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Autore: Alkimia    17/06/2013    9 recensioni
“Sono le cose che non comprendiamo quelle che maggiormente ci attraggono”. Anche questo glielo ha insegnato Loki.
[Loki/Sif o giù di lì]
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Sif
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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MORE THAN RAIN


“It's more than rain that falls on our parade tonight,
it's more than thunder, it's more than thunder,
it's more than a swindle this crooked card game,
it's more than sad times, it's more than sad times...”


Asgard è fatta dell'oro dei raggi di mille soli, è un luogo di luce con poche ombre.
Ma ci sono cose che restano annidate con feroce insistenza in quelle ombre. I mortali li chiamano ricordi e spesso ne sono gelosi, a volte spaventati. Gli dei, invece, guardano con diffidenza al proprio passato perché non sanno mai bene come definirlo, cosa farsene: essi sono fatti per resistere al cambiamento e il tempo li tocca sempre e solo da lontano, li scalfisce con la lentezza del vento che erode una montagna. I loro ricordi sono frammenti di polvere in una lama di pulviscolo che filtra attraverso le tende di seta.
Eppure anche lì, nella Patria Eterna, sotto quel cielo color ametista c'è qualcuno che teme ciò che si annida nelle ombre, in un passato che si perde in così tante e tante stagioni da stemperarsi verso un orizzonte indefinito.
Asgard è fatta dell'oro delle estati che tornano sempre uguali, quell'oro che non sbiadisce e non si ossida, liscio da lasciar scorrere via la pioggia. E rinnova le proprie certezze per ogni nuova ombra che riesce a dissipare.
Loki, il principe caduto, il traditore, non è semplicemente un'ombra, è il Buio. È l'oscurità senza stelle della follia di chi ha smarrito ogni strada.
Sif apre il battente della porta che immette nella stanza, l'enorme anta di legno sembra pesare in modo innaturale. Molti soldati sono lontani a causa di disordini scoppiati ai confini del Regno e così quella sera tocca a lei il turno di guardia.
L'odore della pioggia che sta flagellando la capitale non arriva fin lì, e neppure si sente alcun suono di tempesta. Il silenzio è così enorme da sembrare finto.
La giovane guerriera resta ferma sotto l'arco della porta, immobile come una decorazione scolpita. È quasi certa che da lì il prigioniero neppure possa vederla.
La prigione di vetro è illuminata, è sempre illuminata. I mostri si annidano nel buio, crescono e si fortificano dove non c'è luce, questo Sif lo sa, tutta Asgard lo sa: glielo ha insegnato Loki.
Loki odia, odia con la solennità e la tenacia di un dio che ha visto i secoli scorrere come polvere sotto un tappeto di stelle.
Sif conosce troppo bene la furia della guerra per essere davvero in grado di comprendere l'odio. L'odio è il lento sgocciolio del veleno che fluisce dalle zanne sottili della vipera. Il furore del guerriero è un fiume in piena, e quando sfuma nel silenzio dopo ogni battaglia non lascia crateri di vuoto, le cicatrici restano solo sulla pelle e non dentro l'anima.
Sono le cose che non comprendiamo quelle che maggiormente ci attraggono. Anche questo glielo ha insegnato Loki.
Sif sposta il peso da una gamba all'altra, inclinandosi appena di lato. Da quella prospettiva non c'è più la grande colonna a impedirle la vista né a nasconderla agli occhi dell'altra persona presente in quella stanza; ora può vedere quella grande gabbia di vetro con la sua luce asettica che renderebbe più piccolo e insignificante qualsiasi mostro.
In terra, Loki è steso di fianco, la schiena premuta contro la parete di vetro, un braccio steso in avanti per appoggiarvi la guancia. E non è solo la luce a farlo apparire più piccolo, sono i vestiti che indossa: una casacca su un paio di calzoni di tela, nessun orpello dorato, nessuna insegna del proprio rango, nessuna armatura.
Tutto perduto, come il suo titolo di principe. Come molte altre cose...
Ha i capelli incolti, cresciuti nel disordine di onde scure – un intreccio di buio, dentro e fuori la sua testa – lunghi capelli corvini che ora assomigliano persino un po' ai suoi. Dopo tutto quel tempo, Sif non riesce ancora a riderne, a trovare il lato ironico come talvolta ha finto di fare. Ma mandare giù un boccone amaro con una risata non ha mai reso più dolce un'umiliazione.
Non fu la vanità a farla adirare quando scoprì la burla di Loki e vide i suoi capelli ammassati in una nuvola d'oro e rame sul pavimento accanto al suo letto. Si trattava di una ferita assai più profonda, ma Sif sa che le ferite guariscono e rimane solo la lezione da imparare celata dietro ad ogni colpo subito, come nei duri anni del suo addestramento da guerriera.
I suoi capelli una volta biondi, sono ricresciuti scuri, come quelli degli stranieri. Forse era destino che qualcosa nel suo aspetto finisse per ricordarle che lei è sempre stata diversa. Forse c'era persino una punta di consapevolezza nello sfregio di un giovane dio dispettoso e vendicativo.  
Quando i pensieri della guerriera asgardiana le permettono di tornare al presente e i suoi occhi mettono nuovamente a fuoco lo spazio oltre la colonna, Loki non c'è più e lei ha un sussulto, scatta guardandosi attorno e lo trova solo qualche metro più in là, dentro la sua gabbia di vetro. È in piedi ora, appoggiato con le spalle contro la parete trasparente, le braccia incrociate dietro la schiena e il volto inclinato in avanti.
Quello che l'ha sempre colpita del più giovane tra i due principi è la natura contrastante di molte cose che lo caratterizzano: la sua stolida determinazione malgrado la sua fragilità, ad esempio.
In passato erano i rari sorrisi, bei sorrisi in contrasto con il suo carattere ombroso e i suoi occhi freddi.
Adesso è quell'espressione di gelida calma, quella posa rigida che rende più tremendo il suo sguardo da belva pronta ad azzannare.
Loki la sta osservando. Loki non guarda mai nulla senza osservare.
Sif rammenta di quando, giovanissimi, tiravano con l'arco nella palestra del palazzo. Lui era quello che aveva la mira migliore di tutti: l'occhio buono e la pazienza necessaria a una mano ferma. Una volta Thor lo accusò di usare la magia, che era solo a causa dei suoi trucchi se riusciva a fare quasi sempre centro. Loki non si dette la pena di rispondere: il dio degli inganni non dice la verità neppure quando è vera.
La subdola capacità di insinuare il dubbio è sempre stata uno dei suoi divertimenti preferiti.
I suoi silenzi possono essere un tormento tanto quanto le sue parole. E Sif conosce la forza di entrambe le opzioni, l'affilatura di entrambi i lati della lama.
Non ci pensa, è una guerriera, è un'asgardiana. Le sue ferite sono la sua armatura.
Pensa piuttosto a come faccia Loki a dormire lì dentro, con tutta quella luce – ammesso che dorma. Pensa a quanto lui possa trovare divertente la paura malcelata delle guardie che vengono a portargli i pasti. Pensa, con uno scampolo di pena, a quanto lui debba tremendamente annoiarsi.
Non pensa che soffra, non per la prigionia almeno, ma è certa che il tedio lo stia sfinendo.
«Da compagna di scorribande del figlio di Odino a cane da guardia. Quand'è che sei caduta in disgrazia, Sif?» dice Loki. Il sorriso sulle sue labbra ancora tumefatte si allarga come una ferita, quel genere di ferita che fa male e basta. Fa male, ma non a lei.
«Oh, forse da quando il sospiroso ricordo della mortale ti ha reso invisibile al cuore di Thor».
Fa male...
… ma non a me, si dice Sif.
«I colpi che tenti di sferrare sono così prevedibili che se questo fosse un combattimento, riuscirei a pararli tutti» risponde. Sa che tentare di ignorarlo è inutile. Sa che quella notte deve passare, in un modo o nell'altro.
«Può darsi, ma il solo limitarsi a parare colpi può sfinire anche il più forte tra i guerrieri».
Sif ignora le sue parole e pensa che era molto tempo che non sentiva la sua voce. Una voce flautata, bassa e leggermente sibilante. Voce gradevole, adatta alle menzogne.
Lei è certa che il ragno che tesse la ragnatela faccia un verso assai simile.
Non si accorge di aver fatto un passo avanti. Né riflette sul fatto che dovrebbe rispondergli, altrimenti quella sua testa infantile e stolta finirà per bearsi di aver segnato un punto, come se quello fosse un gioco.
«C'è qualcosa che posso fare per te?» finisce col domandargli. Crede di stupirlo, forse ci riesce.
Loki si stacca dalla parete di vetro e muove qualche passo in circolo, allargando le braccia.
«Se entrasse qualche insetto ti chiederò di aiutarmi a ucciderlo».
Sif incrocia le braccia sul petto, si sgranchisce il collo. Se Loki è rimasto stupito, non l'ha dato a vedere.
Sarà una notte dannatamente lunga.
«Mi sembri angustiata, lady Sif. C'è qualche cruccio che ti assilla?» dice lui dopo qualche minuto.
«Sei tornato ad aver paura del silenzio, Loki?».
Il silenzio per Loki è sempre stato ciò che per lei erano le ferite: qualcosa da cui imparare a difendersi. E lui lo ha imparato talmente tanto bene che è riuscito a farne un'armatura.
Ma non è sempre stato così. Molte cose erano diverse in passato, in quel tempo in cui loro due si somigliavano.  
«Le Norne non vogliano che voi altri comprendiate ciò di cui ho paura» replica lui. E stavolta la sua voce perfetta, ammaestrata dalle menzogne, trema appena.
La sua voce. Sif torna a pensarci, che lei conosce ogni sfumatura di quella voce, l'ha ascoltata ogni giorno della sua vita, da quando era fanciulla. La conosce, come conosce quella di Thor o degli altri suoi più cari compagni, ma la voce di Loki dice sempre molte più cose di quante parole pronunci. E Sif ha dovuto imparare a conoscerla dal giorno in cui ha cominciato ad avere paura di lui, come la gazzella impara a riconoscere l'odore della fiera acquattata tra le sterpaglie.    
Non ricorda quand'è che è successo. Sa solo che è avvenuto, sa solo che adesso lei e Loki sono ai due lati opposti del limite segnato dalle pareti di una cella.
Lo sono da tanto tempo.
«Cosa è accaduto quando sei sparito?» gli chiede.
Lo domanda anche se sa che i muri non si abbattono, che certi muri sono stati eretti in un passato troppo lontano da far credere che ci siano sempre stati.
Sif ha ricordi sbiaditi di quel passato, ma sono ricordi e non amnesie, sono ciò che si annida nelle ombre che si lascia alle spalle quando il sole tramonta e lei è sola con se stessa. Con quella parte di sé che è ancora solo una donna e non una guerriera.
«Thor non ti racconta più ogni cosa? Avevo ragione allora sei proprio caduta in disgrazia...»
«Non voglio sentirlo da Thor!».
Loki fa dondolare impercettibilmente il capo, come se la sua voce troppo alta lo abbia pizzicato alle guance. Quando si volta nuovamente a guardarla, Sif capisce che lui non ha alcuna intenzione di risponderle.
Loki il traditore ha scelto, tra il silenzio e le parole, quale supplizio imporle.
E la notte è molto molto lontana dal finire.
Il silenzio dura a lungo, di certo può durare più della notte. Sif non può fare altro che tornare nel cono d'ombra accanto alla porta e fissare Loki.
Lei e Loki sono sempre stati un'anomalia all'interno del loro mondo: la fanciulla guerriera e il principe che amava le ombre. La donna che combatte e l'uomo che sceglie la codardia delle arti magiche.
Il destino spesso si è scomodato per molto meno. Ma il destino con loro è stato...
… cosa?
Crudele?
Ridicolo.
La risposta forse è in quelle stesse ombre che Sif si rifiuta di guardare. La risposta ha smesso di interessarle da molto, moltissimo tempo.
A volte si è chiesta se anche lui abbia cercato quella stessa risposta ed è giunta alla conclusione che al dio degli inganni quasi certamente non è mai importata neppure la domanda.
Loki si siede in terra, il capo gettato all'indietro, contro il muro, le braccia a penzoloni oltre le ginocchia. Il suo sguardo si fissa nel vuoto e Sif lo vede volare via con la mente, concentrato su chissà quale tetro pensiero; dev'esserci tanto tanto sangue dietro le sue palpebre socchiuse. Le sue dita affusolate si muovono nel vuoto, piegandosi e pizzicando l'aria, come quelle di un musico sulle corde di uno strumento. Sif nota che anche la sua bocca si muove appena, scandendo parole di una muta e disarticolata litania.
Qualcuno a palazzo dice che il principe sia impazzito. Sif crede che Loki non abbia smarrito il senno, ma la sua mente si è andata sfaldando a poco a poco, ferita dopo ferita.
Loki non è il genere di individuo che impara dai propri errori.
Loki è stato un guerriero, un bravo guerriero, ma non ha mai imparato come si porta una cicatrice.
Le mani del prigioniero smettono di pizzicare corde immaginarie e si serrano a pugno. Poi lui lascia cadere le braccia in grembo e si guarda attorno.
«Dimmi, Sif, che parte del giorno è questa?» le chiede, dal nulla.
Per un attimo lei crede di aver capito male la domanda.
«Non lo sai?»
«Altrimenti non te lo avrei chiesto».
Certo, come potrebbe saperlo stando chiuso in una gabbia di vetro, in una stanza senza finestre nell'ala più isolata e vetusta del palazzo del re.
«Il sole è tramontato da parecchio» gli dice.
«È notte».
Sif annuisce, ma non sa a che punto della notte si trovano. In quella stanza le ombre non mutano. Non sa neppure se ha smesso di piovere.
«Non hai mai amato gli spazi chiusi» asserisce Loki dopo qualche secondo.
Se volesse essere sincera e rispondergli con franchezza, dovrebbe dirgli che non ama nulla di quella circostanza. Dovrebbe ammettere che non ama neppure l'idea di vederlo dentro a quella gabbia.
All'inizio, quando quella follia aveva cominciato a prendere forma sotto i loro occhi, Sif era stata furiosa con Loki, aveva intravisto tra le sue dita lo scintillio della lama che avrebbe voluto calare alle spalle di Thor. Aveva capito cosa stava succedendo dal momento in cui l'aveva visto seduto su quel trono parlare a loro con aria di sufficienza e con l'arroganza di chi si crede meritevole di una corona senza essere degno di portare neppure una spada.
Aveva sentito un dolore quasi fisico quando era stata costretta a inginocchiarsi di fronte a lui. Fandral aveva dovuto trattenerla per evitare che si scagliasse contro il principe reggente che accampava sciocche scuse per evitare il ritorno di Thor, il fratello maggiore, il rivale, il beniamino del popolo. Il riflesso di ciò che Loki aveva sempre desiderato senza essere capace di ottenerlo.
Si era sentita così disarmata e impotente, che avrebbe distrutto a mani nude un'intera armata di Giganti.
Poi la follia si era tramutata in disgrazia. Con il Bifrost distrutto e Thor a piangere più di una parte del suo cuore andato in pezzi, Sif aveva dovuto ascoltare una verità che la rendeva colpevole, come molti altri, di almeno una parte dell'accaduto.
Loki era sempre stato in errore nel suo modo di misurarsi con Thor. Ma questa sua ostinazione nasceva da circostanze che il mondo attorno a lui aveva fatto sorgere. Tutti loro ne erano responsabili in qualche misura. Pochi di loro sono stati disposti ad ammetterlo e hanno preferito indossare la maschera di un lutto ipocrita, aspettando impazienti che il tempo trascorresse e lavasse via quell'alone dalla loro bella città d'oro.
Sif vorrebbe essere saggia e sapere se i crimini di cui Loki si è macchiato lo pongono al di là delle scuse che meriterebbe per quegli errori che non sono suoi.  
Ma lei è una guerriera, non lo conosce davvero il valore delle scuse e non ne ha mai chieste in vita sua. Né ricevute.
Livido dopo livido, taglio dopo taglio, Sif è diventata ciò che è, ciò che voleva, forgiata nel sangue e nel sudore, come un'arma, una bellissima arma. Non le occorre essere altro.
E Loki, cosa voleva diventare lui? Cosa rimpiange quando quella luce non gli dà neppure il conforto del buio?
«Il tempo» dice all'improvviso il prigioniero. E sembra quasi una risposta alla domanda che lei si stava ponendo tra sé e sé. «Il tempo è una cosa di cui non mi ero mai preoccupato prima. È la nostra più grande ingenuità, non trovi? Al di là della nostra casa, interi mondi nascono e muoiono e noi non lo sappiamo. Quante occasioni sprecate. Nessuno ci pensa mai».
Sif non capisce – neppure vuole capire, pensandoci bene. Forse quelli che dicono che Loki è impazzito hanno ragione. Ad ogni modo, lui non sembra avere intenzione di voler tacere.  
«Prendi Thor e la sua mortale» continua, fissando il vuoto davanti a sé.
Pensa davvero di poterla tormentare con questa storia?
«Prendi loro... il tempo li separerà per sempre, lui è un dio, lei no... la grandezza del nostro tempo è la misura della nostra infelicità».
No, non sta tormentando lei, sta tormentando se stesso. E in qualche modo Sif sente una rabbia che credeva sopita salirle dal cuore in battiti sempre più serrati.
«Pensavo che era quello che ti stesse a cuore: l'infelicità di Thor». Lo dice e subito se ne pente: se quello fosse un duello, Sif avrebbe appena fatto la sua prima mossa falsa.
«Ciò che pensi è sempre così lineare...»
«Tuo fratello...»
«NON È MIO FRATELLO!». Loki lo urla con una disperazione che dice fin troppo ma finisce col fare più paura che male. Soprattutto adesso che ha fatto un balzo in avanti, con le mani a picchiare sul vetro.
Sif lo guarda con occhi sbarrati; il viso contratto, i palmi premuti contro la superficie trasparente. È più magro, sottile, più spigoloso, ma sembra proiettare un'ombra immensa. E quello che c'è dentro quell'ombra è vertigine, la totale incapacità di resistere al vuoto mentre si è sull'orlo del precipizio.
È ciò che una volta Sif ha amato. Non l'ha mai detto neppure a se stessa, ma lo ha saputo e scordato e poi ricordato e messo da parte, in quel buio dove stanno le cose che non si vuol più vedere.
Sciocchi e vanesi sono i guerrieri che nascono le proprie cicatrici invece che mostrarle al mondo, ma non tutte le cicatrici sono fatte per essere mostrate.
Loki, stranamente, non sembra provare alcuna soddisfazione per averla spaventata. Ma non sembra neppure pentirsene, né voler abbandonare quella posa minacciosa, e in qualche modo sembra aver capito a cosa lei sta pensando.  
Sif capisce di aver fatto la sua seconda mossa falsa.
I palmi delle mani premuti contro il vetro sono bianchi come spettri... fantasmi di carezze che la guerriera non ha mai avuto il tempo di imparare a rimpiangere. Le carezze maldestre di una gioventù spaventata e affamata.
Bianco, bianco come il riflesso del sole sulla spiaggia di rena candida in riva al lago, forte da togliere la vista e i loro respiri che emergevano da dentro quell'eccesso di luce. E dentro quel cercare inutilmente lo stesso ritmo con la foga e l'incertezza del primo sesso, riuscivano a sbiadire tutte le parole di scherno, tutte le insinuazioni di chi credeva che una fanciulla non potesse essere una guerriera e di chi pensava che un guerriero non dovesse conoscere la magia. Nel dolore bruciante dell'innocenza che si lasciava violare, Sif si era immaginata più simile a una donna che ad un'arma, aveva capito che poteva essere entrambe le cose e si era sentita finalmente completa, si era detta che non avrebbe mai avuto alcuna paura.
Un ricordo così traboccante di luce è difficile da tenere confinato dentro le ombre.
Quando Sif torna a guardare Loki, non capisce a chi tocchi sferrare il colpo, adesso.
Lui appoggia la fronte contro il vetro e sospira. Abbassa la guardia o forse è solo una finta.
«Gli dei non sono fatti per essere felici» dichiara, infine. «È questo che ci spinge a lottare, credo, è per questo che se si accende della rabbia o dell'amore nel nostro cuore, non si può spegnere fino a quando non ci avrà consumato».
La guerriera lo guarda stringendo le labbra. Sente da lontano il desiderio di appoggiare la fronte in direzione della sua fino a quando i loro respiri non prendano lo stesso ritmo per dirgli, senza bisogno di parole, che loro due non sono poi così diversi come lei ha desiderato tanto ardentemente credere.
«Non esiste l'infelicità, esistono solo modi sbagliati di cercare la felicità» ribatte la giovane asgardiana.
Loki ride sommessamente. «Non illuderti di essere diventata saggia solo perché hai imparato a ignorare il dolore del tuo cuore spezzato». C'è un velo della consueta, maliziosa cattiveria in quelle parole e nella sua espressione, quel sottinteso di compiacimento che Loki ha sempre provato nel prendere atto dei problemi e dei crucci altrui.
«Forse sei tu che sei sempre stato infelice» suggerisce Sif, riuscendo a ostentare noncuranza. «E ti gratifica pensare che anche gli altri lo sono e lo saranno sempre».
«Io sono sempre stato uno con l'attitudine alla speranza, mia cara. E stagione dopo stagione ho visto morire le mie speranze come fiori sotto la neve. E solo quando non è rimasto altro che gelo ho deciso che io non sarei morto con loro»
«E sei soddisfatto?»
«Verrà il giorno in cui lo sarò».
Quella minaccia ha odore di ruggine e terreno, come il sangue, come il vento su un campo di battaglia. Sif guarda Loki negli occhi e vede una piana con un esercito schierato, vessilli neri che ondeggiano nel vento e nubi fitte in un cielo irriconoscibile. E questa visione non le provoca il brivido piacevole che la scuote all'inizio di ogni battaglia, lei non ha alcun desiderio di ritrovarsi in quella mischia.
Ma è una guerra che giungerà un giorno, in un modo o nell'altro, è una guerra che è già cominciata anche se non assomiglia a quelle che Sif ha combattuto in passato.
Le ombre si addensano dentro la sua mente, adesso. Vorrebbe dire a Loki che, comunque sia, lei capisce. Che una parte di lei persino lo rispetta in quanto nemico.
Vorrebbe dirgli che lei ha sempre compreso, ma questa sarebbe una menzogna.
Se avesse capito da sempre, se avesse saputo ogni cosa, ora le ombre non potrebbero farle alcun male e i ricordi sarebbero solchi sull'argento dell'armatura che ogni fabbro potrebbe riparare.
«E il giorno dopo quel giorno, Loki, cosa te ne farai di te stesso e della tua solitudine?» gli chiede. Non sa se è un colpo sferrato o una semplice domanda.
Lui apre la bocca come per rispondere, lo sguardo acceso dall'ennesima furbizia da tramutare in parole, ma poi inciampa nella sua stessa esitazione e il lampo del suo genio si spegne. C'è qualcosa sotto la maschera del dio degli inganni, dietro le ragnatele e dietro ciò che si ostina a sembrare ciò che non è.
Ed è quell'esitazione, un frammento di silenzio più sincero di tutte le parole di ogni uomo giusto. Era la curva dei suoi sorrisi da ragazzo e la mano che cercava quella di lei sotto al tavolo dei banchetti o alla fine della loro prima battaglia.
«C'è sempre un prezzo da pagare» dice infine.
Questo lo sa anche lei, ma sa che non sempre il prezzo vale la pena di essere pagato. È su questo che la fanciulla e Loki sono sempre stati tanto distanti.
Quando erano giovani lui era disposto a sopportare le punizioni di suo padre o i rimproveri di sua madre, era capace di sopportare il malanimo della corte, ma non avrebbe mai rinunciato ai suoi scherzi e al mettere alla prova il suo talento di ingannatore.
In questo sono sempre stati così profondamente diversi: lei non riusciva ad essere ciò che gli altri volevano; a lui non importava affatto di esserlo.
Sif non sa quale delle scelte sia più vicina alla sconfitta. Forse sono entrambe una vittoria, a loro modo. Quel tipo di vittoria che non è degna di essere celebrata: nessuna vittoria merita canzoni quando il nemico siamo noi stessi.
«Hai scelto di pagare un prezzo troppo alto» dice, incapace di trattenersi.
«Mi pare un prezzo equo, anzi per certi versi persino esiguo».
La giovane pensa che questa sia una menzogna, la riconosce con chiarezza. Deve esserlo. Non può esistere un individuo così privo di cuore, e se anche esistesse, non sarebbe Loki. Perché Loki odia, e per odiare bisogna avere un cuore che ha conosciuto l'amore.
«È solo quello che dici a te stesso per consolarti».
Le sembra appropriato: il dio degli inganni vittima delle sue stesse bugie. Non ci si può rotolare nel fango senza sporcarsi. E un guerriero che non si sporca le mani non è un vero guerriero.
«Da quando sei diventata così sentimentale, Sif? E da quando ti sta a cuore la mia consolazione?».
Loki si volta e torna ad appoggiare la testa al vetro, ma stavolta è di schiena e lei può vedere le sue spalle sollevarsi e abbassarsi, scosse da una risatina odiosa.
Non gli fa rabbia il pensiero di ciò che poteva diventare se non fosse stato così accecato dalla rivalità con Thor? Non si accorge di quanto sbagliata sia la strada che ha scelto?
«Meritavi di meglio che questo. Se solo fossi stato capace di apprezzarlo...» si lascia sfuggire la guerriera, ed è un pensiero ad alta voce così superfluo da farla sentire ridicola.
La verità è che da quando Loki si è lasciato cadere nel buio dopo la distruzione del Bifrost, portandosi dietro un pezzo del cuore di Thor, lei ha visto il suo mondo andare in rovina poco alla volta. Non ci sono stati crolli di castelli in aria, né pianti, né strilli. C'è stato solo un velo di polvere che ha cominciato ad accumularsi, strato dopo strato, su tutto ciò in cui Sif aveva sempre preferito sperare, e lei ha lasciato quelle speranze a ricoprirsi di polvere, desideri in disuso divenuti colonne di pietra fredda capaci di proiettare ombre.
Asgard si è risollevata con fin troppa facilità dalla perdita del principe cadetto e dalle paure che lui era riuscito a far entrare nei loro cuori, quella consapevolezza che nessuno è davvero al sicuro da nessuno, che un fratello può rivoltarsi contro un altro fratello, che un figlio può armarsi contro il proprio padre.
Asgard ha lavato via le macchie dalla sua veste di stelle e di oro, ha riposizionato con stolida pazienza le luci nel posto giusto, una fiamma per ogni ombra, un fuoco per ogni ricordo da trasformare in leggenda e lasciar sfumare in qualcosa che tramonto dopo tramonto si è sempre più allontanato dalla verità.
Loki non è un vero asgardiano, eppure Asgard gli assomiglia; eppure in qualche modo lui è riuscito a darle il suo volto. Ad un'anima meno nera e meno tormentata, questa apparirebbe giù una conquista.
Non importa. Non più.
La parola nemico pesa come piombo nella mente della giovane guerriera, è una parola asciutta di sangue e sudore, è come un'incisione su una lapide.
Sif guarda le spalle di Loki contro il vetro, i capelli incolti, i fianchi troppo magri. Sembra una porta chiusa, sbarrata per sempre. Forse il suo buio è privo di ricordi e le uniche luci che riesce a vedere sono quelle di un destino avverso dal quale si lascerà spogliare fino all'ultimo brandello di cuore.
E la sua voce di ragno e di uomo spezza il silenzio, proprio quando ormai tutte le parole sembravano dette.
«Sei in errore, Sif» mormora, voltandosi a guardarla. «Sei in errore se credi che non ci sia niente che abbia apprezzato nella mia vita in questo posto o se pensi che io creda di aver avuto meno di quanto meritassi. Non è così, non è sempre stato tutto così».
Il fendente va a fondo, un colpo pulito e preciso. Sif sente i suoi pensieri sanguinare, un dolore acuto strisciare dal buio e dalle ombre e grattare via la superficie dell'armatura. Dietro al suo scudo da guerriera c'è una donna, una donna sciocca come tutte le altre donne.
Prova a dirsi che non deve prestar fede a quelle parole, ma non ci riesce.
Prova a cercare qualcosa da dire, pensa che il duello sia ancora in corso e lei non ha mai perso una battaglia in vita sua.
«No, non è sempre stato tutto così». È tutto quello che ha da dire, una verità che trascende i loro ruoli in quel nuovo scenario di guerra. Una verità che persino il dio dell'inganno può riconoscere e sostenere.
Loki lascia cadere le braccia lungo i fianchi e sembra quasi un gesto di resa, come se in quello strano duello avesse finalmente deciso di abbassare la guardia e lasciarsi colpire, anche se il colpo vincente era stato lui a sferrarlo. Forse perché dentro di sé ha lame che lo tormentano più di ogni parola e di ogni ricordo.
Forse sta solo fingendo per indurla a deporre le armi a sua volta. Oppure è stanco.
Sif allunga una mano a toccare il vetro della cella, non sa perché, è un gesto che le viene automatico.
Poi, anche nel silenzio di quell'ala dimenticata del palazzo arriva il rombo del tuono a far tremare le pareti, e la guerriera ha un sussulto.
«Il figlio di Odino è tornato» dice Loki, gettando un'occhiata di scherno alla mano di Sif rimasta a mezz'aria, a qualche centimetro dalla parete della cella.
E il suo sguardo è di nuovo quello feroce di una belva in trappola. Fa di nuovo solo paura.
Ciò che poteva essere è andato perduto tanto tempo prima, le ombre se lo sono preso e ne hanno fatto rimpianto. Il tempo ha preso il rimpianto e ne ha fatto buio.
Buio: assenza di luce.
Assenza.
Sif non sente la porta aprirsi, ma sente la voce di una delle guardie che chiama il suo nome.
«Lady Sif, è l'alba. Sono giunto per darvi il cambio».
La guerriera allontana con un battito di ciglia ogni ombra dal suo sguardo e torna a calarsi nel proprio ruolo.
Forse Loki le ha insegnato più cose di quanto è disposta ad ammettere. Di certo, le ha insegnato a scegliere da che parte stare e prestar fede a quella decisione. E dopo questa notte, le ha insegnato anche che ogni prezzo da pagare è solo una questione di punti di vista.
«Il principe Thor è tornato?»
«Sì, lady Sif»
«Sta bene?»
«È illeso, my lady».
La guerriera dondola il capo in un cenno di assenso e fa per dirigersi verso la porta e lasciare la stanza.
Sente lo sguardo di Loki su di sé, quasi pungerle la pelle. Mentre ascolta l'eco dei propri passi contro il pavimento della grande sala adibita a prigione, Sif si chiede se ci voglia più coraggio a voltarsi verso di lui un'ultima volta o a continuare a camminare senza guardarlo.  








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Note:

Non.Ha.Nessn.Tipo.Di.Senso. I know!

L'ambientazione è un ovvio riferimento a quanto ci è stato mostrato nel trailer di The Dark World.

Sif è un personaggio a cui voglio molto bene e guardando il film su Thor ho sempre avuto l'impressione che tra lei e Loki ci fosse qualcosa di personale e irrisolto, al di là della cattiva reputazione di cui il dio degli inganni gode agli occhi degli altri asgardiani e del fatto che a quel punto della storia lei corra dietro a Thor, e da qui è nata la convinzione che nel loro passato ci sia stata una sorta di relazione finita male. Del resto, ho sempre trovato Sif e Loki accomunati dal fatto di essere dei “diversi” nel contesto di Asgard, ognuno a modo proprio, e nella mia testa c'è tutto un mondo su loro due come “coppia” (virgolette grosse come pentapalmi, si intende).
Ecco perché questa storia. Ecco perché mi piace scrivere di loro e perché spero di farlo ancora, se la fatina bizzosa dell'ispirazione sarà d'accordo. 

Titolo e citazione iniziale trafugati da una canzone di Tom Waits. 

Ringrazio chiunque abbia letto.
Pareri, commenti e critiche sono sempre ben accetti.
Per domande o curiosità: Profilo Ask.

Al prossimo giro di penna ^^
Alkimia
   
 
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