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Autore: FALLEN99    22/06/2013    1 recensioni
secondo capitolo della saga di POISON.
Ginevra è costretta così a partire, lasciando in Italia la sua famiglia e i ricordi brucianti della relazione che ha vissuto con Stefano. Quando la nave che la porterà in Grecia salpa dal porto una nostalgia indescrivibile le stringe il cuore, perché né Stefano né Micaela sono autorizzati ad accompagnarla. Ginevra si ritrova in una nuova scuola, dove gli studenti sono demoni pentiti in cerca di redenzione e a cui viene insegnato come usare beneficamente i propri poteri. Anche Ginevra ha dentro di sé un demone, e per tanto sarà addestrata ad usare i poteri che Lucifero possiede. Ma il viaggio verso il raggiungimento del controllo di Lucifero sarà tortuoso e non facile, e la ragazza sarà aiutata da due studenti a dir poco particolari: Paul, un demone pentito che le si avvicinerà molto e farà vacillare l’amore per Stefano e Lucia, un’amica angelica capace di estirparle di dosso le preoccupazioni. Ma nulla è mai ciò che sembra, e la gente che la sta’ intorno cela intrighi e identità nascoste. Ginevra si ritrova in pericolo nel posto più protetto del mondo, e oltre alla sua vita, si ritroverà a salvare il suo amore.
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Poison saga'
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II:

Amore e dannazione

 

L’aria calda smuoveva le ciocche nere di Ginevra, che sembravano lunghe piume di corvo che si libravano nel cielo scuro, assoggettato alle brame del buio. Le stelle splendevano fiocamente, pepite d’oro adagiate sul manto del firmamento, e lanciavano riflessi soffusi sui tetti alti degli edifici. Ginevra sedeva sul tetto di casa sua; le ginocchia al seno, le braccia incrociate e gli occhi persi nel buio, che la osservava a sua volta, cercando di capire quale stato d’anima la affliggesse. La parola per descriverla era: persa. Perché perso era il suo animo, il suo sguardo, la sua mente, che cercava invano di capire il perché la vita delle persone che le stavano accanto doveva spegnersi come il debole fuoco di una candela, succube di un forte vento funesto. Il Destino.

Doveva succede ogni volta. In ogni vita, e proprio alle persone che aveva più vicine, che condividevano la sua quotidianità ed il suo cuore. E Ginevra era stanca di dover vivere una vita che non era la sua, ma quella di una ragazza che secoli prima era stata così stupida da accettare un patto con gli angeli, creature pure e celesti, ma che l’aveva ingannata relegando dentro la sua essenza Lucifero, che si rincarnava con lei ad ogni sua morte, e che era la sua costante parte oscura e misteriosa. La sua eterna condanna. La sua immortale maledizione.

Due lacrime gemelle le solcarono le gote , ma la ragazza non se ne accorse, tanto era persa, rassegnata al tempo che avanzava come un predatore ed insabbiava la sua vita nella continua disperazione. La consapevolezza che in quella vita sarebbe morta e non sarebbe più rinata non le era certo d’aiuto, come se ora fosse cosciente che era giunta al capolinea, da cui non si tornava più indietro. Si stava sempre più avvicinando alla battaglia finale, quella che avrebbe visto vincitrice una delle due fazioni nemiche che reclamavano il suo potere. O meglio, il potere che Lucifero, il suo simpatico coinquilino, possedeva. Era così frustrante sapere di non interessare a nessuno se non per la forza distruttrice e apocalittica che costudiva da secoli inconsapevolmente. Per tutti era un’oggetto, la carta vincente per arrivare alla vittoria di un gioco di potere perverso e maledetto, iniziato da quando Dio aveva creato il mondo come lo conosciamo.

Due nemici. Due stirpi. Due giocatori che muovevano senza scrupolo pedine chiamate persone e sacrificandole senza pietà solo per arrivare alla casella della vincita, dove il loro padre li avrebbe premiati. Ginevra scosse la testa, i capelli morbidi le ricaddero sulla schiena come una cascata d’ebano. Era assurdo pensare che Dio, che le avevano sempre descritto come il salvatore di ogni cosa, padre del bene e della felicità, avesse creato quel gioco e quei giocatori assetati di potere.

I singhiozzi cominciarono a scuoterla quando capì di essere solo una pedina, come lo era stata Rebecca, con la sola differenza che sua nonna aveva pagato le conseguenze che avrebbe dovuto pagare lei, l’unica persona che meritasse tutto il male del mondo, dato lo spirito sadico che occupava parte di lei.

Si appoggiò con la schiena alla struttura esterna del camino, che non doveva funzionare da quando aveva quattro anni. La brezze di inizio estate le accarezzò la pelle, e Ginevra chiuse gli occhi, immaginando che ad accarezzarla fossero le dita di sua nonna, calde e confortevoli come quelle di nessun altro. Sentì un fruscio provenire dalla strada, ma lo ignorò, abbandonandosi alle carezze del vento, che le inebriavano la pelle come balsamo. immaginò la nonna, vestita con un abito di luce bianca e i capelli intrecciati da una ghirlanda di camelie bianche, i suoi fiori preferiti, venirle incontro con un sorriso rassicurante sul volto e porgerle una mano per andare via con lei, evadere da quella realtà che della sua vita si era presa anche troppo. Tese la mano, cercando quella invisibile della nonna, ma quando si stavano per toccare la figura di Rebecca sfumò, come coperta da un manto d’oscurità. Ginevra cominciò a piangere. L’aveva persa. Ancora.

Ripensò all’oscurità, a come sei mesi prima la considerasse la sua unica amica, e di come aveva scoperto essere tutt’altro che quello. Era cattiva, e racchiudeva il bisogno di Lucifero di avvicinarsi a qualcosa che rispecchiasse la sua essenza per sentirsi anche solo di poco a casa. Da dove era venuto. Dall’Inferno.

Un brivido la riscosse, e quando aprì gli occhi trovò un volto a pochi centimetri dal suo. Era bello. Maledettamente bello. Il suo respiro caldo le inebriava il collo come una brezza tiepida, ed i suoi occhi scuri la divoravano con la voracità appartenente solo ai predatori che guardavano la propria preda. Perché quello erano Ginevra e Stefano. Preda e predatore. Antagonisti in una lotta che la ragazza sentiva di aver già perso in partenza.

«C-cosa ci fai qui…?» chiese Ginevra fissandolo negli occhi. Lui restò zitto, la luce della luna che illuminava il suo profilo come una lama di luce. Due ali da corvo gli spuntavano dalla schiena fendendo l’aria in verticale. Sembravano fatte d’ossidiana tanto erano lucide e scure.

«Che c’è? Non avrò forse il diritto di vedere la mia ragazza?» ribatté lui, evidenziando le ultime parole con un tono colmo di ammirazione e tenerezza. Lei si accigliò, come se il sentire di quelle parole l’avessero risvegliata dalla trance in cui era caduta.

«Sai, è la prima volta che mi chiami così…» disse in un soffio, la bocca di Stefano che sfiorava impercettibilmente la sua.

«E allora? C’è forse qualcosa di strano se chiamo le cose con il loro vero nome?»

Ginevra stette in silenzio qualche istante, poi rispose:

«No…ma è...»deglutì cercando di scacciare il nodo che le stringeva la gola.

«Cosa, Ginevra? Cos’è?» domandò con tono sibilante Stefano. La inchiodò con uno sguardo penetrante, e la ragazza sentì un macigno pesantissimo riempirle lo stomaco.

«Niente.» sussurrò: «Non è niente.» aggiunse con più decisione.

Lui si accigliò, avvicinandosi così tanto a lei da farle premere la schiena sul camino e da farle sentire ogni spigolo di mattone toccarle schiena.

«Ginevra, non mentirmi, ti prego. So capire quando uno mente e quando dice la verità, e lo sai bene. Tu più di chiunque altro» disse deciso.

Lei deglutì, ma il nodo non accennava a scomparire.

«Ti da fastidio che ti chiamo così? Non vuoi più stare con me, è forse questo, Ginevra?» intimò.

«No, non pensarlo nemmeno per scherzo. È solo che devo ancora abituarmici, tutto è stato così improvviso…così magico.» gli sorrise malinconica, e lui capì. Capì che non era in uno stato in cui poteva ragionare lucidamente, l’anima segnata fin troppo profondamente dal lutto della nonna, che le impediva di approcciarsi come prima alla realtà, e che vincolava la sua mente nelle spire dell’angoscia e della tristezza.  

«Davvero, non ti preoc…» non fece in tempo a finire la frase che lui le tappò la bocca con un bacio che lei ricambiò con passione e prontezza, come se lo aspettasse. Le loro lingue si intrecciarono in una danza passionale e sfrenata, mentre le braccia di Stefano le affondavano nella camicetta, come altrettanto stavano facendo quelle di Ginevra con la sua maglietta. Si baciarono con foga, le labbra non si staccavano nemmeno per un secondo, e le loro anime erano in comunicazione, unite dall’amore che legava i loro corpi indissolubilmente. Ginevra lo attirò co sé con veemenza; la maglietta di Stefano non copriva più il suo petto ma giaceva in un angolo dimenticato del tetto. La passione che li possedeva in quel momento era così forte che nessuno dei due aveva la forza di fermarsi, di separare le loro labbra nemmeno per un secondo. Perché il tempo allontana, mette muri inutili fra le persone, anche se si tratta di un attimo o di un’eternità, come nel loro caso. Come Ginevra avrebbe scoperto qualche mese più avanti.

Le mani di Stefano le slacciarono delicatamente il reggiseno, che le scivolò via come se fosse ricoperta di sapone. Il petto di lui premeva sul suo seno, quasi a coprirlo da ciò che gli stava attorno, come se Stefano volesse tenere la sua bellezza solo per sé.

Ginevra affondò le sue mani fra i suoi capelli, mentre lui faceva altrettanto con quelli lunghi e setosi di lei. L’essenza dannata di Stefano era ormai a pochi passi da quella pura di Ginevra, che lo aspettava con impazienza. Ma quando le loro essenze si stavano per toccare, da quella bianca di Ginevra cominciò ad emergerne un’altra, più scura e melmosa, chi si fuse a quella di Stefano senza preavviso. E fu in quel momento che successe. Un’aura nera e violacea si estese dalle spalle di Ginevra, fendendo l’aria verso l’alto come una lama affilata e traslucida che si muoveva sinuosa, mossa da un vento che però non c’era.

I due amanti si baciavano senza accorgersene, fino a quando una figura scura comparve sotto l’alone di luce di un lampione, appena di fianco alla casa di Ginevra. Era bella, i capelli rossi che le accarezzavano il volto come zampilli di sangue e gli occhi viola testimoniavano l’appartenenza alla sua stirpe. Indossava un giubbotto di pelle nero, che si abbinava con la minigonna che le sfiorava appena i fianchi. Guardò sadica le sagome di Stefano e Ginevra che si baciavano, non curanti del pericolo che stava venendo a strapparli dalla loro bolla di amore.

La donna, con uno scatto fulmineo, si portò sul cornicione, a pochi metri di distanza dai due amanti. Vi si sedette sopra, le gambe accavallate e la lingua che si leccava le labbra scarlatte.

Lanciò uno sguardo all’aura nera del suo padrone che l’aveva richiamata ad attaccare. Emanava una forza e malignità che Sandra avvertiva fin da quella distanza, e la eccitava, facendola percuotere da brividi gelidi che le si insinuavano sottopelle.

Schiuse la labbra e si apprestò a parlare. «Ma che bella coppietta, quasi mi commuovo da tanta passione emanate.» gracchiò.

All’udire di quella voce, Stefano si staccò da Ginevra con la paura che gli segnava il volto. Guardò la ragazza negli occhi per cercarle di comunicare il pericolo, ma lei sembrò non capirlo, troppo frastornata dal bacio che si erano appena scambiati con passione. Stefano non ebbe il tempo di voltarsi che Sandra agì. Con una risata sadica puntò il dito indice contro le ali di Stefano, che ben presto vennero tagliate da una lama traslucida e affilata, che le perforò in un istante, facendogli levare in grido di dolore.

Sandra gli si avvicinò lentamente, assaporando l’odore del sangue cremisi che gli colava da dove la lama era penetrata.

Stefano restò immobile dal dolore, gli arti paralizzati dal disgusto che era sentire il proprio sangue impregnargli le piume lucenti delle ali. Fissò Ginevra, a sua volta terrorizzata. Doveva salvarla. In fretta.

Con uno scatto fulmineo di voltò verso Sandra e aprì più che poté le ali per nascondere Ginevra. Sfidò la donna con lo sguardo.

«Cosa ci fai qui, demone?» chiese con disprezzo. Sandra gli sorrise arrogante.

«Fino a prova contraria lo sei anche tu, se te lo fossi dimenticato, fratello

Al sentire quella parola un moto di disgusto riempì la bocca di Stefano.

«Non sono tuo fratello. Non più.» le disse contraendo i pugni.

Sandra scosse la testa, amareggiata. «Eri così forte, una volta. Avevi tutto, Potere, donne, autorità. Guardati ora. Succube di una malattia inguaribile…»

«Se amare è una malattia, allora io continuerò a contaminarmi fino a che ogni mia fibra non ne sarà infetta. Perché amare non è sinonimo di malattia, ma di felicità, Sandra, quella che tu non potrai mai provare.» Stefano avanzò di un passo, lo sguardo fermo, deciso, pronto a contrastare qualsiasi attacco che la demone avesse anche solo osato fare verso Ginevra che, alle sue spalle, tremava come una foglia.

«Bando alle ciance. Sai cosa voglio. Sai cosa vogliamo tutti.» Sandra si alzò in piedi, la sua ombra proiettata sul tetto dalla luna, l’astro per eccellenza dei demoni.

«Ma non lo avrai, Sandra. Mai.»

«Lo credi davvero?» con un lampo di malizia negli occhi Sandra scattò verso Stefano, che si preparò all’impatto. Il ragazzo affilò lo sguardo talmente tanto da ridurre gli occhi a due fessure, e dalle sue ali partì una piuma nera acuminata e sporca di sangue, che si diresse verso Sandra, la quale la evitò per un soffio. La demone spiccò un salto verso la luna, e Stefano le scagliò dietro altre piume simili alla precedente, pronte a lacerarle la carne. La donna le evitò con leggiadre acrobazie e si portò alle spalle di Stefano, assestandogli un calcio ai polpacci, facendolo imprecare e cadere. Poi aprì le labbra scarlatte e la sua lingua prese le dimensioni di una frusta che lo prese per la caviglia e lo scagliò vicino al lampione da cui era arrivata, sentendo l’attrito delle sue ali sull’asfalto con una nota di piacere.

Stefano gemette quando sentì la ghiaia penetrargli nei tagli sulle ali e la risata di Sandra rimbombare tetra nella notte. Con un rantolo di dolore e l’immagine del volto terrorizzato di Ginevra si alzò in piedi aiutandosi con il palo del lampione, continui rivoli di sangue che gli scivolavano dal volto, impregnandogli il torace. Lanciò uno sguardo truce a Sandra che, beffarda, si stagliava dal tetto con le mani sui fianchi.

«Coraggio, Generale, fammi vedere che sai fare.» lo provocò con una punta di malizia nella voce. Stefano non ci vide più. Fletté le ginocchia e spiccò un salto sul tetto, sferrando sul volto di Sandra un pugno che la fece barcollare all’indietro senza però cadere.

La donna, ripresa la stabilità, si pulì il volto con il dorso della mano e caricò un calcio verso Stefano, che lo evitò per un pelo, portandosi alla destra della donna.

Con i nervi tesi per la tensione e l’odore acre del sangue nelle narici, prese la decisione più giusta che potesse fare in quel momento. Evocò poi il suo Potere. Lingue di fuoco violacee presero a vorticargli attorno, avvolgendo il suo corpo come nastri.

«Ma guarda, il demone pentito non ci pensa due volte ad usare il Potere demoniaco. Beh, sai che ti dico, sono pronta a giocare con i tuoi stessi trucchi.» Sandra protese le braccia verso l’alto, una cascata di Potere scarlatto scese dalle nuvole e cominciò ad accumularsi sulle sue mani, che gemette di piacere. Ogni volta che un demone evocava il Potere, esso proveniva dall’Inferno, e lo faceva sentire a casa, come stava succedendo a Sandra in quel momento.

«Adesso siamo alla pari, cavaliere.» sibilò Sandra mentre faceva assumere al suo Potere scarlatto una forma sferica, che presto prese a lanciare raggi di un liquido vischioso, simile alla pece, verso Stefano, che li contrastò che le sue lingue di fuoco.

Ginevra, riallacciato il reggiseno, si rannicchiò dietro il camino, gli occhi illuminati dal puro terrore che la sola idea di perdere Stefano le procurava. Osservò la scena con le lacrime che le premevano ai lati degli occhi.

Gli impatti fra il Potere dei due demoni producevano migliaia di scintille, che presto si dissolvevano, inghiottite dal buio.

Quando la ragazza vide Stefano cadere in ginocchio per il troppo sangue perso, decise che era ora di fare qualcosa. Qualsiasi pur di dargli il tempo di riacquistare le forze. Non sapeva bene come fronteggiare un demone vero e proprio; quando le era successo con Karl era quasi morta, e il tormento di quel non molto lontano ricordo prese a insinuarsi nelle sue ossa, facendola gemere.

No. Non doveva avere paura. Stefano aveva bisogno di lei. Ora.

 Intanto Sandra si avvicinava sempre più alla sua preda, il Potere che partiva dalla sua sfera era sempre più intenso e potente, e mano a mano che il tempo avanzava, quello di Stefano diminuiva.

Quando la donna arrivò a pochi centimetri da lui gli si accovacciò a fianco.

«Ora basta giocare. Ti ucciderò in questo istante e la tua amata sarà mia, pronta a concedermi ciò che voglio.» gli sussurrò, il volto pieno di pura soddisfazione.

Stefano sostenne il suo sguardo, poi urlò: «Ginevra, scappa!»

Sandra, in un gesto automatico, per non fargli dire altro, gli serrò la bocca con un bacio in cui gli trasferì tutto il sangue che le aveva invaso la bocca dal suo precedente pasto. Stefano, disgustato, cercò di respingerla, ma la donna gli torse le braccia, impedendoglielo. Con la sua lingua ispezionò ogni centimetro della bocca di Stefano, mentre caldi brividi di piacere le si irradiavano lungo tutto il corpo.

Ginevra, inorridita, sentì un moto di rabbia risalirle la spina dorsale e attanagliarle lo stomaco. Stefano era suo. Suo e di nessun’altra, specialmente di quella sporca demone. Si eresse in piedi, i punti contratti e gli occhi ridotti a due fessure tanto era rabbiosa. Uscì dall’ombra del camino avanzò decisa verso la demone che, di spalle, non la sentì arrivare. Ginevra protese un braccio verso di lei in un gesto automatico, nemmeno fosse un robot che impugnava una spada.

«Lascia stare il mio ragazzo, strega!» sibilò a denti stretti, la mani che fremeva per stringere la gola di Sandra e liberare Stefano da quel bacio.

Al sentire quella voce, Sandra si riscosse, un ghigno compiaciuto sul volto. La ragazzina ci era cascata. Come nei piani.

Con estrema lentezza, scostò le labbra da quelle di Stefano la puntò con lo sguardo.

«Altrimenti?» fece divertita.

«Altrimenti questo!» gridò Ginevra scagliandosi contro di lei. Le afferrò la gola in una morsa ferrea e la inchiodò al terreno, gli occhi blu scuro in quelli viola della donna pronti a stritolarla.

Sandra scoppiò a ridere inaspettatamente, facendo infuriare Ginevra ancora di più.

«Credi davvero che con le tue pallide manina da quindicenne mortale riuscirai a fermarmi? Sei davvero patetico, come il tuo demone traditore.» Sandra evocò il suo Potere una seconda volta e travolse Ginevra con un’ondata della sostanza nera e vischiosa che poco prima aveva usato contro Stefano.

La ragazza soffocò un urlo e sentì il suo corpo essere scagliato verso l’alto e avvertì come se miliardi di fauci incandescenti le mordessero le membra.

Stefano, immerso in una pozza di sangue, osservava la sua ragazza essere aggredita da Sandra, ma non poteva fare niente per aiutarla. Il suo corpo era quasi dissanguato, e il suo Potere si era esaurito dopo che lo aveva utilizzato per difendersi da Sandra. La sensazione dell’impotenza lo attanagliò e lo fece sentire un verme per non poterle essere d’aiuto, per non poterla proteggere come avrebbe voluto. Una lacrime gli rigò la guancia, mischiandosi al sangue che lo circondava.

Le grida di Ginevra erano una melodia per Sandra che, dalla sua posizione sul tetto, le ascoltava con un sorriso sornione stampato sul volto. Finalmente l’aveva in pugno.

«Come ci si sente, eh, ragazzina?» chiese accavallando le gambe.

Ginevra strinse i denti e avvertì una sensazione di calore e benessere risanarle il corpo stanco e invaderla in ogni fibra del suo essere. I suoi occhi blu si fecero sempre più scuri fino a diventare neri, e dalle sue scapole, lentamente, spuntarono due ali ricurve, le piume catramose e i riflessi della luna che le attraversavano gli conferivano un aspetto regale. Stranamente, quando le ali di Lucifero le bucarono la schiena, non sentì dolore. Anzi, fu come se si fosse liberata di un peso opprimente che sin dalla sua nascita l’aveva soffocata. Levò un urlo di liberazione al cielo mentre  Sandra e Stefano osservavano increduli la scena.

Il Potere di Sandra fu eclissato da una bolla di energia che, dal petto di Ginevra, sospesa in aria grazie alle ali, si estese fino al terreno. La donna fu scaraventata a terra, quasi due braccia forti l’avessero presa e arpionata al terreno.

«Com’è possibile…?» sussurrò Stefano a sé stesso, le labbra incurvate in una “O” di puro terrore.

Ginevra non sentiva più il suo corpo, come se la sua mente fosse stata eclissata da esso e spedita in un posto lontano, privandola di ogni controllo.

Il suo corpo, impazzito, le ali spiegate, si gettò contro Sandra, inerme e atterrita, che cercava una via di scampo al fortissimo Potere che Ginevra emanava. La ragazza la raggiunse e si mise a cavalcioni su di le, avvicinandole la bocca al lobo dell’orecchio.

«Come ci si sente, eh, demone?» scandì ogni lettera con una lentezza esasperante, e quando il suono della sua voce le giunse alle orecchie inorridì. Non era lei che aveva parlato.

Prima che potesse pensare altro la sua mano strinse meccanicamente la gola di Sandra tenacemente, aumentando l’intensità della presa ogni attimo di più. Una scarica di adrenalina la attraverso, folgorandola.

Rantoli di dolore uscirono sommessi dalle labbra di Sandra, ma Ginevra, o meglio, quello che di lei restava, lo ignorò sorridendole sadicamente.

«Ginevra! Ferma!» la voce di Stefano la raggiunse nella trance in cui era caduta come un’eco lontana.

«Non sei tu!» gridò il ragazzo atterrito.

Ginevra si bloccò. la voce di Stefano, del suo Stefano, aveva risvegliato dentro di lei il briciolo di umanità che rimaneva, facendolo espandere fino a eclissare tutto il resto. Con uno sforzo immane la ragazza allontanò le mani dalla gola di Sandra, fissando inorridita le piume delle sue ali con la coda dell’occhio.

«S-Stefano, che mi sta succedendo…?» balbettò con un filo di voce, fissando Sandra riversa a terra, rivoli di sangue che le uscivano dalla bocca spalancata per la paura.

Il ragazzo, debolmente, le si avvicinò, cingendole con la poca forza che rimaneva i fianchi.

«Ora ascoltami, amore, devi ritirare le ali. Subito.» le sussurrò dolcemente all’orecchio. Lei si rilassò e distese i sensi. La vicinanza con il corpo di lui era davvero benefica.

Respirò a pieni polmoni e tentò di ritirarle.

«N-no ci riesco!» disse dopo vari tentativi vani.

«Concentrati. Sono certo che ce la puoi fare.»

«Ma…»

«Shh…» Stefano la girò verso di lui e le sfiorò la fronte con una carezza. La trafisse con uno sguardo pieno di apprensione e fiducia, che Ginevra, avida, assorbì.

«Coraggio, riprovaci.» e, con il suono premuroso della voce del demone nelle orecchie, Ginevra riuscì a ritirare le ali e riprendere il possesso sul suo corpo.

Gettò uno sguardo verso Sandra, esanime sull’asfalto, l’anima che lottava fra la vita e la morte.

«Cosa ho fatto…?» sussurrò disgustata.

Stefano le mise una mano davanti agli occhi per non farle ammirare quell’orribile spettacolo. Lei non meritava quello, non dopo che tutto il dolore che aveva subìto per la perdita di Rebecca. Non dopo le centinaia di vite passate a morire e perdere i propri cari, non dopo aver assistito a cosa lo spirito distruttore che aveva dentro di sé poteva fare. la baciò sulla fronte mentre sentiva le sue lacrime gelide percorrerle le guance e singhiozzi continui scuoterle il corpo.

«Sono un mostro.» bisbigliò Ginevra con la testa appoggiata alla spalla di Stefano.

«Non pensarlo nemmeno per scherzo. Mai. Tu non sei un mostro, è Lucifero, il vero mostro, non tu. Tu sei un angelo, Ginevra. Non dimenticarlo mai. Lo so che hai sulla pelle troppe ferite, ma farò in modo che il nostro amore le curi, che le faccia scomparire assieme a tutto il tuo dolore, che non meriti. Io ti amo, e spero che questo ti basti per essere felice. » le disse stringendola a sé.

Lei tolse la mano di lui dai suoi occhi e lo guardò dritto in volto.

«Non mi basta Stefano, ne voglio sempre di più. il tuo amore è una droga, non ne potrò mai fare a meno.» gli sussurrò baciandolo e cercando di ignorare il corpo di Sandra immerso in una pozza di sangue nero.

Ancora una volta, quella sera, la dannazione era ritornata a far parte della sua vita. Del loro amore.

Amore e dannazione, due parole che descrivevano perfettamente la vita dei due amanti, che nei mesi successivi sarà messa a dura prova.

 

 

 

 

 

Ehi, ciao a tutti, popolo di efp! Mi dispiace per quanto vi ho fatto aspettare, ma l’ispirazione non ne voleva sapere di arrivare….come vi sembra il capitolo? La lotta l’ho descritta bene? Cosa succederà ora a Ginevra, che tutti i demoni la cercano? Vi avverto che dal prossimo capitolo ci sarà un grande cambiamento, e arriveranno nuovi personaggi! U.U

Recensite, vi preego! E Scusate per evtnuali errori, sn troppo stanco per ricontrollare.

A presto

F99

   
 
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