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Autore: Sibilla Delfica    21/06/2013    1 recensioni
Come sarebbe dopo tanti anni incontrare il primo amore?
In questa one-shot ho cercato di descriverlo in parte ispirandomi alla mia vita e in parte ispirandomi ad un sogno, e se poi incontrandosi qualcosa si riaccende nel cuore? Vi lascio alla lettura...
Un bacio
Erica
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Nell'aria c'era un odore acre: fumo, sudore e dolore.

Stavo camminando e senza accorgermene mi ero ritrovata in un quartiere popolato da tossicodipendenti abbandonati a sé stessi, senza una casa, senza persone da amare, consumati dalla dipendenza, logorati dalla droga.

Camminavo cercando di evitare i loro sguardi, carichi di storie mute, di delusione, di rabbia e di malinconia, lucidi e arrossati, forse dalle lacrime o forse da ciò che avevano appena sniffato.

I loro corpi erano magri, poiché i soldi servivano solo ad uno scopo primario, tutto il resto veniva dopo.

Purtroppo veniva dopo anche la Vita.

Avrei voluto correre, ma una sensazione mi fermava.

Capii cos'era solo quando lo vidi, sentii un tuffo al cuore e mi paralizzai.

Stavo guardando un ragazzo dall'aria disorientata che

era seduto sopra la scalinata di un palazzo popolare con i gomiti appoggiati sulle ginocchia che reggevano il suo capo rivolto all'insù.

Era giovane, il suo viso era scavato e gli zigomi sporgevano con violenza; spiccavano i suoi occhi azzurri velati e arrossati, ed una bocca, anche se di un colore innaturale e percossa da qualche tremore, ancora carnosa.

I capelli erano di un biondo spento, privi di ogni vitalità, opachi e trascurati.

Il suo corpo era magro, troppo magro, la pelle era poco spessa e sembrava che le ossa l'avrebbero spaccata da un momento all'altro.

Non mi stava guardando, il suo sguardo era perso nel cielo blu estivo, non si era ancora accorto della mia presenza.

Portava dei pantaloncini e una maglietta troppo grandi di circa due taglie abbinati a delle scarpe consumate e vecchie.

Ma nonostante tutto l'avevo riconosciuto, non avrei mai potuto non riconoscerlo.

Tormento di ogni mio sogno.

Di ogni mio pensiero.

Di ogni mia paura.

Vederlo così indifeso e così sofferente, bisognoso di cure, bisognoso di qualcuno che lo abbracciasse, che lo aiutasse mi fece quasi cadere a terra.

Ai miei occhi lui era sempre lo stesso, non era cambiato ed ogni sentimento dentro di me tornò al suo posto, ogni mio disagio cancellato.

La mia missione era lui.

Affrettai il passo e senza alcuna esitazione mi parai davanti a lui.

Il suo sguardo saettò verso di me in un attimo, i suoi occhi si allargano per lo stupore, capii che mi aveva riconosciuta, nonostante gli anni e nonostante non portassi più un paio di jeans e un maglietta presa a caso dall'armadio, nonostante non fossi più un'innocente adolescente.

Si alzò di scatto come se tutto il suo corpo fosse stato attraversato da una scarica di corrente elettrica e cercò di correre via, ma io rapida bloccai la sua fuga.

Ci ritrovammo senza accorgercene vicini e di istinto lo abbracciai, lo strinsi a me.

Sentii le sue lacrime bagnarmi la spalla.

Forse finalmente quelle lacrime rimaste in attesa di essere consolate e asciugate erano uscite dal loro nascondiglio, forse in quel momento qualcosa dentro di lui si era smosso e aveva lasciato uscire ciò che era sempre stato celato.

L'abbraccio durò un tempo indefinito o forse il tempo di un attimo, ma non importava perché in quel momento il tempo non esisteva o più probabilmente per noi non era mai esistito.

Sciogliemmo quell'abbraccio e ci guardammo negli occhi.

Intensamente.

Sentivo i miei occhi riempirsi di lacrime e udivo l'aria intorno a noi rotta dai miei singhiozzi.

Allora fu lui ad abbracciarmi per consolarmi.

Sentivo che cercava di stringermi con tutte le sue forze, anche se non erano poi così tante.

Mormorava qualche parola di conforto al mio orecchio.

La sua voce era piacevole, melodiosa, un po' stanca, ma l'unica cosa immutata, sentirla mi calmò all'istante e mi lasciai cullare da quel suono.

Mi accarezzava la schiena lentamente.

Poi mio malgrado sciolsi ancora una volta quell'abbraccio.

Avrei dovuto fargli mille domande.

Chiedergli perché era in quello stato.

Come mai era diventato un barbone tossicodipendente.

Ma molto probabilmente una persona sana di mente, non si sarebbe mai avvicinata a lui anche se lo avesse conosciuto benissimo.

Ma io non ero normale.

-Io ti aiuterò- dissi con le lacrime che ricominciavano a scendermi.

Il ragazzo davanti a me mi guardò stupito, ma per la prima volta la sua bocca si piegò facendo qualcosa che assomigliava vagamente ad un sorriso.

-Se avrai bisogno di me, di una comunità, di qualcuno con con cui confidarti, di una casa io ci sarò- sapendo benissimo che aveva bisogno di tutte quelle cose che avevo elencato.

Mi prese il viso fra le mani e piantò i suoi occhi azzurri nei miei.

Per un attimo rimasi incantata, era stanco, sciupato, ma era ancora bello.

Giuro che se non avesse parlato in quel preciso momento non avrei resistito dal baciarlo.

-Perché mi vuoi aiutare?- Mi chiese.

La risposta mi sembrava ovvia, ancora non aveva capito che quando vedevo lui il resto non era più importante, non aveva ancora compreso quanto il tempo non fosse niente senza di lui, non aveva sentito che nonostante quello che avevo passato, ancora non riuscivo a dimenticarlo.

La risposta uscì spontanea -Perché ti amo-

Rimase un attimo in silenzio, forse stava pensando, anzi sicuramente stava pensando.

-Ma...Cosa...Dopo tutto questo tempo...Tu devi essere pazza- Mi disse, mentre io ancora ancora non mi capacitavo di quello che avevo detto, non potevo averlo pronunciato io.

Intanto lui mi lasciò il viso e si girò di schiena.

Non sentire più il suo sguardo su di me, non sentire più le sue mani sul mio viso, non sentire più il calore del suo corpo mi procurò dolore fisico.

-Ti prego- Lo implorai ricominciando a piangere sommessamente, ero patetica come potevo solo pensare che lui capisse i miei sentimenti.

-Girati guardami-

Lui lo fece, ma era ancora lontano da me.

-Sarò pazza,anzi sicuramente sono pazza, sono pazza d'amore e se questo ti spaventa lo posso capire, ma io...- E mi ritrovai piangere singhiozzante inginocchiata a terra con le mani davanti al viso.

Lui si avvicinò a me e si abbassò fino a far riavvicinare i nostri visi poi con gentilezza spostò le mani che coprivano la mio volto poi mi prese il mento con le dita, ritrovai di nuovo i suoi occhi dentro i miei e ne restai nuovamente incantata.

-Io pensavo che tu non mi avessi mai amato- e mi sorrise -Ricordi alle medie, ricordi le nostre chat, ricordi come ci punzecchiavamo-

Mi persi nei ricordi, ore passate davanti al computer con il sorriso stampato sulle labbra aspettando che lui mi scrivesse “Ciao” e quando lo faceva mi rendeva la ragazza più felice della Terra.

Quell'imbarazzo quando non sapevo come rispondere a certe domande.

Il dolore quando mi diceva che gli piaceva la mia migliore amica.

Quelle stupide domande, quelle invece che mi hanno fatto tremare il cuore del tipo “Cos'è l'Amore?”, le piccole litigate, le prese in giro e la punizione di mio padre di non usare internet per una settimana che mi fece piangere tantissimo.

Le piccole bugie di quando gli ho detto che mi era piaciuto quel libro che mi aveva prestato di nascosto in classe.

Il batticuore quando eravamo sulla mia bicicletta: lui pedalava ed io in piedi sul portapacchi mi tenevo stretta alle sue spalle forti e volevo che quel momento non finisse mai più.

-Ricordo tutto- Esclamai sorridendo.

-Ricordi di Pavia- Continuò.

Eccome: ero davanti al computer sorridente.

G:Oggi sono andata a Pavia e l'ho visitata.

R:Brava, ma scommetto che non l'hai girata tutta: per esempio sei andata al parco della Vernavola.

G:No, beh forse allora potresti farmi tu da cicerone la prossima volta.

R:Ok.

G:Guarda che io non sto scherzando.

R:Ok.

Il mio cuore stava scoppiando di felicità, lui voleva veramente venire con me a Pavia, solo con me, già mi immaginavo come sarebbe stato baciarlo e accarezzargli il viso, ma niente di tutto ciò sarebbe accaduto.

L'estate si sarebbe frapposta tra noi e poi le superiori, ma soprattutto la mia stupida paura di essere troppo lontani e di frequentare due scuole diverse in due città diverse.

-Sì ricordo- Risposi guardando a terra.

-Perché non ti sei più connessa in chat? Perché non mi hai più voluto sentire?- Mi chiese lui guardandomi sempre fisso negli occhi.

-Perché volevo dimenticarti, andavamo in due città diverse ed in due scuole diverse, poco dopo me ne sono pentita, ma tu eri insieme ad una ragazza era tardi ormai, troppo tardi- E ricominciai a piangere come si conviene ad un'adolescente e non ad una donna di venticinque anni che si stava per laureare per poi continuare la sua carriera con la gavetta in ospedale.

-Volevo dimenticarti, ma non ci sono mai riuscita completamente ed eccomi come una stupida a confessarti ora quello che avrei dovuto dirti allora- Aggiunsi.

-Alzati- Mi disse e lo feci senza tante storie.

Appena fui in piedi sentii le sue labbra sulle mie, prima mi diedero un lieve e casto bacio sfiorandomi appena la bocca poi lentamente sentii la sua lingua farsi strada e senza indugio alcuno l'accolsi.

Le nostre lingue giocavano fra loro in una danza che non sembrava non voler finire mai, il bacio fu un crescendo di emozioni e sensazioni, mi sentii di nuovo adolescente e capii in quell'istante preciso che nonostante le mie scelte, nonostante la mia volontà nel dimenticarlo lui c'era sempre stato e che io per quanto possa sembrare strano o improbabile l'avevo sempre amato.

  
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