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Autore: Lechatvert    24/06/2013    2 recensioni
Tranquillizzata dall’umore del Conte, fu finalmente in grado di notare anche la ragazza che egli portava a braccetto.
“Bianca, ho il piacere di presentarvi mia moglie, Beatrice de’ Medici.”
Il Conte si spostò appena di lato, permettendo alla mora di fare un passo in avanti, allungando una mano.
“Costei è Bianca Ordelaffi.”

| Un ipotetico incontro tra Beatrice de' Medici e Bianca Maria Ordelaffi scritto a quattro mani con Chemical Lady |
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Girolamo Riario, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Per questo, più o meno, la chiamavano Papavero.'
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Salve, popolo di Rom...Fir...Qualsiasipostocivabene!
Siamo Lechatvert e Chemical Lady, di ritorno dalla mia notte prima degli esami passata in bianco a scrivere una fanfiction a quattro mani!
Non guardatemi così, lo sapete anche voi che c'ho il tarlo del far di tutto, sotto stress.
Ad ogn modo, vi presentiamo Contessa, un ipotetico incontro tra Madonna Beatrice de' Medici e la cerebroles- ehm, Madonna Bianca Maria Ordelaffi.
Titolo e canzone vengono da "Contessa", dei Modena City Ramblers.

Ringraziando tutti anticipatamente per il tempo che perderete dietro ai nostri scleri, vi mandiamo un bacio grande quando Palazzo Orsini <3

Con affettuoso affetto,
ChemicalLady&Lechatvert

Titolo: Contessa.
Rating: 
Giallo.
Genere:
Drammatico.
Personaggi principali
: Giolamo Riario e due Nuovi Personaggi.
Coppie trattate:
Het
Disclaimer: Non possiedo i diritti suoi personaggi protagonisti  di questo racconto, ne sulla trama di fondo. Solo i due personaggi inventati sono opera delle due autrici.
Sommario: Tranquillizzata dall’umore del Conte, fu finalmente in grado di notare anche la ragazza che egli portava a braccetto.
“Bianca, ho il piacere di presentarvi mia moglie, Beatrice de’ Medici.” Il Conte si spostò appena di lato, permettendo alla mora di fare un passo in avanti, allungando una mano.
“Costei è Bianca Ordelaffi.”

 

                                                   

 

 

 

 

 




"Han gridato più forte,

di sangue han sporcato i cortili e le porte,
chissà quanto tempo vi ci vorrà per pulire."


L’aria fresca di Palazzo Orsini l’aiutò a riprendere fiato. Inspirando ed espirando a fondo, a poco a poco Bianca riuscì a raggiungere uno stato di quasi calma, rimuovendo provvisoriamente sia il nervosismo che l’ansia di quella mattina.
Quelli appena trascorsi erano stati i primi due giorni liberi dalla presenza del Conte da quando era stata accolta a Roma. Due giorni volati, spesi nella tranquillità della biblioteca e dei suoi libri.
In quarantotto ore, Bianca era stata in grado di leggere quindici libri, tre dei quali possedevano titoli a lei sconosciuti.
Era stata serena, acquattata sulle poltrone giorno e notte, decisa a godersi ogni momento di quella – per così dire – libertà.
Non era pronta al ritorno del Conte. Avrebbe tanto desiderato una manciata di ore in più, così da finire anche l’ultimo libro che teneva chiuso sulle ginocchia.
La serva del Conte era stata premurosa. Notata la sua agitazione, non solo l’aveva accompagnata nel cortile, ma aveva anche provveduto a servirle una tazza di tè, temendo un malore.
Bianca avrebbe voluto tanto sapere se quella specie di rapporto che avevano creato si sarebbe in qualche modo mantenuto, una volta che il Conte avesse fatto ritorno a Palazzo Orsini.
Sovrappensiero, si immerse di nuovo nella lettura, estasiata da un racconto che le ricordava tanto il suo caro marito.
Chissà come stava, Ezio, dov’era, cosa faceva. 
Sforzandosi di accantonare quei pensieri, Bianca si ripromise di scrivergli, una volta fatto ritorno nei suoi alloggi.

 

 

 

Era successo, in più di un’occasione, che Beatrice rimanesse sola a Forlì, quando Girolamo era impegnato con i suoi doveri verso il Santo Padre.
Doveva fare esperienza come reggente, qualche sana responsabilità non poteva che giovarle. Si era parecchio stupita, però, di veder tornare Girolamo con un discreto anticipo rispetto quanto pattuito. Avevano stabilito, prima che lui partisse, che sarebbe tornata sa sola insieme a Walmar la settimana prima di Pasqua e che si sarebbero ricongiunti a Roma. Vederlo giungere però la sera precedente alle porte di Forlì l’aveva resa felice.
Era stata una piacevole sorpresa. Tendeva a mancarle la compagnia di suo marito, più di quanto la giovane ammettesse.
Il fatto di voler ripartire però il giorno seguente, alle prima luci dell’alba, l’aveva stupita. Aveva chiesto la ragione e lui aveva semplicemente risposto che aveva premura di tornare nella Città Eterna e la voleva al suo fianco. Se l’era fatto bastare, nonostante la curiosità.
Avevano cavalcato dall’aurora sino al meriggio e, una volta arrivati a villa Orsini, lui si era raccomandato di sbrigarsi a rinfrescarsi. Avevano un ospite. Confusa per tutto quel mistero, Beatrice permise ad una delle serve di prepararle un catino per lavar via la fatica di quella lunga cavalcata.
Era scesa nell’atrio in prima possibile, con addosso una veste di un verde pallido mista a sbuffi bianchi che la faceva sembrare ancor più giovane di quanto già non fosse. Aveva raggiungo il marito che, dandole il braccio, non s’era curato di dar poi molte informazioni “Una persona me cara è qui a farci visita e ho molto a cuore che tu faccia la sua conoscenza.”
Beatrice l’aveva guardato, spiando il profilo appuntito del Conte “Cosa mi stai nascondendo?” alzando con eleganza un sopracciglio, aveva sorriso “Un membro della mia famiglia?  O qualcuno che conosco?”
“No, come ti ho appena accennato, è una presentazione questa.”
Uscendo dall’ampio arco a tutto sesto, entrarono nel giardino. Lì, seduta su di una panca ricoperta da soffici cuscini bianchi, vi era la ragazza più strana che Beatrice avesse mai visto. Sembrava più grande di lei di qualche anno ed era di bell’aspetto, ma la cosa che maggiormente attirò la sua attenzione furono i capelli, di un rosso accesso, quasi innaturale ma bellissimo. La studiò sino a che non arrivarono innanzi a lei, a quel punto Girolamo si schiarì la voce per attirare la sua attenzione e Beatrice tentò un sorriso incerto.



La spaventò, lo faceva sempre. Quando il Conte arrivava, che si schiarisse la voce o che semplicemente chiamasse il suo nome, Bianca non poteva fare a meno di sobbalzare.
Chiuse il libro di scatto, scacciando l’immagine di un mondo lontano e di un intrepido viaggiatore e lo ripose sul tavolino, alzandosi in piedi come di consueto per dare i suoi saluti al Conte.
“ Mio Signore”,  salutò, accennando una riverenza. “ Bentornato”.
Timorosa, osservò il viso dell’uomo, stranamente rilassato. Di solito, quando usciva di casa era per ricevere brutte notizie e la cosa si rovesciava inevitabilmente sul suo volto, dandogli un’espressione dura, severa.
Tranquillizzata dall’umore del Conte, fu finalmente in grado di notare anche la ragazza che egli portava a braccetto.
Una ragazzina in volto, anche se aveva il portamento di una vera donna. Bianca la guardò senza nascondere la curiosità, sistemandosi le pieghe del vestito con fare nervoso.
Non sapeva come rivolgersi a quella ragazza, se con formalità, oppure con un semplice inchino. Si limitò a rivolgerle un piccolo sorriso, chinando il capo leggermente verso destra e pettinandosi una ciocca di capelli rossi dietro l’orecchio.
“Bianca, ho il piacere di presentarvi mia moglie, Beatrice de’Medici.” Il Conte si spostò appena di lato, permettendo alla mora di fare un passo in avanti, allungando una mano “Costei è Bianca Ordelaffi.”
Per un istante la Contessa esitò. Ritrasse appena la mano, che stava per venir cordialmente stretta da Bianca, poi  scambiò quella formalità con la sua ospite “Sono onorata di conoscervi, Madonna Ordelaffi.” Disse semplicemente, cercando di sorridere per davvero nonostante le immagini della battaglia alla Rocca di Ravaldino stonassero un poco con la lieta situazione.
Bianca strinse, seppur confusa, la mano di  Madonna de’ Medici.
“ È un piacere fare la vostra conoscenza” , pigolò, mentre lo sguardo le scivolava inevitabilmente dalla graziosità di Madonna de’ Medici al volto spigoloso del Conte. Avrebbe voluto rivolgergli almeno un paio di domande.
Innanzitutto, perché non le aveva mai detto di essere sposato? La cosa l’aveva lasciata meravigliata, soprattutto guardando alla giovane età che la sua sposa dimostrava.
Improvvisamente, il suo sguardo intercetto quello del Conte, ancora in piedi tra le due. Capì allora di non aver diritto di porsi quelle domande e rivolse gli occhi al suolo, facendosi da parte per far accomodare i Signori di Palazzo Orsini.
Beatrice, da parte sua, non capiva cosa stesse succedendo. Quella donna si comportava in modo assai strano. Sembrava quasi intimorita da suo marito e, certo, ciò non era una novità. Semplicemente, c’era qualcosa di diverso nei suoi occhi. Che ella fosse invaghita di lui? La mora cercò di pensare ad un’altra soluzione, ma Girolamo interruppe quel flusso libero di pensieri “Sediamoci, Madonne” disse semplicemente, indicando i due divani, uno innanzi all’altro. Prese posto accanto alla moglie, sistemandosi la casacca nera prima di prendere qualcosa dal taschino interno della giacca “Giornata ideale per un tè in giardino, non trovate?” domandò ad entrambe, prima di infilarsi quegli assurdi occhialini.
Arricciando il naso, Beatrice si rivolse a Bianca “Perdonate la maleducazione di mio marito, che cela lo sguardo dietro a quegli aggeggi.” Fece cenno a Zita, chiedendole di portare qualcosa da bere e della frutta fresca “Ditemi, Madonna Ordelaffi. Quali affari vi portano a Roma?” domandò curiosa, accavallando le gambe.
Bianca si concesse un profondo e lungo sospiro, sfoggiando poi un sorriso convinto.
“Avete avuto il mio stesso pensiero, Conte Riario” , rispose, prendendo posto sul divanetto di fronte alla coppia.
Recuperò con un gesto garbato il suo libro lasciato sul tavolino, portandolo accanto al suo fianco. Si era pentita di averlo portato in giardino, rivelando così la sua autonoma decisione di visitare la casa del Conte in sua assenza e di rinchiudersi in una stanza a lei non designata. Da quando era lì, si era più volte chiesta che fine avessero fatto le buone maniere.
“Dovete perdonarmi”,  continuò. “Durante la vostra assenza mi sono presa la libertà di visitare la vostra magnifica biblioteca. A Palazzo Rangoni, purtroppo, disponiamo di una collezione molto più limitata”.
Non del tutto vero, visto che la passione che suo marito aveva messo nel collezionare quei libri era di un valore inestimabile. Possedevano titoli modesti, era vero, ma ognuno di essi aveva una storia.
Scusatasi con il conte, si rivolse a sua moglie, stavolta un po’ più imbarazzata.
“Io …” , cominciò, lanciando l’ennesima occhiata a Riario.
Benché fosse coperto dai suoi adorati occhiali, il suo sguardo pungente le era addosso. Lo sentiva ben presente di fronte a lei, mentre con difficoltà cercava le parole esatte.
Che dire? Che era stata obbligata a partire per Roma dopo che il suo benefattore si era impiccato nella piazza di Firenze? O forse che, nel tentativo di scappare, aveva accidentalmente colpito il Conte con una vanga?
Sospirò, affranta.
“Mio marito si è assentato dalle nostre terre per qualche settimana”, rispose, quindi, cercando di mostrare naturalezza. “E il Conte vostro marito si è gentilmente offerto di ospitarmi qui in modo da non lasciarmi da sola a gestire la casa”.
Non osò voltarsi e interpellare lo sguardo vigile di Riario.
Beatrice spostò rapidamente gli occhi verso il marito, fulminandolo con lo sguardo. Non poteva dirlo di certo ad alta voce, sarebbe sembrata parecchio maleducata agli occhi di una nobildonna come Bianca, ma per un istante una punta di gelosia le impregnò l’animo “Che storia interessante.” Disse rivolta alla rossa, sorridendo in modo piuttosto falso. Il problema dei de’Medici, soprattutto suo e di Giuliano, era l’essere del tutto incapaci a mentire. “Pensare che mio marito non si è mai dimostrato così compassionevole con nessuno prima d’ora. Girolamo, non mi hai mai parlato di Madonna Ordelaffi, ma pare che tu la conosca bene se prendi certe libertà.” Cercò di non calcare troppo il tono, suonando leggera.
Il marito seguì i gesti di Zita, mentre appoggiava un vassoio con il tè e un grande portafrutta ricolmo di uva, mele e aranci. “In verità sì, ci conosciamo sin da quando eravamo due fanciulli. È una storia assai bizzarra, in effetti. Volete raccontarla voi, Bianca?” domandò provocatorio, sfilandosi gli occhiali per pulirli nel risvoltò della giacca e lanciando uno sguardo di pura sfida alla rossa. Sembrava quasi divertito da tutta quella situazione e per nulla preoccupato che la moglie potesse venire a scoprire verità scomodo. Forse era solo certo che mai Bianca ne avrebbe fatto menzione.
Bianca si morse il labbro.
Mai, in tutta la sua vita, avrebbe pensato di trovarsi in una situazione simile.
Nella vana speranza di una via di fuga, il suo sguardo cadde sul servizio da tè. Un servizio di mirabile fattezza, senza ombra di dubbio, di porcellana decorata a mano con piccole rose rosse sui bordi dei piattini e delle tazze.
Senza pensarci due volte, si impadronì della teiera.
“Prego”, disse, versando l’acqua bollente nelle tazze dei due signori. “Il Conte esagera”, proseguì infine, cercando di rivolgere a Madonna de’ Medici un’occhiata rassicurante. Sapeva fin troppo bene quello che provava; la gelosia era il più terribile dei sentimenti. “Le nostre famiglie si conoscevano da molto tempo prima della nostra nascita, ma abbiamo avuto modo di incontrarci solo quando io mi ero intestardita su ago e filo. È stato curioso che nessuno ci avesse mai parlato l’uno dell’altra, visto che i nostri genitori si vedevano spesso”.
In un eccesso di soddisfazione, si congratulò con se stessa, ripiombando poi nella terribile sensazione che le cose stessero per andare di male in peggio.
Sperava soltanto di non inimicarsi Madonna de’ Medici, perché quella sarebbe stata la sua vera rovina.
Contrariamente a quella predizione nefasta, Beatrice parve tranquillizzarsi. Non leggeva la menzogna negli occhi di Bianca. Ringraziò con un sorriso finalmente sincero per la tazza di tè, mettendoci dentro una fogliolina di menta. Poi le sovvenne qualcosa in mente, qualcosa che le era sfuggito. Si voltò verso Girolamo “Non sapevo che conoscessi gli Ordelaffi” Disse, tenendo il tono un poco più basso.
“Mh.” Lui le rivolse un’occhiata divertita. Eccessivamente divertita “Mia moglie non sapeva nulla dell’amicizia dei nostri genitori, Bianca” disse, trattenendo a stendo un sorrisetto malevolo “Immagino che sia un poco imbarazzante ora la tua posizione, Beatrice.” Poi si rivolse alla rossa “Vedete, Madonna, avete innanzi a voi due personalità di spicco. Il Conte di Imola e la Contessa di Forlì. Quale combinazione, non trovate?”
Beatrice portò una mano alla fronte, sperando di venir colpita da un fulmine nonostante la bella giornata.
L’affermazione del Conte colpì Bianca dritta allo stomaco. Si bloccò, proprio mentre stava versando il tè all’uomo, senza badare all’acqua bollente che intanto traboccava dalla tazzina, viaggiando irrimediabilmente verso le mani dello stesso.
Senza badare né all’acqua né al Conte, Bianca si ritrasse, appoggiando la teiera sul tavolino.
Sgranò gli occhi verdi, improvvisamente tremante. Una soluzione pacifica all’appellativo “Contessa di Forlì” non le passò neanche per l’anticamera del cervello. Conosceva il Conte Riario, suo malgrado, e le vie indolori non erano certo il suo mestiere.
“Co … come?”, si ritrovò a balbettare, atterrita. “Ma … ma mio zio …”
Nonostante avesse intuito cosa fosse accaduto, la sua mente non riusciva a concepirlo.
“Vostro zio è morto all’inizio dell’anno, Madonna.” Disse apatico Riario, rubando un chicco d’uva dalla composizione e portandolo alla bocca. Lo masticò senza fretta, gustandosi la scena fino in fondo “Pestilenza, suppongo, a dire il vero non mi sono preoccupato di scoprirlo. Vostro fratello Cecco ha provveduto ad uccidere vostro cugino Pino per usurpare la Signoria che era sua di diritto, giustamente. Sua Santità ha ritenuto giusto riprendersi quelle terre che erano state così magnanimamente concesse da Roma e le ha affidate a me. Io però ho ceduto l’incombenza a mia moglie, senza la quale non sarei mai riuscito a prendere la Rocca.” Allungò la mano, accarezzando lentamente la guancia della giovane, che gliela schiaffeggiò. Ridacchiò, passando lo sguardo dalla mora a Bianca.
“Stai passando il segno, Girolamo.” Soffiò Beatrice, prima di voltarsi di nuovo verso Bianca, cercando un modo per rimediare. Ovviamente non c’era “Ma non parliamo di faccende politiche, non mi pare il caso…”
Una scintilla di cattiveria accese la miccia in Bianca, costringendola a irrigidirsi. Non voleva trattare Madonna de’ Medici in malo modo, ma era per colpa del Conte se aveva dovuto abbandonare la sua famiglia per ritirarsi in una vita di ombra nel palazzo del cugino Ezio Rangoni.
Spavalda, ricordò le parole di Levi di Fontenera, il suo benefattore. “L’uomo non è fatto per stare in equilibrio, prima o poi è destinato a cadere”.
Con acuto istinto, capì che quella era esattamente la situazione in cui il Conte si trovava in quel momento rispetto a sua moglie. Forse non poteva fare molto e, anzi, la cosa si sarebbe sicuramente ritorta contro di lei quella sera, lontana dagli occhi di Madonna de’ Medici, ma, per quanto si sforzò, Bianca non riuscì a trattenersi.
“Avete ragione, Madonna”, concordò, abbozzando un sorriso. “Invero non capisco molto di faccende politiche.  È sempre stato così, sia per me che per il Conte. Anzi, mi stupisco che siate diventato un così abile diplomato”, e qui si voltò verso l’uomo, guardandolo dritto negli occhi forse per la prima volta, quel pomeriggio. “Viste le vostre continue fughe dalle riunioni con la mia famiglia. O forse amavate semplicemente passare il vostro tempo con me, chissà”.
E qui mostrò un sorriso elegante, alzando con grazia la tazzina da tè e bevendone un sorso.
Se ne pentì immediatamente, ma ormai il danno era fatto.
Beatrice incassò apparentemente bene il colpo; inarcò un sopracciglio, prendendo dal vassoio una delle arance. Guardò con la coda dell’occhio il marito, che parve parecchio spiazzato dall’ultima frase di Madonna Ordelaffi “Bianca, posso chiamarvi Bianca?” sorrise con una scintilla imprecisata nello sguardo “Assaggiate una di queste arance. Ci arrivano direttamente dalla Sicilia e non vorrei che vi si seccasse la bocca mentre mi raccontate per bene i dettagli di questa storia.”
Riario si voltò di scatto verso la consorte “Non credo sia consono…”
“Suvvia, Girolamo, l’hai detto tu stesso che siete amici di vecchia date, o sbaglio? Sono chiacchiere fra amici queste.” Sorrise tutt’altro che amichevole “Non interrompere Madonna Ordelaffi.”
Il viso di Bianca si illuminò. Che avesse trovato un alleata?
Cerco di non illudersene e continuò, accettando di buon grado l’offerta di Madonna de’ Medici, prendendo a giocherellare con una delle arance della fruttiera.
“Vi prego di chiamarmi come più vi aggrada, Madonna” , pigolò, scoccandole un’occhiata innocente ma sincera. “In verità io e il Conte siamo molto di più che amici di vecchia data. Le nostre famiglie si conoscevano bene, è vero, ma fummo noi stessi e il nostro andare così d’amore e d’accordo a convincerli che un matrimonio era la cosa giusta da fare”. Si fermò per prendere fiato e negli occhi del Conte lesse l’ira.
Ma, ormai, il danno era fatto. Inutile tirarsi indietro.
Gli lanciò uno sguardo amichevole, prendendo un piccolo respiro per parlare.
“Dico bene, Girolamo?”
“Interessante che mio marito abbia avuto più promesse in sposa di un re d’Inghilterra” disse  Beatrice, fingendosi pensierosa “Madonna Ordelaffi, Caterina Sforza. Davvero interessante.”
“Questo discorso finisce qui.” Soffiò l’uomo, levandosi gli occhiali in via definitiva e appoggiandoli pesantemente sul tavolino “Il passato è passato, Beatrice. Ti prego di non fare un dramma di ogni cosa!”
“Porti in casa nostra una tua vecchia fiamma e non dovrei farne un dramma, Girolamo? Hai per caso bevuto, stamane?” domandò irritata la donna, fronteggiandolo senza paura “Almeno abbia l’accortezza di tradirmi alle spalle come fanno tutti gli uomini al mondo!”
“Non ti sto tradendo, da cosa l’avresti capito?” il tono del Conte tornò neutrale, prima di rivolgersi a Bianca “Forse è il caso di ritirarsi, non vorrei turbarvi.”
“Io invece sostengo che dovremmo terminare il discorso. La chiarezza è importante, sbaglio Madonna?”
Bianca annuì, assente, ormai in preda all’orribile idea di quanto quel gesto avventato le sarebbe costato.
Provò a salvare l’insalvabile, senza prevedere grandi risultati. In fondo, le dispiaceva per Madonna de’ Medici. Non voleva ferirla.
“Madonna, io e il Conte Riario non ci siamo visti per molti, molti anni”, spiegò, pacata. “Non adiratevi, vostro marito ha ragione: il passato è passato. Sono certa non vi tradirebbe mai”.
Si affrettò a bere un altro sorso di tè.
“Quanto alla mia affermazione, Madonna, vi prego di perdonarmi. È stata mossa più dalla gelosia nei vostri confronti che mera sincerità”.
E rivolse alla ragazza un sorriso imbarazzato, cercando, pregando di non essere stata catalogata per sempre come nemica.
Beatrice la guardò confusa, chiede dosi a che tipo di gelosia alludesse la donna, ma prima che potesse anche solo porle una domanda, Riario si era alzato con uno scatto repentino, ribaltando il tavolino innanzi a loro in preda alla rabbia. La mora guardò il marito con occhi sgranati, mentre questi le puntava contro un dito “Ho detto che il discorso termina qui.” Sibilò, paonazzo in volto, prima di voltarsi lentamente verso Bianca “Per ciò che concerne voi, vi pare questo il modo di ricambiare la mia ben più che generosa ospitalità!?”
Grazie al Cielo, o a tutti i Santi, quella scena che poteva solo finir male venne interrotta da Zita, che portava da loro un Lupo Mercuri particolarmente affaccendato. Entrambi si bloccarono, fissando prima il tavolo ribaltato e poi le tre persone attorno ad esso “Che accade?” domandò Mercuri, prima di voltarsi verso Beatrice “Buona sera, Madonna.”
“Lupo, buonasera” rispose lei “Nulla di che. È stato un incidente.” Replicò sbrigativa, mentre Riario dava le spalle all’amico, recuperando il fiato con ampi respiri “Cosa vi porta a villa Orsini.”
“Mi manda Sua Eccellenza Papa Sisto” replicò lui, guardando verso Bianca ma non perdendo tempo in presentazioni “Chiedo udienza al Conte,  è un’emergenza.”
Girolamo, ritrovata la calma, annuì “E sia. Andiamo nei miei uffici.” Non si voltò verso le due donne mentre, ad ampie falcate, tornava verso il portone della villa. Una volta che fu sparito, Beatrice si alzò, aiutando Zita a raccogliere le cose che erano cadute “Vi chiedo perdono, Madonna Ordelaffi. Mio marito tende a comportarsi da autentico coglione quando le cose non vanno come nei suoi piani.”
Bianca restò paralizzata sul divanetto, gli occhi sgranati sul libro rovesciato, il cuore che insisteva per uscire dalla gabbia toracica. Provò ad alzarsi in piedi per aiutare le due ragazze a raccogliere i resti dell’ira del Conte, ma non ne fu capace. Le gambe le cedettero immediatamente, costringendola a ributtarsi sul divano in preda all’ansia.
Cosa aveva fatto? Piccola, stupida Bianca. La furia che Riario aveva mostrato quel pomeriggio non era niente in confronto a quella che le avrebbe riservato.
La scena le si proiettò davanti senza che ella potesse fare niente per combatterla.

Rivide il bastone da passeggio alzarsi e risplendere, prima di calare rapidamente sul suo volto una, due, tre volte, prima che gli occhi suoi gonfi di lacrime non cominciarono a farle male.
Iniziò a singhiozzare, stringendosi nelle spalle.
Avrebbe tanto voluto essere accanto a suo marito, al sicuro, protetta da quel muro di cultura e bellezza che egli stesso aveva costruito attorno al suo palazzo per proteggerla.
Beatrice rimase spiazzata da quella reazione. Aiutò l’abissina a rialzare il tavolino di marmo pesante, prima di sedersi in parte a Bianca, appoggiandole una mano sulla spalla “Madonna, vi prego di non fare così.” cercò di rassicurarla, accarezzandole ad ampi cerchi la schiena “Lui è…. È normale.” Sentì quelle parole farsi amare sulla lingua, ma proseguì cercando di dare conforto alla donna “Non so come descriverlo, ma Girolamo ha questa tendenza a lasciarsi andare. Ma, invero, non è un uomo cattivo.” Sorrise, prendendo la mano alla rossa “Non dovete temere, entro cene se ne sarà già dimenticato.”
Bianca tentò di calmarsi, provando, con una forza sovrumana, a scacciare le immagini di quel terribile giorno dalla sua testa. Ripeté ossessivamente le parole del Conte: il passato è passato, il passato è passato.
Eppure, in qualche modo, sapeva che il passato era ancora lì, nascosto dietro chissà quale porta, pronto ad accoglierla a braccia aperte.
Provando a ricomporre ciò che c’era da ricomporre, Bianca provò lasciare che le emozioni fluissero lontane da lei. Non le era capitato spesso di ribellarsi in quel modo a qualcuno, e ciò che questo aveva comportato l’aveva a dir poco terrorizzata.
“Siete gentile, Madonna de’ Medici », mormorò, grata, andando a raccogliere il povero libro finito sull’erba. « Ma state lontana da quell’uomo. Scappate, finché potete”. La guardò dritta negli occhi, seria, per un istante. “So che sapete che non è un uomo cattivo, ma datemi ascolto. Abbandonatelo” , fece una pausa, asciugandosi l’ultima lacrima con la manica dell’abito. “Altrimenti non vi lascerà più andare”
Beatrice non riusciva a credere a quante volte era rimasta spiazzata nel giro di meno di mezz’ora. Quella, però, fu la cosa peggiore che potesse sentirsi dire, forse ancor peggio del pensiero che Girolamo potesse avere un’amante. Congedò Zita con gentilezza, chiedendole di portare qualcosa di più forte, come quella grappa al mirtillo che stava a fare bella mostra di sé sul ripiano del caminetto. Poi poggiò gli occhi a terra, dove il tè rovesciato bagnava l’erba “Io…. Non posso. Non posso lasciarlo.” Scosse piano il capo “Lui è mio marito, e per quanto le nostre nozze possano esser state combinate, io sono persa in lui.” si voltò verso Bianca, fecendole segno di sedersi di nuovo accanto a lei “Non riesco a concepire la vostra paura, Madonna. Ne avete gli occhi pregni. Vi prego…. Ditemi cosa Girolamo v’ha mai fatto…”
Bianca capì che quello era il momento di avere il coraggio, il coraggio vero, di raccontare ogni cosa. Non l’aveva fatto con i suoi genitori, né con suo marito, né con Levi, lasciando intendere che tutto si fosse trattato di un banale incidente e che il Conte avesse agito seguendo la paura, piuttosto che la follia.
Prese quindi le mani della ragazza, prendendo posto dove ella l’aveva invitata.
“Conosco ciò che provate, mia Signora”, disse, pregando che nessun servitore fosse lì per ascoltare. “Ci sono passata anche io. Ma credetemi quando vi dico che dovete andarvene ora. Non lasciate che si innamori di voi, o al vostro primo cenno di incertezza scoppierà e vi riverserà addosso tutto il marcio che ha dentro. Io non l’ho capito in tempo, Madonna de’ Medici, e avevo la vostra età quando è successo”.
Fece una pausa, che utilizzò per alzare la frangia posta a coprire la fronte e mostrare una leggera cicatrice che la attraversava.
“Come vedete, non sono ancora libera”.
Beatrice guardò quel segno indelebile sulla pelle chiara della rossa, incredula innanzi a una tale storia. Fece mente locale, prima di stringere le mani di Bianca “Mi piace pensare di essere una donna forte. Mi piace inoltre pensare che non sto sprecando la mia vita nel letto di un uomo che non sa vedere la mia anima. Non so come si sia proposto con voi, poiché mi sembra di sentir parlare di uno sconosciuto. Con me Girolamo è così premuroso, certo ha sempre in sé quell’interezza che lo contraddistingue, ma non è mai stato crudele. Mi son meritata un paio di ceffoni, ma perché io l’ho provocato. Non mi farebbe mai del male deliberatamente, io ne sono certa.”
Per qualche istante scivolò il silenzio tra le due, interrotto solo da un lieve soffio di vento gentile. La mora non riusciva davvero a  concepire tutta quella storia. Girolamo non era mai stato uno stinco di Santo, l’aveva visto con i suoi occhi commettere efferatezze uniche e crudeltà abissali, ma non credeva che si sarebbe mai spinto al punto di infierire sulla donna da lui amata. Che quindi non fosse interessato a lei? Che non la ritenesse degna di quelle attenzioni.
Sottolineando che l’ultimo pensiero di Beatrice era il desiderio di farsi picchiare, arrivò da sola alla soluzione “Vogliate perdonarmi, Madonna, ma non vorrei offendervi nel condividere con voi un mio pensiero” attese un cenno dall’altra poi proseguì “Non avete mai pensato che lui si sia comportato così con voi perché credeva di poterlo fare? Non dovreste star qui a piangere, Madonna. Al vostro posto avrei già cercato una spada, visto che non siete agli arresti, e mi starei facendo strada a suon di fendenti sino ad una stalla dove rubare un cavallo per tornare a casa.”
Bianca scosse il capo, affranta.
“Siete una ragazza molto saggia”,  le disse, sforzandosi di sorridere. “Ma vedete con gli occhi dell’amore e parlate con la bocca dell’infatuazione”.
Si alzò in piedi, lisciandosi minuziosamente le pieghe del vestito.
“Non potrei mai lasciare vostro marito ora, Madonna de’ Medici”, confessò. “Oltre a non averne la forza, sono certa  che la mia fuga non segnerebbe altro che la sua ira”.
Guardò verso Palazzo Orsini, verso la stessa porta che il Conte aveva usato per allontanarsi verso i suoi uffici.
“Vogliate scusarmi, ora, Madonna. Torno nei miei alloggi”.
Fece una leggera riverenza, sorridendole un’ultima volta.
“Sono lieta di aver fatto la vostra conoscenza, siete senza dubbio ciò che ogni uomo desidererebbe avere al proprio fianco. Vi auguro ogni fortuna e felicità con il Conte”.
E detto questo si allontanò a rapidi passi, sparendo per i corridoi scuri di Palazzo Orsini, senza lasciare il tempo alla ragazza di replicare.
Beatrice la guardò allontanarsi senza far nulla. La sua mente spaziava lungo tutto quel discorso, sentendo la sofferenza palpabile in ogni singola parola di Bianca.
Anche volendo, però, non sarebbe mai stata in grado di lasciare Girolamo. Sapeva che la sua più grande forza, l’amore che provava per lui e che l’aveva portata a compiere gesta che mai avrebbe sognato di portare a termine, era anche la sua più grande debolezza.
Si ridestò da quei pensieri quando Zita le si fece vicina, passandole il bordo del grembiule sul viso con delicatezza.
Non s’era nemmeno accorta di aver iniziato a piangere.




"Se il vento fischiava ora fischia più forte,
le idee di rivolta non sono mai morte,
se c'è chi lo afferma, non state a sentire
è uno che vuole soltanto tradire."

   
 
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