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Autore: Rowena    24/06/2013    5 recensioni
Archimede viene buttato giù dal letto da Paperone per una riparazione urgente (e gratuita, al solito) in vista del prossimo attacco di Amelia. Ma Paperone non sa che l'inventore nasconde un segreto tutto italiano, piccate e magico...
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non c'era oggetto che Archimede Pitagorico non sapesse riparare, o migliorare. Perfino i marchingegni sconclusionati e tenuti su con lo spago che metteva in piedi il miliardario più ricco del mondo per risparmiare anche sulla colla. Nemmeno quando si trattava di difendere la sua fortuna Paperon de' Paperoni rinunciava alla sua incorreggibile taccagneria. Pretendeva perfino che i Bassotti gli restituissero i pallini con cui li aveva colpiti, era incredibile.
Non che Archimede fosse nuovo a questo risparmio senza controllo, ma si stupiva ogni volta nel vedere fin dove sapesse spingersi il suo amico e miglior cliente.
«Ecco, Paperone, ora il tuo spara-aglio dovrebbe funzionare di nuovo alla perfezione», annunciò finendo di avvitare il nuovo sostegno. «Sarai pronto per il prossimo attacco di Amelia, sempre che ce ne sia uno».
Nella sua palandrana rossa, il multimiliardario sbuffò nervoso, come se la fattucchiera dovesse apparire nello studio dell'inventore da un momento all'altro. Era meglio non nominare quella stregaccia, per non portarsi guai!
«Puoi giurarci che accadrà, quella è come un gatto selvatico, non rinuncerà mai. Mi ha preso di mira e non si fermerà prima di aver ottenuto la mia Numero Uno. Ma non gliela darò vinta», esclamò il vecchio papero stringendo il fucile modificato tra le zampe. «Grazie a te, però, sarò pronto a respingerla come mio solito, e... Che hai, testa di lampadina?», domandò incuriosito notando che Edi saltellava a più non posso per attirare la sua attenzione, il suo fusibile che ronzava come un motore. «Sei andato in cortocircuito?»
Archimede arrossì e squadrò con un'occhiataccia il suo assistente, che con un altro ronzio scese dal tavolo e andò a nascondersi da qualche parte.
«No, è solo nervoso perché il filetto della sua lampadina si sta esaurendo, e ha paura che non lo cambi in tempo», si scusò lanciando poi un'occhiata nervosa alla porta della sua camera, poco distante. «Bene, per il lavoro il conto sarebbe di...»
«Chiedo scusa, ma ho lasciato il deposito sguarnito, c'è solo Miss Paperett!», lo interruppe Paperone, che come al solito non voleva sentir parlare di conti. «Ci vediamo presto, Archimede».
E all'inventore non rimase che guardare l'antiquata limousine sfrecciare via verso la collina Ammazzamotori. Se non altro, per una volta la spilorceria di Paperone era tornata utile.
Proprio in quel momento, la porta della camera si aprì. Amelia si era già rivestita e teneva il suo manico di scopa ben saldo, pronta a ripartire all'assalto del deposito.
«Questa volta l'abbiamo davvero rischiata! Se mi avesse scoperta, avrebbe subito provato quello stupido fucile... Dannato Paperone».
Archimede sospirò, sapendo di non poterle impedire l'ennesimo stupido tentativo di rubare la Numero Uno. Almeno questa volta era passata prima del suo attacco, era una assoluta novità. Tanto che l'inventore cominciava a chiedersi se non lo usasse soltanto per avere un posto sicuro dove leccarsi le ferite senza dover fare mezzo giro del mondo per tornare sul suo vulcano.
«Posso provare a convincerti a rimanere qui? È stupido provarci ancora, quante volte ti deve prendere a teste d'aglio perché tu rinunci?»
«Tutte quelle che saranno necessarie per ottenere la Numero Uno», rispose lei senza esitazione, di nuovo gelida e motivata.
Così era fatta Amelia, che sapeva essere passionale e focosa come Archimede aveva sempre sentito delle papere italiane, ma che non riusciva a togliersi dalla testa quella sua ossessione.
Come diavolo aveva fatto un genio come lui a trovarsi in una situazione tanto incasinata?
«E poi al tuo assistente non piaccio neanche un po', per cui è meglio che vada», continuò la fattucchiera guardando di sbieco Edi, che era riapparso per un attimo da una scatola sullo scaffale. Peccato che la lampadina non l'apprezzasse, Amelia era certa che sarebbe andata d'accordissimo con Gennarino, se avesse conosciuto il suo corvetto.
«È che non ha senso: tra due ore sarai di nuovo qui, pesta e sconvolta dall'aglio», commentò ignorando il becco furioso della strega, che fece gestacci scaramantici affidandosi a San Gennaro. «Non sarebbe meglio rimanere e... impiegare questo tempo in maniera più piacevole?», terminò con una vocina sottile Archimede, che si sentiva rosso come un peperone. Ma da quando era così audace?
E nonostante il suo coraggio, la fattucchiera inforcò la scopa e si preparò a partire, anche se gli concesse un sorriso indulgente.
«In realtà, dovresti sperare di non vedermi più, perché vorrebbe dire che questa volta vincerò e potrò correre al Vesuvio per completare il mio incantesimo...»
Parole inutili: Archimede poteva anche essersi preso una cotta assurda, poteva anche aver ceduto al suo fascino, malgrado il suo raziocinio sempre controllato, ma non avrebbe mai tradito Paperone. La sua lealtà era davvero immensa. Né avrebbe mai accettato la magia, anche se ne aveva visto molteplici prove da quando frequentava la fattucchiera: ai suoi occhi di papero di scienza, tentare di arricchirsi sfruttando la fortuna degli altri, con un incantesimo per di più, era davvero puerile e impossibile. Sapendo tutto ciò, Amelia rinunciò a lanciarsi in una conversazione inutile che l'avrebbe fatta infuriare, mettendole soltanto voglia di scagliare su Archimede una fattura che lo avrebbe reso un burattino sotto il suo controllo, per non sentirlo più parlare in quel modo.
No, meglio andare via, e non incrinare quell'assurdo equilibrio che avevano miracolosamente trovato. In effetti, riconobbe un po' triste, stavano meglio quando non parlavano affatto.
«Sai, se non conoscessi troppo bene il vecchio papero, penserei che ti paga per tenermi impegnata», ridacchiò prima di prendere il volo.
Archimede non ebbe il tempo di ribattere, anche perché non gli venne in mente nessuna risposta sagace per replicare a quell'insinuazione volgare. Che strega, voleva sempre l'ultima parola!
Il ronzio del suo assistente tornò a farsi sentire, forte con mai.
«Non serve che me lo dica tu, Edi, per sapere che mi sono cacciato in un bel guaio. Il problema vero è che nessuna invenzione che posso ideare riuscirà a togliermi da questo pasticcio».
Da lontano, giunse il suono stridulo della sirena del deposito, poi i colpi del cannone e dello spara-aglio modificato.
Se non altro, il suo enorme e delizioso guaio sarebbe tornato molto presto: in condizioni pietose e furibonda, ma Amelia sarebbe tornata. Le piaceva fingere che lui non fosse importante, ma l'inventore aveva intuito che si era affezionata più di quanto avesse previsto e che ora le sarebbe stato impossibile tornare a casa senza prima passare a farsi medicare... E non solo.
Archimede si vantava di poter aggiustare ogni cosa, ma non aveva la minima idea di come placare l'ambizione di Amelia, né di come alleviare la pena del suo cuore innamorato. Per una volta aveva fallito... Eppure non era dispiaciuto come avrebbe immaginato solo qualche mese prima.
Mai dire mai, a volte alcune cose erano perfette anche se agli occhi degli altri apparivano rotte, o mal assortite. Non sempre c'era bisogno di intervenire, e questa era una lezione che l'inventore non avrebbe mai pensato di apprendere da una fattucchiera.






Angoletto dell'Autrice: Buongiorno, questa è una storia un po' folle che non avrei mai pensato di scrivere, ma che è uscita da una drabble night... Spero non risulti troppo strana.

   
 
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