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Autore: Notperfect    21/06/2013    9 recensioni
Queen ha 17 anni e da quasi otto anni convive con un peso angoscioso e costante: suo padre. La maltratta fisicamente e psicologicamente e tutto ciò che Queen riesce a fare è chiudersi in se stessa. Riuscirà qualcuno a salvarla da questa situazione e da se stessa?
***
Ogni volta che lo guardo è come se i suoi occhi mi dicessero 'Ti dichiaro in arresto…cardiaco’.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Justin Bieber
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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13.
 

QUEEN’S PV
Un ristorante?
Justin vuole farmi vedere un ristorante?
Non sono una persona che pretende molto dalla vita e che non si accontenta delle piccole cose, ma davvero mi ha tenuta sulle spine per tutto questo tempo solo per un ristorante?
Mi guardo attorno spaesata per poi incontrare il viso di Justin che sfoggia un sorriso sfacciato e uno sguardo divertito.
Penso abbia capito a cosa sia dovuta la mia reazione ma non dovrebbe starsene lì a ridere. Dovrebbe darmi una spiegazione.
Mi limito comunque a stare zitta e quando Justin si avvicina, mi afferra una mano. Mi guarda sempre con un sorrisetto sghembo sul viso e devo ammettere che questo mi mette a disagio.
 
-Non vuoi mangiare?-. Mi chiede compiaciuto.
 
La sua mano sale sul mio viso, accarezza la mia guancia e poi ritorna nuovamente sulla mia mano.
È così strano essere toccata in questo modo da Justin. Non l’ha mai fatto prima di ieri e questo suo cambio d’atteggiamento nei miei confronti mi confonde anche se mi risulta piacevole.
 
-S-si ma…-.
 
-Bene, entriamo allora-. Mi interrompe.
 
Stringe la mia mano alla sua e inizia a camminare verso l’entrata del ristorante, trascinandomi come una bambina capricciosa.
Non capisco perché mi tratta sempre in questo modo. Potrebbe semplicemente invitarmi a seguirlo. Io lo farei senza esitazione.
Entrando nel locale, un odore di diversi tipi di pietanza mi invade le narici. Questo accentua solamente la fame che ho già.
Ci sediamo ad un tavolo poco distante dall’entrata, accanto alla finestra. Justin sceglie sempre tavoli in postazioni vicino a punti d’uscita probabilmente perché soffre di claustrofobia.
Mi siedo e Justin fa lo stesso sulla sedia di fronte alla mia. Mi guardo attorno insicura e imbarazzata, notando che il ristorante è semi pieno e ci sono soprattutto giovani coppie.
Al pensiero di me e Justin come una coppia, le mie guance si tingono di rosso e uno strano calore mi invade la schiena e lo stomaco.
 
-Ti piace qui?-. Justin chiede gentilmente.
 
-Mh, si-.
 
Annuisce sorridendo debolmente, avvicinandosi con la sedia al tavolo. Appoggia i gomiti su di esso e unisce le mani in una specie di pugno sotto il mento che gli fa da sostegno a tutto il viso.
Sembra quasi che mi stia studiando e il suo sguardo percorre tutti i miei lineamenti facciali per poi scendere alla scollatura del mio top. Subito rialza lo sguardo, riposandolo sul mio viso.
Notando tutto ciò, mi schiarisco la voce e faccio un piccolo movimento sulla sedia, come per ricompormi.
 
-Cos’hai fatto oggi?-.
 
Gli pongo questa domanda spontaneamente in tono gentile e premuroso.
Alza le sopracciglia e sembra essere sorpreso delle mie parole. So che lui ha sempre voluto che mi interessassi ad una cosa del genere e so che lui ha sempre voluto che gli facessi una domanda del genere prima che lui la ponesse a me.
Eccolo accontentato.
Si passa la lingua tra le labbra e scioglie le sue mani, portandole lungo il busto.
 
-Niente di che. Sono stato a casa di un mio amico-.
 
Annuisco, spostandomi i capelli su una spalla. Passo una mano tra di essi per poi alzare nuovamente lo sguardo.
Vedo che Justin osserva tutti i miei movimenti ed è rimasto stupito da quest’ultimo che ho appena compiuto.
 
-Frequenta la nostra scuola?-. Domando imbarazzata.
 
-Chi?-.
 
Aggrotto le sopracciglia.
È stupido o qualcos’altro?
Nonostante sia parecchio intimidita, voglio portare avanti la conversazione per non sprofondare in una situazione ulteriormente imbarazzante: il silenzio.
 
-Il tuo amico-.
 
Sussulta alle mie parole, passandosi una mano tra i capelli che stasera sembrano particolarmente morbidi. Mi viene quasi voglia di toccarli e giocarci.
Trasalgo dai miei pensieri e dalle mie fantasia quando la voce di Justin echeggia nelle mie orecchie, soppiantando il vocio che vige nel ristorante.
 
-No. In realtà è più grande di me. Ha vent’anni-.
 
-Oh-. Annuisco interessata.
 
Justin accenna un piccolo sorriso, forse divertito dal mio comportamento.
In effetti non sono mai stata così in sua compagnia, non ho mai avviato una conversazione e non ho mai fatto in modo che proseguisse.
Sento la sensazione di star iniziando a fidarmi di lui e di star iniziando a non essere imbarazzata come all’inizio e non so se questo sia un bene o un male.
Dopo qualche minuto, un cameriere raggiunge il nostro tavolo per prendere le nostre ordinazioni. Quando ha terminato il suo lavoro, ritorna in cucina dall’altro lato della sala da pranzo.
L’attenzione di Justin ritorna nuovamente su di me e improvvisamente mi sento avvampare quando sento chiaramente i suoi occhi seguire i miei movimenti.
 
-Allora? Non sei curiosa di sapere cosa voglio farti vedere?-. Domanda improvvisamente.
 
Trattengo un sorriso alle sue parole, ma sicuramente non sono riuscita nel mio intento in quanto anche lui accenna un piccolo sorriso, contagiato da me.
Bagna nuovamente le sue labbra con la lingua e aguzza la vista verso di me.
 
-Direi di si-.
 
-Bene. Sono felice che abbia ricordato la regola numero uno. Di solito non lo fai mai-. Commenta divertito, ridendo sottovoce.
 
-Ci sto lavorando-.
 
Sorrido, abbassando lo sguardo.
D’un tratto ricordo che qualche minuto fa ha preso una storta e che per arrivare alla macchina ha fatto fatica.
Trattengo il respiro e alzo lo sguardo su di lui, preoccupata.
 
-Ti fa male ancora la caviglia?-. Chiedo allarmata.
 
Alza le sopracciglia sorpreso e meravigliato del mio atteggiamento e del mio interesse nei suoi confronti per poi ritornare a stendere i suoi muscoli facciali.
Sorride, scuotendo la testa.
 
-No, non più-.
 
-Sicuro?-.
 
-Sicuro-.
 
-Non mi stai mentendo, vero?-.
 
-Non ti sto mentendo, giuro-.
 
Appoggia la mano destra sul cuore e alza di poco quella sinistra verso il soffitto. Mostra un tenero sorriso che crea una piccola fossetta al lato della bocca.
Osservo attentamente quel punto così adorabile del suo volto per poi ritornare  a guardare i suoi occhi.
Sospiro alla sua risposta anche se molto probabilmente mi ha appena detto una bugia.
Appoggio un gomito al tavolo e sorreggo il lato destro del mio viso con la mano rivolta verso l’alto. Inizio a picchiettare con le dita sul tavolo per poi afferrare una forchetta e premere i suoi denti sulla tovaglia e vedere dei piccoli pallini comparire sul tessuto bianco.
 Alzo lo sguardo per trovare Justin che mi guarda compiaciuto.
 
-Mi sembri una bambina di tre anni, Queen-. Commenta ridendo.
 
Bofonchio qualcosa, intimidita.
Immediatamente riacquisto una posizione verticale e poso la forchetta al suo posto originario accanto al piatto ancora vuoto.
Mi schiarisco la voce, abbassando lo sguardo. Sento le guance andare a fuoco e gli occhi di Justin puntati su di me.
 
-Non devi imbarazzarti con me-. Sorride.
 
Notando ancora il mio imbarazzo, si accascia verso il tavolo e dopo qualche secondo sento la mia mano essere afferrata da un’altra.
Justin stringe la sua presa, tirandola verso il basso.
Ride quando sto per perdere l’equilibrio alla sua delicata tirata.
 
-Queen, guardami-. Sussurra.
 
Dopo qualche istante, faccio come mi ha appena imposto di fare incontrando così due occhi color miele. Dire che sono meravigliosi è dire poco. Non ho ancora trovato un aggettivo per descriverli.
Sembra essere soddisfatto della mia azione e così sorride.
 
-A me piacciono le bambine. Ci so fare con loro. Non devi sentirti in imbarazzo con me-.
 
Nel suo tono di voce c’è ironia e divertimento ma al tempo stesso sembra essere sincero.
Ha uno sguardo dolcissimo in questo momento e continua ad accarezzarmi la mano con le sue dita da sotto il tavolo.
Lo trovo un gesto davvero carino ma al tempo stesso vorrei scomparire per l’imbarazzo.
Schiudo leggermente le labbra e giro lo sguardo altrove. Penso che noti il mio imbarazzo in quanto inizia a ridere lievemente. Dopo qualche secondo lascia la mia mano e ritorna a sedersi normalmente.
Sta per dire qualcos’altro quando l’arrivo del cameriere con le nostre portate interrompe le sue parole sul nascere.
Poggia due piatti ai nostri rispettivi posti per poi congedarsi gentilmente.
Prima che Justin inizi a mangiare, mi invia un’occhiata che io non riesco a decifrare. Sembra quasi che mi dica di sbrigarmi a consumare il mio piatto.
 
-Ti piace?-. Indica il mio piatto.
 
-Si, molto. È buono-. Sorrido.
 
Acconsente con il capo e dopo aver mandato giù alcuni bocconi, alza lo sguardo su di me.
Rallento mentre mastico, imbarazzata a stare sotto i suoi occhi.
 
-Hai mai mangiato sushi?-. Chiede incuriosito.
 
-Ehm, in realtà no-.
 
-Cosa?-. Sgrana gli occhi e per poco non si affoga.
 
-No, non l’ho mai man…-.
 
-Si, si. Ho capito ma…è incredibile che tu non abbia mai provato del sushi-.
 
Scrollo le spalle e arrossisco lievemente.
Ride alla mia reazione e dopo un po’ ritorna nuovamente ad immergere la forchetta nel suo piatto che è già quasi finito.
Guardo il mio piatto e noto che a differenza del suo è ancora pieno. Accelero di poco per finire velocemente il mio cibo.
Non mi piace l’idea di essere osservata mentre mangio.
 
-Allora è confermato il sushi?-. Domanda improvvisamente.
 
Trasalgo dai miei pensieri e lo guardo confusa. Aggrotto le sopracciglia e inclino il viso di qualche centimetro.
Il mio linguaggio del corpo è abbastanza chiaro: voglio una spiegazione.
Notando la mia nuova posizione, sorride forse divertito.
 
-C-cosa significa?-.
 
-Significa che domani ti porto a mangiare sushi-.
 
Posa di getto la forchetta nel suo piatto ormai vuoto, provocando un leggero rumore di due oggetti pesanti che si toccano. Prende il tovagliolo che ha precedentemente appoggiato sulle sue gambe e lo passa velocemente sulle sue labbra per poi posarlo al suo posto accanto al piatto in ceramica.
Sussulto alle sue parole, sentendo le guance diventare ancora più rosse di quanto non lo siano già.
 
-Non ti piace l’idea?-. Chiede, scuotendo la testa.
 
Bofonchio qualcosa. -S-si, mi piace-.
 
-Bene-.
 
JUSTIN’S PV
Posa la forchetta nel piatto ancora semi pieno, acconciandosi poi i capelli su di una spalla.
È la seconda volta che lo fa nell’arco di due ore e devo dire che è bello vederla compiere questo movimento. Le da un’aria così seducente eppure penso che lei non se ne sia mai accorta di quanto può esserlo.
 
-Non lo finisci?-. Le chiedo, indicando il cibo nel suo piatto.
 
Esita qualche secondo, prendendo nuovamente la forchetta. La immerge lentamente nel suo piatto e alza lo sguardo su di me.
 
-Si, ho fame-.
 
Si porta alla bocca la forchetta piena di cibo e le sue labbra la lasciano andare solo quando il cibo risulta essere al suo interno. Mastica lentamente per poi far scendere giù il boccone.
Sorrido divertito, vedendola mangiare. Sembra essere affamata.
Si accorge del mio sguardo compiaciuto e subito si blocca nei movimenti.
 
-Justin…-. Mi chiama in un sussurro.
 
-Dimmi-.
 
-Dì qualcosa-.
 
Mi meraviglio delle sue parole anche se so per certo che questa richiesta è dovuta al suo imbarazzo. Si sente sicuramente troppo in soggezione ed osservata e so quanto le da fastidio. Ed ora che sta mangiando sotto il mio sguardo, capisco che è abbastanza in imbarazzo.
Ciò si può notare anche dal rossore che compare sempre di più sulle sue guance che fanno da contrasto al resto della sua carnagione chiara, quasi pallida.
Sorrido nuovamente, avvicinando la sedia al tavolo. Appoggio un gomito sul tavolo e il mento sul palmo della mano.
 
-Sei carina stasera-. Constato.
 
La vedo mentre, ingoiando un altro boccone, sgrana leggermente gli occhi. Tutto il suo corpo sembra essere chiaramente a disagio a questo mio complimento.
Trattengo una risata, divertito dalla sua reazione. Se ridessi, la metterei ancora di più a disagio e l’idea di vederla in difficoltà non mi piace.
 
-Come sempre-. Aggiungo.
 
Alza lo sguardo su di me e sembra essere divertita e seccata al tempo stesso. Mi piace vederla sorridere e questo sicuramente è un bel momento per il mio piacere personale.
 
-Non prendermi in giro-. Fa una strana smorfia. -Volevo che mi parlassi di cose serie, tipo…-.
 
Inclino il capo verso destra. -Tipo?-.
 
-Tipo…qualcosa di serio. Non saprei-.
 
Le scappa una risatina che subito ritrae quando si accorge del mio sguardo persistente sul suo viso.
Osservo attentamente le sue labbra piegate leggermente verso l’alto e i suoi occhi luminosi brillare ancora di più per il divertimento. È così bella quando è felice.
Ritorno alla realtà quando il cameriere ritorna nuovamente al nostro tavolo.
 
-Desiderate altro?-. Domanda cordialmente.
 
Mi volto verso Queen e le faccio la stessa domanda. Mi risponde con un ‘no’ intimidito così mi giro verso il cameriere e gli dico di portare il conto, nonostante Queen non abbia ancora finito di mangiare.
È davvero lenta.
 
-Ho chiesto il conto, ma tu puoi finirlo-. Le dico indicando il piatto sotto il suo naso.
 
-Mh, no. Sono piena-.
 
Annuisco col capo, prendendo un sorso d’acqua dal mio bicchiere.
Qualche istante dopo Queen imita il mio gesto e mi ritrovo a sorridere.
Non è mai di molte parole con me ma puntualmente so sempre cosa le passa per la testa. Certo, non sempre e non specificamente ma riesco sempre a capire quando si sente a disagio.
Il suo corpo parla chiaramente e sembra quasi essere un libro aperto per me.
Per non parlare dei suoi occhi. Riesco a leggerli ogni volta che si sente in imbarazzo per una mia carezza, ogni volta che ha paura di me quando alzo il tono di voce o la sfioro in modo sbagliato.
Un altro cameriere, differente da quello che ci ha servito fino ad ora, arriva al nostro tavolo e mi mostra il conto porgendomi una piccola cartellina in pelle color marrone.
Quando alzo la testa verso di lui, noto che i suoi occhi sono puntati sul corpo di Queen che non si è ancora accorta di nulla poiché è impegnata a guardarsi distrattamente le unghie.
Resto per qualche secondo a guardarlo, curioso di sapere il limite della sua stupidaggine e mi chiedo per quanto ancora devo aspettare prima che tolga i suoi disgustosi occhi da Queen.
 
-Smettila di guardarla prima che ti apra la testa in due parti-. Sputo tra i denti.
 
Alle mie parole, sia il ragazzo sia Queen si girano verso di me.
Cerco in tutti i modi di mantenere la calma e fare in modo che la parte violenta di me non esca proprio adesso.
Sento lo sguardo di Queen quasi bruciare sul mio volto mentre il cameriere mi invia un’occhiata quasi dispiaciuta e confusa.
 
-Stavo solo…-.
 
-Non mi interessa cosa vuoi dirmi-. Lo interrompo. -So solo che non devi guardarla per un altro secondo. Non rientra negli schemi di un cameriere mangiare con gli occhi una persona-.
 
Una persona in particolare in questo caso.
Lo vedo mentre ingoia la saliva impaurito per poi annuire col capo. Tenta di dire qualcosa ma dopo un po’ ci rinuncia, troppo incapace per spicciare parola.
Che idiota.
Dopo aver osservato la sua reazione intimorita, decido che è arrivato il momento di lasciarlo andare.
Estraggo delle banconote dal mio portafogli e le infilo nella cartellina in pelle per poi allungare l’intero malloppo verso di lui.
 
-Grazie-. Annuisce con il capo.
 
Quando lascia il nostro tavolo, impiego qualche secondo prima di girarmi verso Queen.
Mi guarda confusa, impaurita e preoccupata al tempo stesso. Non voglio che mi guardi così, l’ultima cosa che voglio è che abbia paura di me.
 
-Queen…-.
 
-L’hai spaventato a morte-. Mi interrompe stupita.
 
-Lui ti stava divorando con lo sguardo-.
 
-Ma è quasi scappato da qui. Aveva…aveva paura di te, Justin-.
 
Il suo sguardo è perso e confuso.
Brutto segno.
Passo la lingua tra le mie labbra, bagnandole leggermente. Sento la sua preoccupazione anche da qui e i suoi occhi mi comunicano qualcosa che non vorrei mai che qualcuno mi trasmettesse.
Ci risiamo. Non voglio che Queen sia impaurita da me o che si senti poco al sicuro in mia compagnia.
So perfettamente che i miei modi di fare molto spesso sono inadatti e troppo bruschi, ma so anche che non farei mai del male a Queen. Lei è troppo fragile e non me lo perdonerei mai.
 
-Non voglio parlarne. Usciamo da qui-.
 
Mi alzo in piedi, invitandola con gli occhi a fare lo stesso. Dopo un attimo di indecisione, fa leva sulle gambe e si alza.
Aspetto che mi raggiunga prima di camminare verso l’uscita del ristorante. Mentre camminiamo, cerco di sfiorare la sua mano, ma non appena sente il mio contatto, ritrae la mano.
Con questa sua reazione, un colpo mi viene sferrato nello stomaco. Un colpo che tende a salire sempre di più verso destra.
Usciamo dall’edificio e subito l’aria gelida invade entrambi.
Fa davvero freddo qui a Stratford in inverno e a me il gelo non è mai piaciuto molto.
Si avvia autonomamente verso la macchina mentre io mi fermo distrattamente a sfregiare le mani sulle mie braccia per trovare un po’ di calore.
Quando noto che è già di qualche passo più avanti al mio corpo, la raggiungo velocemente afferrando un suo braccio.
 
-Queen…-. Afferro il suo viso tra le mani e l’accarezzo con le dita. -Non mi piace quando mi eviti-.
 
Continua a muovere il suo viso da destra a sinistra in piccole onde mentre il suo sguardo è incollato alla collanina che ho al collo e che continua a muoversi quando con la testa seguo i movimenti di Queen. Tenta di non guardarmi negli occhi e addirittura non vuole stare alla pari con il mio viso.
Mi sento un verme.
 
-Queen, hai sentito cos’ho detto?-.
 
Continua a stare in silenzio e questo non mi piace. Non voglio che lei si faccia degli scrupoli per parlarmi o per starmi vicino. Deve sapere al cento per cento che non la toccherei brutalmente neanche se fosse l’unica possibilità per restare in vita.
Faccio forza alla stretta sul suo viso ma non facendole del male. Geme leggermente e sento il suo corpo ritrarsi.
Pian piano le mie mani scendono sul suo collo e poi sulle sue braccia mentre continuo a guardarla insistentemente.
 
-Queen, parlami. Voglio sentire la tua voce-. La incoraggio.
 
Quando dopo qualche secondo non risponde alle mie richieste, decido di lasciarla. La scruto ancora qualche secondo prima di allontanarmi completamente da lei.
 
-D’accordo, non parlarmi se vuoi-.
 
Mi avvio lentamente ma con passo deciso verso l’auto parcheggiata a pochi passi da noi. Prendo le chiavi dalla tasca dei miei jeans e premo su di esse. Quando l’auto emette una lucina e un suono, capisco che si è aperta.
Appoggio la mano sulla portiera dell’auto intento ad aprirla quando sento un leggero calore alle mie spalle, proprio al centro della schiena.
Capisco che è la mano di Queen quando si sposta più verso il fianco sinistro, stringendo poi il tessuto del mio cappotto.
 
-Justin-.
 
La sua voce mi sembra quasi angelica ed è di una dolcezza unica. Non penso di aver udito un suono migliore.
Mi chiama nuovamente, facendo pressione sul mio fianco.
Nonostante mi senta incapace di muovermi, mi giro lentamente verso di lei. È costretta così a ritirare la sua mano e inizia a guardarmi dispiaciuta abbassando lo sguardo o girandolo dall’altro lato quando si sente troppo in imbarazzo.
 
-Mi dispiace-. Sussurra. -Non volevo reagire in quel modo. Mi sono comportata come una bambina. Non dovrei comportarmi così. S-scusa-.
 
La scruto attentamente mentre combatte contro la sua timidezza. Le guance sono naturalmente tinte di rosso e le sue mani sono unite sul davanti del suo corpo mentre si sfiorano leggermente e si attorcigliano di tanto in tanto.
Ingoia la saliva guardando altrove, aspettandosi forse una risposta da parte mia.
Le alzo il mento con l’indice e quando incontro i suoi magnifici occhi, le sorrido dolcemente. Prima che possa dire qualcosa, poggio le mie labbra sulle sue.
Ultimamente mi risulta impossibile non baciarla quando siamo così vicini. È davvero una bella sensazione starle accanto in questo modo.
Mugugna in risposta, cercando di allontanarsi ma, proprio com’è già accaduto, ci rinuncia quando comprende di non avere scampo.
È un bacio più lungo rispetto agli altri due. Poso una mano dietro il suo collo e la attiro ancora di più verso di me. Emette strani versi a questo mio movimento, forse contrariata a tutto ciò.
Con la mano libera, stringo la sua mano destra. Intensifico la presa per far in modo che reagisca e quando ricambia la mia stretta, mi sento soddisfatto. Rido sulle sue labbra quando mi allontano di qualche centimetro per prendere aria.
Sento il suo debole respiro sul mio collo, essendo lei più bassa di me di molti centimetri. Ho ancora gli occhi chiusi quando avvicino il mio naso al suo e lo sfioro lentamente per poi spostare la mano sulla sua guancia ed accarezzarla.
Quando apro gli occhi, noto che lei è alzata sulle punte e questo mi fa ridere leggermente.
Dopo un po’ anche Queen apre gli occhi e mi guarda intensamente.
È in imbarazzo e non sa cosa dire o fare, così decido di anticiparla.
Afferro la sua mano e la trascino verso il sedile del passeggero. L’aiuto a salire per poi raggiungere il lato dell’autista.
In auto c’è un’atmosfera alquanto testa com’è successo dopo il primo bacio che ci siamo scambiati.
È strano di come si lamenti quando la bacio e poi non dice nulla per protestare le mie azioni. Inizio a pensare che in fondo tutto ciò le piace e non vuole ammetterlo e mostrarlo.
Dopo qualche minuto parcheggio l’auto in un parcheggio che forse a Queen è familiare.
Scendo dall’auto e vado verso di lei. Le apro la portiera e la faccio scendere, stringendo la sua mano e poggiando poi la mia sul suo fianco per spronarla a camminare.
 
-Cosa ci facciamo qui?-. Domanda, indicando la scritta ‘Bruce’s’ sull’enorme edificio.
 
-L’altra volta non ti ho detto che da piccolo mi piaceva osservare le stelle-.
 
Prima che possa fare altre domande, vado verso il cofano della mia macchina e tiro fuori uno scatolone.
Mi guarda curiosa e stranita ma, non badando alle sue occhiate, afferro la sua mano con la mia libera e la trascino verso il retro del ristorante.
Saliamo per la seconda volta le scale in ferro e quando arriviamo sul terrazzo, la precedo mentre vado al centro della piattaforma.
 
-Justin non capisco cosa…-.
 
Prima che termini la frase, mi vede estrapolare un telescopio dallo scatolone e questo la azzittisce. Guarda attentamente l’aggeggio che ho tra le mani mentre si avvicina maggiormente.
Non mi fa alcuna domanda mentre lo sistemo in modo preciso e giusto, sapendo chiaramente che non mi piace quando qualcuno mi porge delle domande.
Quando ho finito col mio lavoro, pongo le mani sui miei fianchi e mi giro verso di lei soddisfatto.
La vedo mentre trattiene una risata, forse divertita per la mia posizione e questo pensiero fa sorridere anche me.
Mi avvicino a lei non perdendo mai di vista i suoi occhi e le afferro poi una mano. La trascino delicatamente di fronte all’occhiello del telescopio e mi posiziono al suo fianco ma leggermente dietro al suo corpo.
 
-Mi hai detto che nessuno ti apprezza mai per quello che sei-. Le sussurro, avvicinando il mio viso al suo orecchio. -Giusto?-.
 
-S-si-.
 
-Bene. Adesso voglio che tu dia un’occhiata alle stelle e quando avrai individuato la più luminosa, ti senta proprio come quella stella-.
 
La sento rabbrividire alle mie parole e trattenere il respiro per qualche secondo. Cerca di girarsi verso di me ma qualcosa, presumibilmente la sua timidezza, la blocca. Ritorna così ad avere il viso rivolto verso il telescopio e quando le stringo la mano per incitarla, si abbassa di qualche centimetro e poggia un occhio sull’occhiello interno.
Sembra essere tesa ma dopo un po’ fa un grande respiro e sento il suo corpo rilassarsi sotto la sua presa.
 
-Non ho mai usato un telescopio, non so esattamente come posizionarmi-. Confessa intimidita.
 
-Come prima volta, devo ammettere che te la sei cavata. Non ci vuole molto ad usarlo ma solitamente la gente non riesce mai a trovare una posizione ben precisa e comoda. Tu sei comoda?-.
 
-S-si, sto bene così-.
 
-Vedi bene?-.
 
-Si-.
 
Sorrido soddisfatto e intenerito dalle sue parole e dai suoi movimenti nonostante Queen non possa vedermi.
Nei minuti che seguono, cambia qualche posizione e sembra essere sempre più incuriosita e interessata a ciò che sta facendo.
Guardare le stelle mi ha sempre affascinato e quando Queen mi ha confessato come si sentiva e come si sente tutt’ora, mi è balenata alla mente quest’idea.
Voglio che si fidi di me e che si senta a suo agio in mia compagnia, questo è solo l’inizio del percorso che voglio compiere con lei.
 
-Ti piace?-. Chiedo.
 
 
Mi posiziono dietro di le e poso le mie mani sui suoi rispettivi fianchi. Non voglio che vada da nessuna parte, non voglio che si muovi da qui.
La sento ritrarre di poco il suo corpo a questo contatto ma dopo qualche secondo si rilassa sotto il mio tocco.
 
-L’ho trovata-. Annuncia dopo un po’.
 
-L’hai trovata?-.
 
-Si, la stella più luminosa-.
 
Sorrido, intenerito dall’ingenuità e dalla spontaneità delle sue parole.
Strofino le mie mani sui suoi fianchi quando mi affianco al suo corpo.
Sente la mia presenza accanto a lei, così si allontana dal telescopio e mi lascia posare l’occhio sul punto in cui c’era il suo fino a due secondi fa.
Osservo attentamente e scorgo una moltitudine di punti bianchi ricoprire l’intero spazio ma una brilla più delle altre. Emana una luce bianca che predomina sul bagliore delle altre.
Ecco, quella è Queen.
 
-La vedi?-. Mi chiede flebilmente.
 
-Si-.
 
Ritorno ad avere una posizione rettilinea, guardando verso Queen e sembra essere felice e soddisfatta.
È bello pensare che Queen si diverte con poco, questo accresce l’idea di ragazza ingenua e dolce che ho di lei. E la cosa strana è che ciò mi piace. Mi piace tanto.
Abbassa lo sguardo a disagio.
Afferro la sua mano e la stringo alla mia. Alla mia stretta, alza lo sguardo su di me e mi guarda impacciata.
 
-Cosa devi fare adesso?-. Le domando.
 
Con la mano libera le accarezzo una guancia mentre la guardo impaziente di una sua risposta. Sussulta alle mie parole e alla mia carezza, trattenendo il respiro.
 
-Non lo so. Dimmelo tu-.
 
Sorrido. -Devi personalizzarti in quella stella. Sei tu la stella più luminosa, Queen. Non lasciare che gli altri non notino la tua luminosità-.
 
-Dovrò lavorarci su-. Dice e sembra essere quasi ironica.
 
-Ti aiuterò io-.
 
Stringe la mia mano, ricambiando la mia stretta. Mi sento la persona più felice del mondo in questo momento.
Vederla sorridente e vederla più a suo agio con me, mi fa stare bene. La sua presenza mi fa stare bene. Queen mi fa stare bene.
 
-Magari per adesso potremmo dividere la luminosità di quella stella-. Propone, abbassando lo sguardo ma sorridendo.
 
Le sue parole e la sua reazione fanno ridere anche me. Mi avvicino ancora di più al suo corpo, scendendo le mani sui suoi fianchi. A questo punto ne posiziono una alla fine della sua schiena, stringendola a me verso il bacino.
 
-Quindi abbiamo una stella in comune?-. Scherzo.
 
Sorride. -A quanto pare si. Brilliamo insieme-.
 
Sussulto alle sue parole e per la prima volta è lei a lasciarmi di stucco e a farmi sentire i brividi alla schiena. Non avrei mai pensato mi dicesse una frase così…così intensa.
Il suo sguardo si abbassa lentamente quando nota la mia espressione meravigliata. Prima che abbassi del tutto la testa, blocco il suo movimento con l’indice e faccio in modo che mi guardi di nuovo dritto negli occhi.
 
-Brilliamo insieme, allora-.
 
Sussurro prima di posare le mie labbra sulla sua guancia. Non è un bacio, è solo una carezza e quando mi sto spostando lentamente sulla sua bocca, allontana il suo viso dal mio.
Mi guarda dispiaciuta e perplessa al tempo stesso mentre io mi limito a far scendere le mie mani sui suoi fianchi.
 
-Possiamo semplicemente abbracciarci?-.
 
Mi ha davvero chiesto una cosa del genere?
Sorrido alle sue parole così timorose e discrete e anche per la sua ingenuità. Mi fa quasi tenerezza così senza pensarci due volte avvolgo le mie braccia attorno al suo piccolo corpo e la stringo forte al mio petto.
Sento le sue braccia stringere man mano il mio punto vita e fare una lieve pressione quando completa l’intero giro.
Strofino le mani sulla sua schiena per poi lasciare un bacio sui suoi capelli. Rabbrividisce, posizionandosi meglio tra le mie braccia.
Posa completamente la testa sul mio petto e si lascia completamente andare nell’involucro che il mio corpo funge ad essere per lei.
E’ questo ciò che farò da oggi in poi: sarò la sua corazza. La proteggerò da qualsiasi cosa.
L’abbraccio dura parecchi minuti ma io resterei in quella posizione per sempre. Mi sento così bene.
 
-Justin-.
 
Afferro il suo viso tra le mani e lo allontano di qualche centimetro dal mio corpo per vederla chiaramente in faccia.
Ha le guance arrossate e i capelli arruffati per via della mia stretta sul suo corpo ed è adorabile.
Le sistemo una ciocca di capelli dietro l’orecchio prima di rivolgerle completamente l’attenzione.
 
-Ti fa ancora male la caviglia?-. Chiede premurosamente.
 
Roteo gli occhi al cielo, sorridendo lievemente.
Non pensavo si preoccupasse così tanto di una cosa così inutile.
 
-E’ la terza volta che me lo chiedi in tre ore-. Rido. -Non mi fa male, credimi-. Le accarezzo le guance con i pollici.
 
-Non posso crederti se continui a camminare come…-.
 
-Come?-. La guardo torva ma in modo simpatico e ironico.
 
-Come se ti facesse male la caviglia!-.
 
Rido, seguita a ruota da lei. Fermo i miei movimenti con le dita e mantengo gli occhi sul suo viso.
 
-Sto bene, Queen. Mi pizzica solamente la legatura ma non è niente di molto doloroso-.
 
Sgrana gli occhi, allarmata. -La legatura?-.
 
-Oddio, Queen. Sto bene. Non preoccuparti-.
 
Ci pensa su qualche secondo.
Inizialmente sembra essere eccessivamente preoccupata per lo stato della mia caviglia ma dopo un po’ i suoi lineamenti si rilassano anche se non del tutto.
Sospira rassegnata, afferrando i miei gomiti.
 
-Lascia almeno che ti dia un’occhiata-.
 
-Hai già visto che c’è un livido ma sappi che non mi fa eccessivamente male. Devi credermi-.
 
Sbuffa. -Posso almeno spalmarti della pomata?-.
 
Aggrotto le sopracciglia, confuso.
Si porta creme e pomate appresso? Questo è strano.
 
-Perché hai della pomata con te?-. Le domando stranito.
 
Sembra essere presa alla sprovvista dalle mie parole così sussulta spaesata. Bofonchia qualcosa di incomprensibile prima di articolare la sua risposta.
 
-Da quando mio cugino mi ha procurato questi lividi…-. Indica le macchie violacee sul suo viso. -…Mamma mi ha munito di questa roba e…anche se emana odore sgradevole, è ottima ed efficace-.
 
Elaboro le sue parole prima di annuire incerto.
 
-Oh…d’accordo-.
 
Mi siedo sul pavimento gelido del terrazzo e lei fa lo stesso.
Sfilo la scarpa e tolgo il calzino bianco per poi alzare la piega dei jeans. Queen invece caccia fuori dalla sua borsa un campione di pomata che ha un’etichetta verde e gialla. Sfila il tappo e la spreme, facendo uscire del liquido denso sulle sue dita. Quando ottiene la quantità necessaria di crema, la posa sulla mia caviglia nuda e inizia a spalmarla.
Il suo tocco è delicato e lento, mi rilassa e mi arreca piacere.
La osservo mentre è concentrata con lo sguardo rivolto verso il basso sulla mia caviglia. È assorta completamente nello spalmare la crema ed è tremendamente tenera. Bella.  
 
-Sei brava. Potresti essere una massaggiatrice-. Dico ironicamente.
 
Sorride alle mie parole, trasalendo dai suoi pensieri.
Chissà a cosa stava pensando.
Continua a massaggiare il punto da me indicatole qualche minuto fa, invadendomi di godimento.
Mi sento rilassato sotto il suo tocco e questo suo movimento sta assopendo il mio dolore alla caviglia.
 
-Va già meglio-. La informo.
 
Sorride nuovamente, facendo gioire anche me.
Ad un tratto alza un braccio e col gomito tenta di spostare una ciocca di capelli dai suoi occhi. Ma non ci riesce poiché ha le mani imbrattate di crema e logicamente non vuole sporcare i suoi capelli.
Notando la sua difficoltà, allungo una mano verso di lei e posiziono quella ciocca di capelli ribelle dietro il suo orecchio.
Alza lo sguardo verso di me e mi sorride in segno di riconoscenza.
 
-E’ strano che tu mi stia massaggiando un piede alle undici e mezzo di sera, su un terrazzo di un ristorante dal quale siamo stati cacciati qualche giorno fa-. Constato improvvisamente.
 
La sua attenzione ricade nuovamente sul mio viso e quando incontro i suoi occhi, mi sento in paradiso.
 
 
-Non è strano se tu non omettessi di aver preso una storta-.
 
Divertito, alzo le mani al cielo. -Colpa mia-.
 
Ride ingentemente, accasciandosi verso la mia caviglia.
Osservo il suo sorriso e per l’ennesima volta posso affermare che è il più bello che abbia mai visto.
Dopo un po’, guarda l’orologio al mio polso e nota che sono quasi le dodici in punto.
Sgrana gli occhi e strofina le sue mani una contro l’altra per liberarsi della crema.
 
-Devo ritornare a casa-. Afferma prontamente, alzandosi in piedi.
 
-Oh, d’accordo-. Dico dispiaciuto, preso alla sprovvista.
 
Rinfilo nuovamente il calzino e la scarpa per poi alzarmi in piedi. Noto con grande stupore che dopo il massaggio di Queen, mi sento davvero meglio e riesco a camminare senza zoppicare.
Scendiamo le scale a passo moderato per poi raggiungere l’auto.
Ci sono ancora dei clienti al ristorante e noi tentiamo in tutti i modi di non farci notare, soprattutto per non rischiare che i camerieri ci riconoscano.
Dopo aver attraversato a gattoni la zona per arrivare alla macchina, -il tragitto era proprio lungo le finestre del ristorante-, entrambi ridiamo a crepapelle buttandoci a peso morto sui sedili della macchina che ho aperto precedentemente.
Metto in moto e sfrecciamo verso casa di Queen.
Il tragitto in auto è molto silenzioso anche perché la velocità con cui sto guidando, impaurisce Queen. Ma se deve arrivare in tempo a casa per mezzanotte, deve scacciare via questa paura. Mi ha detto qualche giorno fa che i suoi genitori sono molto severi sul rispetto del coprifuoco, così non voglio che si becchi una sgridata a causa mia.
Dopo qualche minuto arrivo fuori casa di Queen e parcheggio al solito posto.
 
-Allora ci vediamo domani-. Mi volto verso di lei, sorridendole.
 
-A domani-.
 
Apre la porta e sta per scendere dalla macchina quando improvvisamente si ferma. Esita prima di voltarsi verso di me e imbarazza mi stampa un bacio sulla guancia.
Mi ci vuole un po’ prima di afferrare cos’è appena successo e quando metabolizzo l’accaduto, Queen è già sulla soglia di casa sua.
Sorrido tra me e me e mi allontano con l’auto quando la vedo scomparire dietro la porta.
 
 
 
 
 
 
Spero vivamente che questo capitolo vi
sia piaciuto e che troviate il tempo per recensire e
lasciarmi la vostra opinione, sia essa positiva o negativa!
Continuo dopo almeno sei recensioni!
Un bacio, notperfect xx 

   
 
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