Fanfic su artisti musicali > Oasis
Segui la storia  |       
Autore: Nagem    23/06/2013    4 recensioni
Rockfield Studios, Maggio 1995.
E se dopo il famoso litigio tra i due fratelli durante la lavorazione di "(What's the story) Morning Glory?" Liam - e non Noel per una volta - avesse deciso di mollare tutto? Che ne sarebbe stato di lui? E di Noel? Gli Oasis avrebbero avuto lo stesso successo?
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Liam Gallagher, Noel Gallagher
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Epilogo

Londra, Wembley Stadium, 21 Luglio 2000

“Jeremy aspetta che mi sposto, qui c’è troppo casino, non sento niente” disse frettolosamente la bionda giornalista al collega che le telefonava dalla redazione. Corse di nuovo nel backstage lasciandosi alle spalle la zona tra il palco e le transenne, i cancelli erano stati aperti da un bel po’ di tempo ormai e lo stadio si era praticamente riempito, per la maggior parte di inglesi ma c’erano ragazzi provenienti un po’ da tutta Europa: gli Oasis di Noel Gallagher erano un ulteriore scusa per andare a visitare Londra per la prima volta o per tornarci di nuovo. “Ok, allora, che dicevi?”, “Dicevo … c’è qualcosa che bolle in pentola Fran, non è normale un soundcheck così blindato, hanno chiuso pure l’area intorno allo stadio. Vedi se riesci a estorcere qualcosa a Noel nell’intervista, magari riusciamo a mandarlo in onda al telegiornale prima del concerto”. Estorcere qualcosa a Noel. Oh, beh, niente di più facile, come no. Tanto non ero già abbastanza agitata, ci mancava solo questa.

Il backstage era il solito via vai frenetico di roadie, giornalisti, ingegneri del suono, tecnici delle luci, vip veri o presunti e un’altra miriade di persone. Noel era alle prese con le interviste pre-show e gli altri componenti del gruppo chiusi nei camerini a chiacchierare, fumare, strimpellare qualcosa, in attesa che il tempo passasse e si arrivasse all’ora fatidica dell’entrata in scena.

Quando arrivò il turno di Fran, Noel, occhiali da sole in faccia, sigaretta accesa in mano e manager qualche metro alla sua destra, era già palesemente stufo. La giovane giornalista si sentì incredibilmente in imbarazzo ma iniziò coraggiosamente a snocciolare la sequela di domande che si era preparata. Noel rispondeva evidentemente annoiato a morte, sembrava davvero che non vedesse l’ora di finirla. E in effetti l’unico guizzo lo ebbe alla fine, quando Fran gli chiese se i fans si sarebbero dovuti aspettare qualche novità. Noel guardò per un attimo Marcus che in risposta scosse la testa e poi tornò con lo sguardo sulla ragazza che aveva di fronte: ”Perché mi fai questa domanda?”. Strabiliata dall’aver ottenuto la sua attenzione, Fran gli rispose leggermente titubante: ”Perché durante il soundcheck è stato impossibile anche solo avvicinarsi allo stadio”. “C’è stato un allarme bomba” spiegò Noel continuando a fissarla, come a saggiarne la reazione. Fran sgranò gli occhi: “Ti hanno fatto provare con un allarme bomba in atto?”, “Eh, non c’è più religione!” chiosò Noel aspirando una boccata dalla sigaretta. Intervenne Marcus: “E’ tardi, dobbiamo andare”. Appena Noel e il suo manager furono usciti dalla stanza, Fran si attaccò al telefono: ”Jeremy, avevi ragione, stanno architettando qualcosa per stasera, mi ha sparato una balla colossale”.

Camminando lungo il corridoio Marcus brontolò: “Un allarme bomba? Ma non ne avevi pronta una migliore?”, Noel ridacchiò divertito aprendo la porta del camerino: “Ma è vero! C’è sul serio una bomba!”. Il sorriso però gli morì sulla bocca non appena guardò nella stanza. Entrò a grandi falcate, guardandosi intorno freneticamente mentre impallidiva: ”Dove cazzo è?” urlò rivolto a Marcus “Dove cazzo è andato? Perché è stato lasciato da solo?”. Marcus non fece in tempo a rispondere che si sentì uno scroscio d’acqua contemporaneo all’apertura di una porta interna al camerino: “Ma che cavolo urli?” chiese Liam uscendo dal bagno. Noel si accasciò su una sedia passandosi una mano sulla fronte: “Tu mi farai prendere un colpo prima o poi. No, dico sul serio. Io morirò perché tu mi farai prendere un infarto”. Liam gli battè una mano sulla spalla tra il consolatorio e la presa per il culo: ”La prossima volta che devo pisciare ti avverto".

Dopo pochi minuti Maggie fece capolino chiedendo se fossero pronti, la domanda di rito che significava una cosa soltanto: è il momento di uscire sul palco. Noel alzò gli occhi sul fratello: “Ci siamo. Tutto a posto? Stai bene?”, “Certo che sto bene, me ne sbatto del concerto. Anzi, non vedo l’ora che finisca: io voglio vedere mamma e Paul” gli rispose sbrigativo Liam, già con un piede nel corridoio. In pochissimi infatti sapevano del ritorno di Liam e sia Peggy che Paul non erano stati tra i prescelti: l’intento era stato quello di fare a entrambi una sorpresa, solo che Liam non aveva previsto l’ansia che gli sarebbe salita al pensiero di rivederli.

Sophie stava immobile a lato del palco. Non riusciva a smettere di guardare il pubblico. Tutta quella gente, decine e decine di migliaia di persone … si sentiva tremare al pensiero che Liam avrebbe dovuto affrontare quella marea umana, non era affatto sicura che ce l’avrebbe fatta. L’aveva anche detto a Noel la sera prima, sfidando il disagio che le procurava parlare con lui. Non erano in confidenza e come avrebbero potuto? Non si erano mai visti né parlati e l’idea che Sophie si era fatta di lui si basava sui racconti, non certo lusinghieri, che Liam le aveva fatto durante quegli anni.

Lei e Liam erano arrivati a Londra il giorno prima ed erano stati infilati in fretta e furia in un suv che li aveva portati in un hotel così lussuoso che Sophie era rimasta stordita. Quel luccichio, quegli spazi così grandi e ariosi, gli arredi preziosi … beveva con gli occhi tutto ciò che la circondava, toccava i tendaggi di seta, sfiorava con la mano il morbido tappeto bianco, talmente candido che sembrava appena uscito dal negozio, osservava il lucido pavimento di marmo e le boccettine argentate del bagno senza osare toccarle per timore di romperle. Liam, appoggiato a una parete con le braccia conserte, la guardava divertito girare nell’enorme suite con lo sguardo trasognato. Improvvisamente però si era fermata e gli aveva chiesto, con un’espressione seria che lui non si aspettava: ”E tu eri abituato a tutto questo?”, “Beh, quando me ne sono andato non eravamo ancora arrivati a questo livello ma più o meno sì”. Una strana sensazione si era impadronita di lei, un misto di incredulità e stupore e … soggezione. Liam, a differenza sua, si muoveva con naturalezza in quell’ambiente così estraneo e per certi versi opposto a quello in cui era abituata a vederlo e questo la metteva in imbarazzo,  in soggezione appunto, come se una volta atterrato in Inghilterra, si fosse trasformato in una persona che lei non conosceva. Non aveva fatto in tempo ad approfondire quel pensiero perché qualcuno aveva bussato alla porta. E finalmente aveva potuto conoscere Noel.

L’aveva visto altre volte in televisione e le era sembrato strano trovarselo di fronte. Non aveva la fisicità di Liam né i suoi tratti belli e regolari eppure la sua presenza faceva colpo, esattamente come quella del fratello. Erano stati gli occhi a colpirla, come era successo anche con Liam, solo che mentre i suoi erano di un azzurro caldo e solare, quelli di Noel, più chiari, risultavano freddi. E Sophie si era trovata a sperimentare sulla propria pelle quello di cui le aveva sempre parlato Liam: la sensazione di essere scrutato dentro, soppesato, perforato, giudicato ogni volta che il fratello lo fissava. Per tutto il tempo che Noel era stato con loro lei era rimasta in disparte e quando poi se n’era andato, con la scusa di rivedere la hall dell’hotel “proprio proprio bellissima”, l’aveva praticamente rincorso raggiungendolo davanti l’ascensore. Un po’ intimorita aveva iniziato a parlare: ”Hai detto che il concerto è andato sold out, questo vuol dire che domani suonerete davanti uno stadio intero vero?”, lui aveva annuito e lei aveva continuato: ”Ma tu sei sicuro… voglio dire, Liam sono anni che … insomma, non è un rischio buttarlo davanti così tanta gente? Non era meglio farlo iniziare con qualcosa di più … ridotto?”. Noel aveva sorriso e il celeste di quello sguardo duro, con grande sorpresa di Sophie, si era addolcito: “Tu non l’hai mai visto esibirsi vero? Ecco, mio fratello è nato per esibirsi, è quello che fa meglio e che gli riesce alla perfezione. Tutti i comuni mortali si innervosirebbero davanti alla bolgia di domani, compreso il sottoscritto che pure c’è abituato, ma Liam no. Lui si ecciterà, andrà su di giri, ma non si agiterà, vedrai”.

La folla rumoreggiava e Sophie era praticamente ipnotizzata da quello spettacolo. Si riscosse con un sussulto solo quando dalle casse venne sparata una musica a tutto volume che rimbombò per tutto lo  stadio: si voltò e vide arrivare prima la tour manager, poi Noel seguito dagli altri ragazzi della band. Per ultimo Liam. Le sembrò che il tempo frenasse rapidamente, quasi a volerle regalare una scena a rallentatore. E fu guardandolo avanzare verso il palco, la camminata sicura, la testa alta, l’espressione concentrata, il viso impassibile, con appena l’ombra di un sorriso che sapeva di sfida, che capì. Liam non si era trasformato in un’altra persona, semplicemente le aveva permesso finalmente di avere accesso all’unica parte di sé che le aveva sempre nascosto. Eccola là quella parte della sua vita che lei non aveva mai visto. Eccolo quel qualcosa da cui era scappato ma che lei gli aveva sempre sentito vivere sotto pelle, quasi fosse un fuoco che gli bruciava dentro. Eccolo là, finalmente adesso ce l’aveva davanti. E le piaceva. E capiva.

Uscirono sul palco prima Alan, Gem e Andy, subito dopo Noel che andò a prendersi l’ovazione da cui era stato ovviamente accolto al centro del palco. Poi successe una cosa strana, che spiazzò il pubblico: Noel, invece di rimanere al suo posto in mezzo al palco, si spostò alla sua sinistra mentre un risolino beffardo gli si disegnava in faccia. Migliaia e migliaia di occhi seguirono interdetti quella deviazione e poi, quasi fossero guidati da un’unica forza, si spostarono al centro del palco. Che sta succedendo? era la domanda che tutti si stavano facendo. La risposta arrivò pochi secondi più tardi insieme a una figura che comparendo alla destra della batteria, la superò e prima di dirigersi verso il microfono sorretto dall’asta si chinò a prendere un tamburello, in un gesto così familiare che tutti i 60.000 presenti, nonostante gli anni trascorsi, riconobbero immediatamente.  Per un attimo nello stadio calò un silenzio surreale e in quell’attimo Liam, senza mai abbassare lo sguardo, si portò sul bordo del palco e lì si fermò, in attesa, le gambe larghe, una mano nella tasca anteriore dei jeans, l’altra a far vibrare il tamburello. L’attimo successivo dal pubblico partì un boato. Liam tornò indietro e come se niente fosse mai successo, come se mai se ne fosse andato, come se negli ultimi cinque anni non avesse fatto altro che quello, si avvicinò al microfono annunciando semplicemente il titolo della prima canzone in scaletta: ”Go let it out!”.

La sua voce si alzò sicura, appena più rauca di come tutti la ricordavano. Mentre procedeva pezzo dopo pezzo guardava suo fratello che suonava pochi metri più in là, guardava Sophie che gli sorrideva emozionata da dietro le quinte, guardava il pubblico senza però vederlo veramente, erano migliaia di persone ma per Liam poteva essercene anche una sola, poteva anche non esserci nessuno, non avrebbe fatto nessuna differenza, avrebbe cantato con la stessa intensità, con la stessa potenza, come se ogni canzone fosse stata l’ultima. Le canzoni scritte da Noel gli entravano dentro e lui le restituiva al pubblico colorate di qualcosa di nuovo, di diverso, di caldo. Come cazzo aveva potuto rinunciare a tutto questo? Come cazzo aveva potuto pensare di poter vivere senza un microfono davanti e una canzone da cantare? Sul palco, sotto i riflettori … era quello il suo posto, quello e nessun altro. Grazie, pensò. Gli uscì dall’anima, spontaneo, verso chi non avrebbe saputo dirlo e anche in seguito, ricordando quel momento, non seppe mai a chi quel “grazie” venne indirizzato, sta di fatto che lo pensò. E pensandolo si commosse, fu un attimo, non se ne accorse nessuno.

Il concerto filò liscio come l’olio e, almeno per Liam, fu velocissimo: gli sembrava di aver appena iniziato a cantare che erano già arrivati alla fine. Non si dilungò troppo nei saluti al pubblico, d’altronde non l’aveva mai fatto, buttò lì un: “Grazie! Ci vediamo!” e corse nel backstage. Madido di sudore, il cuore al galoppo, lo sguardo che si spostava frenetico di viso in viso, procedeva velocemente a zig zag scansando tutte le persone che cercavano di avvicinarglisi. Fece appena in tempo a vedere con la coda dell’occhio un uomo alto e corpulento che si sentì afferrare da dietro: un attimo dopo due braccia forti quasi lo stritolavano da quanto lo stringevano. “Cazzo, mi fai male!” mugolò mezzo soffocato dalla stoffa di una camicia che non era la sua. Ma nella sua voce non c’era traccia di rabbia e non tentava di divincolarsi per sottrarsi a quella stretta: era suo fratello Paul. Lo stesso Paul che senza neanche rispondere gli fece fare un mezzo giro su stesso mettendolo di fronte alla persona che più gli era mancata in quegli anni: sua madre.

Faccia a faccia, occhi negli occhi. Un paio di secondi, non di più, poi sulla guancia di un esterrefatto Liam atterrarono tre ceffoni, uno dopo l’altro, secchi, sonori, da lasciargli il segno. “Non fare mai più una cosa del genere, capito?” gli mormorò sua madre abbracciandolo. Liam chiuse gli occhi e si lasciò abbracciare, quasi cullare, nonostante la statura della madre lo costringesse a stare piegato in due. Respirò a pieni polmoni quel profumo che sapeva di casa, di passato, di piccole gioie e grandi dolori mentre la mamma lo teneva stretto accarezzandogli i capelli, come quando era piccolo e voleva essere tranquillizzato. La guancia sinistra gli bruciava e nonostante cercasse di assaporare il tepore dell’abbraccio materno anche per tutte le volte che lo aveva rimpianto con nostalgia, un po’ gli veniva anche da ridere: doveva aspettarsela una reazione di quel tipo da lei.

Alla fine si staccarono e Liam la prese per mano. Cercò Sophie con lo sguardo dicendo alla madre: ”Mamma vieni, ti devo presentare una persona”.
 
 
 
E così quest’avventura si è conclusa! Ho immaginato un bel Happy Ending, sperando che sia di buon auspicio anche per la realtà (ma ci credo poco!). Ho fatto una specie di gioco delle parti: quello del 21 Luglio 2000 a Wembley fu il concerto in cui tornò Noel dopo aver lasciato il gruppo per circa tre mesi, qui a tornare invece è Liam.

Grazie a tutti voi che avete seguito dall’inizio questo parto della mia mente malata, grazie a chi ha recensito, a chi ha seguito in silenzio, a chi ha inserito questa fic tra i preferiti/seguiti/ricordati, grazie a chi ha inserito la sottoscritta addirittura fra gli autori preferiti (questa ve la potevate risparmiare!!!).

Grazie a GasPanic!, RememberWhen, SheeranIsMyLove e in particolare a MrClean, WindofChange e CharlieMadFerIt, quest’ultime sempre presenti con complimenti (immeritati), suggerimenti e consigli, in pubblico e in privato.

Grazie perché gli AU e le What if? Sono sempre un po’ ostiche e spesso non vengono lette a prescindere.

Grazie ai fratelli scemi. Sono cresciuta con voi, Live Forever lads!

  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Oasis / Vai alla pagina dell'autore: Nagem