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Autore: Kodamy    04/01/2008    9 recensioni
"… cercate di essere amichevoli con Bookman e Jr, va bene Lenalee? Kanda?"
"…Fa’ il bravo con gli esorcisti, moccioso."

Tu ci credevi, no?
(Come ci si comporta con qualcuno che non esiste, ma pretende di essere riconosciuto come reale?)
Stavo cominciando a crederci anch’io.
[Non è amarezza, quella.]
Eppure, quel braccialetto di perline lo porti ancora.
[Kanda, (Lenalee) & Lavi.] [Pre-serie.]
Genere: Generale, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Lenalee Lee, Rabi/Lavi, Yu Kanda
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Lavi sa di possedere una maschera perfetta ed invidiabile

Lavi sa di possedere una maschera perfetta ed invidiabile.

Non sa se sia veramente qualcosa per cui valga la pena di vantarsi, ma sa di possederla.

E sa anche di averla costruita, espressione dopo espressione, con le sue mani.

Non è stata un’impresa priva di sacrifici.

Non può certo dire di essere una bella persona per questo, ma v’è una certa nota di orgoglio in un angolino del suo (non)cuore, ogni volta che la esibisce.

Nessuno riesce a vedere attraverso quella maschera, pensa.

 

Pensa.

 

Ed in qualche modo, purtroppo, questo Yuu Kanda lo sa.
Per questo rimane in silenzio.

(Ed, in silenzio, odia.)

 

[Masquerade]
(...you’re just making excuses you’re just…)

 

 

Così come l’Ordine, anche Bookman ha una lunga tradizione.

Bookman non ha bisogno di un cuore.

Non… non possono permettersi di perdere la loro obiettività, mi capisci, Lenalee?

Siamo solo osservatori, noi. Non siamo protagonisti.

Ma sono alleati preziosi. Lo sono da anni, ormai.

Ma l’Ordine Scuro è un alleato prezioso, moccioso.

Perché sono stati scelti dall’innocence, ed è una cosa rara di questi tempi..

Per tenere al meglio la cronaca di questa guerra, gli esorcisti vanno tenuti vicini.

Non… affezionarti troppo, piccola Lenalee, per il tuo fratellino, ma…

Vedendo di mantenere la tua oggettività…

… cercate di essere amichevoli con Bookman e Jr, va bene Lenalee? Kanda?

…Fa’ il bravo con gli esorcisti, moccioso.

 


Lenalee aveva preso l’abitudine di sedersi accanto a lui, in silenzio, ogni mattina.
Mentre l’alba si affacciava all’orizzonte, entrambi respiravano lentamente, lasciando che l’aria ancora fresca e poco usata riempisse i loro polmoni.
Kanda non aveva ancora trovato il coraggio di cacciarla via.
I pensieri della ragazza erano così tanti e così numerosi che facevano quasi rumore.
Non bisognava chiedere certo a che cosa stesse pensando, per capirlo: Lenalee aveva un cuore troppo grande e troppo sensibile.
Era turbata da Lavi e da ciò che suo fratello, in un impeto di preoccupazione, le aveva rivelato.

Ogni tanto Kanda, con la coda dell’occhio, riusciva a vederla mentre scuoteva il capo.
Non ci credeva ancora?

“Lenalee, mi stai disturbando.” esordì infine, con un sospiro fin troppo evidente. “Se non devi meditare, va’ a farti problemi da qualche altra parte.”
Lei sembrò colta di sorpresa, esibendosi in un piccolo salto sull’erba bagnata di rugiada.
”… c-come? Io non…”
 “Riesco a sentire gli ingranaggi del tuo cervello lavorare fin da qui, dannazione!”
Colpevole e colta con le mani nel sacco, la cinese scostò lo sguardo, arrossendo appena. Mortificata.
Kanda attese, finchè non si seccò d’attendere. A quel punto, tornò a chiudere gli occhi, con un piccolo sospiro, più discreto del primo.

“… Ne, Kanda, cosa ne pensi?”
Sbuffo. Sguardo platealmente rivolto al cielo.
”Di che?”

“Intendo dire, riguardo a… questa situazione.”
”Quale situazione?”
”Insomma… Lavi e tutto.”
Come prevedibile, il problema era sempre quello. Anche Kanda scostò lo sguardo, battendo ciglio.
”… Penso che non ci sia affatto una situazione su cui pensare.” Scelse, infine, di commentare.
A lei quella risposta non piacque e quindi, prevedibilmente, la ignorò.
”Mi sembra quasi impossibile che non sia sincero. Voglio dire, sembra così…” mormorò, invece, contrita.
”Fattene una ragione, e piantala una volta per tutte.”
”Ma non ti secca? La probabilità che…”
”… che stia fingendo di essere un’idiota? Buon per lui.”
Per il ragazzo, il discorso era finito lì. E si trattava del discorso numero dodici sull’argomento.
”Voglio dire, non riesco ad essere carina con lui se so che ci sta prendendo in giro, no?” insistette tuttavia lei, scotendo il capo.
”Ma piantala. Tu riesci ad essere carina con chiunque.”
”… Kanda?! Era un complimento, quello?”
”… ovvio che no! Che cavolo…?!”
”Lo era, lo era!”

Kanda aveva preso l’abitudine di odiare Lenalee quando si sedeva accanto a lui ogni mattina.
Ma non glielo aveva mai fatto notare, nonostante il suo carattere conosciuto nell’ordine come proverbialmente pessimo.
 Lenalee era una ragazza. Una ragazza dal cuore troppo grande e troppo sensibile gettata in una guerra di cui non si vedeva la fine.
Una ragazza che in quel momento si sentiva sola, stupida, confusa e tradita.
E Kanda aveva un cuore, dopotutto. Avvizzito, piuttosto in disuso e circondato da sette metri buoni di mura fortificate, ma aveva pur sempre un cuore.
Lui.

 

oOoOoOoOoOo

 

[ Cercò di convincersi che non era amarezza, quella. ]

 

[ Per l’ennesima volta, ci riuscì. ]

 

oOoOoOoOoOo

 

 

E Lavi, ignaro di tutto, continuava a flirtare con ogni essere vivente provvisto di due gambe.
Come aveva, del resto, sempre fatto.

C’era stato un tempo in cui Kanda si era sentito totalmente insultato dai nomignoli affibbiati, dalle strattonate e dalle dita passate tra i capelli, dai troppi abbracci non richiesti e dai souvenir portati indietro dalle missioni, dai sorrisi a centotrentaquattro denti e dalle innumerevoli prove di
amicizia che il rossino si era ostinato a presentare a lui e a Lenalee.
E che poi aveva cominciato a presentare solo a lui, in quanto per ragioni di dipartimento della scientifica, Lenalee era diventata totalmente
off-limits.

 

Si era, in principio, sentito oltraggiato, umiliato, infastidito.
Oltraggiato dal loro primo incontro, quando Lavi lo aveva definito “una ragazzina un po’ piatta ma carina, davvero”.
Umiliato quando, il Natale scorso, Lavi gli aveva regalato un fiocco per capelli.
Infastidito dalle continue attenzioni ricevute quando, in realtà, si sarebbe fatto ammazzare quattro volte di fila pur di rimanere solo in quella stanza di infermeria.
Ma anche in infermeria, Lavi lo aveva seguito.

Oltraggiato, umiliato, infastidito.

Ma gli era capitato di ridere, quando Lavi faceva lo stupido alle spese di qualcun altro.
Ridere
di lui e del malcapitato e non con lui, ed anche in maniera neppure tanto carina o educata.
Ma aveva
riso.

Gli era scoppiato a ridere in faccia più di una volta.
Aveva parlato con lui, lo aveva minacciato in maniera piuttosto vuota, avevano tutti e tre pranzato allo stesso tavolo, bisticciato, avevano discusso sporadicamente di argomenti importanti,
quando al rossino andava di fare il serio e comportarsi come ci si aspetterebbe dall’allievo di Bookman.
Lavi era entrato a far parte della sua vita senza neppure chiedere il permesso.

 

Lavi si era forzato nella sua vita.

 

Ognuna di quelle attività, ogni singola di quelle attività, al momento, lo disgustava.
Sentiva quel nodo partire alla base dello stomaco, e raggiungere la gola ogni volta che lo guardava.

Era seduto davanti a lui, mentre cacciava dentro due bocconi di bistecca in più di quelli concessi dal galateo.
Kanda teneva strette le bacchette di legno della soba fra i denti, facendole ondeggiare appena fino a staccare piccole schegge che, tuttavia, ignorò.

Lavi era lì, con quel suo sorriso plastificato ed immobile mentre il resto del corpo non faceva che muoversi e gesticolare come in preda a fastidiose convulsioni.
Distrattamente, il giapponese si chiese se adesso lo vedesse in quel modo per colpa dell’avvertimento di Komui.
Perché, prima, quel sorriso era sembrato perfettamente a posto.
Troppo amichevole e frenetico, invadente, ma perfettamente a posto.

 

E’ così plateale, che si tratta di un sorriso riciclato. No?

 

Sbuffò, affondando il canino nel legno scadente.
Non si trattava di amarezza, ripetè a sé stesso.
E persino in un dialogo interiore, il suo tono ne uscì cinico.


E’ il tuo orgoglio ferito, e basta.


Era infastidito per l’essersi fatto prendere in giro da qualcuno che, in realtà, non esisteva affatto.

 

[Non è amarezza.]

 

Accanto a Lavi, Lenalee rispondeva vivacemente alle domande che le venivano poste, e non sembrava avere neppure un dubbio di quelli che l’avevano tormentata solo pochi minuti prima.
Ma non appena il ragazzo scostò lo sguardo, Yuu riuscì a vedere perfettamente il volto della cinese adombrarsi.
Era così luminoso, di solito, che la differenza si notava subito.

Era Lenalee, quella amareggiata.
Non
lui.

oOoOoOoOoOo

 

[Come ci si comporta con qualcuno che non esiste, ma pretende di essere riconosciuto come reale?]
[E’ una domanda che ha senso?]
[Dovrei fare finta di nulla?]
[Non è una cosa… stupida?]

[Vede il disprezzo
(non amarezza, mai amarezza) nei miei occhi, quando lo guardo?]
[Perché mi chiama
amico, anche adesso?]
[Cosa
diavolo vuole?]

oOoOoOoOoOo



Lenalee non ricordava di aver mai perso così tanto la pazienza, né di aver pianto e gridato così tanto negli ultimi anni, da quando suo fratello l’aveva raggiunta all’Ordine.
Non ricordava si essersi mai sentita così furiosa e priva di speranza e presa in giro prima d’allora.

Le bare dei Finders dell’ultima missione in Spagna erano ancora aperte.
E le sue urla, le sue accuse, erano risuonate per tutta la sala.
Komui la stava tenendo stretta tra le braccia, cercava di calmarla, ma sembrava uno sforzo del tutto vano.

Tra i singhiozzi, lei puntava il dito e scalciava e a volte, persa nel fiume di parole troppo a lungo tenuto dentro, si dimenticava di respirare.

Lenalee Li era nel bel mezzo di un acuto attacco di crisi nervosa, e non sembrava voler accennare a farla finita. 

Miserabilmente distrutta dal lato emotivo, i suoi occhi mandorla guardavano Lavi.

 

E la lingua avvelenata dal rancore e dal dubbio fermentato, colpiva.

 

Era stata una scena pateticamente terribile.

”Non piangere, Lenalee.”
Le aveva sussurrato l’allievo di Bookman, durante il funerale, con un sorriso dai tratti stanchi.
E lei l’aveva guardato, estraniata.
Incredula.
”…
non piangi, Lavi?” aveva sussurrato, scotendo il capo senza scostare lo sguardo. “E’ un funerale. Sono morti.”
”…”
”Queste persone sono morte e… e non torneranno più, loro… Sono morti in questa stupida guerra, loro, e non torneranno più!”
”Lenalee?”
”Le loro famiglie non vedranno neanche questi corpi che sono riuniti qui! Sono morti, Lavi! Non piangi?”
”Lenalee, stai gridan…”

”Non sei triste?
Non sei triste? Perché non sei…?!”

 

Lavi l’aveva guardata e, se quell’espressione di panico e preoccupazione era soltanto una maschera, era una maschera fatta divinamente.

 

“Lenalee, non fare così! Non mi piace piangere. Se dovessimo piangere per tutti quelli che…”

”Perché non sei
triste, Lavi?!?”

La sorella esorcista di uno dei finders aveva raddoppiato i singhiozzi nell’atmosfera fin troppo tesa.
Oltre a quelli, tuttavia, nella sala calò il silenzio.

 

Neanche Kanda piangeva.
Kanda non avrebbe mai pianto per persone morte facendo il loro dovere.

Ma a lui, Lenalee non disse
assolutamente nulla.

 

oOoOoOoOoOo

 


[Lavi era immutabile, stabile, un punto di riferimento nel diluvio universale che era quella guerra contro la famiglia dei Noah.]

[E tra i giorni che passavano, e le perdite subite, e tutte le volte che avevano rischiato la vita durante le missioni, tra le correnti impazzite di quel fiume impetuoso, Lavi sorrideva sempre.]
 
[Era
quasi rassicurante, pensava Kanda, poter contare su uno spirito così ottimista, così vitale, così…]

 

[Poi, ricordava che quella, in realtà, era solo finzione.]


[In momenti come quelli, Kanda malediceva Komui per non averlo lasciato nella dolce e beata ignoranza.]

[Sarebbe stato rassicurante, pensava.]
[Sarebbe stato bello, si.]
[Forse.]

[Lenalee, ogni tanto, piangeva.]



oOoOoOoOoOo

 


”Ultimamente la vedo proprio giù, cioè, tipo centro della terra e dintorni.”
Il fischio del treno, per un attimo, copre qualsiasi risposta il giapponese avrebbe potuto dare a quell’affermazione.
Nessuna.
Il soggetto dell’osservazione di Lavi dormiva, tranquillamente, sui due sedili accanto a Kanda, accucciata con la testa sulle ginocchia.
Per qualche attimo tornò il silenzio, infranto soltanto dal rumore delle ruote sui binari un po’ dimessi, in quella zona della Francia rurale.
L’umidità rendeva l’atmosfera ancora più irrespirabile, faceva attaccare i capelli alla nuca, alla fronte.
Quando capì che non avrebbe avuto risposta, lasciò sonnacchiosamente poggiare il capo sul finestrino.
Le vibrazioni gli facevano quasi battere i denti sulla lingua, a dire il vero.

“Neee, Yu-chan. Lo so che Lenalee con te ci parla, ogni mattina. Perché ha l’umore così giù?”

“Non. Chiamarmi. Yu-chan. Sei insopportabile.”

 

Caustico, come il caldo che faceva arroventare il metallo della locomotiva.

Lavi inarcò un sopracciglio, che fu lavato via dal sorriso pigramente offuscato dall’afa.

 

“Okay, okay. Non ti scaldare, Yuu. Fa già abbastanza caldo così com’è.”

Sorriso.

Rabbia che, nonostante tutto, sale.

 

“E neanche Yuu. Senti, Lavi, sta diventando vecchia come cosa.”

“Già, tuttavia Yuu si arrabbia ogni volta~! Non è stupendamente stupida, come cosa? Ne?”

Gli occhi a mandorla si spostarono dal paesaggio arido del finestrino all’allievo di Bookman. Due lame sottili color pece.

“No.”

“Non sei affatto divertente, Yuu. Né tantomeno di compagnia.”

Il gesto di stizza mal celato che seguì quella risposta infantilmente imbronciata fu quasi tangibile nell’odore di vecchio dello scompartimento.

“Forse non voglio essere di compagnia. Quale parte di questa frase sfugge alla tua comprensione?”
Lavi si limitò a battere ciglio. In quel piccolo attimo, tuttavia, le sue labbra non si curvarono affatto.

Poi, lo fecero.
Come sempre.

 

“Ne, Yuu, posso farti una treccia? Mi annoio.”

 

“No, Lavi, non puoi. No che non puoi.” Sibilò, al limite della scarsa pazienza, chiudendo con un piccolo botto il dossier sulla missione all’ordine del giorno.
”Immaginavo.” Sorrise l’altro. “Sta’ attento ad addormentarti, Yuu, perché quando ti sveglierai ti ritroverai con una fantastica acconciatura alla Maria Antonietta che farebbe invidia a…”

 

Fu la proverbiale goccia che fece traboccare il vaso.

 

Fai il bravo con Bookman e Jr.
Fai il bravo con Bookman e Jr.
Sono alleati.
Preziosi.
Fai il bravo con…

 

“Piantala! E poi non so neanche chi cazzo sia, questa fottutissima Maria Antonietta!” esordì il giapponese, infine, riuscendo a non alzare la voce ma non a contenere la rabbia insita che permeava quel sibilo sottile. “Dovrai diventare Bookman, no? Perché non provi ad indovinare per quale motivo mi fa tanto arrabbiare essere chiamato in quel… in quel modo, da te?”

 

“Lenalee, svegliati!” mormorò di risposta il rossino, con aria concitata, sporgendosi per punzecchiare la ragazza dormiente con l’indice. “Yu-chan si sta comportando in maniera strana, ha detto più di quattro parole di fila! E mi sta guardando in maniera… Yuu?”


Ma Yuu ne aveva avuto abbastanza.
Perché la pazienza di Yuu non è tanta.

Si era alzato dal posto ed ora, quasi indeciso sul da farsi, guardava Lavi dall’alto verso il basso, labbra strette in una linea sottile.
La mano sull’elsa di Mugen.

 

“Scherzavo, scherzavo, Yuu.” Si affrettò ad aggiungere, con un sorriso di scusa di chi sa di essere andato troppo oltre a stuzzicare il can che dorme e ha cominciato ad abbaiare. “Lo so che Yu-chan non è appropriato, di solito si usa per le ragazze, no? E’ che la tua reazione è troppo divertente, e la vita all’Ordine è così monotona che…”


”Il mio
nome è Kanda.”

Lavi batté ciglio. “Perché? Il tuo nome è Yuu, no?”

 

“Per te è Kanda.”

 

“Ne, Yuu, piantala di fare il bambino. Per quanto sia divertente vederti così ostinatamente arrabbiato - e lo è, credimi - a me sembra infantile. So che c’è tutta una ritrosia nell’usare il nome tra voi giapponesi, ma noi siamo amici no? Quindi, no prob, rilassati un po’! Ti verrà una paralisi facciale se continui a tenere il broncio! Tra amici si…”

 

“Lavi, noi non siamo amici.”


Ancora una volta calò il silenzio nello scompartimento. La voce secca di Kanda, tuttavia, aleggiava ancora nell’atmosfera umida mentre il giapponese tornava a sedersi con un tonfo.
Lo sguardo scostato dall’allievo di Bookman, ed un’insopportabile stretta all’altezza dello stomaco e della gola e del cuoricino avvizzito.

 

Lenalee, silenziosamente sveglia da tempo, notò con la coda dell’occhio che Lavi era pensieroso, e non sorrideva più.

 

oOoOoOoOoOo

 


[Non si può… mettere un freno, all’abitudine?]

[Fermare il tempo, in qualche modo, evitare di percepire la presenza di qualcuno al tuo fianco come qualcosa di naturale e di dovuto, come qualcosa di…?]

 

[Odio.]
[Komui.]
[Lenalee.]
[Lavi.]

 

[L’Ordine. Sarebbe stato così semplice, non avere a che fare con nessuno.]

[Non è amarezza.]

[Non lo consideravo un amico, io.]
[Mai pensata una cosa del genere. Davvero.]

[Davvero.]



oOoOoOoOoOo

 

“E’ per questo che sei giù, Lenalee?” aveva esordito Lavi, quella sera, alla tavola della locanda.
Mezz’ora dopo che Kanda era salito nella camera che lui e Lavi avrebbero condiviso, dichiarando di avere troppo sonno e mal di testa per continuare a fingere di voler trascorrere tempo socialmente valido con loro.
Lenalee scostò lo sguardo sul bicchiere d’acqua un po’ scurito dall’uso del tempo, e vuoto.

“Eri sveglia, no?”

”Si, ero sveglia. Ma non capisco cosa intendi dire.”

”E’ perché non siamo amici, secondo te?” e quella voce sembrava sincera, e non costruita. Sembrava genuinamente triste, quella voce.
”Non è così?” accusò lei, vagamente sulla difensiva, senza trovare il coraggio di sollevare lo sguardo.
Per un po’, non ottenne risposta.

 

“No, non proprio.”

 

Un piccolo suono irrisorio, per cacciare indietro le lacrime. “Insomma, Lavi. Guarda che…”

 

E stava per dirgli che lo sapevano, che era tutta una finzione.
Che lo sapevano, che era una bella favola costruita a puntino.
Che lo sapevano che…

 

Fai la brava con Bookman e Jr.

 

Non era troppo tardi? Non sapeva recitare, lei.
Non sapeva…

 

“All’inizio, non mi piacevi per niente.” Fu Lavi a rompere il silenzio creato dalla sua titubanza. “Cioè, ti ho vista piangere per giorni dal mio arrivo all’Ordine. Non sapevo come trattarti, e  mi sembravi inconsolabile, ma il vecchio Panda mi aveva detto di essere comunque gentile nei confronti di tutti e magari, all’inizio…”

Stava confessando?
Il respiro di Lenalee le si raggelò in gola. Non pensava di riuscire a sopportare psicologicamente l’ammissione a parole, che tutto quel tempo passato insieme era soltanto…
Serrò le labbra, tuttavia.

Kanda la considerava, dopotutto, una persona forte.

 

“… però, cioè, sei una ragazza forte. Si vede. Riesci solo tu a tenerlo in riga, Yuu. E’ che, diciamo, non penso che si possa passare così tanto tempo con una persona senza… senza legarsi, in qualche modo, no? E’ colpa del tempo, in qualche modo, e c’è sicuramente una ragione scientifica per questo ma… beh, ecco, al momento non la ricordo.” Concluse, con un sorriso stanco dall’essere stato usato troppe volte, ma pur sempre un sorriso.

 

Falso?
Vero?

 

“Ho bisogno di dormire, Lavi.” Concluse Lenalee, con un filo di voce, senza guardarlo.
Lavi riempì il bicchiere d’acqua e lo alzò verso di lei, a mo’ di brindisi.

 

Quella notte, Lenalee decise di non piangere.

 

 

 

oOoOoOoOoOo

 


[In silenzio, odio.]



oOoOoOoOoOo

 

 

Aprì la porta in silenzio, nel caso Kanda stesse già dormendo.
Ma Kanda era sveglio, camicia arrotolata sui gomiti, scarpe buttate in un angolo, uniforme gettata sulla sedia di fronte al letto.
All’aprirsi della porta, sollevò soltanto lo sguardo disinteressato.
Poi, lo riportò sul dossier della missione, sopracciglia crucciate nella concentrazione del capire parole inglesi di uso tuttavia meno comune di quello quotidiano.


Lavi non disse nulla, chiudendo la porta alle spalle. Sedendosi sul letto, tuttavia, si lasciò sfuggire uno sbuffo liberatorio.


”Insomma, Yu… Insomma, Kanda, per quanto tempo ancora hai intenzione di tenermi il broncio, mh?”

Il giapponese sollevò lo sguardo, battendo ciglio.
Se non altro, la mancanza del nomignolo l’aveva sorpreso.

Lavi si abbandonò ad uno dei tanti sorrisi.

 

“Sei tutto al contrario, tu. Ti guarisce prima una ferita, che un broncio. Non ti stanchi mai?”

 

“No, veramente no.” Replicò contrito l’altro, mento poggiato sul palmo della mano.

 

“Antipatico.”

 

Il silenzio tornò sulla stanza buia, interrotto ogni tanto dalla vita della locanda al piano inferiore.
Uno scroscio di risate ubriache sembrò riportare Lavi alla realtà.

 

“Sai, ho provato a dire la verità a Lenalee, per una volta.”

“Per una volta?” fu la risposta, ampiamente sarcastica. “Non lo fai sempre, allora?”

Lavi ignorò volutamente la frecciatina, perché di altro non si trattava.
Non era stupido.

Di grazia, era l’allievo di Bookman.
Faceva solo
finta, di essere stupido.

 

La gente si sente meno minacciata e più aperta, nei confronti di chi sembra meno intelligente di loro.
 
“Ma credo che adesso stia piangendo in camera sua.” Confessò, battendo ciglio. Tuttavia, la voce dell’allievo di Bookman era piena di ironia repressa.

 

“Spero tu sia soddisfatto di te stesso. L’hai fatta piangere di nuovo, bravo.”

 

“Non riferirai a Komui, spero.”

 

“Io mi faccio gli affari miei.” Ribattè definitivamente il giapponese, chiudendo il dossier e affondando il viso contro il cuscino.

 

L’occhio verde, abituato a cogliere i particolari, notò il lieve luccichio emesso dal braccialetto di perline di legno verniciate che il giapponese portava al polso.

 

“Lo porti ancora?” domandò, con uno sbadiglio che riuscì perfettamente a mascherare la sua incredulità.

Anche dopo aver saputo che…

 

“La forza dell’abitudine.” Ottenne, come laconica risposta.


Non è amarezza.

 

“La bancarella dove lo presi era piena di cianfrusaglie del genere, sai? Ne avrei dovute prendere di più, come souvenir.” Scherzò, riportando lo sguardo sul soffitto.
Perché, per una volta, era uno sguardo colpevole.


Non è amarezza.

 

Kanda non rispose, ma schioccò la lingua, voltando pigramente una pagina.

 

“Mi dispiace, sai, Yuu?”

Il ritorno al nomignolo fu accolto soltanto da un suono simile ad un ringhio.
”E di cosa ti dispiacerebbe?”

 

“Tu ci credevi, no?”

Non è amarezza.

Kanda non rispose, ancora una volta.
Lavi sospirò, calciando via le scarpe nell’angolo opposto al letto, non preoccupandosi di non rovinarle.

”Sai, stavo cominciando a crederci anch’io.”

oOoOoOoOoOo

 

 

[Dov’è che finisce la realtà e comincia la finzione?]
[Se la tua vita è tutta finzione, alla fine non diventa quella la tua realtà?]
[Come si fanno a scindere le due cose con la sola forza della volontà?]

[Tu ci credevi, no?]
[Non è amarezza.]
[Stavo cominciando a crederci anch’io.]

 

[Dov’è che finisce la realtà e comincia la finzione?]

 

[Ci sarebbe da prendere e cominciare tutto da capo, qui.]

oOoOoOoOoOo

 

“Lavi, quarantanovesimo alias. Allievo di Bookman.” Dirà al ritorno della missione Lavi, quando Kanda si sarà deciso ad aprirgli la porta della sua stanza.
Lo dirà tutto d’un fiato, per non cambiare idea a metà strada.
All’occhiata estraniata del giapponese, ancora assopito per quel che riguarda le facoltà intellettive, risponderà: “Non stavo mentendo, Yuu. Io ci credevo davvero, perchè…”

 

Kanda batterà ciglio, assonnato e stanco dall’attività di guarigione frenetica delle sue cellule.
Poi, sbadiglierà.

 

“Yuu Kanda.” Dirà, con la solita voce annoiata.
“E… beh, questa è la mia stanza.” Aggiungerà, inarcando un sopracciglio.

 

Si guarderanno, per un po’, prima che Kanda gli sbatta la porta in faccia.

“Vedi di non rompere a quest’ora di mattina, idiota.”

 

Un atto di cattiveria gratuita da parte di Kanda ristabilirà la loro solida realtà, fatta di piccole bugie che fanno stare bene.

 

“Ma Yu-chan!”

 

Il grido di Lavi sveglierà Lenalee, che scoppierà di nuovo a piangere.

”Andiamo, è una cosa troppo crudele! Apri questa dannata porta, maledizione!”

Ma, questa volta, saranno lacrime di gioia.

 

oOoOoOoOoOo

[Dov’è che finisce la realtà e comincia la finzione?]
[Se la tua vita è tutta finzione, alla fine non diventa quella la tua realtà?]
[Come si fanno a scindere le due cose con la sola forza della volontà?]

 

[Da lontano la maschera di Lavi sarà pure bella e solida, liscia e credibile.]
[Ma da vicino, riesci a vedere perfettamente tutte le sue piccole crepe.]

[Alla fine, è tutto come prima.]


[E, dopotutto, è meglio così.]


oOoOoOoOoOo

 

 

(Il braccialetto di perline bianche e nere sarà al polso di Yuu Kanda anche quella mattina.)

 

 


 

 

A/N: penso di trasferirmi in questo fandom e riempirlo di fanfiction. *ç* [Ha  rivisto Kanda e il suo maglione!! *_*]

  
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