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Autore: MilesRedwing    28/06/2013    2 recensioni
Un giovane Hector Barbossa approda a Tortuga per la prima volta, dopo essere fuggito dalla sua città natale distrutta da un'orda di pirati turchi. Disperato, distrutto nell'animo e nel corpo, si dirige verso una delle locande della città. Sulla strada incontra uno strano ragazzo, molto giovane, sui sedici anni che lo aiuterà a trovare la forza di reagire e gli troverà una nave ...
Genere: Drammatico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hector Barbossa, Jack Sparrow
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Il cappotto sudicio e consumato, il cappello  senza più neanche una piuma, esausto e privato anche del bene più prezioso, Hector Barbossa era appena sceso da un mercantile e con passo pesante si dirigeva a una di quelle locande in cui i lupi di mare e i marinai d'ogni sorta, perduti, trovati , perdenti o vincitori si fermavano a bere un boccale.
La sua casa era stata rasa al suolo, la sua vita, la sua città erano state date alle fiamme. Ancora li ricordava i volti grotteschi e terrificanti di quegli uomini senza Dio, quei pirati turchi che avevano messo a ferro e fuoco il villaggio, derubato, ucciso, ferito della povera gente, famiglie, donne, uomini e bambini. Chiuse gli occhi, quella notte, quelle scintille, quegli spari e quelle grida li stava rivivendo esattamente come erano accaduti. Sua moglie, la sua adorata Anna, che cadeva tra le sue braccia, sotto tre colpi di fucile. Sua figlia Vanessa, di soli cinque anni, che veniva portata via da un uomo incapucciato e dallo sguardo crudele. Era passata una settimana. Il tempo di fuggire, raccattare un po' di grano e imbarcarsi sulla prima nave disponibile. Tortuga, la città della perdizione e del peccato. Il regno dei pirati. In quel luogo cosi ignobile, sudicio, impregnato di rum e dissolutezze, Hector cercava una speranza, voleva trovare il modo di ricominciare o magari andare ancora più a fondo. Non che gli importasse più di tanto. La sua anima era ormai vuota, distrutta, cenere. Non provava né dolore, né odio, né rancore, né tantomeno tristezza e dispiacere. Non sentiva niente. Oramai aveva scordato chi era. Si sentiva come un naufrago su un'asse di legno in balia di una tempesta. Perduto, pensò. Ma forse perdersi era l'unico modo per trovare qualcosa di introvabile, per dimenticare tutto, per tornare al punto di partenza, prr diventare un'altra persona.
Girò i tacchi, si tolse il vecchio cappello dal capo e con uno scatto rassegnato si appoggiò al banco e ordinò un boccale di rum.
"È la prima volta che ti vedo in questa bettola." gli fece eco sprezzante un uomo seduto lì accanto. "Da dov'è che vieni, marinaio?"
"Un posto che forse non è mai esistito." L'uomo di girò e tornò a ubriacarsi, pensando che quello strano sconosciuto fosse suonato come una campana rotta. Hector non si muoveva, gli occhi bassi su quella bevanda rossastra e dall'odore persistente. 
"Di un po', il gatto ti ha mangiato la lingua?" L'oste lo stava fissando da un po' e non intendeva darsi pervinto.
Hector non rispose. Buttò sul legno consumato tre pezzi da otto e uscì da quel vecchio scantinato. 
Se non altro fuori avrebbe goduto d'un po' d'aria fresca. Si guardò intorno, mezzogiorno, pensò. Non una sola anima in giro per le strade, tutti a bere e rimpinzarsi o godere di piacevoli compagnie nei posti più squallidi.  L'uomo si sedette sul molo, si tolse il vecchio cappotto e lo posò a terra. In una tasca trovò abbandonato un nastrino per i capelli, rosso come il sangue, rosso come i capelli della bimba a cui era tanto caro. "Vanessa." Disse come un sussurro soffocato. "La mia Vanessa ..." . Si rigirò il piccolo oggetto tra le mani, poi lo prese per un filo che si stava strappando e lo tenne sospeso sull'acqua scura. Lo guardò ancora per un attimo, un piccolo, esile e fragile momento di tristezza. Una lacrima gli scivolò sul volto, bruciò sulla ferita ancora fresca che gli rigava la guancia. Solo un vano tentativo di salvarla. La sua vigliaccheria come padre, come genitore ... le era costata la vita. Povera bimba ignara e debole. In uno scatto d'ira lo gettò a mare. Guardò quel piccolo pezzo di stoffa color porpora sparire nella nebbia. Pensò a lei e ai suoi sorrisi. "Papà.". Si coprì il volto con le mani e cercò di piangere, invano.

Era ora di pranzo. Il sole  picchiava forte e la sua pancia brontolava.  Il giovane pirata dai capelli scuri e la bandana sulla testa si portò una mano al mento e se la passò intorno alle labbra, quasi a voler lisciarsi i baffi che ancora non aveva. Quasi a volersi dare un tono. Si sfilò il lungo cappotto blu, una cosuccia che fino a due giorni prima era stata di suo padre. Ah, pensò. Chissà cosa stava facendo ora quel vecchio capitano arrugginito, chissà se sentiva la mancanza del suo Jackie. Il ragazzo si fece pensoso e serio. Suo padre non lo aveva mai considerato più di tanto. Sua unica preoccupazione era la Misty Lady, la sua grande nave, terrore dei Caraibi, insieme naturalmente al Codice dei pirati, stilato da Morgan e Bartholomew. "Codex lex est". Ripeteva sempre il vecchio e di solito seguivano una cinghiata o una sberla, o entrambe le cose. Era quello il motivo che lo aveva spinto a scappare di casa, imbarcarsi su un mercantile e fuggire a Tortuga. "Mannaggia!" Aveva pensato quella notte, leggendo di nsscosto quel librone nello studio di suo padre. " Se questa è legge, è legge anche che posso andare via quando voglio e  che sono ... libero". Libertà. Dopotutto era quello il vero scopo della pirateria. E una nonna sanguinaria e un padre menefreghista non lo svrebbero certo frenato. Capitan Jack Sparrow. Sarebbe diventato il più grande, temibile e leggendario pirata dei sette mari, e forse anche di tutti gli oceani, di tutto il mondo e anche dell'aldilAHAAAAA!
Mannaggia. Era inciampato un'altra volta in quelle rognose assi di legno del molo. Si alzò tenendosi il ginocchio e solo allora si accorse di un pezzo di stoffa rosso che galleggiava nell'acqua sotto i suoi piedi. "Toh, guarda che ci ha portato l'alta marea!" Esclamò curioso il ragazzo. Si rigirò tra le mani quella specie di ... nastro e poi lo fissò con una strana smorfia a metà tra il disprezzo e la delusione. " Bleah! Non mi frutterai neanche un pezzo da otto!". Mentre strillava queste parole con quella vocetta gracchiante che si ritrovava, i suoi occhi color nocciola scorsero una misteriosa figura seduta a un molo lì vicino. 
"Ohi! Signore!" Chiamò Jack avvicinandosi con la camminata ancheggiante e buffa che usava per attirare l'attenzione o per fingersi suonato. Una delle due a seconda dell'occasione. 
" È suo questo affare?"
Disturbato. Annoiato. Hector si destò dal suo commiserarsi e alzò la testa in cerca del padrone di quel fastidioso bofonchiare. "Ah. E tu chi saresti?" Fissò con stupore quello strano giovanotto, all'incirca sui quindici o sedici anni, dalla bizzarra postura e lo sguardo perso nel vuoto. I capelli neri gli ricadevano sul volto in una massa informe e si confondevano con la bandana. Indossava un gilet da galantuomo e una camicia da straccione, un paio di pantaloni evidentemente troppo larghi per lui e tenuti su da due cinturoni di cuoio stretti fino all'ltimo buco. Sembrava uno squattrinato moccioso scappato di casa con indosso qualche straccio rubato al padre o al fratello maggiore.
"Il mio nome" Aveva ricominciato la strana figura. "È Capitan Jack Sparrow. Avrete sentito parlare di me, messere." Gracchiò il giovanotto con un sorriso sghembo. Hector lo fissò serio e poi la sua espressione mutò in un sorriso e con aria di sfida disse "Non ho avuto il piacere. Dov'è la vostra nave, mh, capitano?" 
Jack non credeva alle sue orecchie. Quello straccione forse anche più vecchio di suo padre osava rivolgersi a lui con quel tono sfacciato. "Sono qui, sapete e per l'appunto in cerca di una nave. E quando l'avrò trovata potrò finalmente mettere le mani su qualche bel tesoro. Ma basta parlare di me. Veniamo a voi, piuttosto, perso qualcosa?" Detto questo il ragazzo tirò fuori dalla tasca il nastrino di Vanessa. "Da quando un uomo della vostra età passa del tempo ad agghindarsi?" Gracchiò poi irriverente e, scoppiando in una sonora risata iniziò a giocherellare col piccolo pezzo di stoffa.
"Sai, per quel che mi riguarda te lo puoi anche tenere." Rispose Hector. "Non vale più un soldo bucato per me". Si voltò di nuovo verso il mare, poi riprese a sospirare.
"Ah ... comunque" Aveva ripreso il giovane. "Come mai quest'aria abbattuta? Vi hanno derubato?" Chiese con un sorrisetto innocente. Poi, per divertirsi ancora di più a stuzzicare quello strano signore, prese a dargli dei colpi sulla spalla e a battere i tacchi degli stivali sul molo per attirare nuovamente la sua attenzione. 
"Non mi piacciono i ragazzini rompiscatole e chiacchieroni come te, sai? Quindi se non vuoi trovarti stecchito su queste assi con un olpo di pistola in mezzo alla fronte ti prego di tacere e sparire." Quelle parole gli erano uscite dalla bocca tutte d'un fiato e le aveva gridate così forte da farsi sentire da tutto il quartiere. 
Jack si tirò indietro scosso e, impaurito si rimise il cappotto, prese il nastrino e se la diede a gambe.
Barbossa si sedette, ancora più stanco e rassegnato. Sarebbe rimasto un cane e un maleducato tutta la vita forse. Non gli importava. Non gli importava nemmeno di restare lì, immobile, a guardare il mare. Si voltò per un attimo in cerca di quello strano giovane. Era sparito. Anche l'ultima prova del suo umano menefreghismo si era dileguata. Si distese sul legno ruvido, ripensò alla sua Anna. A quel pic nic sulla spiaggia di cinque anni prima, al giorno in cui le aveva dichiarato tutto il suo amore. Vuota. La sua mente era una stanza buia. Preso da quei fantasmi di pensieri, annegando nella falsa speranza che niente fosse mai accaduto, si addormentò, cullato dal frusciare delle onde.

Via. Via. Corri, corri più in fretta che puoi! Pensava Jack mentre fuggiva a zig zag tra i vicoli di Tortuva, tentando di seminare l'oste che aveva fatto infuriare dieci minuti prima. Quella ragazza era proprio un bel bocconcino. E all'inizio la folle idea di dichiararsi a una sconosciuta davanti agli occhi di tutti gli era parsa una vera genialità. Peccato che quella bella giovane fosse l'unica figlia, l'unica perla di uno dei proprietaei più feroci e attaccabrighe di tutta Tortuga. All'omaccione era bastato scorgere quel ragazzo accanto alla sua dolce Marie per sguinzagliargli dietro tutti i suoi scagnozzi più i cani da guardia. Jack si dava alla fuga. Lo faceva sempre quando era disperato, lo aiutava a pensare, specie se lo faceva sfruttando quella sua insana camminata.
"Ti acciufferemo, Sparow!" Gridavano gli energumeni inferociti dietro di lui. "Ti squartiamo e poi gettiamo quel che resta di te ai pescecani!". Quelle dolci e soavi parole contribuirono ad accellerare la sua corsa sgangherata e a fargli raggiungere il molo." Devo trovare una nave." Si disse il giovane, preoccupato. In uno spasmo di pura follia, si accorse che quel vecchio con cui aveva parlato quella mattina dormiva tranquillo sulle assi del molo. "Signore! Oooohi! Signore, vi prego, aiutatemi!" Gridò con tutto il fiato che aveva in corpo scuotendo il pover'uomo. "Mhm ... cosa c'è? Chi è?" Sbraitò quello mezzo adormentato. "Ti do il venticinque per cento dei miei guadagni e/o risparmi di cui al momento sono a corto ma che mi propongo di reperire. Salvami, aiutami a portare una di queste navi fino a uno sputo di terra che non sia Tortuga e poi te la potrai tenere, andiamo se no mi fanno la pelle, comprendi?" Hector corse mano nella mano del giovane e sputò fuori un "Andata" quasi campato per aria. Rubarono uno di quei velieri e misero in atto la più nobile delle tradizioni piratesche dandosela a gambe, e mettendo le loro vite in salvo.
" Dimmi un po' il tuo nome che il il mio te l'ho detto." Gracchiò Jack, con fare da veterano. "Mi chiamavo Hector Barbossa". Rispose quello. I due si fissarono per un momento. 
"Ti ci chiami ancora, no?" Azzardò il più giovane. "Si." Proferì l'altro. "Al timone allora, signor Barbossa, che il capitano sono io!"
"No. "Bofonchiò Hector. "Te lo sogni, qua il capitano sono io!" E detto questo si calò fiero il cappello consunto sulla testa. 
"Io non credo proprio" Disse furioso il più giovane. "Nessuno sfida capitan Jack Sparrow!" 
L'uomo lo guardò incuriosuto per un minuto, poi sguainò la spada e disse " E nessuno minaccia Capitan Barbossa.Siete sotto il comando di uno dei più feroci pirati dei sette mari, signor Sparrow, attento a quel che direte, avrei parecchio da dire anch'io."Poi rinfoderò la lama arrugginita, prese dal cassero un vecchio cannocchiale e si mise a scrutare l'orizzonte. "Niente e nessuno me lo porterà via" Si disse guardando il mare. " Ecco perché da ora navigarlo sarà la sola cosa che mi starà a cuore".
  
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