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Autore: Lollola    17/06/2013    1 recensioni
Kimberly, una ragazza che ha una folle cotta per Taylor Lautner, vive in una piccola cittadina e mai si sarebbe sognato di incontrarlo sotto casa sua. All'inizio, lui si dimostra gentile ed educato e Kim ne rimane completamente estasiata, basta un semplice viaggio in auto a far si che tra i due nasca un'incredibile antipatia reciproca.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Taylor Lautner
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nonostante si fosse reso conto che lo fissavo con lo sguardo di chi aspettava qualcosa non apriva bocca, aveva quel sorrisetto da quando era rientrato in auto. Quel sorrisetto da ebete che conoscevo fin troppo bene. Ce l’aveva ogni volta che prendeva una sbandata per qualcuno ed era successo veramente tantissime volte,  per questo lo riconoscevo all’istante.
Eravamo partiti da circa una decina di minuti e sfrecciavamo sull’autostrada –non avevo idea di come avevo fatto ad allontanarmi così tanto prima- diretti a casa mia.
Dietro di noi c’era ancora la macchina di Taylor che ci stava alle calcagna, molto probabilmente non stava nemmeno tenendo la distanza di sicurezza. Sbuffai e poi mi girai verso Kevin che ancora non aveva spiccicato parola. Il che era strano visto che in un’altra circostanza avrebbe cominciato a parlare senza sosta di ciò che era successo con il povero ragazzo sfortunato che era capitato sulla sua strada. Eppure quella volta niente, nemmeno una piccola parola o una piccola domanda su quello che mi era successo in auto con Taylor. Decisamente non era da Kevin, lui era un tipo piuttosto logorroico, decisi di rompere io il silenzio usando la scusa di quei due che ci stavano attaccati dietro con l’auto.
“Si può sapere perché ci stanno alle calcagna? Secondo me ci stanno seguendo.”
“Oppure stanno tornando al set e quindi devono percorrere la nostra stessa strada.”
“Uhm hai ragione, non ci avevo pensato.”
“Kim tu dovresti accendere il cervello più spesso.”

Lo guardai male e gli feci una smorfia. Nemmeno quello l’aveva smosso. Mi sarei aspettata una battuta del tipo ‘Thomas avrà sicuramente chiesto a Taylor di seguirmi, è l’unica spiegazione’, invece niente. Quella cosa mi faceva ronzare le orecchie. Non sapevo se ero di più sulle spine per il fatto che non mi parlasse di ciò che gli era successo o perché non faceva domande su cosa era successo a me. Alla fine esplosi e decisi che se a lui fosse interessato o meno ascoltarmi io gli avrei raccontato tutto. Non ce la facevo più a rimanere in silenzio ed ero certa di non farcela nemmeno ad aspettare di arrivare a casa per chiamare Liz.
Liz –abbreviativo di Elizabeth- era la mia migliore amica. Aveva due anni più di me ed era andata a Vancouver a studiare dopo aver vinto una prestigiosa borsa di studio. Da quando si era trasferita non ci eravamo più viste, solamente sentite per telefono e mi mancava davvero tanto. Mi mancava farla arrabbiare con i miei nomignoli stupidi, mi mancava farla arrabbiare chiamandola col suo nome intero che lei odiava, mi mancavano le risate e ogni singolo momento avuto con lei, le raccontavo ogni cosa, come le avrei raccontato anche quello, ma se non ne parlavo subito con Kevin sarei potuta esplodere da un momento all’altro.
“Ti giuro, non lo sopporto! Non l’avrei mai detto. E’ un cretino, un egocentrico, un pallone gonfiato. E’ il tipico attore hollywoodiano che crede di avere il mondo ai suoi piedi! E’ assolutamente diverso da come me lo aspettavo, ti giuro che gli avrei volentieri tirato qualcosa in testa ma nella sua decappottabile tirata a lucido non c’era qualcosa di abbastanza pesante che avesse potuto causargli un trauma cr-”.
Mi ritrovai una mano di Kevin in faccia che mi zittiva. Avevo cominciato a parlare a ruota libera senza riprendere fiato nemmeno per un attimo.

“Dietro front, che ti ha fatto quel povero ragazzo Kim? A me sembrava simpatico.”
“Simpatico? Mi ha dato dell’imbranata! Dopo dieci minuti di viaggio ha cominciato a sbraitare. Pretendeva che io fossi in fibrillazione visto che mi trovavo in macchina con lui e non voleva darmi il cellulare per chiamarti.”
“Quindi era il suo numero.”
Scossi la testa guardandolo scettica. “No era quello di mia nonna.”
“Allora lo salvo, caso mai perdessi quello di Thomas.” Lo sentii sospirare guardando fuori con aria sognante.
Eccolo. Ero certa che ora mi sarebbe bastata una piccola domanda per fargli vuotare il sacco. Avrebbe cominciato tutto un discorso complicato e non mi avrebbe dato nemmeno il tempo di rispondergli. Ma in fondo era quello che volevo.

“Forza, raccontami subito cosa è successo con Thomas.”
Fece un sorriso a trentadue denti e io scoppiai a ridere. Il dolore alla caviglia cominciava a diminuire e non lo sentivo quasi più. Ero sicura che una volta a casa con un po’ di ghiaccio e qualche ora di riposo sarebbe tornato tutto a posto e che la mattina dopo sarei stata come nuova. Kevin era ancora perso e non aveva spiccicato una sola parola, gli tirai una gomitata certa che in quel modo avrei avuto la sua attenzione. Avevo ragione perché infatti mi guardò come se fossi pazza.
“Parla!” esclamai per giustificarmi.
“Cosa vuoi che ti dica?”
“Non lo so.. TUTTO!” Poi scoppiai a ridere, cosa che subito dopo di me fece anche lui.
“Allora, appena mi hai chiamato ho preso l’auto e mi sono diretto a casa tua perché non sapevo dove fosse l’entrata del set. Ho parcheggiato dietro l’auto di tua madre e poi sono andato a chiedere indicazioni ad un signore. Era grasso e calvo, sudaticcio e con l’aria da camionista. Aveva addosso una maglia tutta sgualcita che a mio parere gli dava almeno tre taglie in p-”
Lo bloccai con una mano. “Quando ti ho detto tutto, non intendevo proprio tutto.”
Rise, poi tornò a parlare “Va bè, insomma, mi ha chiesto chi fossi e subito dopo aver detto il mio nome sento la voce di un ragazzo venire dalle mie spalle. Diceva che mi stava aspettando e mi ha detto di essere Thomas. Ci siamo presentati  e poi siamo subito partiti per venire a prendervi. In macchina abbiamo parlato del più e del meno, è un ragazzo davvero interessante e simpatico, e poi è la copia esatta di Zac Efron, e tu sai che io ho un debole per lui!”
Volevo rispondergli, ma mi zittì con un gesto della mano mentre prendeva l’uscita dell’autostrada che ci avrebbe riportato a casa.
“Insomma, ci siamo trovati subito in sintonia e mi ha chiesto il numero di cellulare, ovviamente io gliel’ho dato e lui mi ha dato il suo. Sentivo che sarei potuto saltargli addosso ogni volta che incontravo i suoi occhioni azzurro cielo –altro sospirone- è talmente bello.”
“E tu sei talmente cotto.” Gli feci eco io cantilenando.
“E come biasimarmi? Insomma è così totalmente perfetto. Mi ha invitato a cena domani, ed io ho accettato.”
“Grande! Sono felice per te!”
“Ovviamente tu dovrai venire.”
“Mi sembra ov- No aspetta. Che?” Forse avevo capito male.
“Dovrai venire perché ci sarà anche Taylor, non voglio che rimanga solo, perché sarebbe una specie di terzo incomodo, almeno vi fate compagnia.” E mi rivolse un sorriso angelico.
Non ci sarei andata, soprattutto per fare la dama di compagnia per quella specie di attoruncolo da strapazzo.
“Non ci vengo, anche perché forse ti sei dimenticato che Taylor non mi sopporta.”
Gli risposi allora io con un sorrisetto fiero.
Sapeva che non avrei ceduto facilmente, riuscivo a leggerglielo in faccia. Si girò verso di me continuando a tenere d’occhio la strada.
“Ti prego Kim, ho bisogno che tu ci sia. Lo sai che io lo farei per te.”
Diamine, quando pronunciava quella frase sapevo che faceva sul serio. Se ci avesse messo anche gli occhioni dolci e la faccia da cucciolo non ce l’avrei fatta a dirgli di no.
Cazzo ecco anche quelli. Kim, Kim, Kimberly Samantah Colher non provare a cedere.
La vocina nella mia testa era decisa, dovevo seguirla, ma lui continuava con quel musetto.. Così alla fine..
“Oh e va bene. Ci sarò per te, ma puoi scordarti che io mi metta a fare conversazione con il signor ‘usa il numero privato’”
Tentai di imitare la voce di Taylor, ma non ebbi un gran successo. Kevin scoppiò a ridere e poi mi sorrise.
“Kim sei la migliore!” E mi schioccò un bacio sulla guancia.
Il resto del viaggio proseguì in modo abbastanza tranquillo. Cominciammo a ridere e scherzare parlando del più e del meno.
Quando arrivammo a casa Kevin mi aiutò a scendere dall’auto e a salire le scale che portavano alla veranda. Nonostante il dolore si fosse affievolito la sentivo ancora pulsare.
Quando arrivammo alla porta di casa e la vidi aprirsi senza nemmeno aver suonato rabbrividii terrorizzata.
Mi ero scordata di chiamare mia madre.

“Kimberly Samantah Colher, che ti è successo? Dove sei stata? Perché non hai chiamato!”
Kevin al mio fianco era terrorizzato quanto me, sapeva com’era mia madre quando veniva lasciata in ansia.

“Mamma tranquilla sto bene, ho solamente preso una storta, un ragazzo voleva accompagnarmi in ospedale e ci siamo persi, Kevin è venuto a riprendermi e mi ha portata a casa, sto bene.”
Ero certa che Kevin avrebbe avuto da obbiettare sul fatto che avessi estromesso il fatto che il ragazzo di cui parlavo era Taylor Lautner, ma l’occhiata che gli lanciai lo convinse a stare zitto, me lo doveva visto ciò che avrei dovuto fare io per lui la sera successiva.
“Kim dovevi chiamarmi santo cielo.” Okay, mi aveva chiamato Kim, stava a significare che le acque si erano calmate.
“Ho perso il telefono mamma, tutto qui, ora ci fai entrare?”
Si spostò per farci passare e Kevin mi accompagnò fino al divano mentre mia madre era corsa a prendere del ghiaccio. Quando me lo portò e io lo poggiai sulla caviglia dolorante sentii un dolore assurdo. Perché aumentava invece di diminuire? Strinsi i denti e poi sentii Kevin parlare.
“Kim io vado, domani ti vengo a prendere alle 19.30, vedi di riposarti che non ti voglio vedere zoppicare per tutta la sera okay?”
“Ci provo”.
Gli rivolsi un sorriso e poi mamma lo accompagnò alla porta.
Prima che tornasse da me mi allungai con un braccio verso il telefono di casa e per prenderlo quasi non caddi di nuovo. Ma che avevo quel giorno? La sera prima mi ero messa addormentata fatta di carne umana e ossa e quella mattina mi ero risvegliata di pasta frolla? Stavo componendo il numero di Liz per chiamarla, ma poi mi resi conto che parlarle di quanto era successo davanti a mia madre non era proprio il caso. Avrei aspettato la sera, oppure il giorno seguente dopo la fatidica cena.
Non sapevo decisamente che aspettarmi, ne tantomeno cosa mettermi addosso, non avevo la più pallida idea di dove fosse il luogo d’incontro.
Scossi la testa, a quello avrei pensato domani dopo aver parlato con Kevin, quindi socchiusi gli occhi e mi appisolai raggomitolata contro il bracciolo del divano.
 
 
 

Angolo autrice

Holaaaa :3
Eccomi qui, il quarto capitolo è questo. Non è niente di particolare, è un capitolo di passaggio, ma spero che possa piacervi.
Comunque, volevo avvisarvi che io sabato parto °n° e torno tra due settimane, quindi il prossimo capitolo lo posterò lunedì 8 luglio, oppure spero di riuscire a farlo entro venerdì, non vi prometto nienteçç

Comunque, cosa vi aspettate da questa fatidica cena? Fatemi sapere la vostra opinione con una piccola recensione.
Un bacio :*
  
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