ripiano in vetro le permetteva di poggiare le gambe e di godersi la vista al di fuori delle finestre, poste a lato del divano. Ma era notte, il paesaggio là fuori era ricoperto dall’oscurità. Rebecca non si era mai sentita a casa lì dentro, era tutto così diverso dal suo mondo. Interrompendo i suoi pensieri, qualcosa all’esterno la mise in allerta. Lo scorse solo per un istante: un breve luccichio che non apparteneva a nulla in quel luogo abbandonato. Si avvicinò lentamente alla finestra, cercando ancora, ma sembrava essere sparito. Appoggiò il viso al vetro e improvvisamente li vide: due occhi brillanti la scrutavano nascosti nel buio. Riconoscendoli all’istante, il cuore le si riempì di gioia e un brivido le corse lungo la schiena: «Aslan!» gridò. Si precipitò ad aprire la porta, e un attimo dopo il possente Aslan si fece avanti, entrando nella casa. Rebecca affondò le mani nella folta criniera del leone, circondandogli il collo con le braccia e stringendolo forte a sé. 
«Quanto entusiasmo! Anch’ io sono contento di rivederti. È passato molto tempo dalla mia ultima visita».
«Già» rispose lei, cadendo velocemente in uno stato di tristezza. La sua visita le rievoca infelici ricordi, sostituendo quelli dei bei momenti passati assieme. L’animale le strofinò il muso sotto il collo, nel tentativo di consolarla.
«Comprendo la tua irritazione: ti ho costretta a trasferirti in questo palazzo, ti ho allontanata dal mare, da casa tua. Ma l’ho fatto per poterti difendere dal pericolo che si avvicina ogni giorno di più»
«Però non arriva mai. Aslan, io voglio tornare a casa!» Si era messa ad urlare. Non sopportava più la solitudine di quel luogo, per quanto bello potesse essere. Voleva tornare a casa sua, nell’oceano, cullata dalle onde e protetta dalle correnti che circondavano il suo palazzo.
«Ti sbagli - le rispose l’animale con tono grave – quel pericolo è arrivato, minacciando tutto il nostro popolo; troppa gente è già morta e la guerra è appena cominciata. Per questo siamo venuti a chiederti di unirti a noi, insieme alla tua gente: per aiutarci a combattere la Strega Bianca».
Un’improvvisa corrente d’aria fredda attraversò la sala. Sembrò quasi che con il solo pronunciare il suo nome, la terra gelasse e smettesse di vivere. Rebecca si voltò e notò la porta aperta: se qualcuno fosse voluto entrare avrebbe potuto farlo senza problemi, ma in quel momento non ci badò. «“Siamo”? C’è qualcun altro con te?» chiese serrando gli occhi in due fessure. Non capiva, era stupita dall’uso del plurale. Di solito Aslan viaggiava da solo, diceva sempre che lo aiutava a ritrovare sé stesso. Guardò attentamente fuori, ma non vide nessuno, nonostante i suoi occhi fossero abituati a quel buio inaccessibile.
Aslan proseguì: «Sì, “siamo”. Ormai viaggiare soli è un’imprudenza, persino per me… Ma ora è tempo di presentarti il mio nuovo compagno di viaggio. Fatti avanti, Principe Caspian».
Un giovane comparve sulla porta, incerto sul da farsi. Optò per fermarsi sull’ uscio. Innervosita, Rebecca iniziò ad esaminarlo. Aveva i capelli lunghi e neri, che gli circondavano il viso abbronzato.
Gli occhi erano grandi e molto scuri, come l’ebano: scrutarono per un attimo Aslan, poi si fissarono sul suo viso. Lei, infastidita da quello sguardo indagatore, distolse il suo dalla faccia del ragazzo e tornò a studiarne il profilo. Era alto e muscoloso, quasi il doppio di lei, ma Rebecca era anche più sottile di un filo d’erba, perciò non era poi molto difficile essere più grossi. “Di sicuro, io sono più agile”, pensò irritata. Inoltre, lei metteva in soggezione qualsiasi uomo senza preoccuparsi della loro stazza. Poteva forse essere diverso? La bellezza della ragazza era sconvolgente, tanto da metterne in ombra qualsiasi altra; Caspian se ne accorse subito ed anche lei ne era a conoscenza, tanto da sfruttare questo aspetto a suo vantaggio, quelle rare volte che ne aveva avuto bisogno. Il ragazzo la osservò dall’alto verso il basso, attento a cogliere ogni singolo particolare: i capelli, di un castano scuro, le ricadevano sulla spalla, morbidi e sciolti. La sua carnagione estremamente pallida, diafana, risplendeva come ricoperta da piccoli cristalli. Sul braccio sinistro aveva un tatuaggio, un tribale azzurro. Si chiese brevemente dove e perché l’avesse fatto. Il viso era di forma allungata, occupato da una bocca rossa e carnosa e da un piccolo nasino a punta. Nonostante l’altezza, maggiore di quanto ci si aspettasse, tutto conservava ancora tratti infantili. Tranne gli occhi. Non quelli. I suoi erano completamente diversi da quelli che ci si aspetta di trovare in una giovane fanciulla. Non erano occhi adatti a lei, ma piuttosto ad una donna adulta. Nel breve lasso di tempo in cui Caspian poté vederli, vi lesse diverse emozioni: molte non riuscì a decifrarle, ma non la rabbia, la paura e a diffidenza. Quelle sarebbe riuscito a percepirle chiunque fosse stato in grado di vedere. Durò solo un attimo, dopo Rebecca riprese il controllo di sé. Lui, però, non riuscì a capirne il motivo. Perché una ragazza come lei doveva provare tali sentimenti? E poi, perché Aslan lo aveva condotto lì? Suo malgrado, non seppe rispondere. Poi si accorse dell’abito che indossava. Ma quale strano indumento portava? Non ne aveva mai visti di simili. Si trattava di un vestito corto, di un blu molto acceso, fatto di quella che sembrava seta leggera: due sottili spalline reggevano la stoffa, finemente ricamata sul petto. Quello che gli parve ancora più strano, se possibile, fu con quale disinvoltura mostrasse le gambe sottili e slanciate. E i piedi, poi! Erano privi di qualsiasi calzatura, camminava scalza, come se fosse la cosa più naturale del mondo. Non che fosse vietato, ma nel suo regno, tutte le donne indossavano abiti lunghi fino a terra e basse scarpe di tela. Nessuna di loro si sarebbe mai vestita in quel modo.
Aslan, dopo aver osservato la scena, si volse verso di lui e cominciò a parlare: «Inchinati Caspian, davanti a Rebecca, Principessa del Regno dei Mari e futura Regina degli Oceani! Nonché giovane sirena, certo» aggiunse, come se si trattasse di una cosa ovvia, facendola sorridere lievemente.
«Cosa? Oh, sì, certo. I miei saluti, Principessa. Sono onorato di far la Vostra conoscenza» disse Caspian inginocchiandosi davanti a lei. Per tutta risposta, Rebecca gli fece un breve cenno con la testa e i suoi capelli biondi oscillarono sulle spalle nude.                                                                                                                                              

“Di poche parole a quanto vedo, anzi, di nessuna”, pensò lui, sorpreso anche dal trovarsi di fronte ad una sirena.
«Abbiamo bisogno della tua ospitalità, Rebecca. Vorrei fermarmi qui con Caspian, per discutere con te degli ultimi avvenimenti accaduti. Sempre che tu sia d’accordo, ovviamente».
«Non posso negarti nulla, dopo tutto quello che hai fatto per me. Ma tu sai come la penso sugli umani» disse rivolgendo a Caspian una breve occhiata.
«Puoi stare tranquilla. È un ragazzo affidabile e coraggioso. Tutti coloro a cui ho chiesto di unirsi alla nostra causa mi hanno risposto negativamente, utilizzando le più svariate scuse, pur di salvarsi, tranne Caspian. Ha accettato senza indugi» le rispose Aslan.
«Un gesto davvero eroico» commentò lei, lanciando un’occhiata sprezzante al ragazzo.                

«Non potevo certo rifiutare. Avrei mancato ai miei doveri» disse Caspian sorridendo, rivolgendosi a Rebecca. Sperò di addolcirla un po’, aveva capito che non le faceva piacere avere in casa degli sconosciuti. Ma invano.                                                                                                                    

Rebecca si voltò verso di lui. « Certo, capisco. Be’, immagino vogliate riposarvi, il viaggio deve essere stato faticoso, specie in piena notte», propose ad Aslan. Lui la guardò e sorrise sotto i baffi. «Mostragli una camera dove possa sistemarsi, io starò comodissimo accanto al camino».
La ragazza annuì, gli sfiorò la testa con una mano e si girò verso Caspian. «Seguitemi». Facendogli strada, lo accompagnò su per una breve scala che dava su un ampio spazio circolare, delimitato da diverse porte. Quasi in imbarazzo, Caspian notò come il legno scricchiolasse sotto il suo passo pesante, completamente diverso da quello felpato di lei, che non sembrava nemmeno sfiorare il pavimento, tanto era leggera. Rebecca si fermò davanti ad una porta e l’aprì, entrando nella stanza. «Questa è la Vostra camera da letto. Dietro quella porta c’è il bagno. Spero vada bene».
«È perfetta. Vi ringrazio infinitamente, Altezza» disse lui sorridendole.
Lei lo guardò un attimo e poi uscì chiudendosi la porta alle spalle, lasciandolo solo. Scese di nuovo i gradini e trovò Aslan ad attenderla seduto davanti al fuoco. Si accasciò su una poltrona: si sentiva improvvisamente stanchissima.
«Allora?» le chiese Aslan.
«Allora che? Non avresti dovuto portarlo qui».
«Dovevo, invece. Ci sarà di grande aiuto. Non sei stata molto carina nei suoi confronti, però, lui non poteva sapere della tua ostilità verso gli umani. Dovresti andare a scusarti».
«Dici?»
«Io penso di sì, ma se non vuoi…»
Rebecca rimase lì a rimuginare con sé stessa per diverso tempo, finché Aslan non interruppe il filo dei suoi pensieri.
«Ebbene? Non dovevi andare a scusarti con Caspian? Hai forse cambiato idea?»
«No, non ho cambiato idea. Hai ragione. Vado».
«Brava, ora ti riconosco: regale e giusta. Sarai un’ottima Regina» disse lui annuendo.
«Lo spero, o non durerò a lungo - rispose alzandosi e sfiorando la testa del leone con un bacio - Buonanotte».

                                                      * * *

Rebecca bussò alla porta. «Principe Caspian? Posso?» Dopo pochi istanti la porta si aprì e Caspian le comparve innanzi. «Altezza? Cosa fate qui?» La sorpresa nel vederla lì era evidente.
«Posso entrare?»
«Cosa? Oh, sì, certo. Be’, in fondo è casa Vostra» le rispose, confuso. Si spostò e la lasciò entrare.
Rebecca osservò la stanza: pareti verdi, un grosso armadio bianco di legno, un letto enorme proprio di fronte affiancato da due piccoli comodini. Su uno dei due era posta una piccola lampada ad olio. Alla parete alla sinistra del letto era appoggiato un grosso scrittoio in legno scuro, da cui arrivava un forte odore di lavanda che riempiva tutta la stanza. “A vederla si direbbe più la stanza di una ragazza” pensò. Notò che il letto era stato disfatto (segno che il ragazzo stava cercando di addormentarsi, se non l’aveva già fatto) e che sullo scrittoio, aperto, erano posati una leggera piuma bianca con la punta sporca, una graziosa boccetta di vetro intarsiato contenente del liquido scuro (probabilmente l’inchiostro sulla piuma) e un piccolo libretto dalla copertina di pelle marrone, ricoperta da strani simboli dorati. Attratta da quei bizzarri caratteri, Rebecca si avvicinò lentamente al mobile, sfiorando con un dito il dorso della copertina. Era morbida e liscia al contatto con la pelle, le piaceva.
«Quello è il mio diario».
« Oh, mi dispiace, io …» “Che figura da debole! Prima sono tanto dura, poi mi scuso per uno stupido diario!” pensò riprendendo il controllo e raddrizzando la schiena.
«Non Vi preoccupate Altezza. Quello è il mio diario, è vero, ma non c’è nulla da tener nascosto. Potete prenderlo, se volete».
«Oh no, no. Non posso certo prendere le Vostre cose. Perdonatemi».
«Non preoccupateVi Altezza. Ma, se mi è permesso chiederVelo, perché siete venuta qui?»                        

«Per scusare il mio comportamento di prima. Mi dispiace averVi trattato in quella maniera».
«Siete venuta per chiedermi scusa? Voi?»
«Già, io. Non pensate che io sia una persona viziata e disinteressata, sbagliereste. Solo, non mi fido molto degli umani » disse, accennando un piccolo sorriso.
«Non l’ho mai pensato. Nei Vostri occhi ho visto paura e diffidenza; di certo questi non sono segno di disinteresse. Piuttosto non riesco a comprendere il motivo della Vostra reazione. Potete spiegarmela?»
Rebecca lo fissò pensierosa per un istante che parve interminabile, poi gli rispose. «Credo che per farlo dovrete ascoltare tutta la mia storia. Ne avete voglia?»
«Naturalmente». In realtà moriva dal desiderio di conoscere qualcosa di più sul conto di quella fanciulla tanto misteriosa.
«Bene. Allora accomodiamoci su questo splendido letto e poi Vi spiegherò». Si sedettero.
«Be’, sapete già che sono una sirena, anzi, “la Principessa del Regno dei Mari e futura Regina degli Oceani”, come ti ha detto - oh scusatemi! - come Vi ha detto Aslan».                                                

«Certo, lo so. Ma perché non ci diamo del tu? Penso che passerò diverso tempo insieme a Voi. Perciò è più logico, o almeno credo» disse titubante.                                                                                      
«Be’, credo di sì. – gli rivolse un piccolo sorriso - Allora, stavo dicendo: sono nata e cresciuta nel mare, vivendo come una vera Principessa. In fondo, è questo ciò che sono».

«Sei nata sott’acqua? Forte!»
«Sì, forte» disse sorridendo. Non era poi così male Caspian.
«Per i primi dieci anni della mia vita sono cresciuta con tutto quello che una persona può desiderare, tranne una: due genitori che mi amassero».
«Mi dispiace, non lo sapevo». Caspian rimase sconvolto. Lui aveva sempre avuto tutto ciò che desiderava, compresi due genitori, che l’amavano più della loro stessa vita.
«Anche a me, ma passa in fretta quando non li si ha mai conosciuti. Mi fecero sentire comunque tutti amata e rispettata. Ogni cosa era bellissima».
«C’è un “però”, vero?»
 «Sì, c’è. C’è in ogni storia. Il giorno del mio decimo compleanno, durante la festa, il palazzo fu attaccato. Un terribile nemico stava mettendo a rischio il mio futuro di Sovrana. Nessuno ci pensò due volte: l’esercito si preparò a rispondere all’attacco e io venni portata via, al sicuro».
«Avete un esercito?! E io che credevo foste pacifici!».
Rebecca sorrise. «Lo siamo! Ma dobbiamo comunque essere pronti a tutto».
«Vero. Va’ avanti».
«Un gruppo di guardie mi trascinò fuori separandomi dalla mia nutrice. Dopo essere emersi tutti dall’acqua, le guardie mi depositarono sul terreno e si rituffarono. Tutte tranne una. Quel tritone mi guardò e disse “Ricordate, le Principesse non piangono”. Poi mi poggiò una mano sul braccio e disse “Per non dimenticarVi chi siete”. Infine si tuffò. Senza capire, guardai il braccio e vi vidi impresso un tatuaggio. Questo - e s’indicò il tribale azzurro - Ho visto che lo guardavi, prima. Dopo che si fu tuffato, mi voltai e mi ritrovai faccia a faccia con Aslan. Non immagini il terrore che ho avuto – fece una piccola risata – Non capita tutti i giorni di trovarsi faccia a faccia con un leone. Aslan mi calmò subito, e con il suo vocione mi disse “Salve, Principessa Rebecca. Il mio nome è Aslan, Re di Narnia. Non Vi spaventate, non voglio farVi del male. D’ora in avanti vivrete con me, sotto la mia protezione”» disse, imitando il vocione di Aslan.                                                                                          
Caspian scoppiò a ridere.
«Immagino la scena. Ma, tornando seri, cosa successe poi?»
«Mi accasciai per terra piangendo. Aslan mi ordinò d’alzarmi, ma io non smettevo. Allora mi asciugò le lacrime con una zampa e mi strinse forte a sé. È lì che cominciò la nostra amicizia» ricordò commossa, trattenendo una lacrima.
«Lo sapevo che ha il cuore d’oro! Ma tu continua».
«Vedo che questa storia ti interessa molto. Quindi… poco tempo dopo, circa un mese, mi disse che il mio regno aveva cacciato il nemico. Cacciato, non sconfitto. Era fuggito con la promessa di tornare, e adesso l’ha fatto».
«La Strega Bianca? Era lei?»
«Sì, lei. È per questo che siete qui».
«Accidenti! E poi, cosa faceste?»
«Be’, la vita con lui era totalmente diversa. Invece di imparare a danzare e a stare a tavola, a studiare e a condurre una vita privilegiata, facevo altre cose. Durante il giorno cacciavo, nuotavo, tiravo con l’arco, imparavo a combattere e a nascondermi. In pratica assomigliavo a tutto, tranne che ad un pesce! Imparai a distaccarmi da tutto e da tutti. Trascorsi così otto anni, in mezzo al bosco, lontano dal mare e circondata da guardie nascoste. In conclusione, sono più di otto anni che non vedo il mare. Quando nuotavo, lo facevo in un lago poco distante da qui».
« Sì, ci siamo fermati anche lì. Aspetta un attimo: se tu non vedi il mare da otto anni, e sei stata salvata a dieci, allora… Tu hai solo diciotto anni!» esclamò sbalordito.
« Quasi diciannove, e allora?»
« Io credevo ne avessi… non so… ventidue, ventitré. Non pensavo fossi così giovane!»
« Ci sono circa sei anni tra noi, no?» chiese dubbiosa.
« Sei? Io ne ho venti, non ventiquattro! Ce ne sono soltanto due. Perché, mi facevi già così grande? Sono lusingato» disse aprendosi in un sorriso sornione. Gli faceva piacere sapere di sembrare più grande di quel che era realmente.
«Sì, ma abbassa la cresta, oppure chiamo Aslan!»
«No, Aslan no, Vi supplico!» disse rotolandosi sul letto dalle risate.
Rebecca gli tirò un cuscino, ma tornò seria: «Non sottovalutarlo. Se vuole, sa essere crudele. L’ho provato sulla mia pelle, credimi».
«Che vuoi dire? Ti ha picchiata?» Il suo volto divenne una maschera di terrore.
«No, certo che no. Ma una volta, quando avevo quattordici anni, mi ha lasciata sola. Una mattina mi sono svegliata e lui non c’era più. Ero disperata. Ho vagato per il bosco mezza mattina. Caddi a terra piangendo, ma mi ricordai delle parole del tritone e smisi subito. Per una settimana vagai nel bosco, rimanendo vicino al lago. Il settimo giorno ero stanca, stremata, e decisi di buttarmi in acqua per lavarmi. Dopo una settimana di caccia senza mai lavarsi puzzavo come una capra, ma non potevo concedermi il lusso di uscire allo scoperto. Comunque, abbandonai ogni filo logico decisi di entrare in acqua. Immagina la paura che mi assalì quando non riuscii a trasformarmi».
«Non riuscivi a trasformarti? E perché?»
«Non essere impaziente, aspetta. Riemersi dal lago, in preda al panico e cominciai a camminare su e giù, in preda al panico. Dopo un’ora ero totalmente impazzita. Ad un certo punto guardai il tatuaggio sul braccio, entrai nell’acqua fino alle caviglie e aspettai. Non successe nulla. Allora mi misi ad urlare, scalciando disperata: “Ora basta! Io sono Rebecca, Principessa del Regno delle Sirene. Io sono una sirena!”».
« E che successe?»
«Mi trasformai. Mi ero dimenticata di chi fossi e Aslan mi aveva messo alla prova. Senza quel tatuaggio non ce l’avrei fatta. A forza di vivere nel bosco, avevo dimenticato che non era quello il mio posto. Ci si deve adattare ad un ambiente, se necessario, ma non bisogna mai dimenticare perché si è lì e da dove si arriva. Dopo che finalmente mi fui calmata, passai una buona oretta a nuotare. Il lago è gigantesco e ha un fondale bellissimo. Quando riemersi lui era lì che sorrideva. Arrabbiata com’ero mi voltai e sbattei la coda sull’acqua, bagnandolo tutto e urlando “Vediamo se oserai rimproverarmi!”» Scoppiò a ridere al ricordo, coricandosi elegantemente sulla trapunta del letto. Emise un sospiro profondo. Caspian la guardò titubante, mordicchiandosi un labbro, poi si stese al suo fianco. Lei non sembrò neppure farci caso.                                                                                                                             

«Lo hai fatto per davvero? Che cosa ti ha detto dopo?» chiese sussurrando.
«Che ero stata brava a non aver dimenticato le mie origini. Poi mi ha portata qui. E Questa è la fin della mia storia».
«Accidenti»
«Già, accidenti - si rialzò dal letto, fissandolo impensierita - Bene, è meglio che vada. Sai, sei riuscito a farmi cambiare opinione su di te. Devi esserne contento, capita raramente».
Caspian le si avvicinò, serio: « Raramente, ma capita, vero?»
«Già, sto perdendo colpi. Questa è la seconda volta che succede».
«Ah sì? E che cosa pensavi di me prima?» I loro petti quasi si toccavano, il viso di lui era leggermente piegato sul suo.
«Che fossi un ragazzo ingenuo e stupido alla ricerca dell’avventura e dell’occasione per far vedere a tutti quanto vali. Uno che trova meraviglioso andare in battaglia. Un banale umano».
Lui sbuffò, fintamente offeso. «E ora cosa pensi?»
« Credo che tu voglia difendere il tuo regno ed il tuo popolo, senza ambire alla gloria. Come me».
Caspian continuò a guardarla, in silenzio. Gli occhi di Rebecca lo stavano scrutando alla ricerca di un gesto, un segno, che facesse capire qualcosa di più su di lui; un ciuffo di biondi capelli indisciplinati le ricadeva sulla guancia come ad indicare che pur seguendo le regole, rimaneva comunque uno spirito ribelle. La prese delicatamente tra due dita e la risistemò dietro l’orecchio. Il viso così pallido, le guance prive della benché minima traccia di un colore sano, la pelle diafana che risplendeva come un cristallo; il netto contrasto con la bocca rossa. Quella piccola bocca carnosa, morbida, che gli faceva venire un’irresistibile voglia di baciarla.

  
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