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Autore: LuceBre    26/06/2013    3 recensioni
La matita che cercava prima disperatamente era scomparsa momentaneamente dai suoi pensieri. Sarebbe ritornata appena quegli istanti di tenerezza sarebbero finiti.
Quella dannata matita.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La matita 4B.


Il viso che stava cercando di riprodurre la stava mandando in crisi.
Non riusciva a ricreare quei punti di luce, quelle rughe di espressione che caratterizzano il volto di una persona.
A rendere il suo umore ancora più nero era il non trovare più la sua matita. La matita che le aveva sempre portato fortuna a scuola. La matita che le permetteva di creare quei bei disegni così tanto decantati dalla sua insegnante di arte e dalla sua famiglia.
L'unica cosa che che placava, o meglio, tamponava quell'animo irrequieto era l'essere in camera da sola, senza il minimo disturbo, il giorno del suo compleanno.
La riteneva una festa così stupida.
Che senso aveva festeggiare l'avanzare degli anni? Festeggiare quell'invecchiamento che avrebbe portato solo problemi. Perché i problemi con l'avanzare degli anni aumentavano.
Aumentavano i problemi. Aumentavano gli anni. Aumentavano le responsabilità. I ricordi. I dolori. Tutto aumentava e niente calava. L'unica cosa che secondo Elena forse calava era la forza, la voglia di mettersi in gioco. Di fare qualcosa di estremo a proprio beneficio.
Per questo preferiva rimanere chiusa in casa, evitando social network e persone che la conoscessero.
Evitava gli auguri.
Cosa pure abbastanza facile in quanto compiva gli anni il primo di novembre. Scuole chiuse, negozi chiusi e solitamente il mal tempo regnava sovrano.
Tutto a suo favore.
Poteva rimanere chiusa in casa a disegnare qualsiasi cosa le capitasse per la testa. In un perfetto silenzio che aleggiava nella camera e con una tavoletta di cioccolata fondente con le nocciole affianco, spesso alternata da un ottimo croccante alle mandorle.
La matita che in quel momento stava usando la stava facendo impazzire. Per l'ennesima volta si era rotta la punta.
Se c'era qualcosa che odiava più del rumore del phon e dell'aspirapolvere era proprio temperare le matite.
Era un odio insensato. Privo di motivo. Un odio però che le nasceva da dentro e che non era mai riuscita a contrastare.
Stufa di dover andare dalla sorella a chiederle il piacere di fare la punta a quella dannata matita si mise a cercarne un'altra. Aprì il cassetto sotto la scrivania dove teneva tutto il materiale da disegno.
Pennelli. Pennarelli. Pastelli. Fogli. Tempere. Acquarelli. Matite. Gomme.
Iniziò a cercare un'altra 4B. Un'altra 4B possibilmente con la punta. Cercò. Svuotò il cassetto. Spostò tutto. Guardò tra gli altri oggetti.
Niente. Non trovava una nuova matita.
Si era impuntata.
Per fare certi dettagli necessitava di una 4B. Non poteva sostituirla con una 3B, troppo dura, o una 5B, troppo morbida.
Voleva quella matita. E l'avrebbe trovata. Non si sarebbe arresa.
Appena iniziava accorgersi che le sue scorte stavano per terminare andava di corsa dal suo cartolaio, suo perché ormai erano diventati amici a causa di tutte quelle volte che gli era capitata lì con fiatone, come se da quel pennello, da quella matita, dipendesse la sua vita. Quindi era sicura che ci fosse da qualche parte una nuova confezione.
Dal nervoso prese uno scacchetto di quella cioccolata tanto amata. Lo morse. Lo masticò. Lo distrusse. Ridusse quel pezzo di nocciola in briciole. Lo massacrò.
Fece un respiro profondo così da tranquillizzarsi ancor più. Avrebbe trovato quella matita. Non doveva agitarsi.
Aprì gli altri cassetti. Doveva essere da qualche parte. Cercò, cercò e cercò ancora.
Niente.
Le mancava solo un mobiletto in cui guardare. Se non l'avesse trovata neppure lì si sarebbe mangiata le mani.
Era il giorno del suo compleanno e i negozi erano chiusi.
E se c'era qualcosa che odiava ancora più del rumore del phon e dell'aspirapolvere, del temperare matite era non portare a termine un disegno nella stessa giornata in cui lo iniziava.
Avrebbe potuto passare10 ore sulla nuova creazione e non le importava.
Prima di andare a letto la nuova opera era finita. Sempre. Se no strappava ciò che finora aveva fatto e lo buttava via. Per quanto potesse essere bello. Per quanta passione potesse averci messo dentro. Per quanto sudore. Impegno. Calorie.
Tirò fuori la prima teca. La seconda e pure una terza. Prendendo la quarta di color verde, suo colore preferito e abbinato da lei ai numeri pari ad una cifra, trovò appoggiata sopra di essa una busta. Una busta con una sola scritta.
Per i diciott'anni di Elena.
Riconobbe la scrittura. La sua. Ricordò quando all'età di 13 anni il giorno del suo compleanno aveva deciso di prendere un foglio a quadretti e scrivere una lettera per quando avrebbe raggiunto la maggiore età. Quel giorno.
Se ne era completamente dimenticata. Non si ricordava neppure come quel foglio fosse finito lì. Tra raccolte di suoi disegni e varie carte meno importanti.
Rise al pensiero di ciò che avrebbe potuto scrivere.
A quell'età era stata una ragazzina vivace. Sempre a giocare al parco e a vedere le partite di calcio dei suoi compagni. La tifosa numero uno. Sempre tanti amici.
Coll'arrivo delle superiori si era era resa conto di quanto fosse superficiale tutto quel giro.
Aveva tagliato i ponti. Stroncati. Irricostruibili.
Aveva trovato una nuova passione. Il disegno.
Con la lettera in mano si diresse verso la scrivania. Si sedette sulla poltrona. Sprofondò nella poltrona.
Prese un altro scacchetto di cioccolata. Lo lasciò sciogliere in bocca. Lentamente.
Girò quella busta tra le mani come se non sapesse cosa farne. Era curiosa, sì. Sapeva però anche essere una cagata di enormi dimensioni. Un qualcosa che non valeva la pena. Mangiò un altro quadratino e aprì la busta. Con impeto. Curiosa. Tirò fuori il foglio. Vide la sua scrittura enorme. Illeggibile.
Si commosse quasi. Era una cosa sua. Faceva parte di lei. Pure quella calligrafia oscena.



1 novembre 2008
Ciao Ele, o meglio, me del futuro.
Prometto che scriverò qualcosa di intelligente. Voglio che tu possa essere fiera di quella ragazza che eri a 13 anni. Prometto.
Tanti auguri per i nostri 18 anni! Prima di tutto.
Se siamo ancora la stessa persona, odierai ancora festeggiare i compleanni. Ti chiedo un favore però. Diciamo un auto-regalo. Il regalo che dovresti fare a te stessa. A noi. Almeno per questo qui, lasciati andare. Lasciati abbracciare da Beatrice. Non rispondere male a chiunque ti faccia gli auguri. Non essere scorbutica. Non rimanere tutto il giorno da sola. Chiusa in camera. Esci e prova a divertirti. Prova a fare pure un sorriso.
Ora, io non so niente della mia nuova me. Non so cosa vuoi fare della tua vita. Cosa stai studiando. Se hai il fidanzato o meno. Ti auguro solo di essere felice. Di diventare chi vuoi. Di essere chi vuoi. Non farti mai mettere i piedi in testa. Sii indipendente. Segui le tue passioni. Fai ciò che devi per essere soddisfatta, fiera di te stessa.
Sai che io adesso ho zero idee. Mi piace uscire con i miei amici e divertirmi. Non so cosa voglio fare del mio futuro. Solo perché tu sai già, perché lo saprai sicuramente, cosa vuoi dalla tua vita, non dimenticare le amicizie. È bello passare ore in compagnia di qualcuno che è alla nostra lunghezza d'onda.
Ho scritto solo poche parole ma non c'è bisogno di aggiungere altro.
Buon compleanno Ele,
L'Ele del passato.


 
Leggendo quelle parole si era commossa.
Non si ricordare così matura. Così seria. Così saggia.
Si era commossa ricordando tutte le emozioni, tutto il tempo speso dietro ad ogni singola parola. Si era commossa e si sentiva felice.
La matita che cercava prima disperatamente era scomparsa momentaneamente dai suoi pensieri. Sarebbe ritornata appena quegli istanti di tenerezza sarebbero finiti.
Quella dannata matita.
   
 
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