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Autore: DarkElectra    06/01/2008    6 recensioni
Lasciami fuori con la spazzatura,
questo comportamento non è da me.
E' il tipo di posto sbagliato,
per pensare ancora a te.
E' il momento sbagliato,
c'è qualcuno di nuovo...
E' un piccolo crimine,
ed io non ho scuse.
E va tutto bene, vero?
Abbiamo dato via la pistola quando era carica
E va tutto bene, vero? Per te...
[Damien Rice - 9 Crimes]
-- Peggio delle menzogne,ci sono solo le verità nascoste, negate e dimenticate. Queste sono di gran lunga peggiori delle prime, perchè quando crolla la maschera dell'oblio gli effetti sono del tutto imprevedibili, ed anche i fiori possono finire nel fango, anche i gigli possono perdere la loro purezza. --
Genere: Introspettivo, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Lily Evans, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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I fiori nel fango

I fiori nel fango[*]

Lasciami fuori con la spazzatura,

questo comportamento non è da me…

E’ il tipo di posto sbagliato, per pensare ancora a te

E’ il momento sbagliato, c’è qualcuno di nuovo

E’ un piccolo crimine, ed io non ho scuse;

e va tutto bene, vero?

Abbiamo dato via la pistola quando era carica,

e va tutto bene, vero?Per te…

(Damien Rice – 9 Crimes)

Pt. 1: Can’t Wash It All Away[**]

Sono così stanca di stare qui,

oppressa da tutte le mie paure infantili…

E se devi andartene,

vorrei che te ne andassi e basta,

perché la tua presenza indugia qui

e non vuole lasciarmi sola…

(Evanescence – My Immortal)[***]

“Tesoro, mi raccomando, non far tardi!”

“Tranquilla mamma, tornerò in orario…e non abbandonerò il sentiero né mi fermerò a parlare con gli sconosciuti...”

Lily Evans strizzò l’occhio a sua madre, le diede un bacio sulla guancia e uscì di gran carriera. Il sole estivo le baciò il volto e rimase intrappolato tra i suoi capelli, legati in una coda alta sulla nuca. Lily si stiracchiò, godendosi l’aria tiepida e limpida. Che giornata magnifica. La giornata perfetta per celebrare la fine…beh, esattamente non sapeva di cosa. Della sua infanzia, forse, molto alla lontana. Mancava una settimana, solo una settimana al suo matrimonio. Lily aveva espresso a James il desiderio di passare qualche giorno da sola a casa dei suoi genitori, cosa che lui aveva appoggiato pienamente, ma quel periodo era ormai finito e quella sera, alle sette in punto, James sarebbe venuto a prenderla per riportarla a Londra, dove convivevano da due mesi e dove si sarebbero sposati. Come minimo, quel giorno era l’ultimo che la signorina Lily Evans avrebbe passato nella sua vecchia casa. E Lily aveva deciso di doverlo trascorrere in maniera particolare, anche se non aveva un piano preciso. Sapeva solo che voleva uscire di casa, e stare un po’ con se stessa. E questo, apparentemente, aveva mandato sua madre in fibrillazione. Da quando le aveva comunicato le sue intenzioni, la donna aveva potuto ripeterle non meno di una trentina di volte di non arrivare tardi, di essere a casa entro e non oltre le sette, per carità. La scusa era che non sarebbe stato carino far aspettare James. La verità, pura e semplice, era invece che alle sette e mezza sarebbe arrivato per cena Vernon, il grasso, maleducato, ottuso fidanzato di Petunia, e Petunia non voleva assolutamente che Vernon e James si incontrassero. La loro madre, povera donna, cercava di salvaguardare la pace in casa. Aveva anche cercato, molto discretamente, di persuadere la figlia minore a rimanere a casa, ma Lily era stata irremovibile: sarebbe tornata sì prima delle sette, ma aveva deciso che quel giorno era speciale, e andava festeggiato. Lily amava profondamente quel genere di cose: compleanni, onomastici, anniversari…momenti che dessero un senso al tempo, insomma.

Mentre toglieva il lucchetto dalla bicicletta, le balenò l’idea di fare un giro del paese, di visitare tutti i posti che per lei avevano significato qualcosa e salutarli. Sì, era una buona idea. Lily saltò in sella e iniziò a pedalare di buona lena, la gonna a fiori che fluttuava sinuosamente poco sopra il ginocchio.

Passò velocemente di strada in strada, riconoscendo di tanto in tanto qualche posto che ricordava dalla sua infanzia, ma senza particolare interesse…sentiva di star cercando qualcos’altro, qualcosa di più speciale.

Sfrecciò così lungo Hawthorn Boulevard, curandosi poco dei bei negozi d’abbigliamento Babbano che l’avevano tanto attirata da bambina, quando ce la portava Petunia, ma rallentò davanti alla sua vecchia scuola elementare, salutando con la mano le imponenti mura, riverniciate di fresco. Svoltò poi in MayFlower Lane, la strada che più aveva amato da ragazzina: il grande negozio di giocattoli del signor McCallister, meta obbligata della Vigilia di Natale, era sparito, sostituito da un anonimo negozio di elettrodomestici, ma il Bar dei Tigli era ancora là, amichevole e familiare. Lily ricordava i pomeriggi passati lì con sua sorella e sua madre a trangugiare gelati, e il proprietario le regalava sempre un sacchetto di caramelle gommose: “un premio per gli occhioni più belli della città” diceva, orgoglioso come un nonno. Lily sorrise, quasi commossa, e considerò di fermarsi a prendere qualcosa: alla fine decise di no, tutto sommato sarebbe stato imbarazzante, e poi aveva voglia di continuare a muoversi…c’era una specie forza che la tirava, una voglia imprecisata di qualcosa che era lì, molto vicino, ma comunque altrove.

Riprese quindi a pedalare, un po’ più speditamente, godendosi la sensazione della brezza fresca sul volto. In poco tempo fu lontana dal centro cittadino, e iniziò a percorrere i deserti vialetti alberati dai quali si poteva già scorgere, nera e svettante contro il cielo, l’enorme ciminiera di Spinner’s End. La ragazza non la curò di alcuna attenzione, concentrandosi invece sul paesaggio, attenta a ogni strada che apparisse familiare…era all’incirca cosciente di star girando intorno a un’idea piuttosto precisa, una che non voleva rivelare nemmeno a se stessa, a quanto pareva…non se ne curò, e continuò invece il suo giro, canticchiando un motivetto famoso.

Si fermò la prima volta all’angolo di Lavender Avenue, al vecchio pioppo da cui a sette anni aveva salvato un gattino. Nessuno, nemmeno lei, aveva capito lì per lì come fosse riuscita a salirci e recuperare il micio. Lily rise, guardando ora l’albero come fosse un vecchio amico: col senno di poi, quella era stata probabilmente la prima volta che aveva usato la magia.

Rimontando in sella, considerò che forse sarebbe stato meglio non essersi fermata: i muscoli delle gambe erano troppo in tensione, la breve sosta li aveva raffreddati di colpo, e adesso faticavano a riprendere il ritmo. Iniziava a sentire anche una leggera fitta all’altezza del polpaccio, così decise che fosse ora di tornare a casa…dopotutto, qualsiasi cosa stesse cercando, pareva chiaro che non l’avrebbe trovata lì. Senza pensarci svoltò a sinistra, prendendo quella che a rigor di memoria era la via più diretta per casa sua, pedalando senza fretta, per non sforzare i muscoli doloranti. Quella strada aveva un aspetto del tutto desolato: Lily superò cercando di non guardarle nemmeno una schiera di vecchie villette scrostate e dalle finestre cieche, un chiosco da giornalaio distrutto e pieno di graffiti, un parco giochi abbandonato…inchiodò di botto. Nonostante il suo buonsenso e i suoi muscoli le gridassero all’unisono –anche se per ragioni diverse- di assolutamente continuare verso casa, non poté fare altro che tornare indietro, e fermarsi a fissare le vecchie altalene arrugginite, totalmente ipnotizzata. Quel posto era così cambiato, da quando era bambina…Era stato un posto discretamente tranquillo e allegro, un tempo, una delle mete preferite nei pomeriggi delle sorelle Evans: adesso, a malapena riusciva a riconoscerlo. Smontò dalla bici, scavalcò la recinzione arrugginita e si avviò verso le altalene, in una sorta di trance, senza quasi notare la polvere sabbiosa del recinto che le entrava nei sandali, pizzicandole i piedi. Non poteva credere che fosse lo stesso posto di quando era ragazzina. Si sedette, allacciando le braccia alle corde logore dell’altalena, improvvisamente preda di nostalgia e rammarico: le faceva male al cuore vedere quel posto che tanto aveva significato per lei, dove aveva passato tante ore felici, dove…beh, dove aveva scoperto di essere una strega…così desolato, così logoro e dimenticato.

Calciò un po’ di sabbia con la punta della scarpa, a malapena cosciente dei suoi gesti, incredibilmente intristita.

Il parco non è l’unica cosa di quel periodo ad essersi logorata e che rimpiangi, non è vero?

Sua Maestà la Realtà dei Fatti la rincorreva con voce suadente e fredda nella sua mente, dove non poteva nascondersi, né rifiutarsi di guardarla. Lily scosse la testa, cercando di zittire quella voce fastidiosa. Sollevò finalmente lo sguardo dai propri piedi e si ritrovò a fissare un gruppo di vecchi cespugli raggrinziti e secchi. Per un assurdo istante sperò di veder spuntare oltre essi un ragazzino dal viso affilato e pallido, vestito di abiti troppo grandi per la sua statura, e un attimo dopo aveva chinato il capo, lottando furiosamente contro le lacrime che, non invitate, le premevano forte agli angoli degli occhi.

Era questo, dunque. Giù la maschera, signorina Evans. Aveva voluto ricordare, ed era arrivata a doverci fare i conti. Era vero, il parco non era l’unica, e assolutamente non la più importante, delle…cose…di quel periodo che si erano perse, rovinate, e di cui sentiva la mancanza, la maledetta mancanza. Aveva cercato di non pensarci, si era sforzata di dimenticare, per tutto quel tempo, per tutti quegli anni…era stata brava, oh sì, molto brava: aveva tenuto il ritmo, non s’era fatta raggiungere dal rimorso, era sgattaiolata ogni volta, protetta da nuovi affetti, da nuovi interessi. Si era sentita sicura. E adesso, adesso che sarebbe dovuto essere tutto nell’oblio, adesso che non si vedevano da tre anni, adesso che era il giorno meno opportuno, adesso, le tornava tutto in mente.

Oh beh, ovviamente” pensò, in un improvviso moto di stizza. Aveva sempre avuto un’abilità particolare nello scegliere il momento meno opportuno per parlare e la cosa meno opportuna da dire, lui. Era naturale che anche il suo ricordo decidesse di rifarsi vivo in quella precisa, sconvenientissima data. Ed era naturale che un attimo prima lei stesse piangendo, piangendo per lui, e che un attimo dopo fosse decisamente incavolata, ancora con lui. Sempre stato così, dopotutto, tra loro. Si asciugò gli occhi col dorso della mano, lottando per rimpossessarsi di quello strato fondamentale di rabbia che l’aveva difesa e trattenuta in tutti quegli anni. Non ci riuscì del tutto, ma tanto quanto bastò a restituirle un minimo di vigore: si alzò dall’altalena, scrollandosi la polvere dalla gonna con aria risoluta. Adesso non aveva più voglia di tornare a casa. Certo, la tentazione di correre a rifugiarsi lontano dai ricordi tra le mura domestiche era forte, ma Lily si conosceva troppo bene per cedervi. Rientrare adesso avrebbe significato rintanarsi in camera sua, nella disperata attesa dell’arrivo di James, mentre i ricordi di quel tempo, gli spettri di lui, di lei, di quel che erano (o piuttosto che non erano) stati insieme le avrebbero divorato il cervello, sbranandolo pezzo a pezzo. Invece, avrebbe ripreso la bicicletta e avrebbe continuato il suo giro, e avrebbe lavato via il ricordo di lui dai suoi pensieri. Sì, era un buon piano. Poteva farcela.

Ma già mentre si dirigeva verso la bici non poté fare a meno di deviare verso i cespugli secchi, accovacciandosi accanto alle radici sporgenti. Aveva piovuto di recente, e il terreno sotto i rami era ancora tutto limaccioso. Raccolse dal fango un piccolo fiore, rattrappito e nerastro, e lo tenne stretto nel palmo alcuni secondi. Era sembrato così facile, così naturale, da bambina…adesso dovette fare appello a tutta la propria concentrazione. Ma quando riaprì la mano, un fiorellino di un lilla accecante salutò il suo sguardo. Oltre i petali, un accenno di stelo con sottilissime radici le si attorcigliava tra le dita, pulsando e crescendo impercettibilmente. Composta e intenta, con un sorriso umido di lacrime sulle labbra, Lily scavò due dita di terreno umido, e vi piantò il suo fiore, felice di vederlo star dritto sullo stelo.

Rimase alcuni istanti, che avrebbero potuto essere alcune ore, inginocchiata lì a contemplarlo, seria e concentrata come una religiosa di fronte a una reliquia.

Poi, asciugandosi per la seconda volta le lacrime con la manica, Lily concluse la sua piccola celebrazione, si alzò e raggiunse la bicicletta cercando di tenere il passo fermo.

Si voltò un’ultima volta verso i cespugli: tirando un lungo respiro, disse addio al fiore, sperando di lasciare legato ad esso il ricordo di loro due bambini, di quello che avevano deciso di perdere per sempre.

Montando in sella, pensò di essere ancora in tempo per ricominciare quella giornata.

Rimettendosi sulla strada, credette scioccamente che quel piccolo pegno floreale avrebbe pagato i conti in sospeso tra loro.

*
*
*

Se vi è piaciuto almeno un po’ questo capitolo,

Vorrei che vi uniste a me nel ringraziare di cuore

La mia specialissima Clara

Senza il cui paziente lavoro di betaggio

(e di supporto psicologico all’autrice)

non avreste mai potuto legger questa storia.

Quindi,

…Grazie Clara!

*

*

*

[*] il titolo è liberamente ispirato a un verso della canzone “loose control” degli Evanescence, anche se lì in realtà i fiori finiscono nella polvere, non nel fango…

[**] altrettanto liberamente ispirato dalla canzone “Understanding”, sempre degli Evanescence.

[***] Sì, a Amy Lee dovrei farle una statua, lo so.

**Appuntamento a Domenica prossima per il secondo capitolo!!**

non mancate e ricordatevi di

RECENSIRE!!

(a voi porta via un minuto, a me davvero risolve una giornata)

  
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