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Autore: amorevolmenteHUGme    18/06/2013    0 recensioni
Una mattina una ragazza si sveglia e non si riconosce allo specchio. Scopre di poter vivere in due corpi e dopo alcune indagini parla con un consulente che le spiegherà il motivo di questa sua capacità.
Genere: Generale, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una grigia, cupa mattina d'inverno mi svegliai. Erano già le sette e venti del mattino e dovevo andare a scuola. Quindi mi alzai di fretta e andai a fare colazione. Mi lavai i denti e guardai l'orologio: "Straordinario!" pensai "Ho fatto tutto in soli cinque minuti! Potevo prendermela anche più comoda". Mi guardai allo specchio e mi pettinai. Quando, dopo essermi pettinata, rividi il mio riflesso, non ero più io. Subito non lo notai e mi lavai la faccia, ma quando scrutai con attenzione il mio volto, lo notai. Non avevo più capelli castani, ondulati e non avevo più gli occhi marroni. Avevo bellissimi capelli neri, lunghi, lisci con delle ciocche viola. Gli occhi erano verdi smeraldo, bellissimi. Non ero vestita con le solite magliette colorate e non avevo al collo la mia collanina dorata. Bensì avevo un collare torchiato di pelle nera. Indossavo una fantastica maglietta nera con un enorme teschio in mezzo alle fiamme, con un  serpente passante fra gli occhi. "Fantastico!" pensai. Quando però mi guardai i vestiti e i capelli notai che non ero come mostrava lo specchio. Perché, allora, secondo il mio riflesso, indossavo un fantastico completo punk? Magari qualcuno aveva attaccato un poster o una foto. Mi avvicinai allo specchio e ne toccai il bordo. Niente. era normalissimo. Poi notai con la coda dell'occhio, che quei bellissimi occhi verdi mi stavano guardando. Mi rialzai, ma quando scrutai il riflesso, non accadeva niente di strano. Guardai l'orologio: avevo perso cinque minuti per quella faccenda, ma finché non avessi risolto il mistero, non mi  sarei mossa. Ad un certo punto qualcuno bussò alla porta del bagno. Mi spaventai perchè in casa ero sola. Senza che io mi muovessi, la porta si aprì. Mi pietrificai. Vidi una persona. Era completamente grigia. Ma la cosa ancora più terrificante era che aveva gli occhi chiusi e al posto della bocca una bolla che si gonfiava e sgonfiava mantenendo un ritmo, che poteva essere quello del suo respiro. Non ebbi nemmeno il tempo di chiudere le palpebre, che qualcosa mi prese la maglietta e mi portò verso lo specchio. Non vedevo niente, solo un miscuglio di colori. Ero in preda al panico e non capivo assolutamente niente. Quindi chiusi gli occhi per due secondi e li riaprii. Mi tranquillizzai perchè vidi la doccia del mio bagno. Quando però feci per raggiungerla, sbattei contro qualcosa. Poi vidi quella strana ragazza, che sarebbe dovuta essere il mio riflesso, uscire dalla stanza. Guardai sotto di me e vidi il bianco, limpido lavandino del bagno. Malgrado fosse impossibile era vero..ero rinchiusa nello specchio! Ero terrorizzata. Provai ad aspettare cinque minuti, ma non accadeva nulla, non si fece vivo nessuno. Quindi non ne potei più e cominciai a fare l'unica cosa che mi era possibile: guardarmi intorno e agire di conseguenza. Era come se fossi rinchiusa in una stanza bianchissima, di un bianco quasi  accecante, che era formata da quattro pareti, una delle quali era lo specchio stesso. Quindi cominciai a camminare verso una delle altre tre pareti. Vedendo, però, che non riuscivo a raggiungerla, tornavo indietro e sbattevo contro lo specchio. Così feci per altre, innumerevoli volte, senza ottenere alcun risultato. Poi però notai una porticina, cercai di raggiungerla, e ci riuscii. La aprii. Vidi moltissimi ragazzi. Notai, in particolare, una, identica alla ragazza punk che mi aveva intrappolato nello specchio. Era attorniata da ragazzi, tutti con un'aria malinconica. Chiesi spiegazioni su ciò che mi era successo. Loro mi dissero che ripetutamente, circa una volta al mese, si veniva,  prima distratti, vedendo una persona grigia da far spavento, poi intrappolati nello specchio da un essere che, si diceva, esser formato d'acqua, che prendeva le sembianze dell'ultimo "prigioniero". Chiesi come mai tornava sempre nello specchio se poteva vivere all'esterno, con il corpo in cui si trasformava. Nessuno seppe rispondermi. Mi misi a pensare a quei film in cui una persona, insorgendo contro un male comune, riusciva a coinvolgere anche gli altri "prigionieri", ottenendo la libertà. Provai ad incitarli, affinché riuscissimo ad uscire di lì, ma tutti erano scoraggiati e, soprattutto, svogliati. Così mi scoraggiai anch'io. Dopo essermi seduta in un angolo, solitaria, mi misi a rimuginare un metodo con il quale poter uscire. Avevo un'emicrania terribile e quindi non riuscivo a pensare. Tutto d'un tratto mi ritrovai in un altro posto. Guardai ciò che indossavo e capii di essere nel corpo della ragazza punk. Non riuscivo a capire: perchè prima ero nello specchio e ora in quel corpo? e poi, dove ero? Ma soprattutto, chi ero in realtà? Ero sempre io o ero qualcun altro? Stavo incoscientemente camminando. Quindi mi fermai. Mi guardai intorno e capii che ero nel centro città. Riflettei un po' e capii che era un buon pretesto per poter rimanere lì a fare un po’ di shopping. Avevo risolto il problema di dove fossi, ma non di chi fossi. Aprii la borsetta, agguantai il portafoglio e guardai la carta d’identità: ero io! Ma non era possibile.. Eppure i dati coincidevano alla perfezione. Non capivo come facessi ad essere lì, se in realtà, anche se può sembrare impossibile, ero nello specchio. Tutta la situazione era complicata e irreale. Volevo risolvere il mistero. Quando, però, vidi il portafoglio pieno di soldi pensai “Bè… non è necessario che io lo scopra ora… Dico, in questo momento… Magari vado per negozi una mezz’oretta, un’ora al massimo, e poi risolvo il mistero”. Quindi cominciai ad entrare nei negozi più costosi, pagando cifre esorbitanti per pantaloni strappati, scarpe col tacco 15, calze a rete, vestiti cortissimi e attillati, gonne davvero mini e vari accessori torchiati, collane, grandi bracciali. Mi dilungai molto, sicché si fece tarda sera. Dopo aver svuotato tre o quattro negozi mi accorsi di avere “in tasca” ancora tutti i soldi che avevo in partenza. Come era successo a quel tizio nel racconto di Buzzati. Ma quello era un racconto. Comunque non mi posi troppi problemi per questa ambigua situazione. Dopo essermi dissetata decisi di voler trovare una risposta alla domanda che tanto mi assillava: perché ero nel mio corpo versione punk, se in realtà ero nel mio normalissimo corpo nello specchio? Mi incamminai per la via principale senza meta. Vidi passare un gruppo di ragazzi e ragazze. Sembravano sbronzi. Sentii uno di loro gridare: “Ehi ragazzi! Andiamo in discoteca a scatenarci e sbronzarci un po’!!” Quando sentii la parola discoteca mi si  accese una lampadina. Rubai un motorino e partii per il locale. Quando notai un volantino con la scritta “Chiama il numero verde 800 .. .. .., noi risolviamo tutti i tuoi problemi”. Accostai e scesi dal motorino. Mi misi a riflettere: andare a spassarmela in discoteca o chiamare quel numero? Optai per la chiamata. Sapevo che tutte quelle pubblicità erano false, ma qualcosa in quel volantino austero, in bianco e numero, senza nessuna foto di ragazze con un sorriso ebete stampato in faccia, mi colpì. Chiamai e quando una voce maschile mi si presentò col nome di Alberto e mi chiese dove potevamo incontrarci, Volevo gli dissi nel bar vicino a dov’ero. Volevo dirgli a casa mia, ma non credevo fosse il posto più adatto. Mi sedetti ad un tavolo e mi misi a pensare a me e ai ragazzi nello specchio, riflettei sul fatto che volevo raccontare loro la verità, che non esisteva nessuna massa d’acqua, che potevano andarsene dallo specchio quando avrebbero voluto. Improvvisamente mi ritrovai lì. Quando mi guardai intorno era tutto normale e  mi era passata la voglia di9 raccontare loro la verità: a volte è meglio rimanere delle proprie convinzioni e non conoscere la realtà dei fatti. Ripensai a me nell’altro, pensai che desideravo tornarvici per risolvere il mistero. Quindi mi ritrovai nel bar.  Quindi capii che se desideravo essere nel corpo dentro lo specchio, mi ci ritrovavo, se volevo essere la ragazza punk, la ridiventavo. Quando finii di espormi mentalmente questa teoria, arrivò Alberto. Era un uomo affascinante, alto, con la barba rasata, gli occhi azzurro intenso, le labbra delicate e sottili. Lo riconobbi per via del cartellino che aveva pinzato alla giacca color cammello. Dopo che si sedette al tavolo di fronte a me, cominciammo a parlare e gli raccontai del mio problema, dei miei dubbi e della mia recente ipotesi. Lui mi rispose: “In realtà è una cosa così semplice. Mi stupisco che tu non ci sia arrivata da sola. Queste tue due figure sono i tuoi due modi di vivere. Quella  all’interno dello specchio è la tua vera te; la ragazza che si sente rinchiusa fra quattro pareti, che vede il mondo per quello che è, ma che non riesce a farne parte. Una ragazza che pensa di essere felice perché ha amici, ma che si sente incompleta. Non so però dirti che vuoto hai dentro di te, lo puoi sapere solo tu. L’altra ragazza “versione punk”, come la chiami tu, è l’adolescente che avresti sempre voluto essere. Infatti non ti sei schifata quando ti sei vista conciata in questo modo, anzi, ti piaceva. Questa ragazza che vedo ora davanti a me, è simbolo di tutto ciò che desideri: vuoi avere molti soldi, divertirti e avere amici fuori dalla norma  Tu, in questo momento, sei una ragazza speciale, perché non tutti hanno l’occasione di vivere la vita col corpo e la personalità che desiderano. Non molti hanno l’occasione di rifugiarsi in una stanza al di fuori del resto del mondo e isolarsi per riflettere e fare ciò che vuole quando vuole”. Dopo la lunga e interessante spiegazione di Alberto, gli lasciai sul tavolo una banconota da cento euro e me ne andai a vivere la vita nel modo in cui desideravo viverla.
  
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