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Autore: xhisdimples    26/06/2013    8 recensioni
Bene Perrie Edwards, è arrivato il momento di chiudere anche con te.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jesy Nelson, Perrie Edwards
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
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A te, per l’ennesima delusione.

 
 

LET HER GO
 

 

Osservo lo schermo del cellulare, ancora, sperando.
Illuminati, continuo a ripetere come un’idiota, neanche fosse una parola magica.
Che poi, sinceramente, cosa sto aspettando? Un messaggio ipocrita e bugiardo che mi darà solo qualche altra ragione per avercela con lei ancora di più?
Sospiro, passandomi la lingua sulle labbra secche.
Sì, alla fine, sto aspettando proprio questo: un segno che mi faccia capire che lei ancora si ricorda di me.
“Jesy, smettila.” Alzo lo sguardo dal telefono, incontrando le iridi cioccolato di mia mamma. “Non scriverà.” La veridicità della sua affermazione mi colpisce in piena faccia, come uno tzunami mandato a cancellare la presenza dell’uomo dalla faccia della Terra.
Ha ragione cazzo, e io lo so.
E allora perché non riesco a smettere di fissare lo schermo nero del mio BlackBerry? Perché non riesco a smettere di stringere questo aggeggio infernale come fosse la mia ancora di salvezza? Cosa c’è di sbagliato in me?
Sento una mano appoggiarsi sulla spalla e riesco a leggere tutta la compassione negli occhi di mamma.
La compassione: che sentimento spregevole! L’ho sempre odiata: mi fa sentire piccola e indifesa, quando io sono una combattente, io non mi arrendo! Io sono Jessica Louise Nelson, nessuno può trattarmi come una pezza da piedi solo perché le comoda. Io sono migliore di così, non me lo merito.
Mi alzo, avvicinandomi all’enorme specchio a figura intera che mia sorella tiene appeso al suo armadio, e mi osservo: i capelli castani, che mi scendono morbidi lungo le spalle, ricadono su una maglia bianca con qualche scritta disordinata.
Con le mani tremanti prendo i lembi della maglia e inizio a tirare: voglio romperla, distruggerla, bruciarla, se fosse possibile.
Ancora mi ricordo quando Perrie me l’ha regalata.
“Il bianco mi ricorda l’ordine, ma le scritte ovunque danno un certo senso di confusione che ti rappresenta Jesy.” Ricordo di aver sorriso a quella affermazione: nessuno sembrava conoscermi più di lei, in quel momento.
“Tesoro, vuoi un caffè?” Mamma mi sorprende così: le lacrime agli occhi, le mani intente a torturare la stoffa sottile e il petto scosso da qualche singhiozzo. “Puoi anche andare a rinfrescarti, se ti va.” Sorride, prima di sparire in cucina.
Lancio uno sguardo alla valigia leopardata ancora chiusa, buttata ai piedi del divano di casa Nelson, e realizzo che forse una doccia non è una cattiva idea, forse riuscirò a sbollire la rabbia e la delusione.
 
 
Quando torno in salotto, mezz’ora dopo, la situazione non è migliorata per niente.
“Ho pensato che una tisana fosse un’idea migliore.” Sorrido, poco convinta, e mi accomodo al tavolo in mogano scuro. Fuori piove, non la solita pioggia leggera che caratterizza le giornate Inglesi: l’acqua si abbatte sul terreno con una forza imponente, scrosciante, come se non ci fosse un domani. Se mi affacciassi alla finestra, probabilmente non riuscirei a scorgere nemmeno la mia macchina, parcheggiata a pochi metri dall’ingresso del palazzo. “Ti va di..”
Mamma sussurra, come a non voler interrompere la linea incasinata dei miei pensieri: lo apprezzo, davvero tanto. Lei sa che, con i miei tempi, le dirò come mai sono piombata a casa, alle 4 del mattino, in lacrime.
“Los Angeles è stupenda, sai?” Stiracchio le labbra in quello che dovrebbe essere un sorriso e punto gli occhi nella mia tisana alla menta piperita, mamma ha capito che ho altro da dire, così attende. “E’ una città bellissima, totalmente diversa da Londra, e se non avessi gli studi a trattenermi qui, probabilmente non tornerei più.”
Appoggio la schiena allo schienale della sedia sulla quale sono seduta e mi abbandono ai ricordi degli ultimi 3 mesi in America: sono partita con l’idea di restare qualche settimana, per uno scambio culturale, ed invece mi ero trovata un lavoro part-time e sto cercando un’Università sostitutiva. Tutto, a Los Angeles, profumava di libertà per una ragazza di 22 anni cresciuta da una madre iperprotettiva e da un padre con aspettative troppo alte.
Cosa mi aveva portata oltre oceano?
Nell’ultimo anno avevo iniziato a sentirmi infelice, particolarmente oppressa e sola. Avevo bisogno di staccare, abbandonare una realtà che non mi apparteneva più, e cercare una soluzione a tutti i miei problemi.
Così avevo deciso di partire, dopotutto l’America era il mio sogno da quando ero bambina: ora che sono maggiorenne e vaccinata, chi avrebbe potuto impedirmelo?
“Ma?” La voce di mamma mi interrompe, riportandomi alla realtà.
“Ma, ora, temo di aver fatto una cazzata.”
“Ti sei pentita di essere partita?” Lo sono? Sospiro, prendendo un attimo per pensare.
No, non lo sono per niente.
Certo, ho abbandonato l’Università a metà semestre e quindi dovrò ridare quasi tutti gli esami, a Settembre, ma questo è solo un piccolo dettaglio, in confronto all’esperienza di vita che mi sto costruendo.
Cazzo, parlo come mio padre.
Poi, ho lasciato qui i miei amici, ma questa “cosa” mi ha aiutato a capire chi sono quelli veri e chi sono, invece, gli infami. Tutte le persone alle quali non è mai importato niente di me sono magicamente sparite, del tutto, mentre gli Amici sono rimasti.
Ed è qui, il nocciolo del discorso.
Chi, è rimasto, alla fine?
“E allora cosa c’è che non va, Jesy?” C’è che sono sola come un cane mamma, ecco cosa c’è. Alzo lo sguardo, incrociando nuovamente i suoi occhi dolci e sento le lacrime bagnarmi le guance, ancora.
“Mi ha delusa così tanto mamma. In 3 mesi mai un messaggio, niente.” La donna si alza e mi abbraccia, stringendomi forte, come se volesse strappare l’enorme voragine che sento nel petto facendola entrare in lei. Immergo il volto nell’incavo del suo collo e annuso il suo profumo: sa di buono, di pulito, di casa, e mi era mancata terribilmente.
“Shh, non piangere amore.” Sussurra tra i miei singhiozzi. “Lo sapevamo che Perrie era un’ochetta, no?” Ridacchio, divertita dal soprannome che mia mamma aveva sempre affibiato alla bionda, da quando eravamo piccole.
“Sì, ma..” “Non ci pensare, ho fatto la torta.”
 
 
La mia partenza per Los Angeles è fissata per Giovedì: oggi è Martedì e di Perrie ancora nessuna traccia. Quando le avevo annunciato il mio ritorno, anche se per un breve periodo, si era dimostrata entusiasta e sembrava non vedesse l’ora di riabbracciarmi.
Come ho potuto credere alle sue parole, alla sua finzione? Sono sempre la solita illusa.
Dopo 12 anni non ho ancora imparato come funziona: lei ha un problema e, allora, corre dalla tenera e dolce Jesy, dopo di che si dimentica della mia esistenza. Dopo tutto, perché dovrebbe? Tutte le sue amiche sono esattamente come lei: fisico da Barbie, visino perfetto, felicemente fidanzate. Per quale assurdo motivo dovrebbe tener conto di me? Io sono bruttina, con decisamente qualche kilo di troppo e il mio ultimo fidanzatino risale ai tempi delle scuole medie.
Forse dovrei solamente smettere di autocommiserarmi e iniziare a guardare in faccia la realtà. Forse dovrei solo capire che, in questi 3 mesi senza di lei, sono sopravvissuta, e anche bene.
D’altra parte, a Los Angeles ho un sacco di amici che mi accettano per quella che sono, con la mai taglia 46 e il mio carattere acido e difficile. Questa dovrebbe essere la normalità. Non ero mica andata in America per chiudere con tutto quello che mi faceva sentire a disagio con me stessa?
Bene Perrie Edwards, è arrivato il momento di chiudere anche con te.
 
 
Casa Edwards è sempre stata una villa imponente, costruita nella periferia di Londra, in un quartiere dove tutti sapevano tutto di tutti ma fingevano, comunque, di non giudicare nessuno.
Quando parcheggio fuori dal cancello in ferro battuto sono le 7 del mattino: una canzone triste passa alla radio, e io alzo il volume, bruciandomi la lingua mentre sorseggio il mio cappuccino appena comprato.
Coraggio Jesy, ora o mai più.
Scendo dalla macchina avventurandomi nel freddo pungente di un mattino di Giugno: la Cinquecento gialla vecchio modello di Pezz è parcheggiata nel vialetto, esattamente come me la ricordavo.
Citofono e, mentalmente, mi maledico: probabilmente stanno ancora tutti dormendo e io, stupida ragazzina, sono venuta a disturbare la loro quiete. Così sono parecchio sorpresa quando una voce che conosco bene risponde dicendo che scenderà. Come faceva Perrie a sapere del mio arrivo? Cosa ci fa già sveglia a quest’ora? Lei non è mai stata un tipo mattiniero, anzi, ed ora, nel bel mezzo dell’estate, si alza all’alba?
Quante cose sono cambiate in 3 mesi.
“Jesy?” A giudicare dal suo tono di voce, direi che non si aspettava di vedermi. La osservo, mentre cammina lungo il ciottolato bianco: i capelli biondi sono ora tinti di rosa, ha perso qualche kilo, ancora, ma per il resto è sempre la stessa, bellissima, Perald.
“Hey.” Agito la mano, in segno di saluto, e lei aumenta leggermente il passo, correndomi incontro. Cosa sta facendo? Si aspetta una di quelle scene da film dove le due amiche si ritrovano dopo mesi e tutto torna come prima?
“Posso abbracciarti?” Sorride ed io, automaticamente, faccio un passo indietro. Non è da me, mi ero imposta di stare al suo gioco fino a quando avrebbe chiesto qualcosa dell’America. Invece proprio non ce la faccio. Tutte le lacrime delle ultime ore mi tornano in mente e, se non fosse che passerei per cafona, avrei voglia di schiaffeggiarla.
Perrie nota la mia esitazione, ma non sembra importarle. Si stampa, invece, un brillante sorriso in faccia e inizia a cercare qualcosa nella borsetta. “Tu non sai quante cose ho da raccontarti! Sai Zayn, il ragazzo che mi piaceva? Noi..”  “Non mi interessa.”
Ancora una volta, non so cosa mi sia preso. La bionda, anzi rosa, mi fissa, la bocca spalancata a formare una ‘o’. “Come non ti..”
“Esatto, non mi interessa. Minimamente.” Sbatte gli occhi, scioccata, prima di ricominciare a prestare attenzione alla borsa. Coraggio Perald: dopo 3 mesi, neanche ‘come stai?’ riesci a chiedere?
“Ma dimmi un po’ di Los Angeles: è vero che i ragazzi sono tutti bellissimi?” Complimenti, complimenti davvero. Sogghigno, prima di girare i tacchi e tornarmene alla mia Mini Cooper rossa: come ho fatto a perdere 12 anni della mia vita dietro a questa gallina? “Jesy? Che c’è?”
Mi volto e la guardo, per l’ultima volta. “C’è che, per anni, mi hai fatta sentire inferiore perché non ero perfetta quanto te. C’è che, per anni, mi sono illusa di essere almeno un pochino importante per te: evidentemente mi sbagliavo. C’è che speravo, un volta tornata, di ritrovare la mia amica. Il problema è che, per te, non sono un’amica: io sono solamente una macchina sforna favori e, cara Perrie, sono stufa.” Soddisfatta del mio discorsetto, tiro fuori le chiavi della macchina e la apro: una volta al riparo nel mio abitacolo, posso lasciare le lacrime libere di scendere.
Basta Jesy, sarai solo più felice ora.
Metto in moto e affondo il piede nell’acceleratore, intenzionata a mettere più distanza possibile tra me e il mio passato. Quando passo in fianco alla ragazza la vedo singhiozzare: tutta la compassione che avevo è andata a farsi fottere.
Accelero.
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
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Well you only need the light when it’s burning low
Only miss the sun when it starts to snow
Only know you love her when you let her go
 
Only know you’ve been high when you’re feeling low
Only hate the road when you’re missing home
Only know you love her when you let her go
And you let her go

 
 
 
 

Ciao pipol :D
Allora (cazzo, non si iniziano le frasi con “allora”! vabbè, pace) questa è la mia prima OS con, come protagoniste, le Little Mix. Beh, honestly, solo 2 di loro e la “mamma” Jesy :)
Comunque.. questa One Shot è tratta da una storia vera quindi ogni riferimento a fatti e persone realmente esistiti non è puramente casuale. Non so perché ve lo sto dicendo, ma pazienza.
Tornando alla storia: scusatemi se fa schifo, sono parecchio “eccitata” all’idea di postare la mia prima OS sulle ragazze (fino ad ora ho sempre scritto sugli One Direction) e vorrei tanto sapere cosa ne pensate.
Grazie mille a te che/se lascerai una recensione e, in ogni caso, grazie a chiunque sia arrivato fin qui :)
F.
 
TWITTER - @xhisdmimples
p.s. la canzone sopra citata si intitola “Let Her Go” - Passenger

   
 
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