Lavi sa di possedere una maschera
perfetta ed invidiabile.
Non sa se sia veramente qualcosa per
cui valga la pena di vantarsi, ma sa di
possederla.
E sa anche di averla costruita,
espressione dopo espressione, con le sue mani.
Non è stata un’impresa priva di sacrifici.
Non può certo dire di essere una bella
persona per questo, ma v’è una certa nota di orgoglio in un angolino del suo
(non)cuore, ogni volta che la esibisce.
Nessuno riesce a vedere attraverso
quella maschera, pensa.
Pensa.
Ed in qualche modo, purtroppo, questo
Yuu Kanda lo sa.
Per questo rimane in silenzio.
(Ed, in silenzio, odia.)
[Masquerade]
(...you’re just making excuses you’re just…)
Così
come l’Ordine, anche Bookman ha una lunga tradizione.
Bookman non ha bisogno di un cuore.
Non…
non possono permettersi di perdere la loro obiettività, mi capisci, Lenalee?
Siamo solo osservatori, noi. Non siamo protagonisti.
Ma sono
alleati preziosi. Lo sono da anni, ormai.
Ma l’Ordine Scuro è un alleato prezioso, moccioso.
Perché
sono stati scelti dall’innocence, ed è una cosa rara di questi tempi..
Per tenere al meglio la cronaca di questa guerra, gli
esorcisti vanno tenuti vicini.
Non… affezionarti troppo, piccola Lenalee, per
il tuo fratellino, ma…
Vedendo di mantenere la tua oggettività…
… cercate
di essere amichevoli con Bookman e Jr, va bene Lenalee? Kanda?
…Fa’ il bravo con gli esorcisti, moccioso.
Lenalee aveva preso l’abitudine di sedersi accanto a lui, in silenzio, ogni
mattina.
Mentre l’alba si affacciava all’orizzonte, entrambi respiravano lentamente,
lasciando che l’aria ancora fresca e poco usata riempisse i loro polmoni.
Kanda non aveva ancora trovato il coraggio di cacciarla via.
I pensieri della ragazza erano così tanti e così numerosi che facevano quasi
rumore.
Non bisognava chiedere certo a che cosa stesse pensando, per capirlo: Lenalee
aveva un cuore troppo grande e troppo sensibile.
Era turbata da Lavi e da ciò che suo fratello, in un impeto di preoccupazione,
le aveva rivelato.
Ogni
tanto Kanda, con la coda dell’occhio, riusciva a vederla mentre scuoteva il
capo.
Non ci credeva ancora?
“Lenalee, mi stai disturbando.” esordì infine, con un sospiro fin troppo
evidente. “Se non devi meditare, va’ a farti problemi da qualche altra parte.”
Lei sembrò colta di sorpresa, esibendosi in un piccolo salto sull’erba bagnata
di rugiada.
”… c-come? Io non…”
“Riesco a sentire gli ingranaggi del
tuo cervello lavorare fin da qui, dannazione!”
Colpevole e colta con le mani nel sacco, la cinese scostò lo sguardo,
arrossendo appena. Mortificata.
Kanda attese, finchè non si seccò d’attendere. A quel punto, tornò a chiudere
gli occhi, con un piccolo sospiro, più discreto del primo.
“… Ne,
Kanda, cosa ne pensi?”
Sbuffo. Sguardo platealmente rivolto al cielo.
”Di che?”
“Intendo dire, riguardo a… questa situazione.”
”Quale situazione?”
”Insomma… Lavi e tutto.”
Come prevedibile, il problema era sempre quello. Anche Kanda scostò lo sguardo,
battendo ciglio.
”… Penso che non ci sia affatto una situazione su cui pensare.” Scelse, infine,
di commentare.
A lei quella risposta non piacque e quindi, prevedibilmente, la ignorò.
”Mi sembra quasi impossibile che non sia sincero. Voglio dire, sembra così…”
mormorò, invece, contrita.
”Fattene una ragione, e piantala una volta per tutte.”
”Ma non ti secca? La probabilità che…”
”… che stia fingendo di essere un’idiota? Buon per lui.”
Per il ragazzo, il discorso era finito lì. E si trattava del discorso numero
dodici sull’argomento.
”Voglio dire, non riesco ad essere carina con lui se so che ci sta prendendo in
giro, no?” insistette tuttavia lei, scotendo il capo.
”Ma piantala. Tu riesci ad essere carina con chiunque.”
”… Kanda?! Era un complimento, quello?”
”… ovvio che no! Che cavolo…?!”
”Lo era, lo era!”
Kanda aveva preso l’abitudine di odiare Lenalee quando si sedeva accanto a lui
ogni mattina.
Ma non glielo aveva mai fatto notare, nonostante il suo carattere conosciuto
nell’ordine come proverbialmente pessimo.
Lenalee era una ragazza. Una ragazza
dal cuore troppo grande e troppo sensibile gettata in una guerra di cui non si
vedeva la fine.
Una ragazza che in quel momento si sentiva sola, stupida, confusa e tradita.
E Kanda aveva un cuore, dopotutto. Avvizzito, piuttosto in disuso e circondato
da sette metri buoni di mura fortificate, ma aveva pur sempre un cuore.
Lui.
oOoOoOoOoOo
[ Cercò di convincersi che non era amarezza,
quella. ]
[ Per l’ennesima volta, ci riuscì. ]
oOoOoOoOoOo
E Lavi, ignaro di tutto, continuava a flirtare con
ogni essere vivente provvisto di due gambe.
Come aveva, del resto, sempre fatto.
C’era stato un tempo in cui Kanda si era sentito totalmente insultato dai
nomignoli affibbiati, dalle strattonate e dalle dita passate tra i capelli, dai
troppi abbracci non richiesti e dai souvenir portati indietro dalle missioni,
dai sorrisi a centotrentaquattro denti e dalle innumerevoli prove di amicizia che il rossino si era ostinato a presentare a lui e
a Lenalee.
E che poi aveva cominciato a presentare solo a lui, in quanto per ragioni di
dipartimento della scientifica, Lenalee era diventata totalmente off-limits.
Si era, in principio, sentito oltraggiato, umiliato,
infastidito.
Oltraggiato dal loro primo incontro, quando Lavi lo aveva definito “una
ragazzina un po’ piatta ma carina, davvero”.
Umiliato quando, il Natale scorso, Lavi gli aveva regalato un fiocco per
capelli.
Infastidito dalle continue attenzioni ricevute quando, in realtà, si sarebbe
fatto ammazzare quattro volte di fila pur di rimanere solo in quella stanza di
infermeria.
Ma anche in infermeria, Lavi lo aveva seguito.
Oltraggiato, umiliato, infastidito.
Ma gli era capitato di ridere, quando Lavi faceva lo
stupido alle spese di qualcun altro.
Ridere di lui e del malcapitato e non con
lui, ed anche in maniera neppure tanto carina o
educata.
Ma aveva riso.
Gli era scoppiato a ridere in faccia più di una
volta.
Aveva parlato con lui, lo aveva minacciato in maniera piuttosto vuota, avevano
tutti e tre pranzato allo stesso tavolo, bisticciato, avevano discusso
sporadicamente di argomenti importanti,
quando al rossino andava di fare il serio e comportarsi come ci si aspetterebbe
dall’allievo di Bookman.
Lavi era entrato a far parte della sua vita senza neppure chiedere il permesso.
Lavi si era forzato nella sua vita.
Ognuna di quelle attività, ogni singola di quelle
attività, al momento, lo disgustava.
Sentiva quel nodo partire alla base dello stomaco, e raggiungere la gola ogni
volta che lo guardava.
Era seduto davanti a lui, mentre cacciava dentro due bocconi di bistecca in più
di quelli concessi dal galateo.
Kanda teneva strette le bacchette di legno della soba fra i denti, facendole
ondeggiare appena fino a staccare piccole schegge che, tuttavia, ignorò.
Lavi era lì, con quel suo sorriso plastificato ed immobile mentre il resto del
corpo non faceva che muoversi e gesticolare come in preda a fastidiose
convulsioni.
Distrattamente, il giapponese si chiese se adesso lo vedesse in quel modo per
colpa dell’avvertimento di Komui.
Perché, prima, quel sorriso era sembrato perfettamente a posto.
Troppo amichevole e frenetico, invadente, ma perfettamente a posto.
E’ così plateale, che si tratta di un sorriso riciclato. No?
Sbuffò, affondando il canino nel legno scadente.
Non si trattava di amarezza, ripetè a sé stesso.
E persino in un dialogo interiore, il suo tono ne uscì cinico.
E’ il tuo orgoglio ferito, e basta.
Era infastidito per l’essersi fatto prendere in giro da qualcuno che, in
realtà, non esisteva affatto.
[Non è amarezza.]
Accanto a Lavi, Lenalee rispondeva vivacemente alle
domande che le venivano poste, e non sembrava avere neppure un dubbio di quelli
che l’avevano tormentata solo pochi minuti prima.
Ma non appena il ragazzo scostò lo sguardo, Yuu riuscì a vedere perfettamente
il volto della cinese adombrarsi.
Era così luminoso, di solito, che la differenza si notava subito.
Era Lenalee, quella amareggiata.
Non lui.
oOoOoOoOoOo
[Come ci si comporta con qualcuno che non
esiste, ma pretende di essere riconosciuto come reale?]
[E’ una domanda che ha senso?]
[Dovrei fare finta di nulla?]
[Non è una cosa… stupida?]
[Vede il disprezzo (non amarezza, mai amarezza) nei miei occhi, quando lo guardo?]
[Perché mi chiama amico, anche adesso?]
[Cosa diavolo vuole?]
oOoOoOoOoOo
Lenalee non ricordava di aver mai perso così tanto la pazienza, né di aver
pianto e gridato così tanto negli ultimi anni, da quando suo fratello l’aveva
raggiunta all’Ordine.
Non ricordava si essersi mai sentita così furiosa e priva di speranza e presa
in giro prima d’allora.
Le bare dei Finders dell’ultima missione in Spagna erano ancora aperte.
E le sue urla, le sue accuse, erano risuonate per tutta la sala.
Komui la stava tenendo stretta tra le braccia, cercava di calmarla, ma sembrava
uno sforzo del tutto vano.
Tra i singhiozzi, lei puntava il dito e scalciava e a volte, persa nel fiume di
parole troppo a lungo tenuto dentro, si dimenticava di respirare.
Lenalee Li era nel bel mezzo di un acuto attacco di crisi nervosa, e non
sembrava voler accennare a farla finita.
Miserabilmente distrutta dal lato emotivo, i suoi
occhi mandorla guardavano Lavi.
E la lingua avvelenata dal rancore e dal dubbio
fermentato, colpiva.
Era stata una scena pateticamente terribile.
”Non piangere, Lenalee.”
Le aveva sussurrato l’allievo di Bookman, durante il funerale, con un sorriso
dai tratti stanchi.
E lei l’aveva guardato, estraniata. Incredula.
”… non piangi, Lavi?” aveva sussurrato,
scotendo il capo senza scostare lo sguardo. “E’ un funerale. Sono morti.”
”…”
”Queste persone sono morte e… e non torneranno più, loro… Sono morti in questa
stupida guerra, loro, e non torneranno più!”
”Lenalee?”
”Le loro famiglie non vedranno neanche questi corpi che sono riuniti qui! Sono
morti, Lavi! Non piangi?”
”Lenalee, stai gridan…”
”Non sei triste? Non sei triste? Perché non sei…?!”
Lavi l’aveva guardata e, se quell’espressione di
panico e preoccupazione era soltanto una maschera, era una maschera fatta
divinamente.
“Lenalee, non fare così! Non mi piace piangere. Se dovessimo
piangere per tutti quelli che…”
”Perché non sei triste, Lavi?!?”
La sorella esorcista di uno dei finders aveva raddoppiato i singhiozzi
nell’atmosfera fin troppo tesa.
Oltre a quelli, tuttavia, nella sala calò il silenzio.
Neanche Kanda piangeva.
Kanda non avrebbe mai pianto per persone morte facendo il loro dovere.
Ma a lui, Lenalee non disse assolutamente
nulla.
oOoOoOoOoOo
[Lavi era immutabile, stabile, un punto di riferimento nel diluvio universale
che era quella guerra contro la famiglia dei Noah.]
[E tra i giorni che passavano, e le
perdite subite, e tutte le volte che avevano rischiato la vita durante le
missioni, tra le correnti impazzite di quel fiume impetuoso, Lavi sorrideva
sempre.]
[Era quasi rassicurante, pensava Kanda, poter contare su uno
spirito così ottimista, così vitale, così…]
[Poi, ricordava che quella, in realtà,
era solo finzione.]
[In momenti come quelli, Kanda malediceva Komui per non averlo lasciato nella
dolce e beata ignoranza.]
[Sarebbe stato rassicurante, pensava.]
[Sarebbe stato bello, si.]
[Forse.]
[Lenalee, ogni tanto, piangeva.]
oOoOoOoOoOo
”Ultimamente la vedo proprio giù, cioè, tipo centro
della terra e dintorni.”
Il fischio del treno, per un attimo, copre qualsiasi risposta il giapponese
avrebbe potuto dare a quell’affermazione.
Nessuna.
Il soggetto dell’osservazione di Lavi dormiva, tranquillamente, sui due sedili
accanto a Kanda, accucciata con la testa sulle ginocchia.
Per qualche attimo tornò il silenzio, infranto soltanto dal rumore delle ruote
sui binari un po’ dimessi, in quella zona della Francia rurale.
L’umidità rendeva l’atmosfera ancora più irrespirabile, faceva attaccare i
capelli alla nuca, alla fronte.
Quando capì che non avrebbe avuto risposta, lasciò sonnacchiosamente poggiare
il capo sul finestrino.
Le vibrazioni gli facevano quasi battere i denti sulla lingua, a dire il vero.
“Neee, Yu-chan. Lo so che Lenalee con te ci parla, ogni
mattina. Perché ha l’umore così giù?”
“Non. Chiamarmi. Yu-chan.
Sei insopportabile.”
Caustico, come il caldo che faceva arroventare il
metallo della locomotiva.
Lavi inarcò un sopracciglio, che fu lavato via dal sorriso
pigramente offuscato dall’afa.
“Okay, okay. Non ti scaldare, Yuu. Fa già abbastanza
caldo così com’è.”
Sorriso.
Rabbia che, nonostante tutto, sale.
“E neanche Yuu. Senti, Lavi, sta diventando vecchia
come cosa.”
“Già, tuttavia Yuu si arrabbia ogni volta~! Non è
stupendamente stupida, come cosa? Ne?”
Gli occhi a mandorla si spostarono dal paesaggio
arido del finestrino all’allievo di Bookman. Due lame sottili color pece.
“No.”
“Non sei affatto divertente, Yuu. Né tantomeno di
compagnia.”
Il gesto di stizza mal celato che seguì quella
risposta infantilmente imbronciata fu quasi tangibile nell’odore di vecchio
dello scompartimento.
“Forse non voglio
essere di compagnia. Quale parte di questa frase sfugge alla tua comprensione?”
Lavi si limitò a battere ciglio. In quel piccolo attimo, tuttavia, le sue
labbra non si curvarono affatto.
Poi, lo fecero.
Come sempre.
“Ne, Yuu, posso farti una treccia? Mi annoio.”
“No, Lavi, non puoi. No che non puoi.” Sibilò, al
limite della scarsa pazienza, chiudendo con un piccolo botto il dossier sulla
missione all’ordine del giorno.
”Immaginavo.” Sorrise l’altro. “Sta’ attento ad addormentarti, Yuu, perché
quando ti sveglierai ti ritroverai con una fantastica acconciatura alla Maria
Antonietta che farebbe invidia a…”
Fu la proverbiale goccia che fece traboccare il vaso.
Fai il bravo con
Bookman e Jr.
Fai il bravo con Bookman e Jr.
Sono alleati.
Preziosi.
Fai il bravo con…
“Piantala! E poi non so neanche chi cazzo sia, questa
fottutissima Maria Antonietta!” esordì il giapponese, infine, riuscendo a non
alzare la voce ma non a contenere la rabbia insita che permeava quel sibilo
sottile. “Dovrai diventare Bookman, no? Perché non provi ad indovinare per quale motivo mi fa tanto arrabbiare essere
chiamato in quel… in quel modo, da te?”
“Lenalee, svegliati!” mormorò di risposta il rossino,
con aria concitata, sporgendosi per punzecchiare la ragazza dormiente con
l’indice. “Yu-chan si sta comportando in maniera strana, ha detto più di
quattro parole di fila! E mi sta guardando in maniera… Yuu?”
Ma Yuu ne aveva avuto abbastanza.
Perché la pazienza di Yuu non è tanta.
Si era alzato dal posto ed ora, quasi indeciso sul da farsi, guardava Lavi
dall’alto verso il basso, labbra strette in una linea sottile.
La mano sull’elsa di Mugen.
“Scherzavo, scherzavo, Yuu.” Si affrettò ad
aggiungere, con un sorriso di scusa di chi sa di essere andato troppo oltre a
stuzzicare il can che dorme e ha cominciato ad abbaiare. “Lo so che Yu-chan non
è appropriato, di solito si usa per le ragazze, no? E’ che la tua reazione è
troppo divertente, e la vita all’Ordine è così monotona che…”
”Il mio nome è Kanda.”
Lavi batté ciglio. “Perché? Il tuo nome è Yuu, no?”
“Per te è
Kanda.”
“Ne, Yuu, piantala di fare il bambino. Per quanto sia
divertente vederti così ostinatamente arrabbiato - e lo è, credimi - a me sembra infantile. So che c’è tutta una
ritrosia nell’usare il nome tra voi
giapponesi, ma noi siamo amici no? Quindi, no prob, rilassati un po’! Ti verrà una
paralisi facciale se continui a tenere il broncio! Tra amici si…”
“Lavi, noi non
siamo amici.”
Ancora una volta calò il silenzio nello scompartimento. La voce secca di Kanda,
tuttavia, aleggiava ancora nell’atmosfera umida mentre il giapponese tornava a
sedersi con un tonfo.
Lo sguardo scostato dall’allievo di Bookman, ed un’insopportabile stretta
all’altezza dello stomaco e della gola e del cuoricino avvizzito.
Lenalee, silenziosamente sveglia da tempo, notò con
la coda dell’occhio che Lavi era pensieroso, e non sorrideva più.
oOoOoOoOoOo
[Non si può… mettere un freno, all’abitudine?]
[Fermare il tempo, in qualche modo,
evitare di percepire la presenza di qualcuno al tuo fianco come qualcosa di
naturale e di dovuto, come qualcosa di…?]
[Odio.]
[Komui.]
[Lenalee.]
[Lavi.]
[L’Ordine. Sarebbe stato così semplice,
non avere a che fare con nessuno.]
[Non è amarezza.]
[Non lo consideravo un amico, io.]
[Mai pensata una cosa del genere. Davvero.]
[Davvero.]
oOoOoOoOoOo
“E’ per questo che sei giù, Lenalee?” aveva esordito
Lavi, quella sera, alla tavola della locanda.
Mezz’ora dopo che Kanda era salito nella camera che lui e Lavi avrebbero
condiviso, dichiarando di avere troppo sonno e mal di testa per continuare a
fingere di voler trascorrere tempo socialmente valido con loro.
Lenalee scostò lo sguardo sul bicchiere d’acqua un po’ scurito dall’uso del
tempo, e vuoto.
“Eri sveglia, no?”
”Si, ero sveglia. Ma non capisco cosa intendi dire.”
”E’ perché non siamo amici, secondo te?” e quella voce sembrava sincera, e non
costruita. Sembrava genuinamente triste, quella voce.
”Non è così?” accusò lei, vagamente sulla difensiva, senza trovare il coraggio
di sollevare lo sguardo.
Per un po’, non ottenne risposta.
“No, non proprio.”
Un piccolo suono irrisorio, per cacciare indietro le
lacrime. “Insomma, Lavi. Guarda che…”
E stava per dirgli che lo sapevano, che era tutta una
finzione.
Che lo sapevano, che era una bella favola costruita a puntino.
Che lo sapevano che…
Fai la brava con Bookman e Jr.
Non era troppo tardi? Non sapeva recitare, lei.
Non sapeva…
“All’inizio, non mi piacevi per niente.” Fu Lavi a
rompere il silenzio creato dalla sua titubanza. “Cioè, ti ho vista piangere per
giorni dal mio arrivo all’Ordine. Non sapevo come trattarti, e mi sembravi inconsolabile, ma il vecchio
Panda mi aveva detto di essere comunque gentile nei confronti di tutti e
magari, all’inizio…”
Stava confessando?
Il respiro di Lenalee le si raggelò in gola. Non pensava di riuscire a
sopportare psicologicamente l’ammissione a parole, che tutto quel tempo passato
insieme era soltanto…
Serrò le labbra, tuttavia.
Kanda la considerava, dopotutto, una persona forte.
“… però, cioè, sei una ragazza forte. Si vede. Riesci
solo tu a tenerlo in riga, Yuu. E’ che, diciamo, non penso che si possa passare
così tanto tempo con una persona senza… senza legarsi, in qualche modo, no? E’
colpa del tempo, in qualche modo, e c’è sicuramente una ragione scientifica per
questo ma… beh, ecco, al momento non la ricordo.” Concluse, con un sorriso
stanco dall’essere stato usato troppe volte, ma pur sempre un sorriso.
Falso?
Vero?
“Ho bisogno di dormire, Lavi.” Concluse Lenalee, con
un filo di voce, senza guardarlo.
Lavi riempì il bicchiere d’acqua e lo alzò verso di lei, a mo’ di brindisi.
Quella notte, Lenalee decise di non piangere.
oOoOoOoOoOo
[In silenzio, odio.]
oOoOoOoOoOo
Aprì la porta in silenzio, nel caso Kanda stesse già
dormendo.
Ma Kanda era sveglio, camicia arrotolata sui gomiti, scarpe buttate in un
angolo, uniforme gettata sulla sedia di fronte al letto.
All’aprirsi della porta, sollevò soltanto lo sguardo disinteressato.
Poi, lo riportò sul dossier della missione, sopracciglia crucciate nella
concentrazione del capire parole inglesi di uso tuttavia meno comune di quello
quotidiano.
Lavi non disse nulla, chiudendo la porta alle spalle. Sedendosi sul letto,
tuttavia, si lasciò sfuggire uno sbuffo liberatorio.
”Insomma, Yu… Insomma, Kanda, per quanto tempo ancora hai intenzione di tenermi
il broncio, mh?”
Il giapponese sollevò lo sguardo, battendo ciglio.
Se non altro, la mancanza del nomignolo l’aveva sorpreso.
Lavi si abbandonò ad uno dei tanti sorrisi.
“Sei tutto al contrario, tu. Ti guarisce prima una
ferita, che un broncio. Non ti stanchi mai?”
“No, veramente no.” Replicò contrito l’altro, mento
poggiato sul palmo della mano.
“Antipatico.”
Il silenzio tornò sulla stanza buia, interrotto ogni
tanto dalla vita della locanda al piano inferiore.
Uno scroscio di risate ubriache sembrò riportare Lavi alla realtà.
“Sai, ho provato a dire la verità a Lenalee, per una
volta.”
“Per una volta?” fu la risposta, ampiamente
sarcastica. “Non lo fai sempre, allora?”
Lavi ignorò volutamente la frecciatina, perché di altro non si trattava.
Non era stupido.
Di grazia, era l’allievo di Bookman.
Faceva solo finta, di essere stupido.
La gente si sente meno minacciata e più aperta, nei
confronti di chi sembra meno intelligente di loro.
“Ma credo che adesso stia piangendo in camera sua.” Confessò, battendo ciglio.
Tuttavia, la voce dell’allievo di Bookman era piena di ironia repressa.
“Spero tu sia soddisfatto di te stesso. L’hai fatta
piangere di nuovo, bravo.”
“Non riferirai a Komui, spero.”
“Io mi faccio gli affari miei.” Ribattè
definitivamente il giapponese, chiudendo il dossier e affondando il viso contro
il cuscino.
L’occhio verde, abituato a cogliere i particolari,
notò il lieve luccichio emesso dal braccialetto di perline di legno verniciate
che il giapponese portava al polso.
“Lo porti ancora?” domandò, con uno sbadiglio che
riuscì perfettamente a mascherare la sua incredulità.
Anche dopo aver saputo che…
“La forza dell’abitudine.” Ottenne, come laconica
risposta.
Non è amarezza.
“La bancarella dove lo presi era piena di
cianfrusaglie del genere, sai? Ne avrei dovute prendere di più, come souvenir.”
Scherzò, riportando lo sguardo sul soffitto.
Perché, per una volta, era uno sguardo colpevole.
Non è amarezza.
Kanda non rispose, ma schioccò la lingua, voltando
pigramente una pagina.
“Mi dispiace, sai, Yuu?”
Il ritorno al nomignolo fu accolto soltanto da un suono
simile ad un ringhio.
”E di cosa ti dispiacerebbe?”
“Tu ci credevi, no?”
Non è amarezza.
Kanda non rispose, ancora una volta.
Lavi sospirò, calciando via le scarpe nell’angolo opposto al letto, non
preoccupandosi di non rovinarle.
”Sai, stavo cominciando a crederci anch’io.”
oOoOoOoOoOo
[Dov’è che finisce la realtà e comincia
la finzione?]
[Se la tua vita è tutta finzione, alla fine non diventa quella la tua realtà?]
[Come si fanno a scindere le due cose con la sola forza della volontà?]
[Tu ci credevi, no?]
[Non è amarezza.]
[Stavo cominciando a crederci anch’io.]
[Dov’è che finisce la realtà e comincia
la finzione?]
[Ci sarebbe da prendere e cominciare
tutto da capo, qui.]
oOoOoOoOoOo
“Lavi, quarantanovesimo alias. Allievo di Bookman.”
Dirà al ritorno della missione Lavi, quando Kanda si sarà deciso ad aprirgli la
porta della sua stanza.
Lo dirà tutto d’un fiato, per non cambiare idea a metà strada.
All’occhiata estraniata del giapponese, ancora assopito per quel che riguarda
le facoltà intellettive, risponderà: “Non stavo mentendo, Yuu. Io ci credevo
davvero, perchè…”
Kanda batterà ciglio, assonnato e stanco
dall’attività di guarigione frenetica delle sue cellule.
Poi, sbadiglierà.
“Yuu Kanda.” Dirà, con la solita voce annoiata.
“E… beh, questa è la mia stanza.” Aggiungerà, inarcando un sopracciglio.
Si guarderanno, per un po’, prima che Kanda gli
sbatta la porta in faccia.
“Vedi di non rompere a quest’ora di mattina, idiota.”
Un atto di cattiveria gratuita da parte di Kanda
ristabilirà la loro solida realtà, fatta di piccole bugie che fanno stare bene.
“Ma Yu-chan!”
Il grido di Lavi sveglierà Lenalee, che scoppierà di
nuovo a piangere.
”Andiamo, è una cosa troppo crudele! Apri questa dannata porta, maledizione!”
Ma, questa volta, saranno lacrime di gioia.
oOoOoOoOoOo
[Dov’è che finisce la
realtà e comincia la finzione?]
[Se la tua vita è tutta finzione, alla fine non diventa quella la tua realtà?]
[Come si fanno a scindere le due cose con la sola forza della volontà?]
[Da lontano la maschera di Lavi sarà
pure bella e solida, liscia e credibile.]
[Ma da vicino, riesci a vedere perfettamente tutte le sue piccole crepe.]
[Alla fine, è tutto come prima.]
[E, dopotutto, è meglio così.]
oOoOoOoOoOo
(Il braccialetto di perline bianche e nere sarà al polso di Yuu Kanda anche quella mattina.)
A/N: penso di trasferirmi in questo fandom e riempirlo di
fanfiction. *ç* [Ha rivisto Kanda e il
suo maglione!! *_*]