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Autore: Ammimajus    24/06/2013    12 recensioni
 Harry e Louis non ne vogliono sapere di tornare a casa, si spostano velocemente e sono impossibili da fermare. Stanno tutti cercando una soluzione. Niall delle soluzioni ne ha piene le tasche. Se due dei suoi compagni sono scappati perché non può farlo anche lui?
[Accenni Louis + Eleanor. Larry e Ziall as romances.]
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Avevo progettato questa storia come una raccolta di One Shots e invece eccomi qui, a pubblicare qualcosa di un po’ più lungo, i cui avvenimenti sono condensati tutti in un solo “capitolo”.
Dunque, questa OS è un esperimento. Raramente uso il presente nelle mie storie e non l’ho mai fatto in questo modo. Non so cosa io abbia scritto in queste 9.623 parole, ma di sicuro troverete informazioni random circa il modo in cui io vedo gli One Direction. Nemmeno a dirlo, sono bandite le carote, le fobie per i cucchiai, le ossessioni per i piccioni e i soliti cliché che, ahimè!, ormai trovo praticamente ovunque.
Quando ho designato per la prima volta questo progetto nella mia mente, sembrava decisamente migliore di quello che ho scritto, ma comprendetemi, vi prego. Ci ho messo un miriade di tempo per scriverla, accidenti! Ho sprecato tanti giorni preziosi –non che per me sia un dispiacere-  e spero che di questa storia possiate salvare qualcosina.
Oggi ho anche una cattiva notizia da darvi. Probabilmente non mi vedrete su Efp per un po’. A dire la verità, sto piuttosto male e non sono nelle condizioni di pubblicare qualcosa di decente. Ormai ci metto secoli per scrivere una storia e, anche quando la finisco, non ne sono mai soddisfatta. Quindi ho deciso di mollare, per un po’. So di avere una long (Smash-Up) in corso, ma vedo che riscuote poco successo e sinceramente nemmeno io riesco ad apprezzarla. Non so se la continuerò o no, ma probabilmente farà la muffa per qualche tempo.
Sto lavorando ad un progetto ben più ambizioso che una serie di racconti su Efp, ho già raccontato tutto ad alcune amiche. Spero di beccarvi in giro, non mi abbandonate! Se volete restare in contatto con me, su Twitter sono @frankstestis.


ATTENZIONE. Questa è una song-fic, basata su due canzoni. Quando si parla dei Larry, ascoltate  questa http://www.youtube.com/watch?feature=player_detailpage&v=1cQh1ccqu8M, quando si parla di Niall, ascoltate quest'altra http://www.youtube.com/watch?feature=player_detailpage&v=KmxaY_OVvWA
 

 
LA RICERCA DELLA FELICITA’.


 “A tutti gli uomini è riconosciuto il diritto alla vita, alla libertà e al perseguimento della felicità”.

Costituzione americana.

 
 

Harry Styles ha diciannove anni, un paio di gambe sfilate e un ciondolo a forma di aeroplanino sempre appeso al collo. Lo vedresti bene dietro ad una fotocamera, perché gli piace immortalare in istantanee le vite frenetiche della gente. Adora guardare le braccia delle fans che si muovono in aria durante i concerti, rubare la chitarra di Niall e strimpellare accordi che nemmeno esistono, prendere a pugni un sacco da fitboxe a fine giornata.
Ma Harry Styles è anche esausto. La spossatezza gli avviluppa le viscere e gli corrode le ossa, volteggiando fin dentro la carne, tra le vene, i muscoli e quel pizzico di razionalità che è rimasta dentro di lui. È stanco di svegliarsi al mattino, lasciar scorrere le dita sulle lenzuola e trovarvi solo la ruvida morbidezza del cotone; è stanco di costruire un sorriso sincero –questo è quello per cui è stato ammaestrato due anni or sono- e di ciabattare languidamente fino alla valigia, per scegliere gli indumenti adatti –ecco un’altra delle cose futili che gli hanno insegnato.
Harry Styles ha sempre pensato di essere una roccia, utile a sostenersi e troppo aspra per riposarsi. Questo, almeno, finché Louis Tomlinson non si è prepotentemente catapultato nella sua pallida vita, prosciugandola del tutto. Vorrebbe averlo lì, quel Louis che tanto odia. Quel Louis dal viso angelico, che di angelico non ha proprio nulla. Vorrebbe guastargli l’arcata perfetta delle sopracciglia affondando le dita nella sua carne, vorrebbe colpire con un pugno irruente le labbra carnose che lo hanno riempito di baci stucchevoli e zuccherose moine. E poi vorrebbe accarezzarne ogni singolo lembo di pelle, screziato dalla vigoria del dolore e dell’omertà, per lavare via tutto il putridume che vi si è attecchito saldamente con l’arrivo della fama.
Spinto più dalla forza dell’abitudine che dal reale desiderio di alzarsi dal letto, insacca i piedi nelle pantofole e si dà un’occhiata veloce allo specchio. Si è ripromesso di addormentarsi in fretta, per smaltire le ore di sonno che gli sono state rubate a causa dei concerti, delle feste e delle cene galanti. E invece sono passate già da un pezzo le tre e sta ancora aspettando di sentire la porta della stanza accanto che sbatte e sancisce il ritorno di Louis in hotel. A forza di attendere due linee livide gli si sono disegnate sotto gli occhi, e sembrano solcare tutto il viso, fin sotto gli zigomi. Quelle occhiaie ti suggerirebbero che Harry è annientato, ma lui risponderebbe prontamente: non si è mai sentito cosìvivo, persino nel dolore.
Harry Styles se lo immagina, quel suo Louis Tomlinson, che allarga il viso in un’espressione ridente e stringe la mano della sua ragazza. Ma sa anche che nessun essere umano, fatta eccezione per se stesso, ha mai contemplato la bianchissima dentatura di Louis che viene mostrata per intero, lentamente, mentre gli angoli della bocca si incurvano e costringono gli occhi blu di Louis –ah, sia dannato quello sguardo!- a chiudersi. Nessuno sa che la risata sincera di Louis è beato oblio, che annichilisce tutti i demoni del presente, riporta in vita le faville del passato e getta le basi per un nuovo futuro.
È assurdo, pensa Harry. È consapevole che un futuro non esisterà mai, non accanto a Louis Tomlinson e non finché il mondo avrà gli occhi puntati su di loro.
Harry non si è ancora abituato a questa grande responsabilità che deriva dal successo e si riflette su ogni sua azione. Ogni cosa che fa è meticolosamente registrata da questo o da quel fotografo, da questa o da quella fan. Sembra che non ci sia via di scampo, eppure ha provato diverse volte ad eludere la stretta sorveglianza che lo tiene prigioniero. Troppo spesso pensa che vivere nella cella umida e angusta di un carcere sia molto più semplice. Per questo, se ci pensa razionalmente, direbbe che un futuro lui non ce l’ha nemmeno. E poi scorge quel blu … E’ mai esistito qualcosa di più blu degli occhi di Louis?
In fin dei conti, Harry non si è mai sentito così solo. Le persone di cui si fida le può contare su una mano –meglio, su un solo dito. La persona di cui si fida è una sola. E non è sua madre o sua sorella o il suo fidanzato segreto. È lui stesso, con quei ricci ribelli che ormai non esistono più, due fossette ai lati della bocca e una serie di impervi cunicoli che corrono lungo tutto il suo corpo e risuonano ad un solo urlo, Louis.
Ricusa ogni passo che lo ha avvicinato al successo, in una corsa che ha solo causato affanno e isteria. Ma simultaneamente non rinnega. Non può fare a meno di contemplare ogni giorno il viso del ragazzo che ama, di lasciarsi pungere dalla barbetta ispida di Louis, di farsi scandagliare dal mare che c’è nei suoi occhi perché sì, Harry è di Louis, fibra per fibra, sorriso per sorriso e lacrima per lacrima. Potrebbe comparare il loro amore ad ogni cosa splendida di cui abbia goduto nella vita. Direbbe che  è l’anfratto buio e fresco nel quale, da piccolo, si rifugiava nelle sere d’estate, lontano dalle occhiate apprensive dei genitori; direbbe che odora di Yorkshire tea caldo –nel ripensarci tenta di imitare l’accento marcato che ha Louis quando pronuncia quelle parole- nelle mattine gelide, quando la condensa scorre in piccole gocce lungo i finestrini del tourbus e Louis gli serve un vassoietto con la colazione e gli bacia la punta del naso, per destarlo dal torpore del sonno. E poi direbbe che risuona veemente come il canto delle fans nelle arene, quando le luci si abbassano, Niall prende in mano la chitarra e gli One Direction cantano insieme Little Things. Ma aggiungerebbe anche che quella è solo parte della verità. Che quell’amore è spesso racchiuso tra le pareti di una stanza d’hotel, un bacio rubato e una tazza di caffè. Vive nelle occhiaie di Harry, negli sms ansiosi e nelle voci dei managers che gli intimano di stare lontano da Louis.
Quando si siede ai piedi del letto, la testa fra le mani e un grosso cuscino in grembo, ha solo una cosa in mente. Agguanta il cellulare e digita rapidamente il numero che ormai conosce a memoria. L’attesa, per quanto breve, si fa snervante, e Harry si pente di aver reciso senza troppi scrupoli i suoi ricci informi, con i quali soleva giocare quando era nervoso.
« Pronto? » sussurra una voce, femminile e cristallina. Harry si rende conto di quanto quella voce gli sia mancata solo quando la sente parlare. E allora può giurare di aver avvertito un grosso macigno sprofondare in fondo allo stomaco, insieme alle farfalle, alle palpitazioni e alla lucidità. Louis Tomlinson è fuoco che arde scoppiettante nella sua mente, che consuma la ragione e annienta la docilità.
« Haz, quante volte ti ho chiesto di non chiamarmi mentre sono fuori? » continua la voce, questa volta più squillante, tesa in un affabile rimprovero. « Questa sera sono a cena con Eleanor ».
Harry crede di essere sul punto di esplodere e trascinare in quella baraonda il resto del mondo, perché si renda conto di quanto sia acuta la sua sofferenza.  « Pensi che non lo sappia? » erompe, la tela del dolore che si dissipa e si riallaccia nella forma di un’ira spasmodica. « Pensi davvero che io mi sia addormentato come un lattante, nell’attesa che tu tornassi? »
E quelle di Harry non sono più parole, ma urla tanto fragorose e sommesse al tempo stesso, che crede di poter inciampare nelle crepe che vanno creando.
« Ho ritardato perché… ».
« Perché ci sono i fotografi, lo so » taglia corto, incapace di udire le giustificazioni di Louis. E il suo tono di voce è tornato inspiegabilmente pacato, ora che la rassegnazione la fa da padrona. Aver sperato che Louis gli dicesse qualcosa di diverso dal solito si è rivelato un desiderio infantile e –ora ne è consapevole più che mai- vano.
Harry pone fine alla chiamata e getta il cellulare sul parquet lucidato della camera d’albergo. È così infuriato –con se stesso, con Louis, con il management, con il mondo intero- che non può fare a meno di sfogare la sua rabbia su ogni cosa su cui punta lo sguardo. Prima afferra un lembo delle lenzuola e inizia a tirare, fino a quando non ha smosso anche il materasso dalla rete, e poi se la prende con il cuscino. Vi affonda le unghie, lo addenta, lo getta contro la testata del letto. È tutto ciò che può fare, anche se vorrebbe gridare a perdifiato che l’amore che prova per Louis è fottutamente giusto, che sono gli altri a renderlo incredibilmente sbagliato.
Se urlasse, un bodyguard accorrerebbe fino alla sua stanza nel giro di qualche istante e troverebbe solo un catastrofico ammucchio di piume, tessuto e indumenti. E probabilmente avvertirebbe i piani alti –si dà uno schiaffo mentre ci pensa, perché è così che Louis definisce chi prende decisioni per loro- e quelli gli troverebbero un nuovo psicologo. Ma sarebbe inutile comunque, perché Harry non può raccontare nemmeno allo psicologo di come si sente quando Louis gli passa le mani tra i capelli, sulle guance, sul petto.
 
« No, lo psicologo potrebbe vendere tutte queste informazioni alla stampa per una manciata di quattrini ».
« Ma c’è il segreto professionale! »
« Di fronte ai soldi nessun segreto regge ».
 
Sì, quelle battute le ricorda chiaramente, come se qualcuno gliele avesse impresse a fuoco sulla pelle. Harry sa qual è la verità. Il management ha paura che lui possa ribellarsi ancora più di quanto fa adesso e, sotto consiglio di uno psicologo, rivelare ogni cosa al mondo intero. E in effetti, tutto ciò che gioverebbe alla sua salute mentale è una rivelazione. Un bacio di Louis scoccato davanti alle telecamere o la possibilità di sentire la mano del suo ragazzo che gli si posa sui fianchi e lo trascina allegramente lungo il red carpet.
Ma come fa il mondo a rifiutare lo spettacolo della natura che sono lui e Louis insieme? Perché solo parte del mondo ammette l’ineluttabile verità che è il loro amore?
È così evidente, diamine. Harry non ha mai visto niente di più gay delle movenze di Louis, del suo sorriso timido e della voce scampanellante che ha sempre la risposta giusta per qualsiasi domanda.  E, a dirla tutta, non hai mai visto nemmeno gambe più gay delle proprie, sottili e lunghe, che si rincorrono contorte una dietro l’altra in strambe andature.
È come se mancasse solo lo scatto di una sola rotella di un enorme meccanismo per poter urlare al mondo che Harry è bisessuale –no, che dire, Harry è Louisessuale- e che a Louis non sono mai  piaciute le ragazze.
Ed è allora che Harry realizza che solo lui può essere quello scatto. Corre verso l’armadio, incurante delle lenzuola, che gli si trascinano sotto i piedi, si stropicciano e si sporcano, ed estrae lo zaino verde, quello che usava al liceo. Lo porta dietro per le emergenze, ma non l’ha mai usato dal 2010 ad ora.
 

 And I’ve been wrong, I’ve been down,
Been to the bottom of every bottle.

 
Louis Tomlinson è un ventunenne ebbro d’allegria, costretto troppo spesso a tornare rapidamente sobrio. Ha due zaffiri al posto degli occhi, che si spostano scattanti ora sui volti appagati delle fans ora sul corpo perfetto di Harry Styles. Louis Tomlinson, un sorriso genuino sul viso e un ciuffo irto che maledice ogni giorno, non è mai stato in grado di dissimulare i propri sentimenti. E così, quando il suo sguardo irrequieto si posa su Harry Styles e scorre la storia che è impressa in una miriade di disegni sulle braccia del più piccolo, non può fare a meno di lasciare che l’amore sgorghi copioso fuori dalle orbite.
Louis Tomlinson, a fine serata, pensa solo alle parole che il suo ragazzo –quello vero- gli ha minacciosamente vomitato al telefono, impossibilitato da malvagie e irremovibili gerarchie a guardarlo in viso. Ha colto nelle parole di Harry ogni sfaccettatura della verità, persino quella che sconfina non solo nel disappunto, ma addirittura nell’odio.
Alza al massimo il volume dell’iPod per ascoltare ogni sillaba di How you remind me dei Nickelback, si caccia le mani in tasca e rivolge lo sguardo alla volta trapuntata che è il cielo. È notte fonda, vaga da solo con un cappello sulla testa, che lo protegge dai flash indiscreti dei paparazzi, e la sua mente innegabilmente stordita gli gioca brutti scherzi. È pronto a giurare di aver visto comporsi un disegno tra le stelle luminose di quella notte. Un sorriso incorniciato da due deliziose fossette, un paio di ciglia che accarezzano lievemente degli zigomi arrotondati e –questo gli è sembrato più reale che mai- uno scintillio sfavillante che ha il colore dello smeraldo.
Louis allunga il passo perché non può attendere ancora, non se ciò significa assistere allo sgretolamento di un amore di carta e piombo che arde della sua stessa passione. Louis ha sempre affermato che l’amore è malattia, morbo insediato nei tessuti vitali, lama che incide e fiera che addenta e dilania. Vorrebbe fermarsi lì, in quella piazzetta nuda in cui adesso si ritrova, e tenere il suo personale sermone su quanto sia sbagliato l’amore. “Non innamoratevi, vi farete solo del male” vorrebbe gridare, perché la sua ammonizione risuoni in lungo e in largo oltre i confini terrestri.
E invece tutto ciò che fa è continuare a camminare a passo spedito, con le ginocchia ossute che piegano involontariamente verso terra.
Quando si specchia nelle vetrate lucenti del Royal Hotel, è quasi certo di aver scorto con la coda dell’occhio lo scatto fulmineo di un flash. Ma non vuole badare più di tanto al brusio indistinto che giace nella sua testa e si annida nelle corde del suo cuore, intimando di smetterla, ché non è sano comportarsi come un giovanotto qualunque. Spinge riluttante i battenti all’entrata del Royal e si immette nella hall riccamente agghindata, pronta a prestarsi alle occhiate soddisfate di chi entra nell’edificio.
« Ciao, Louis. È andato tutto bene? » gli domanda Paul Higgins, quando si sfila il cappello.
« Fila tutto liscio come l’olio. Non ho mai visto una farsa migliore di quella che sto recitando » sbotta Louis, con quel sarcasmo pungente che è la sua migliore qualità. Getta a terra il cappello ormai sciupat con fare stizzito e si accascia su una delle poltrone rosse in stile vittoriano.
« Ricordati delle conseguenze che potrebbero scaturire nel caso in cui tu decidessi di mandare all’aria questa farsa ».
Non è stato Paul a parlare: le sue labbra sono rimaste serrate e la sua espressione corrucciata non ammette alcuno scambio di battute. Louis si volta a sinistra e osserva la figura massiccia di un omone panciuto, che porta un auricolare all’orecchio. Ha un’espressione burbera e l’aria di chi non è consapevole di ciò che sta facendo. Certo che non lo è. Lui esegue solamente gli ordini che gli sono stati impartiti, come Paul e tutti gli altri. Lui è solo un bodyguard, mica sta ai piani alti.
« E tu da dove spunti fuori, di grazia? » si altera Louis, trattenendo a stento la voglia irrefrenabile di prendere a pugni ogni cosa e ogni persona.
« Beh, qualcuno doveva pure stare attento a te, dopo che sei uscito dal retro del ristorante ».
Ecco come funziona la vita di Louis Tomlinson, e con la sua anche quelle di Liam Payne, Niall Horan, Zayn Malik e Harry Styles. La solitudine è un dono prezioso che raramente viene concesso. Anche quando il clangore della vita mondana sembra essersi assopito, il mondo non ha smesso di puntare gli occhi su di loro.
Louis nutre un disperato bisogno di rimanere da solo. Ma dà un’occhiata svelta all’orologio e si rende conto che ha ancora alcune cose da sbrigare, prima di poter tornare in pace con se stesso.
Raccoglie il suo cappello e si congeda bruscamente dalle due persone che, in quel momento, sente di odiare di più al mondo. Quando le porte dell’ascensore si chiudono comprende che quell’astio è immotivato, che non sono né Paul né l’altro bodyguard anonimo a mandare in miseria la sua inutile vita. Sono i piani alti e, ancora più di questi, se stesso.
Scende al terzo piano del Royal Hotel e si precipita sulla soglia della stanza numero 50. Tiene in mano le chiavi della 51, in fondo al corridoio, con la porta che vi si apre sull’angolo. Ma non è ancora giunto il momento di raggomitolarsi sconsolato sotto le lenzuola della sua camera.
La stanza 50 è piuttosto grande e –ma che diavolo…?- caotica. È meglio ravvedersi: la stanza 50 è l’Inferno approdato sulla terra.
Louis Tomlinson, ora che vi è entrato e ha sentito la porta sbattere rumorosamente alle sue spalle, è adirato con se stesso. Sa di non essere stato fisicamente presente in quella camera d’albergo, eppure sente la responsabilità di tutto quel disordine che grava sulle sue spalle. E non è congerie puramente materiale, no. Pagherebbe oro colato perché fosse così, ma vede la distruzione nella figura di Harry, chino per terra che respira a fatica, molto più che nelle lenzuola stropicciate, sporche e ravvolte ai piedi del letto.
Louis Tomlinson è così, un ventunenne attempato che è maturato troppo in fretta. Si trascina ogni giorno fuori dal suo letto, beve dalla solita chicchera il tè dello Yorkshire, e si innamora di Harry Styles ogni secondo di più. Per questo si siede proprio dietro di lui, sul parquet della stanza 50 del Royal Hotel, e gli circonda la vita con le gambe.
Harry vorrebbe fuggire via, gridare al mondo che amare così tanto una persona è reato, quasi quanto essere amati altrettanto profondamente. E invece se ne sta lì, tra le braccia di un Louis distrutto che gli accarezza la fronte e gli sussurra rassicurazioni. Lascia che la mano dell’altro, piccola e insicura, scivoli nella sua, calda e accogliente, e che cancelli tutti i dubbi annidati nella mente di entrambi. Non sa come possa continuare a vivere in questo modo, bramato da universi paralleli e opposti, sbranato da scelte che gli altri compiono per lui, strinato da tocchi fuggevoli e sguardi rubati che non riesce più ad incatenare a sé.
 

It’s not like you to say sorry
I was waiting on a different story
This time I’m mistaken
For handing you a heart worth breaking.

 
« Scusa » mormora, e non sa bene a chi sia rivolto. Il suo sussurro dovrebbe esse essere un urlo disperato, ma si ode a malapena.
Louis non riesce a capire come in Harry possa annidarsi tanta contraddizione. Non è più in grado di scorgere nemmeno una traccia dell’Harry adirato che ha rigurgitato tutta la sua ira al telefono. Harry Styles sembra tornato sedicenne, un paio di guance paffute, una cascata di ricci e un pacco di caramelle in mano.
“Scusa per cosa?”, vorrebbe dire Louis, ma sa già quale sarebbe la risposta. Vive nelle lacrime di Harry, nelle palpebre abbassate che ne intrappolano le iridi smeraldine, nei pugni chiusi che vorrebbero abbattersi un po’ su Louis un po’ sulle pareti di quella camera lussuosa.
Scusa per aver scelto di innamorarmi di te, per quanto fosse proibito.
Non è destino essere innamorati, Louis lo sa. È una scelta che compie insieme ad Harry ogni giorno, incurante –questo, almeno, è ciò che crede di essere- delle firme sulla carta, delle finte fidanzate, del resoconto distorto della realtà che fanno i paparazzi, delle urla dei managers ogni volta che loro due si sfiorano.
Destino è un’altra cosa, pensa Louis. È destino essersi ritrovati ad un concerto degli Script prima ancora di conoscersi, essersi scambiati un paio di celebri battute in un bagno maleodorante che sapeva di muffa e odorava di sogni finalmente realizzabili; è destino essere gettati nella stessa maledetta band o scambiarsi il primo abbraccio perché sì, Qualcosa o Qualcuno ha donato loro una seconda possibilità.
« Scusa » sibila Louis, la voce soffocata dall’angoscia, imitando Harry.
E le sue scuse hanno motivo di esistere. Possiedono anche un nome e un cognome, Eleanor Calder. Hanno per capelli lunghe onde castane, gambe chilometriche e un sorriso affabile. E nonostante ciò, non sono in grado di domare il sentimento –diamine, quanto è riduttivo chiamarlo così- la devozione che Louis prova nei confronti di Harry. Non scema mai, neanche per una manciata di istanti. Pulsa vigorosa dal momento in cui Louis si sveglia, al mattino, con gli smeraldi del più piccolo ancora incastonati nel mondo dei sogni, fino alla sera, quando quegli occhi deve abbandonarli e chiuderli oltre la parete di un albergo.
Ecco un’altra cosa che nessuno sa. Louis e Harry dormono sempre in stanze adiacenti, con mura insonorizzate che li dividono. Eppure l’uno giura di poter sentire i respiri dell’altro nel cuore della notte, quando il mondo si spoglia delle menzogne e delle coperture e si acquatta in attesa della verità.
Harry ha appena poggiato il capo sul petto di Louis. Non riesce a distogliere lo sguardo dalle mani del suo ragazzo –quanto è strano pensarlo!- che accarezzano le sue e si intrecciano in mille modi a quelle dita sottili e affusolate per cui Louis afferma di andare matto.
Sospira e si maledice. Non è la sua vera natura, quella. Harry è il tipo che sorride spesso, anche quando non vuole, si passa una mano tra i capelli, seduce migliaia di persone e sorride ancora. Potresti dire tutto di lui, di quanto sia ridicolo con tutti quei tatuaggi infantili che gli macchiano la pelle, di come il suo corpo sia sproporzionato, con quelle manacce enormi e un paio di gambe degne di una modella, di quanto sia strano che non abbia mai avuto sul serio una ragazza da quando si trova negli One Direction. Ma che mai si dica: “Harry Styles è fragile”. No, è Louis Tomlinson quello fragile. Il più piccolo ha imparato che dietro i sorrisi più belli ci sono anche le più deliziose disgrazie. Harry Styles, piuttosto, è coraggioso. Forse non lo diresti, perché sembra un bambino cacciato a forza nel corpo di un adulto, ma lo è. Perché è quello che dice sempre la verità ai suoi amici, che spesso ci litiga, che scappa via dalle braccia dei bodyguard per fare la foto con una fan.
 

It’s not like you didn’t know that
I said I love you and I swear I still do
And it must have been so bad
‘Cause living with me must have damn near killed you.

 
« Dove sono finite tutte le promesse che mi hai fatto all’inizio? Avevi giurato che mi avresti reso felice e guardami adesso » erompe, ed è coraggiosamente sincero.
Louis Tomlinson viene colto alla sprovvista: la sua attenzione è stata catturata da qualcos’altro. Quello zaino verde pieno fino a scoppiare e abbandonato in un angolo della stanza, ad esempio.
« Sapere che ti amavo allora esattamente come ti amo adesso non ti rende felice? » si costringe a dire, ma quelle parole hanno lo stesso valore di una lista della spesa, ché l’attenzione di Louis è ancora lì, su quello zaino verde.
« Non è sufficiente a farmi godere la felicità » confessa Harry, serra le mani in dei pugni e lancia ganci contro l’aria, perché prenderebbe a botte anche quella.
Louis non sa come replicare, dove guardare o in che modo agire. Non è lui quello che si ribella, non ha la forza di farlo. Harry ha sempre rispettato questa strana norma, regolatrice del loro rapporto. Gli è sempre bastato un bacio prima di salire sul palco, una stretta di mano o un abbraccio per restare in silenzio per un’intera serata. Louis sa che una simile routine deve averlo ucciso, ha assistito con i suoi occhi al cambiamento. Non si stupisce più se solo raramente trova uno sprazzo dell’Harry Styles sedicenne in questo uomo nuovo, con una maglietta dei Kiss e un paio di boxer troppo stretti, che attacca silenziosamente come una leonessa.
Ma la notte e la rabbia sembrano aver acceso un fuoco scoppiettante negli occhi del più piccolo. Qualcosa è cambiato.
 

And this is how you remind me
Of what I really am.

 
Louis non ha mai visto Harry in queste condizioni, nemmeno quando i managers hanno annunciato che Eleanor Calder sarebbe stata la sua nuova “fidanzata”. « E non ti basta sapere che ogni giorno mi salvi, perché mi ricordi cosa sono davvero? » prova di nuovo, l’ansia che gli divora le viscere.
« No ». La risposta di Harry arriva secca come un fulmine.
Louis non riesce più a capire. Non comprende Harry né se stesso né il mondo che continua a vorticare crudele, nonostante la sua vita sia inerte. “Questo è solo l’inizio”, si era detto anni prima, un terzo posto al talent show più famoso al mondo e Zayn in lacrime tra le sue braccia. “Questa è solo la fine”, si ripete adesso, mentre quello che piange sul suo petto è il ragazzo che ama.
Harry, dal canto suo, capisce fin troppo bene. Intuisce che la fine è arrivata, sa come affrontarla, districa il groviglio di idee che gli annebbia la mente e sceglie. Sempre, molto più di Louis. Per Harry un inizio non c’è mai stato, la sua è una corsa continua che termina con uno schianto. È il più piccolo del gruppo e non diresti mai che sia il più saggio. “Quello è Liam”, affermeresti. Ma Harry, un paio di All Star bianche, una camicia sbottonata e uno zaino verde, ha molta più maturità di quanta tu possa immaginare.
« Cosa hai intenzione di fare? » chiede Louis, e si aspetta milioni di risposte. Confuse, contorte, irrazionali.
« Voglio andare via ».
Sono lì, quelle risposte. Louis Tomlinson non vorrebbe vederle, ma gli stanno scorrendo davanti agli occhi una dietro l’altra. Andare via è una soluzione confusa, contorta e irrazionale.
Anche lui, come Harry, si fida di una sola persona. Ma non è se stesso, è il suo ragazzo. E allora sì, se fugge Harry, fugge anche Louis, perché il filo rosso che li lega è troppo spesso per essere spezzato. Non è un filo –ad esser sinceri- è una catena.
« So io come fare » sussurra Harry. Gli scocca un bacio sulle labbra e gli rivolge un timido sorriso.
 
Di lui non diresti mai che è coraggioso. E forse non lo è, forse è addirittura temerario.
 

***

 Niall Horan, occhi blu incastonati in un incarnato pallido, pensa di non avere mai odiato così tanto i suoi compagni di band. Niall Horan è uno di quelli che vedresti benissimo in tv, a condurre sketch comici mentre si gratta svogliatamente la testa. È una forza della Natura o la Natura vive in lui, è difficile comprenderlo.
Sta sudando copiosamente, nonostante Liam abbia abbassato al minimo la temperatura del condizionatore. Siede su una poltroncina, con la testa poggiata sulle ginocchia, e rotea gli occhi di continuo. Sembrerebbe uno che sta osservando con perizia l’acquazzone che si riversa su Londra, ma Niall Horan non è fatto per osservare. È fatto per vivere.
È in stanza con altri due ragazzi, tanto diversi quanto simili. Zayn Malik e Liam Payne non sudano e non sono arrabbiati. Loro sono solo preoccupati, e probabilmente anche un po’ spiazzati.
Zayn, occhi nocciola e carnagione ambrata, è più triste che mai, ma è troppo impegnato a non farlo vedere. Ha persino dimenticato cosa voglia dire dormire. Non chiude occhio da tre notti e non ha intenzione di farlo, fintanto che due dei suoi amici si trovano lì fuori. Sbuffa continuamente e osserva il profilo di Niall che, stretto in un’espressione corrucciata, rivolge il viso alla finestra. Zayn lo conosce abbastanza da affermare che non sta cercando risposte. Forse è semplicemente alla ricerca di se stesso.
Le sue orecchie vengono molestate dal parlottare ininterrotto di Liam, che batte le dita sulla tastiera di un computer e commenta ogni singola notizia che reperisce sul web.
« Twitter è in delirio » sta spiegando adesso, senza che nessuno lo ascolti davvero.
Liam Payne è fatto così. Ha un naso a patata –sia maledetto Zayn, che glielo ricorda ogni giorno- e un’espressione stupita che non lo abbandona mai. Indossa sempre i suoi vestiti e non osa rubarli ai suoi compagni, sono gli altri che frugano nei suoi bagagli. Potrebbe pacificamente tollerare ogni sgarbo e ogni sopruso, potrebbe essere lasciato in disparte da tutti e considerarsi comunque felice, perché sì, lui sa che la sua felicità dipende solo e unicamente da se stesso. Diresti che è ingenuo, ma saresti in errore: Liam è semplicemente sereno. Imperturbabile, e niente di più.
« Sentite questa! “Harry e Louis si sono ammalati, ecco perché il tour è saltato” » esclama, leggendo le improbabili ipotesi delle fan, aprendo la bocca in una grande O e arricciando le sopracciglia.
« Oh, andiamo! » sbotta Zayn, rigirandosi supino sul letto e contemplando adirato il soffitto bianco, asettico. « E’ saltata solo qualche tappa ».
« Allora sei un illuso, Zayn » mormora Niall, più al riflesso sulla finestra che al moro in carne ed ossa, adagiato placidamente sul letto.
Sono poche le cose che Niall non sopporta, di solito. Il ketchup nei panini, l’acqua della doccia che arriva troppo fredda, la calca delle fans, quando non gli permettono nemmeno di muovere un passo. E invece si scopre ad odiare tante cose, in quel frangente. Odia Harry, che se n’è andato senza avvisarlo, né un sms né uno straccio di biglietto; odia Louis, che si è lasciato sopraffare per così tanto tempo; odia Liam, che non la smette di parlare; odia Zayn, che si rigira sul letto, continua a fidarsi ciecamente di Louis e fa finta di non essere preoccupato. “Farà capire ad Harry che i managers hanno ragione”, l’ha sentito ripetere più volte. Odia persino se stesso, perché sa che farà la stessa fine di Harry.
Se corri come un fulmine, ti schianti come un tuono. Non ricorda nemmeno dove l’ha sentita una frase simile. Forse è una battuta del film di venerdì sera, quello che non è riuscito a guardare per intero perché, diamine!, Zayn gli scoccava baci lascivi sul collo!
Liam Payne è più consapevole di quanto sia mai stato. Zayn, il suo migliore amico, è ingabbiato in patetici tentativi di dissimulazione, Niall freme d’ira –ma da quando in qua Niall si arrabbia?
« Sentite … non so voi, ma io sto morendo dal sonno. Sono le quattro e non riusciremo a dormire ancora per molto, quindi vado a prendere del caffè, per me e per voi » esordisce infine, piuttosto sicuro che nessuno gli stia davvero prestando attenzione.
La gente è convinta che lui non si accorga di certe cose, ma Liam è un attento osservatore. Ama stare in un angolo e guardare il mondo che ruota senza di lui. Vivrebbe delle corse dei suoi quattro migliori amici nei camerini e delle cenette romantiche alle quali è sempre invitato, neanche fosse l’angelo custode dei Larry o degli Ziall –cavolo, quanto è bello fondere i loro nomi come fanno le fans e renderli un’unica cosa!
Quando spegne il computer e si alza dalla poltroncina sa che sta mettendo le basi per un litigio. Ma non c’è niente che serva di più a Zayn e Niall, in quel momento.
Forse è davvero l’angelo custode dei suoi amici; forse è questa la sua vera missione, molto più che incidere brani e cantare per le folle.
 
Zayn non ne vuole sapere di alzarsi dal letto. Quello è il suo cantuccio sicuro, il trono su cui riflette e maledice la gente. Non distoglie lo sguardo da Niall, capelli biondo paglierino coperti da un cappello indossato al contrario.
Niall, dal canto suo, non ha la minima intenzione di darla vinta a Zayn. È uno di quelli che distingue chiaramente la ragione dal torto, sa a chi dare la colpa e cammina risoluto ignorando l’angoscia. Chitarra alla mano e un testo dei Bon Jovi, potrebbe conquistare il mondo con una manciata di accordi. Ma lui non lo sa, è ancora troppo preso dall’entusiasmo adolescenziale.
Zayn non è mai cresciuto da quando ha smesso di leggere, perché il tempo manca, perché ne ha persa la voglia, o perché adesso l’unico desiderio di cui si nutre è quello di baciare Niall sulle labbra. Potesse tornare indietro, sceglierebbe di frequentare un’università sconosciuta, prendere una laurea in Letteratura Inglese e insegnare nel liceo di Bradford, tanto perché tutti sappiano che Malik, iltopo che fuma sigarette e disegna con il carboncino, adesso è padrone della sua vita.
Ma poi pensa che  quella vita lo ha portato a calcare i palchi più famosi del mondo, gli ha fruttato un’incommensurabile quantità di denaro e gli ha anche offerto un fidanzato su un piatto d’argento. E allora no, non può permettersi di dire addio a ciò che ha adesso, vale la pena di patire un po’ di dolore per godere della magnificenza di tutte queste piccole cose.
« Niall, suvvia, datti una mossa! » esclama, quando la sopportazione è arrivata al limite e non ce la fa più a vedere il ragazzo che ama con lo sguardo perso oltre il vetro di una finestra.
Niall si volta appena e Dio!,  da dove li ha tirati fuori quei pantaloncini? Sembra un fotomodello: Zayn vorrebbe attirarlo a sé con un gesto fulmineo e tenerlo stretto tra le braccia finché il mondo non finisce.
« Dimmi, Zayn … sei preoccupato per Harry e Louis? » chiede il biondo, il labbro inferiore arricciato in un broncio infantile che sa poco di rabbia e molto di insoddisfazione.
Zayn sbuffa. « So che non sembra, ma è naturale che io sia preoccupato per quei due » confessa, affondando il viso nel cuscino, tanto sta già morendo, soffocato da quella situazione.
« Io no. Io sono infuriato ».
« Eh? » Zayn è appena riemerso dal guanciale ed è scattato in piedi. Questo è immotivato. Ma cosa c’è di tanto sbagliato in lui che non gli fa comprendere nulla?
« Odio tutti, Zayn. Odio Liam, che sembra interessato a questa storia solo distaccatamente, odio Harry e Louis perché sono scappati da tre fottutissimi giorni, hanno mandato a monte tutti i nostri impegni e hanno coronato il loro sogno d’amore senza dirci nulla. E odio anche te, maledetto Zayn Malik. Stai sdraiato lì, sul letto, e biasimi la fuga di Harry e Louis, quando invece è la cosa più giusta che abbiano mai fatto in quasi tre anni ». 
La mascella di Zayn ha deciso di pendere pericolosamente verso terra, come un frutto maturo che sta per cadere dal ramo su cui è cresciuto. Eccoli, gli occhi blu di Niall. Hanno finalmente deciso di guardarlo. Non ha mai visto tanto astio in uno sguardo.
Zayn è annoiato da tutta quella situazione. Da Liam, che se n’è andato e ha permesso a Niall di essere sincero, da Harry e Louis, che non hanno rispettato le regole, persino da Niall, che lo sta guardando con l’aria truce di chi vorrebbe accoltellare qualcuno.
« Non dovevano farlo, okay? Se i managers hanno detto che dobbiamo tenere nascoste le nostre relazioni è per il nostro bene. Che senso ha fuggire? » domanda, e tanto vale essere sinceri, abbandonare le remore e vorticare per la stanza in un frenetico andirivieni.
Niall rimane incredulo. “Niente ha senso”, vorrebbe dire. Non ha senso andarsene né restare. Ma vale la pena agire. « Dovresti combattere per ciò che ti sta a cuore, te l’hanno insegnato? »
« Credi che io non lo stia facendo? » sbotta Zayn, irritato dall’atteggiamento assunto dal biondo. Un vortice impetuoso lo trascina in fondo al mare dell’angoscia; se apre la bocca trova solo acqua, mentre ha un disperato bisogno di una boccata d’aria …
« Ho scelto io questa vita » continua « Devo accettare tutto ciò che ne consegue, comprese le imposizioni ».
Niall diventa paonazzo. È uno di quelli con la musica nel sangue, a cui bastano sei corde e una cassa armonica per trovare la pace. Ma trovare la pace non vuole necessariamente dire essere felici. Niall ne è cosciente, lo sperimenta ogni giorno. Sa di essere fortunato, perché a lui e a Zayn sono concesse molte più libertà che a Harry e Louis, ma non può fare a meno di pensare che deve scrollarsi di dosso il controllo ossessivo del management, delle fans e dei fotografi. L’unica cosa che gli serve per essere appagato e profondamente, completamente felice è Zayn. Rinuncerebbe persino alle sei corde e alla cassa armonica, per lui.
Zayn sente che il suo posto è sul palco, con il suo ragazzo. Non riuscirebbe mai a separare la musica e l’amore, perché lui è come Louis, incapace di scegliere e disposto a sottomettersi. È innamorato di mille cose: della voce di Harry sotto la doccia che canta la sua playlist preferita dei Guns ‘n Roses, della matita spuntata abbandonata sul tavolo, accanto ad uno scarabocchio sconnesso di Liam, dei motti salaci di Louis quando ha scolato una birra di troppo, ad esempio. E poi ci sono Niall e la musica. E se Zayn dovesse dar loro una definizione direbbe “vita”, neanche fosse una di quelle dodicenni alle prese con la prima cotta.
« Sei disposto a sacrificarmi per questa vita, Zayn? » domanda l’altro. Non c’è più alcuna traccia dell’odio nei suoi occhi. Solo una profonda stanchezza e –eccola, appena accennata- una velata rassegnazione. Niall ha chinato il capo e sta osservando la punta lorda delle sue All Star. Non è abituato ad abbassare lo sguardo, lui è un leone rampante che affronta la vita a testa alta.
« Non sto dicendo questo, Nialler » tenta di rimediare Zayn, ma ormai non crede nemmeno alle sue parole. « Il tempo ci aiuterà, dobbiamo solo aspettare ».
« Per quanto? Vuoi aspettare che tutto quello che abbiamo costruito ci crolli addosso? Ti do un piccolo indizio, Zayn. Sta già crollando tutto ».
Zayn scuote il capo e si porta le mani alle orecchie. Ci sono cose che non è disposto ad udire. No, no, no. Non è vero. È tutto ancora intatto.
« Sì, sì. Siamo giunti al capolinea e se ne sono accorti tutti tranne te » aggiunge ancora Niall, e il suo è sadismo puro, perché sta scomponendo Zayn come si fa con un puzzle.
E Zayn adesso è caduto. Non è fatto per reggere troppo peso: è esile e poco atletico, rischi di rompergli le spalle a forzarlo troppo. Niall ha appena superato il limite e si gloria della sua vittoria, perché ama Zayn nel profondo ed è disposto a vederlo soffrire in nome di una felicità più duratura.
« Non voglio starti a sentire » rantola quest’ultimo, con la voce soffocata di chi è sul punto di spirare.
Niall deve accontentarlo. In fondo sa di avere ragione, deve solo concedere a Zayn un po’ di tempo per riflettere. Afferra le chiavi della sua nuova auto e corre via dalla stanza 49 del Royal Hotel, proprio nel momento in cui Liam è di ritorno.
« Ci vediamo domattina, Lì » annuncia, e lo saluta con una pacca sulla spalla.
 
Scende le scale di fretta, perché non è il tipo che aspetta. È impulsivo, impaziente, forse anche eccessivo.
Sa cosa lo attende una volta uscito dall’albergo. E infatti, appena Paul Higgins scorge la sua figura che corre veloce lungo la hall del Royal Hotel, gli va dietro senza pensarci due volte. Niall è sempre una sorpresa per lui, un essere indomabile che non riuscirebbe mai a far perire.
« Niall, dove stai andando? » gli chiede, tentando di tenere il passo del giovane, avvantaggiato dalla sua mole, ma impedito dagli anni.
« Vado a prendere una boccata d’aria » risponde quello, secco e cupo.
« Hai appena preso la patente e lì fuori è anche pieno di fans che ti assaliranno! » lo ammonisce. Teme davvero per Niall: è come un figlio che non riesce a controllare. Ultimamente, a dire il vero, nessuno degli One Direction è più controllabile.
Altri bodyguards stanno accorrendo, pronti a fermare il biondino. Sono in corso diverse riunioni: Harry e Louis non ne vogliono sapere di tornare a casa, si spostano velocemente e sono impossibili da fermare. Stanno tutti cercando una soluzione.
Niall delle soluzioni ne ha piene le tasche. Se due dei suoi compagni sono scappati perché non può farlo anche lui?
« Non vorrai andartene anche tu … » bofonchia Paul, il viso che perde colore perché quello che sta perdendo, anzitutto, non è il ragazzo che deve proteggere, ma un suo carissimo amico.
« Non ho un soldo né uno straccio di vestito. Tornerò. Ho solo bisogno di staccare un po’. Ti prego ».
Di rado Niall implora qualcuno, solo se è strettamente necessario ed è l’unica alternativa che gli resta. Paul lo sa e forse per questo lo lascia correre via. Niall sa cavarsela da solo, meglio di qualsiasi adulto.
E difatti, quando si prepara ad uscire, il cappello che gli nasconde il viso solo in parte, è perfettamente preparato. Sa che la sua sarà una corsa contro il tempo, per superare le braccia delle fans che gli si avvinghieranno addosso.
In uno scatto fulmineo spinge la porta e corre, più veloce che può. Si era aspettato che il folto gruppo di ragazze all’uscita dell’hotel lo avrebbe travolto, invece è raccolto in un rispettoso silenzio. Ogni tanto qualcuno tenta di afferrargli la mano o un lembo della maglia, ma Niall si dimena e si libera.
« Vi voglio bene » grida –ed è sincero- senza che abbia smesso di correre. In una virata accede al parcheggio ed eccolo lì, il gioiellino nero che gli permetterà di correre lontano dall’arrendevolezza di Zayn.
 

And I bet you got no idea you’re going way too fast
You’re trying not to think about what went wrong
Trying not to stop 'till you get where you goin’.

 
Niall balza sul sedile destro del SUV e si dà una sistemata veloce ai capelli. Ringrazia il cielo di aver appena preso la patente e mette in moto. La voglia di raggiungere l’autostrada e sfrecciare tra le corsie lo fa ammattire.
Non ci impiega molto a raggiungere la carreggiata ampia, gli basta sfrecciare lungo una rampa di raccordo ed eccolo lì, in mezzo a un gruppo di automobili che tengono un’andatura più che spedita.
Niall si adegua, preme il piede sull’acceleratore e osserva la lancetta del contachilometri che si sposta verso numeri sempre più alti.
È allora che sente squillare il cellulare. Ha per suoneria quella canzone dei Led Zeppelin che adora, Since I’ve been loving you. Non prende il telefono dalla tasca solo per bearsi degli accordi iniziali di quel brano. Non ha voglia di parlare con nessuno, tanto vale continuare ad ascoltare musica.
Ma non ha messo in conto il fatto che, ad un certo punto della chiamata, si inserisce la segreteria. Ha appena il tempo di sentire il segnale acustico, ché la voce di Zayn ha iniziato a parlare. È rotta e angosciata, probabilmente il giovane sta piangendo. « Niall rispondimi, per favore. Io e Liam siamo preoccupati, dove stai andando? Hai preso la patente solo due settimane fa, stai attento. E… torna, per favore. Discuteremo di questa situazione. Io … » Zayn aspetta un po’ prima di pronunciare le parole che, a detta sua, faranno crollare Niall e gli suggeriranno di tornare indietro. « … ti amo ». Il messaggio si conclude così, un giuramento di due parole che ha il peso del piombo.
Ma Niall è Niall e non si lascia irretire da certe promesse. Zayn è spaventato –crede davvero di poter fingere, con il suo ragazzo?- e, per quanto non dia a vederlo, è distrutto all’idea di ribellarsi. Ama stare tranquillo, guardare un film o rilassarsi mentre il biondo suona la chitarra. Non gli interessa far valere le sue idee, fintanto che lui stesso ci crede. Ma si è innamorato di un carattere antitetico al suo: gli sembra di essere uno scricciolo, in confronto a Niall.
 

You trying to stay awake so I bet you turn on the radio and the song goes
I can’t live without you, I can’t live without you baby
I can’t live without you, I can’t live without you baby, baby.

 

 
Nemmeno due minuti dopo, il cellulare squilla nuovamente e la segreteria registra un nuovo messaggio. « Niall, ti sto aspettando. Puoi almeno chiamarmi? So che mi stai ascoltando, okay? Se pensi di risolvere tutto correndo come un pazzo per l’autostrada come credo che tu stia facendo, sappi che è inutile. Torna in hotel e ti prometto che parleremo e cercherò di capirti. Niall … ti prego ».
Questa volta Niall ode chiaramente i singulti di Zayn.
 

I bet you got a dead cell phone in the shotgun seat
Yeah, I bet you’re bending God’s ear talking about me.
You’re trying not to let the first tear fall out
Trying not to think about turning around.


Avverte una morsa all’altezza del cuore e un groppo in gola gli suggerisce che sta per piangere. Non è il momento. Le lacrime significano debolezza e lui non il tempo né la voglia di lasciarsi abbattere. No, deve tirar fuori gli artigli e difendere a tutti i costi ciò in cui crede, persino se questo, per una volta, significa sacrificare ciò che ama.
Sa che Zayn lascerà altri messaggi in segreteria. Così accende la radio e gira la manopola del volume fino a far tremare le casse. L’abitacolo rimbomba al suono delicato di una chitarra. Deve essere il CD che Lou Tesdale si è fatta masterizzare da suo marito, quello con le canzoni di Taylor Swift. E infatti, a Niall sembra proprio di sentire la voce della biondina americana.
Inizia a cantare qualche verso del ritornello e quelle parole gli incidono la carne ripetutamente, come coltelli affilati. Un affondo, due affondi, tre affondi. No, Niall non vuole piangere. Vuole solo smetterla di soffrire, di arrabbiarsi, di vedere la carcassa ossuta di Zayn che si mette in ginocchio al cospetto di nuovi ordini.
 

The highway won’t hold you tonight
The highway don’t know you’re alive
The highway don’t care if you’re all alone.


Punta il piede sull’acceleratore e spinge fino  a quando crede di aver quasi rotto il pedale. Il SUV sfreccia ad una velocità incredibile tra le varie corsie della carreggiata, supera agilmente una colonnina di automobili che procede lentamente e si immette in un raccordo. In breve, Niall si ritrova a guidare in una strada secondaria: lo spartitraffico invalicabile dell’autostrada è scomparso e adesso sono rimaste solo due larghe carreggiate, ognuna da una corsia.
Continua a cantare, nonostante la sensazione asfissiante che gli si spande in petto. Non ha ancora versato una lacrima e non ha intenzione di farlo. Niall resiste, neanche fosse coperto da un’armatura di ferro.
Ed è proprio quando pensa di essere forte, che diventa vulnerabile.
Ha due secondi esatti per rendersi conto di ciò che sta succedendo. Poi l’urlo gli muore in gola, divorato dalle fauci di un autocarro sconosciuto, con i fari abbaglianti e le ruote possenti.
Niall adesso è troppo piccolo per resistere. Ma è troppo grande per continuare a vivere.
 
Di Niall diresti che è una forza della Natura e avresti ragione. Ma la natura, spesso, è anche distruttrice.
 

***

 Liam Payne, una matita consumata alla mano e un foglio immacolato sotto gli occhi, deve eseguire gli ordini ancora una volta. Lo strizzacervelli gli ha suggerito di scrivere tutto quello che gli passa per la testa, ma Liam non pensa che quella sia la giusta soluzione. Molte delle cose che gli frullano in mente non possono essere riversate sulla carta. La fetta di pizza abbandonata sul ripiano della cucina, il buffetto affettuoso di sua sorella Nicola quando lo ha visto questa mattina, il discorso per il funerale, la camicia nera da far stirare, il biglietto aereo per l’Irlanda. Non c’è niente di psicologico in questo. Perciò Liam decide di scrivere ciò che gli passa per il cuore.
 
Caro Niall,
so che –a rigor di logica- non dovrei scrivere a te, ma a me stesso. Che senso ha, però, questa cosa? Voglio dire, io so cosa sta succedendo qui, mentre non sono altrettanto sicuro che anche tu lo sappia.
Dio, ci sono tante di quelle cose che devo dirti …
Ho ricominciato a pregare, come mi imponeva mia madre quando ero ancora piccolo e andavo al catechismo. Non è così male, perché sto iniziando a credere che ci sia davvero qualcuno, lassù. Devo crederlo, altrimenti non avrebbe senso scriverti, non avresti senso tu né io né il resto dei ragazzi.
A proposito di loro, voglio farti una promessa. Riuscirò a far stare bene Zayn, in un modo o nell’altro. Anche se piange di continuo e non vuole alzarsi dal letto, io resto ancora il suo migliore amico. E gli amici sanno come salvarsi a vicenda.
Zayn è più magro del solito e si è rasato i capelli, ciuffo compreso. Nel giro di poco tempo ha anche fatto almeno cinque nuovi tatuaggi. Se tu fossi qui, lo rimpinzeresti di cibo e gli daresti una bella strigliata. Ma qui ci sono io, e probabilmente non sarò mai bravo quanto te. Ci vorrà un po’ più di tempo, ma se ti ho promesso che restituirò a Zayn il sorriso, stai pur certo che lo farò.
Harry e Louis sono tornati subito, quando hanno saputo cosa ti è successo. Non so dove Harry trovi la forza per affrontare tutto questo, ma sta combattendo ancora più duramente del solito. Lo ammireresti, se fossi qui. Ma probabilmente lo ammiri anche adesso che non ci sei.
La verità è che Louis è diventato paranoico. Si è convinto che è stato lui a causare il tuo incidente, per via della fuga con Harry. Gli ho ripetuto più volte che non deve nemmeno azzardarsi a fare certi pensieri, ma sai com’è fatto Louis. È uno di quelli che può provare una sola emozione forte alla volta e che, per questo, ne resta distrutto. Starò vicino a lui, ma non è come Zayn. Zayn è solo, ha più bisogno d’aiuto, Louis ha ancora Harry.
Le fans hanno scoperto che stanno insieme, lo sai? E una volta scoperto di loro, hanno anche saputo di te e Zayn. Il management continuava a ripetere che le vendite degli album sarebbero calate se notizie simili fossero uscite fuori, invece sono triplicate. Dicono che sia perché tu, adesso, non ci sei più. È strano come il mondo riesca ad apprezzarti quando ormai ti ha perso, come se la vita fosse priva di valore e la morte ne fosse carica.
Stanno tutti piangendo, lo sai?
Un gruppo di ragazze è riuscito ad avere il mio indirizzo, quello di Wolverhampton. Le guardo dalla finestra della mia camera e le sento, più forti che mai. Si sono appostate sotto casa mia, hanno acceso una decina di candele e stanno cantando le nostre canzoni. Ogni tanto urlano che devo restare forte. Ma io sono forte, Niall. Io sono l’unico che non ha pianto, da quando te ne sei andato. Credo che sia un bel modo per essere forti, no? Tu non avresti mai voluto che io piangessi.
Però hanno comunque deciso di spedirmi da uno psicologo. Nemmeno Zayn, che è quello che sta peggio, tra noi, sta andando alle sedute con la stessa frequenza con cui ci vado io.
Sono tutti preoccupati perché sto iniziando a vedere delle cose. Come la nostra prima esibizione dal vivo, quando a Harry è mancata la voce durante l’assolo ed è scoppiato a piangere perché credeva di aver deluso tutti. O il nostro primo concerto. O il Madison Square Garden. Dicono che non vada bene il fatto che io parli, mentre vedo quelle cose. Ad esempio, l’altro giorno mia madre mi ha trascinato con sé al supermercato e io ho iniziato a cantare
Over Again. Pensavo non ci fosse nulla di sbagliato, ma lei mi ha immediatamente riportato a casa. Mi ha detto che ho praticamente urlato le parole di quella canzone, anziché cantarle, solo che io non ricordo di averlo fatto.
Forse sono tutti un po’ troppo apprensivi, in questo periodo.
E comunque, non sanno alcune cose. Ho anche iniziato a parlare con te, soprattutto la sera, prima di andare a letto. Ti siedi sul pouf beige che c’è nell’angolo della mia camera, osservi il poster di Leona Lewis e mi dici che da te va tutto bene e che devo restare calmo. E poi vuoi che ti racconti come vanno le cose qui. Non ho ancora capito se quello che viene a farmi visita la sera sia davvero tu o solo una proiezione della mia mente, per questo ti sto scrivendo. Ma ne sono felice, perché almeno non ho provato la sensazione di averti perso per sempre.
Ieri avresti compiuto vent’anni. Ho fatto un giro lunghissimo, perché sono salito in treno, sono andato a prendere Zayn a Bradford e poi l’ho portato a Holmes Chapel, da Harry e Louis. Ho preso una torta in pasticceria, insieme a venti candele. Quando ho detto che volevo festeggiare il tuo compleanno, tutti sono rimasti un po’ interdetti. Poi Zayn è scoppiato a piangere. Ma Harry mi ha strappato le candeline dalle mani, le ha messe sulla torta e poi mi ha rubato l’accendino e le ha accese. Probabilmente dovrei scusarmi con te, perché le uniche candeline che ho trovato erano rosa e, una volta accese, suonavano una melodia orribile. Harry è scoppiato a ridere e ha fatto ridere anche Louis. Zayn ha fatto un sorriso tirato, ma –ehi!- era pur sempre un sorriso. È la dimostrazione che ce la sto mettendo tutta, per farlo stare meglio.
Tra tre giorni avremo un comunicato stampa. È giunto il momento di dire addio agli One Direction. Non sono triste, perché il nostro gruppo esiste solo se anche Niall è con loro. Abbiamo chiuso questa fase della nostra vita, definitivamente. Penso che nessuno di noi abbia più intenzione di continuare a cantare. Forse non diremo addio alla musica, ma sono piuttosto certo che le nostre facce non si potranno mai più vedere sulla copertina di qualche album. Io ho intenzione di iniziare a lavorare con mio padre, gli altri devono ancora chiarirsi le idee. Ma è ancora presto, hanno tutto il tempo che vogliono.
Ieri tuo fratello Greg mi ha telefonato. Ha detto che avrebbe voluto farlo tua madre, ma lei non riesce a parlare con nessuno della band senza scoppiare a piangere. Tuo padre è stato un po’ taciturno, in questi giorni, e l’unica cosa di cui si preoccupa al momento è la salute mentale di tua mamma. Perciò Greg si sta occupando di tutto, compresa l’organizzazione del funerale. Avrei voluto dargli una mano, ma mi ha detto che non devo pensare a nulla. Mi ha chiesto soltanto di scrivere un discorso, da tenere durante il funerale. Anche Harry ha deciso di farne uno. Zayn è ancora troppo distrutto per poter muovere un dito, ma lo conosci: probabilmente inventerà qualcosa all’ultimo minuto.
Il mio discorso è felice. Non voglio che la gente pianga, mentre parlo. Così ho descritto il Niall Horan che scorrazza per i corridoi di casa mia, guarda le partite di calcio con un pacco di patatine in mano e strimpella motivi irlandesi alla chitarra.
Vedi, Niall? Qui è tutto a posto, o quantomeno si sistemerà. Non sento ancora la tua mancanza, forse perché so che non è vero che te ne sei andato per sempre. Se io riesco ancora a ricordarti perfettamente, accento strano ed energia inesauribile compresi, è come averti qui. Almeno per me non devi preoccuparti.
So che probabilmente te lo stai chiedendo, quindi ti rassicurerò dicendo che l’autista dell’autocarro sta bene. Ha solo un braccio rotto, niente in confronto a quello che è successo a te.
Spesso penso che il motivo per cui te ne sei andato non è l’incidente stradale o il litigio con Zayn. Insomma, io non mi sento in colpa per avervi lasciato discutere. L’unica spiegazione plausibile è che il mondo non fosse ancora pronto a vederti crescere. Sei una di quelle persone che non si fermano mai, che conquistano la gente con poche battute, che ridono anche nei momenti più inopportuni e per questo fanno ridere anche gli altri. Il mondo non ha mai voluto che queste persone vivessero, perché sono più belle di qualsiasi cosa sia mai esistita. Il mondo è invidioso. E tu eri troppo grande per continuare a stare in mezzo alla gente comune come me.
Nicola mi ha appena chiamato. Dice che devo iniziare a darmi una mossa, ché l’aereo è tra tre ore e dobbiamo sbrigarci ad andare in aeroporto. Domani ci saranno i funerali e devo perfezionare le ultime minuzie del discorso. Voglio che sia perfetto.
Mi ero ripromesso di scrivere tutto ciò che provavo, in questa lettera. Non credo di esserci riuscito: un resoconto di quello che succede qui ti sarà molto più utile, comunque.
Volevo ricordarti per l’ennesima volta che io non sto piangendo. Sono così sicuro che ti rivedrò, che il nostro mi è sembrato solo un “arrivederci”. Probabilmente, quando ci ritroveremo, io sarò un po’ più vecchio, con i capelli radi e le maniglie dell’amore. Tu sarai ancora il diciannovenne esaltato che cantava sui palchi delle arene insieme a me, e allora mi prenderai in giro. Ma io ti tirerò uno schiaffo e ti farò stare zitto, come abbiamo sempre fatto. Lassù sono permessi certi rituali, vero?
Credo sia davvero troppo tardi, Niall. Le urla di Nicola si sono fatte insistenti.
Mi farò sentire molto presto, è una promessa.
 

Leeyum.

 

 
Liam non ha ancora realizzato di essere un collante liquefatto che ormai non attecchisce più.
 
Di lui diresti che è ancora innocente come un bambino. E sbaglieresti. Liam è altruista: si preoccupa per tutti e mai per se stesso.  
 
 
 

“Fu in quel momento che cominciai a pensare a Thomas Jefferson e alla Dichiarazione d'Indipendenza, quando parla del diritto che abbiamo alla vita, libertà e ricerca della felicità. E ricordo di aver pensato: “Come sapeva di dover usare la parola ricerca?”. Perché la felicità è qualcosa che possiamo solo inseguire e che forse non riusciremo mai a raggiungere, qualunque cosa facciamo. Come faceva a saperlo?”

Dal film “La ricerca della felicità”.
 

 
Spazio autrice.
Eccomi qui, con i miei soliti malumori, le mie lamentele e le mie insoddisfazioni. Sembro un disco che si è inceppato, ci credo che poi tutti si stufano di me çwç
Avete letto questa storia malata?
Se lo avete fatto e vi è piaciuta almeno un po’, spero che abbiate adorato il personaggio di Nialler quanto l’ho amato io. Era contorto, risoluto e assolutamente ribelle. Sono qualità che ammiro un sacco in una persona, ma che io non potrò mai possedere. Sono un tipo molto più simile a Zayn e Louis, ecco tutto.
Harry aveva la sua buona dose di figaggine, anche se in quantità più moderate di Niall, ma quello su cui vorrei spendere due paroline è Liam. Lui è quello dolce e altruista per antonomasia, ma spero che in questa OS abbiate avuto modo di cogliere l’accenno di risolutezza che lo caratterizzava.
Bene, concluso lo sproloquio, passo ad altro.
 
Non ho mai fatto una cosa simile, ma penso che –a questo punto del viaggio- siano necessari, oltre che dovuti, dei ringraziamenti.
 
Grazie ad Ands, con la sua voce squillante e l’accento nordico, che mi ha chiamata nel corso di un pomeriggio uggioso, mi ha rallegrato la giornata e si è resa disponibile ad ascoltarmi. Grazie perché è la più sveglia “piccoletta” che io abbia mai conosciuto, sempre pronta a dare una mano!
 
Grazie a Francesca, che accetta uno scambio di storie continuo e si appresta a dare consigli, anche se di me sa davvero poco.
 
Grazie a quelle pazze che ho trovato in chat. “Preservativi bucati” non sarà mai un nome abbastanza degno di noi. Tra queste,  i ringraziamenti in particolare vanno a Chià, Carmen e Giò. La vostra bellezza sta nelle  vostre parole, nella capacità di emozionarvi e di frignare insieme a me. Siete piovute dal cielo e avete movimentato la mia estate, bellissime! Giò, continua ad essere dolce come sei adesso e stai tranquilla. Tutto quello che stai passando si sistemerà, le cose tornano sempre al loro posto. Carmencita, tu sai di essere incredibilmente matura per la tua età, vero? È una cosa che ammiro molto, vorrei essere come te. E Chià, se sto iniziando a shippare Ziall è solo colpa tua. Salutami Decarli! u_u
 
Grazie ad Alma, con quel sorriso timido e accennato e la più bella chioma riccioluta che io abbia mai visto in tutta la mia vita. Si è seduta al parco accanto a me e mi ha sentita blaterare per due ore, se non di più. E non è la prima volta, il che la rende ancora più speciale.
 
Grazie anche a Roberta Mani di Forbice –il mio cellulare sta ancora aspettando un tuo messaggio, lo sai?- perché mi ha riconosciuta in mezzo alla folla e mi ha regalato il suo piccolo abbraccio. E anche perché se leggerà questa storia probabilmente avrà finito gli esami (almeno gli scritti) e –sono sicura- saranno andati benissimo.
 
Ah, e grazie alla mia omonima, che non la smette mai di lasciare recensioni dicendomi che sono una scema perché non mi accorgo di avere talento –a questo punto non so chi di noi due abbia un ritardo mentale, sweetheart- ma non sa che è lei è uno dei miei talenti.
 
Spero di non mancare per un tempo esageratamente lungo.
In caso contrario, vi ho voluto bene.
Cassie. x
   
 
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