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Autore: Lechatvert    22/06/2013    5 recensioni
[ ... ] Si ritrovò ad accarezzare quella figura dipinta, pensando che, forse, non si era mai reso veramente conto di quanto quel viso fosse armonioso, di quanto quel sorriso fosse luminoso ed esattamente ingenuo come lo era stato in gioventù.
Quella smorfia felice che affiorava sulle sue labbra, scatenata anche da una sola parola, aveva passato più guerre di un condottiero.

| In qualche modo, Girolamo Riario x OC |
Genere: Angst, Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Girolamo Riario, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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- Questa storia fa parte della serie 'Per questo, più o meno, la chiamavano Papavero.'
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Lechatvert
L'avete chiesta ed ebbene, ora l'avete! In una veste un poco diversa da ciò che mi aspettavo, ma ora è qui!
Ringrazio infinitamente Chemical Lady, che mi ha spinta in un progetto che non pensavo di poter iniziare e che mi ha dato spunto per una storia decente. Grazie <3
Detto questo, non mi resta che augurarvi buona lettura.
Un bacio!<3





Capitolo Primo
Firenze a volo d'uccello



La brezza mattutina della campagna la destò dal pacato sonno in cui era caduta la sera prima, insinuandosi con grazia dalle finestre aperte di Palazzo Rangoni. Era una giornata mite di metà primavera e il tempo si preannunciava ottimo per una passeggiata nella corte dove, peraltro, le serve avevano cominciato ad ammucchiare le sedie del salone per pulirlo a fondo in vista di chissà quale ricorrenza.
Bianca Maria aprì pigramente un occhio, scalciando via le lenzuola dalla sua schiena nuda, e con un soffio si liberò la vista da un ciuffo di capelli rossi.
« Buongiorno, Madonna Ordelaffi », la salutò la voce allegra della serva alle sue spalle. « Avete dormito bene? »
Bianca le scoccò un’occhiata assonnata.
Era la serva che solitamente portava la biancheria pulita e si preoccupava di rifare i letti e cambiare le lenzuola.
« Buongiorno a te, Angela », le disse, cordiale. « Mio marito è già partito? »
La serva scosse il capo, prelevando dall’armadio una veste color acquamarina.
« Ha detto di volervi aspettare, Madonna ».
« Meno male ».
Si vestì con calma, facendosi pettinare con minuzia i lunghi riccioli rossi che negli anni avevano continuato a divenire sempre più folti.
« È una magnifica giornata, non trovi? », disse, guardando fuori dalla finestra la campagna stagliarsi verso l’azzurro del cielo terso di nubi.
La serva annuì.
« Avete ragione ».
Spese ancora qualche minuto ad aggiustarsi il trucco leggero e poi scese nel salone, certa di trovarvi suo marito intento a fare ciò che amava di più: leggere. Lo sorprese infatti immerso nella lettura di una copia del Decamerone, spaparanzato su un divanetto della corte interna.
« Buongiorno, mio signore! », lo chiamò, uscendo all’aperto.
Lui, concedendosi un momento di distrazione dalla lettura, alzò il naso dalle pagine per rivolgerle un educato cenno del capo.
« Buongiorno a voi, Bianca ».
Ezio Rangoni era la persona più buona che Bianca conoscesse. Le loro erano state nozze organizzate dai genitori in fretta e furia, talmente in fretta che non avevano avuto il tempo di cercare uno sposo e avevano ripiegato sul figlio di alcuni cugini che aveva ereditato una lingua di terra a nord di Firenze.
Malgrado non si conoscessero, avevano imparato subito ad apprezzare l’uno la compagnia dell’altra, per mezzo di qualche libro, qualche lirica. Ezio Rangoni suonava il clavicembalo per lei ogni sera, aveva persino composto delle odi in cui cantava la bellezza della sua sposa.
Era un uomo molto impegnato, eppure trovava sempre il tempo per farla felice.
« Siete stato molto gentile ad aspettare il mio risveglio », gli disse Bianca, accomodandosi accanto a lui sul divanetto. « Non dovevate prendervi tanto disturbo ».
Ezio le sorrise, prendendole le mani.
« Parto per Bologna, mia signora, il che vuol dire che non ci vedremo per qualche tempo. Non mi sarei mai perdonato di lasciarvi senza salutarvi a dovere ».
Era sempre così gentile, così premuroso nei suoi confronti.
Bianca ne era più che innamorata.
« Ho chiesto al Conte di Fontenera di accompagnarmi a Firenze, quest’oggi ».
Ezio annuì.
« Sì, me ne aveva accennato », confermò. « Siete sicura di non voler aspettare il mio ritorno? Potremo passare qualche giorno là, prima che arrivi l’estate ».
Bianca scosse il capo.
« No, i Medici ci hanno invitati al banchetto di domani sera. Tengo molto ad andarvi ».
I Medici erano una famiglia un tempo molto vicina ai signori di Forlì, i suoi defunti genitori. Ora che la famiglia Ordelaffi era passata nelle mani di suo fratello maggiore, Bianca voleva continuare a mantenere quel rapporto d’amicizia che si era creato negli anni.
Ezio parve capire.
Sul suo viso si dipinse un piccolo sorriso e, quando si alzò per raggiungere i suoi bagagli ammassati davanti al portone, non mancò di baciare la fronte della moglie.
« Ci rivedremo presto, mia signora », la rassicurò. « Vi scriverò una lettera al giorno ».
Bianca ricambiò il sorriso.
« Sarà mia premura rispondervi », rispose.
Lasciò che suo marito si allontanasse con il passo spedito e sicuro di un vero signore, prima di balzare in piedi e raggiungerlo frettolosamente.
« Marito! », lo chiamò, una volta arrivata alle sue spalle.
Lui la guardò, sorpreso.
« Il Decamerone », spiegò lei. « La copia che state leggendo, è mia! »
« Vorrà dire che mi ricorderà di voi mentre sarò via! Ah, Conte! È arrivato giusto in tempo! »
Bianca si sforzò di guardare oltre le spalle larghe del marito, verso il portone spalancato, dove una figura minuta stava arrancando tra l’erba per raggiungere i due.
Il Conte di Fontenera era un giovane dall’aspetto eccentrico ma sveglio e spesso prestava alcuni servigi ad Ezio come consigliere. Nonostante la sua età, era dotato di una saggezza immensa.
« Buongiorno, Messer Rangoni », salutò, cortese. « Madonna Ordelaffi, ogni giorno che passa vi rende più bella ».
« Mi raccomando, Conte! Siete la persona di cui più mi fido, vi consegno mia moglie ma la rivoglio indietro così come l’ho lasciata! »
Bianca trovava affascinante come suo marito riuscisse sempre ad essere di buonumore. Riusciva a tirarla su di morale anche nelle giornate più tempestose, anche quando tutto sembrava andare male. Al funerale dei suoi genitori, morti l’uno a pochi anni di distanza dall’altro, era stato l’unico a stare realmente vicino a lei e ai suoi fratelli.
Non ascoltò la conversazione dei due, concentrandosi sul luminoso paesaggio che la circondava. Sebbene quelle terre le piacessero molto più di Forlì, non stava più nella pelle all’idea di recarsi a Firenze, tra i suoi mercati, le sue botteghe, le sue feste. Vi era stata lontana anche troppo a lungo, e la frenesia della vita di città cominciava a mancarle.
Salutato suo marito, constatato con tristezza che sarebbero passate almeno tre settimane prima del loro prossimo incontro, non le restò che organizzarsi con il Conte per partire il prima possibile.
« Madonna Ordelaffi, non affrettatevi », le disse, quando la vide montare in carrozza in tutta fretta. « La strada per Firenze non è di certo corta. Sono sicuro che può aspettare ancora il tempo necessario che serve a una signora per rinfrescarsi ».
Lei, invece, era di tutt’altro avviso.
« Mi rinfrescherò una volta arrivati, Conte! », rispose, raggiante. « Ora andiamo, prima che venga mezzogiorno! »


* * *


La campana di una chiesa vicina batté il mezzodì, destando Girolamo Riario dal frenetico pensare che aveva avuto da quando, all’alba, era partito da Roma a cavallo per raggiungere la corte dei Medici e portare il nome del Santo Padre.
Sei ore di incessante cavalcare e pensare avevano finito per sfinirlo, ma la strada per giungere a Firenze era ancora molta e Riario non era certo tipo da assopirsi durante una missione tanto importante.
Si asciugò quindi una lacrima caduta nell’angolo dell’occhio destro e, soffocando uno sbadiglio, spronò il cavallo verso il sentiero che costeggiava la strada.
« Muoviamoci! » gridò, diretto a un seguito più sfiancato di lui. « Firenze non ci aspetterà di certo tutto il giorno! »
Si era portato dietro poche guardie papali, per lo più mercenari svizzeri, in modo da non dare nell’occhio e poter agire indisturbato. Pochi ma buoni, come aveva detto lui stesso, anche se sull’ultimo aggettivo usato, in quel momento, aveva qualcosa da ridire.
Spossato, osservò il paesaggio in lontananza diventare sinuoso sulle campagne toscane. Non dovevano mancare più di un paio d’ore.
Involontariamente, si lasciò scappare un sorriso.
Il Santo Padre sarebbe stato fiero del suo operato, non aveva dubbi. Dopotutto, c’era la mano del Signore a guidarlo. Non avrebbe fallito.
« Andiamo! », gridò, ancora, stavolta più forte e accelerando l’andatura del suo destriero. « Roma non vi paga per rallentare i progetti di Dio! »
E detto questo si lanciò al galoppo sul sentiero, improvvisamente irrequieto circa il suo arrivo in città. C’era una strana calma, su quelle colline.
Sperò con tutto il cuore che non si trattasse del tipo di calma che di solito causa complicazioni.


   
 
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