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Autore: HuGmyShadoW    03/01/2008    1 recensioni
E' una vita davvero fantastica, quella dei Tokio Hotel... Fra concerti, interviste, passaggi da un albergo all'altro, non hanno quasi il momento di riposare. Ma ecco che un giorno, proprio a Bill Kaulitz càpita l'incontro più importante della sua vita, che da quel momento, non sarà più fantastica: sarà meravigliosa, unica ed inimmaginabile. Non mancheranno però gli intrighi, le cospirazioni, le passioni e le gelosie... Perchè la vita, in fondo, non è mai solo rose e fiori....
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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“Tutto. Sto lasciando tutto. Eccoli lì, la mia famiglia, i miei amici, i miei ricordi, mi  aspettano , sorridenti e tranquilli, sulla soglia della mia vita. Non si scompongono nel vedermi là, a metà strada, sono sicuri che tornerò da loro. Sì, credo proprio che li ascolterò. Sto bene con loro, si trovano nella luce, al calore. Comincio a camminare verso il mio passato. Ma certo, ora li distinguo bene: ecco mamma, e anche papà; sono insieme, mi attendono a braccia aperte. Che strano, forse questa non è proprio la mia vita. Non ci penso: voglio raggiungerli, voglio riassaporare il leggero gusto di una vita normale, una vita in cui sono veramente amato, non una falsa, dorata esistenza, nella quale tutti mi desiderano perché non mi conoscono realmente… No, non è questo ciò che voglio…
Poco più in là c’è Tom, appena più piccolo di come l’avevo appena lasciato; anche lui vuole che lo raggiunga. Va bene Tom, sto arrivando. Ma perché ci metto così tanto? Siamo lontani solo pochi metri… Non riesco a capire… D’un tratto qualcosa comincia a strattonarmi un braccio. Mi giro. È Tom. Tom, proprio come lo ricordavo, l’altra parte di me, mio fratello… Un momento… Qualcosa non quadra… Guardandolo meglio capisco cosa non va. I suoi occhi sono privi della solita scintilla di vitalità: il suo sguardo è spento, vuoto, gelido. Tu non puoi essere mio fratello… Sento di dover raggiungere la luce, non mi piacciono le tenebre. Mi volto e sospiro di sollievo nel trovare tutto come l’avevo lasciato, il mio personale barlume di conforto è ancora acceso ad indicarmi la via da percorrere. Sto arrivando, mamma, papà, sono qui. Fra poco sarò con voi… Faccio mezzo passo… e mi blocco. Non riesco ad andare avanti. Ah, ora capisco, Tom mi sta ancora trattenendo per il braccio. Mi giro a guardarlo, voglio chiedergli di lasciarmi tornare a casa, ma non ne ho il tempo, perché lui, impassibile, comincia a trascinarmi nell’oscurità, lontano da tutto ciò che ho di più importante. Perché, Tom, perché?! Non eri tu quello ad essere sempre dalla mia parte, chi sapeva sempre farmi ragionare quando stavo per fare uno sbaglio? Non voglio avanzare nell’oscurità, non so dove metto i piedi… È come essere ciechi… Nonostante  cerchi di tornare indietro, i miei sforzi sono tutti vani: le tenebre mi avvolgono sempre di più…
Infine, con uno strattone più forte, riesco a liberarmi dalla presa ferrea di mio fratello, che assume una espressione attonita e ferita che bastò a fermarmi il cuore per un momento… Davvero, non ricordavo fossi così forte… Mi hai lasciato dei segni? Avvicino il braccio al viso per controllare la presenza delle rosse, incandescenti  copie delle dita di Tom, ma… non riesco a vederlo. Dov’è il mio braccio? Dove sono io? Alzo lo sguardo, angosciato  cercando quello del mio gemello, per chiedergli spiegazioni, per chiarire, ma non riesco più a vederlo: è stato inghiottito dall’oscurità anche lui.  
Non riesco a vedere nulla… Forse sono i miei occhi ad essere guasti... Guardo dappertutto, ma sia la luce che Tom sono scomparsi.  
Ora sono veramente solo…
Non ho più un passato al quale aggrapparmi e il futuro, mutevole e beffardo, continua a scivolarmi tra le dita come sabbia.
Senza rendermene conto mi ritrovo raggomitolato a terra, un insignificante granellino perso in un mare di sabbia, o meglio, una piccola vita dispersa nel nulla… Non riesco a sentire niente, nessun rumore, nessuna sensazione… Non avverto più nulla, nulla nemmeno più sotto la mia spalla. Sono appoggiato al niente…
Solo quando me ne rendo veramente conto riesco a percepire che freddo sentivo. Come ho fatto a non accorgermene prima? È insopportabile… Ho freddo… Tanto, troppo freddo…  e sono qui, nel gelido nulla, completamente solo; una piccola gemma strappata dal suo solido ramo da un vento crudele e impetuoso, che l’ha trasportata ovunque, facendole ammirare la bellezza del mondo prima di gettarla bruscamente a terra.
E io sono qui, nel glaciale vuoto, completamente solo.
Mi siedo e mi stringo le gambe al petto. Comincio a dondolare su me stesso, guardandomi ansiosamente intorno. Ho tanto freddo… L’oscurità è dappertutto, preme sui miei occhi, s’insinua nei miei vestiti, si aggrappa ai miei capelli, è soffocante… E fa male… Fa freddo… Ho tanto freddo… Dove sono? Non mi piace l’oscurità… È fredda…”

In quell’ istante, in una piccola stanza d’albergo alla periferia di una grande, sconosciuta città, Bill Kaulitz  spalancò di scatto gli occhi, urlando con quanto fiato aveva in corpo per liberare ciò che sentiva, un dolore così grande che solo le lacrime, che ormai gli rigavano copiose il dolce viso spaventato, non sarebbero bastate ad esprimere.   


   
 
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