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Autore: xbiebersvoice    28/06/2013    15 recensioni
Sarei dovuto divenire un angelo custode.
Quelli erano stati i miei programmi: completare la preparazione, aspettare che mi venisse affidata un’anima da proteggere e successivamente sorvegliarla dall’alto, dal mio posto nel Paradiso.
E invece cos’ero finito a fare?
Mi avevano spedito giù sulla Terra, a ricoprire un ruolo secondario che sarebbe dovuto invece spettare ad un principiante. Non ad uno come me.
E tutto questo per cosa? Per lei.
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Justin Bieber
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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10.

 

 

 

Mi sistemai un’ultima volta i capelli, portando una ciocca sulla destra dietro l’orecchio per non ostruirmi la vista, ed entrai in cucina con le migliori intenzioni e il più alto grado di speranza.
Avevo passato gli ultimi giorni ad informarmi riguardo quel progetto con l’estero, quello a cui speravo di far parte e che avrebbe portato in casa mia uno studente dell’Inghilterra, ed ora tutto ciò che mancava perché potessi aderire, era il consenso dei miei genitori.
E temevo che non l’avrei ricevuto.
«Buongiorno» li salutai, schiarendomi la voce ancora assonnata per il sonno interrotto qualche decina di minuti prima.
Mio padre sollevò gli occhi dal giornale che quotidianamente leggeva ogni mattino mentre Adrianne, la sua compagna, distolse gli occhi da quanto stava cucinando per rivolgermi un radioso sorriso. Il suo pancione già sporgente toccava il limite del bancone ma lei lo proteggeva con un palmo della mano, come se volesse entrare in contatto con il bambino poco distante. Lì dentro c’era mio fratello –okay, il mio fratellastro, ma questa parola suonava così male– e ancora dovevo realizzarlo.
«Buongiorno, Helena. Cosa vuoi per colazione? Sto facendo i pancake!» esordì Adrianne, e i suoi occhi sprizzavano entusiasmo e vitalità già da ora, così di prima mattina. Si elettrizzava per tutto e per niente, quella donna. E un po’ la invidiavo, perché in tal maniera era sempre allegra.
«Niente, grazie. Devo uscire a momenti» declinai la sua offerta, con il tono più gentile che mi era possibile. Era abbastanza paranoica e anche solo una sfumatura di voce diversa le avrebbe fatto pensare che il motivo del mio rifiuto fosse perché non apprezzavo la sua cucina. Quindi, prima ancora che potesse pensarci, decisi di andare dritto a ciò che mi interessava. «Prima di andare però vorrei chiedervi una cosa...»
Avevo scelto di fare loro quella proposta il mattino perché, genericamente, era il momento della giornata in cui eravamo tutti più tranquilli.
Mio padre era il co-proprietario di un piccolo negozio in centro, gestito insieme ad un suo caro amico d’infanzia. Raggiungeva il luogo di lavoro più sul tardi, lasciando la mattinata al suo collega poiché questo, non avendo figli né una compagna incinta, non aveva altri impegni o pensieri per la testa.
Adrianne invece, dato il suo stato interessante, aveva lasciato il suo precedente impiego come segretaria in un centro estetico, siccome gli affari per papà andavano abbastanza bene da permetterglielo.
«Novità in vista?» si incuriosì papà, abbassando il giornale e dedicandomi la sua attenzione. «Dicci tutto, piccola.»
Inclinai un poco la testa a quel nomignolo che lui da sempre si rifiutava di abolire. Avevo diciassette anni ma per lui ero sempre la sua bambina. Mi trattava con la stessa premura e la stessa dolcezza che aveva usato in passato, nei miei primi anni. Non ne voleva sapere di accettare il fatto che fossi cresciuta.
Ad ogni modo, mi schiarii nuovamente la gola e mi avvicinai al tavolo circolare, posando poi i palmi sullo schienale della sedia più vicina.
«Ecco, a scuola ci sarebbe questo progetto con l’estero che prevedrebbe l’arrivo di qualche studente inglese dalla Gran Bretagna» iniziai ad esporre loro, giocherellando nervosamente con le mie stesse dita. «Servirebbe loro un alloggio, quindi... mi domandavo cosa ne avreste pensato riguardo l’ospitare uno di loro qui da noi.»
Riassunsi il più possibile la situazione perché sapevo che dilungare il tutto non avrebbe avuto senso. In qualsiasi modo glielo avrei esposto, avrebbero giudicato l’idea in ogni minimo particolare quindi anche se ci fosse stato qualche lato negativo che avrei voluto nascondere, loro l’avrebbero scovato. Anche se questo comportamento era più tipico di mio padre.
Adrianne terminò di rigirare un pancake nella padella e abbassò un poco il fuoco, voltandosi poi nella mia direzione per concentrarsi anche lei nella discussione.
«Beh... è un’idea grandiosa!» esclamò in seguito, con le iridi chiare illuminate da un bagliore d’entusiasmo. Rimasi sorpresa dalla sua risposta così immediata, ma mi risollevai nel notare fosse positiva. «Potrebbe parlarci del suo Paese, ho sempre sognato di visitare Londra. Potremmo...»
«Non sono sicuro sia una buona idea, Adrianne, considerando le tue condizioni» la interruppe immediatamente papà, lanciandole un’occhiata ferma. Ripiegò totalmente il giornale e lo appoggiò ad un lato del tavolo. «Sei al quinto mese, una persona in più a cui tenere bada potrebbe essere stancante per te.»
Dischiusi le labbra per obbiettare, ma successivamente le serrai nuovamente.
Non avevo pensato a questo, non avevo tenuto conto dello stato di Adrianne ed effettivamente ora che mio padre aveva esposto quella considerazione ammettevo che il tutto poteva divenire un poco più complicato.
Forse era meglio che non entrassero novità troppo scombussolanti nella nostra vita finché lei era in stato interessante, per il bene suo e del bambino. Nei mesi a seguire sarebbe stato più difficile per lei e tutto quello di cui avrebbe necessitato sarebbe stato serenità e riposo.
«Ma cosa dici! Sarà bello avere qualcuno in più che gira per casa, non c’è mai nessuno qui! Entrerebbe un po’ di vita fra queste quattro mura» ribatté Adrianne, gesticolando un poco come sempre esagitata, con i suoi ricci capelli castani che svolazzavano attorno al suo viso. Si voltò verso di me, sempre con quel sorriso raggiante sul volto. «È una bellissima idea, Helly. Io approvo!»
Helly. Lei e Blys erano le migliori ad affibbiare nomignoli, infatti non c’era da stupirsi se quando la mia migliore amica veniva a farmi visita, queste due si trovavano incredibilmente d’accordo su tutto. Sarebbero potute essere tranquillamente madre e figlia.
«Ne sei sicura? Papà dopotutto ha ragione e...» biascicai, ora meno convinta di prima.
Lei annuì vigorosamente. «Ma certo! Lo sai che tuo padre è sempre troppo premuroso e apprensivo.»
Voltandosi verso di lui, il suo sguardo cambiò totalmente. Gli lanciò un’occhiata truce, assottigliando le palpebre, come ad intimarlo di non obbiettare ulteriormente.
Ma ovviamente quest’ultimo non le diede bada. Come biasimarlo, Adrianne con fatica poteva intimorire qualcuno.
«Ne discuteremo più approfonditamente questa sera, Helena» giunse ad una conclusione, sogghignando un poco per quel tentativo mancato della sua compagna di ammonirlo. «Non contarci troppo, però.»
Gli angoli delle mie labbra si sollevarono per dipingere sul mio viso un sorriso raggiante.
Il suo discutere equivaleva sempre all’accettare, anche perché sapevo che Adrianne sarebbe stata dalla mia parte e sarebbe stata in grado di convincerlo. Era sempre stato così: lei era favorevole a qualcosa, mio padre ne dubitava, lei gli riempiva la testa di fattori positivi e alla fine lui, stremato, accettava.
Distaccai le mani dallo schienale della sedia ed indietreggiai per raggiungere la soglia della porta, per poter poi uscire di casa.
«Come preferisci» dissi, cercando di contenere il sollievo che ora mi scorreva dentro. «Vedrai, il nuovo componente della famiglia ti piacerà!»
Sentii ridacchiare entrambi, poco prima di chiudermi la porta di casa alle spalle.

Entrai velocemente nella mensa della scuola, anche se propriamente non avevo idea di ciò che avrei fatto al suo interno. Di mangiare non ne sentivo il bisogno, e di unirmi al tavolo di Alyssa e i suoi amici non ci pensavo nemmeno, ora che inoltre non ne avevo alcun motivo, siccome ero riuscito di mio ad avvicinarmi ad Helena.
Avevo passato l’intera nottata fuori da casa sua, proprio come Mihael mi aveva chiesto. In realtà, supponevo che lui avesse inteso proprio l’entrare in casa sua e sorvegliarla più da vicino, ma onestamente non me l’ero sentita di invadere in tal modo i suoi spazi.
Avevo parcheggiato l’auto nella via dove si trovava casa sua, un poco più indietro giusto per non dare troppo nell’occhio, e avevo trascorso più di otto ore a fissare distrattamente la porta e le finestre dell’abitazione, siccome non avevo idea di quale fosse la sua stanza. Per quanto sapessi fosse il mio compito, era stato parecchio noioso. Talmente tanto che avevo rischiato ancora di addormentarmi come nella lavanderia automatica, sebbene non ne avvertissi l’esigenza.
Però non era accaduto niente di strano o preoccupante, quindi quando alle prime luci del giorno avevo visto le tende di una finestra al piano di sopra scostarsi, avevo velocemente acceso il motore della mia auto ed ero tornato al mio appartamento, pronto a prepararmi anch’io per la mia giornata di scuola.
Fermandomi poco distante dalla fila di studenti che aspettava il proprio pranzo, mi gettai un’occhiata intorno senza neppure sapere chi propriamente stessi cercando. Notai qualche viso conosciuto, gente che frequentava qualche lezione con  me, poi riconobbi quello a me più familiare.
Quella mattina Helena era venuta a scuola. Ciò significava che nonostante lo spavento del giorno prima, quando aveva rischiato un bell’incidente, fortunatamente ero riuscito ad evitarle un pesante trauma ritirandola dalla strada prima che potesse venire profondamente segnata dalla paura.
Sollevai appena gli angoli delle labbra in un vago sorriso di sollievo e, forse, anche soddisfazione, guardandola mentre discuteva con le sue solite amiche di chissà cosa.
Alzò lo sguardo ed incontrò improvvisamente il mio. Ero sul punto di farle un veloce cenno con il capo in segno di saluto, quando mi sentii improvvisamente afferrare per un braccio.
Voltandomi, vidi la mano abbronzata che si era stretta intorno ad esso. Risalendo lungo il corpo di chi la possedeva, incontrai il viso perfettamente truccato di Alyssa, rivolto nella stessa direzione dove io avevo soffermato precedentemente lo sguardo. La differenza era che mentre io avevo avuto un’espressione serena sul volto, lei ne aveva una quasi... infastidita?, con le labbra rosse storpiate in una smorfia e le sopracciglia inarcate per il disappunto.
Subito dopo, si voltò verso di me e tutto questo scomparve dal suo viso, sul quale si stampò invece un largo sorriso.
«Ciao Justin, ti stavamo aspettando al nostro tavolo» mi informò rapidamente, con una voce bassa e strascicata che non vedevo perché dovesse utilizzare. Lanciai uno sguardo al loro classico tavolo dove mangiavano, notando che a dire il vero i ragazzi erano coinvolti in un’accesa discussione in cui io non sarei mai entrato a fare parte. Dubitavo che sentissero la mia mancanza. Soprattutto Tyler, quella sorta di suo ragazzo che mi guardava sempre storto quando lei mi si avvicinava. «Vieni?» continuò.
Senza aspettare una mia risposta, mi sollecitò a muovermi tirandomi per il braccio al quale si era ancorata, dirigendosi verso il sopracitato tavolo. Lanciai uno sguardo ad Helena, ricordandomi di essere stato sul punto di salutarla poco prima, ma ormai si era voltata ed era tornata a dedicarsi a quanto stavano dicendo le sue amiche, apparentemente attenta al discorso.
Sospirai e spostai vagamente l’attenzione sugli altri studenti. Vidi qualcuno di loro abbassare lo sguardo quando passammo noi, ma solo dopo mi accorsi che fosse a causa di Alyssa e delle occhiate intimidatorie che lanciava a qualche ragazza di tanto in tanto. Qual era il suo diavolo di problema?
Pensai ad un modo per disfarmi di quell’impiccio, non mi andava di trascorrere un'altra pausa pranzo in compagnia dei suoi amici, ma non mi venne in mente niente.
Quindi, fui costretto a sedermi accanto a lei quando si sedé leggiadramente sul suo posto sulla panca, tirandomi giù con lei con uno strattone del braccio.
«L’ho recuperato!» esordì allegramente Alyssa, parlando in terza persona di me mentre sistemava la sua borsa accanto a sé, dove sedeva il fantomatico Tyler che ovviamente non si risparmiò dal lanciarmi uno sguardo truce. Non reagii, non mi preoccupavo di lui.
«Giusto in tempo!» esclamò la sua amica che le girava sempre intorno, che pareva un po’ la sua copia sputata solo con i capelli biondi. Debbie mi sembrava si chiamasse. «I ragazzi stavano parlando di un problemino capitato nella squadra di football. Tyler, magari Justin potrebbe aiutarvi.»
Aggrottai la fronte in confusione, sapendo già che di qualsiasi cosa si sarebbe trattato, non mi sarebbe per nulla importato. Però, per cortesia, mi finsi comunque interessato. Mi voltai verso di lui, aspettando che mi spiegassero meglio.
«Sì, un ragazzo dei nostri si è fatto male durante l’ultima partita e ora abbiamo bisogno di qualcuno che lo rimpiazzi, perlomeno provvisoriamente» iniziò a raccontare vagamente, con un’espressione scocciata in volto come se l’avesse già fatto diverse volte prima e ripeterlo lo infastidisse. Dopodiché, inarcò un sopracciglio e mi squadrò con aria di sufficienza. «Ma non è niente che ti possa interessare. Considerando il tuo visino bianco e la tua aria innocente, non resisteresti mezzo minuto sul campo. È sport per ragazzi che valgono.»
Rise divertito dalla sua insinuazione e si girò in cerca di sostegno da parte dei suoi amici, che puntualmente ridacchiarono per sostenere il capo del loro gruppetto. Dal canto mio mi trattenni dal lasciare uscire a mia volta una risata, non perché trovassi divertente ciò che avesse detto, ma perché era così patetico. Avevo passato con lui giusto qualche decina di minuti, ma già avevo inquadrato che tipo fosse. Mi dispiaceva per lui, supponevo che dalla vita non avrebbe ottenuto niente.
Alyssa lo fulminò con lo sguardo, richiamandolo in un sibilo sommesso.
Quello la guardò storto, riprendendo a parlare. «Cosa c’è? Guardalo. Scommetto che è canadese o ha origini da quelle parti. Quelli sono solo bravi ad inseguire un dischetto con una mazza da hockey, pattinando come delle ballerine. Se questo si chiama essere maschi...»
E ancora i suoi amici scoppiarono a ridere, sebbene io non ci trovassi niente di poi tanto divertente.
Ma ancora me ne stetti in silenzio, portando il labbro inferiore dentro la bocca per trattenere un’ennesima risata. Scommettevo che ‘sul campo’– come aveva detto lui– non appena osavano toccarlo, questo si buttava a terra e piagnucolava come una bambina. Se questo si chiama essere maschi...
Alyssa sospirò pesantemente e strinse i denti, evidentemente infastidita del comportamento del suo fidanzato o ciò che lui era. Ancora dovevo capirlo. Mi lanciò uno sguardo e mi sorrise appena, forse credendo che ne fossi rimasto dispiaciuto, quando in realtà non era così. Più che altro lei avrebbe dovuto esserlo, considerando l’esemplare di ragazzo con la quale stava insieme.
Spostando lo sguardo altrove, notai che al tavolo di Helena lei e le sue amiche stavano risistemando quanto avevano utilizzato per il pranzo, probabilmente prossime ad uscire dalla mensa per prepararsi all’imminente lezione.
Voltandomi velocemente verso la mia ‘compagnia’, lanciai una rapida occhiata a tutti, prima di soffermarmi su Tyler. «Hai ragione, non è cosa da me» ammisi senza troppi problemi, sebbene sapessi che, grazie alle capacità che mi conferiva il mio essere un ‘non umano’, avrei facilmente potuto stracciarlo senza un esagerato sforzo. «Ora se mi scusate, avrei dell’altro da fare.»
Mi alzai velocemente dalla panca, poi la scavalcai per uscire da quel tavolo.
Avvertii lo sguardo dell’intera combriccola addosso, poi alcune risate maschili quando Tyler commentò quella che per  lui era un’abile fuga per sfuggire all’imbarazzo. Alzai gli occhi al cielo alle sue parole e lasciai che fosse Alyssa a prendersela con lui, sicuro che questa volta per davvero non sarei più tornato a quello squallido tavolo.
Riportando l’attenzione sulla ragazza castana di cui precedentemente mi ero interessato, la notai gettare una cartaccia in un cestino poco distante.
Presumevo che se mi fossi avvicinato a lei mostrandomi interessato alla sua salute dopo ciò che era accaduto il giorno prima, non sarebbe stato strano, no? Perché fu proprio ciò che feci.




Sedute al solito tavolo, avevo raccontato a Blythe e ad Audrey quanto successo quella mattina. Visto che non seguivamo tutte gli stessi corsi, esclusi quelli obbligatori e basilari, il momento del pranzo era l’unico dove eravamo tutte insieme. Lo utilizzavamo sempre per aggiornarci su quanto ci era successo ultimamente.
Ovviamente, Audrey aveva storto il naso quando avevo detto loro che molto probabilmente mio padre avrebbe accettato e che quindi, di conseguenza, avrei potuto aderire a quel progetto. Non mi offesi né altro, era sempre stata un tipo scettico e testardo quindi ci ero abituata.
Blys invece si era espressa positivamente. Pensava che fosse carino fare amicizia in questo modo ma mi aveva fatto promettere che non le avrei snobbate per concentrarmi troppo su quel progetto.
L’avevo rassicurata, anche se non sapevo precisamente come sarebbe stato. Mancava poco allo scadere delle adesioni, poi dopo un paio di settimane sarebbero già arrivati gli studenti inglesi, in modo da averli qui già agli inizi di marzo. Ovviamente avrei fatto di tutto per far sentire a suo agio l'ipotetica ragazza che avrei ospitato. Sì, perché sarebbe stata una lei. O almeno speravo. Ospitare un ragazzo sarebbe stato imbarazzante e onestamente non pensavo mio padre avrebbe mai accettato.
Dopo aver assistito al completo disinteressamento di Audrey (che era sempre meglio dei suoi commentini puntigliosi) avevamo preso a parlare di altro. Successivamente, quasi al suonare della campanella, ci eravamo alzate per dirigerci ai nostri armadietti. Dovevo anche fare una veloce fermata al bagno, la stavo trattenendo da stamattina.
Proprio quando stavo per voltarmi e tornare dalle mie amiche, rimasta un poco più indietro impegnata a gettare una cartaccia nei rifiuti, mi ero sentita sfiorare il polso e quando mi ero voltata ero immediatamente sobbalzata.
Non che la persona che mi ritrovai davanti avesse un aspetto orribilmente spaventoso, tutt’altro, ma averlo così all’improvviso ad una vicinanza tale mi fece istintivamente sussultare.
Subito fece un passo indietro, probabilmente non si era aspettato quella mia reazione o ancora più propriamente che mi girassi così inaspettatamente.
«Scusa» biasciò, ma un sorrisetto sorse spontaneo sulle sue labbra, facendomi capire che non fosse così estremamente dispiaciuto dell’infarto che mi aveva fatto prendere. Non me la presi; gli sorrisi vagamente in risposta e scossi la testa per intimarlo a lasciar perdere, scostando la mano dal mio cuore dove era andata a posarsi.
«Come stai?» mi domandò in seguito, e anche se non lo disse propriamente a parole, compresi si stesse in parte anche riferendo al mancato incidente del giorno prima. Era venuto fino da me perché interessato della mia salute? Me ne stupii. Quando il giorno prima avevo detto che con molta probabilità difficilmente mi avrebbe ancora rivolto parola, lo pensavo per davvero.
Anche se poco prima era parso intenzionato a salutarmi, poco distante dall’entrata della mensa, ma Alyssa era subito capitata al suo fianco distraendolo quindi probabilmente avevo pure potuto aver frainteso il suo mezzo gesto. O magari era indirizzato a qualcun altro.
«Tutto bene, certamente più tranquilla di ieri» ammisi senza problemi, portandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio, sentendomi leggermente a disagio sotto il suo attento sguardo. «Tu?» domandai per cortesia.
Non avevo idea se fossi io quella a farmi problemi, o se invece fossero i suoi occhi a rendermi inquieta. Non avevo dedicato loro una vera e propria attenzione prima, ma ora che lo avevo più vicino, notai il color miele delle sue iridi e ancora meglio quelle leggere pagliuzze dorate che adornavano le sue iridi, rendendo il suo sguardo ancora più intenso e... attraente? Scossi la testa, a cosa stavo pensando? Aveva solamente dei begl’occhi, nulla di più.
Guardando distrattamente oltre la sua spalla, notai le mie amiche in piedi accanto ad una delle porte d’uscita. Immediatamente, fui come colpita dalla realizzazione: non avevo raccontato loro ciò che era successo il giorno prima, quindi il fatto che improvvisamente mi parlasse come se fossimo amici doveva confonderle e non poco.
Difatti, mentre Blythe aveva un enorme punto di domanda stampato in faccia, Audrey aveva gli occhi sgranati e la mandibola che ormai toccava terra.
Ci aveva riempito la testa con fatti su Justin per tutta la durata del pranzo, quindi vederlo all’improvviso accanto a me e vedere come io gli parlassi come se non fosse nulla doveva essere disorientate per lei da comprendere e assimilare.
Sentendomi improvvisamente più nervosa, mi voltai verso di Justin per non dare bada ai loro sguardi. Sapevo che Audrey mi avrebbe fatto il terzo grado non appena lui se ne sarebbe andato. Probabilmente mi sarei pure presa parole perché non le avevo raccontato prima di quanto successo. O peggio, chissà quali pensieri si poteva essere fatta.
«Tutto apposto. Sono sollevato nel sentirti dire che stai bene, temevo ti fosse sorto qualche trauma» continuò la persona che non era altresì che la causa della probabile successiva sfuriata di Audrey. Come mai era sempre così gentile? Non poteva essere solo una maschera. Possibile che esistessero ancora ragazzi simili sul pianeta Terra?
Scossi comunque il capo per negare, non capendo se avessi fretta di terminare quella conversazione per attenuare la rabbia di Audrey, o se volessi invece che continuasse così da evitare il più a lungo di rivolgerle la parola.
«Vuoi che ti accompagni in classe?» propose tutto d’un tratto, e immediatamente la mia attenzione passò dalla volto pietrificato della mia amica dai capelli corvini, a quello sereno del ragazzo.
Forse si mostrava così carino con me perché temeva che davvero avessi avuto una qualche sorta di trauma per il mancato incidente della sera precedente. Forse era solo più costretta preoccupazione che una per davvero sentita. Non sapevo cosa pensare.
«A dire la verità stavo andando al bagno» mi ritrovai a correggerlo senza neppure sapere perché. Era che la mia mente era colma di differenti pensieri e preoccupazioni e nemmeno stavo controllando ciò che la mia lingua diceva.
«Oh, ehm...» biascicò lui allora, e la sua espressione sorridente cadde per lasciare posto ad una già più imbarazzata. Perché diavolo me ne ero uscita con quella risposta? Avevo trattenuto la pipì per sei ore, un’altra ora non avrebbe fatto differenza. «Vuoi allora che, ehm... ti accompagni fino lì?»
Portò una mano alla nuca per massaggiarla nervosamente sotto le sue dita, mentre la sua fronte si era corrugata un poco.
Presi un respiro, non sapendo cosa fosse meglio fare. Audrey probabilmente mi avrebbe ucciso se le fossi passata oltre affianco al ragazzo che pareva interessarle tanto, ma Justin si stava dimostrando così carino con me che non potevo ancora una volta comportarmi scortesemente nei suoi confronti. Mi sarebbe dispiaciuto.
Mi morsi il labbro inferiore esitante e, quando il suo sguardo incontrò ancora il mio, annuii debolmente.
Okay, avrei spiegato poi tutto ad Audrey e mi sarei evitata la morte. Le avrei detto poi che glielo avrei presentato così, in tal  modo, avrebbe avuto un’opportunità di ottenere quanto voleva. Non ero sicura che avrebbe funzionato, ma era sempre qualcosa.
Justin abbozzò ora un sorriso e si voltò per metà, facendo un cenno con la mano in direzione della porta a doppie ante dove erano le mie amiche, forse per domandarmi se era quella la direzione verso la quale dovessimo dirigerci.
Ancora una volta, annuii vagamente e lasciai che si incamminasse prima lui, standogli dietro di qualche passo. Raggiunse la porta e si ritrovò parecchio interdetto nel vedersi quelle due ragazze impalate in piedi con due sguardi increduli in viso, neanche avessero visto un fantasma. Probabilmente decise di non farci caso –era forse che non erano le prime a guardarlo così?– e spinse un’anta della porta, con la fronte leggermente aggrottata.
Gli fui subito dietro e, prima di varcare la porta, inviai uno sguardo implorante in direzione di Audrey. Pregando che avesse la decenza di non sbraitarmi dietro mentre lui ci era così vicino, le mimai con le labbra un rapido ‘ti spiego dopo’.
Lo sguardo truce che mi inviò in risposta non mi rassicurò molto, anzi, tutt’altro.
Ma cosa potevo farci io se le piaceva il ragazzo che il giorno prima mi aveva praticamente salvato la pelle?

 

 

 

 

 


 
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Posso assolutamente spiegarvi il perché del mio immenso ritardo. Cioè, sono passate 2 settimane e non ho idea se sia poi così immenso, ma vabbé mi spiego lo stesso lol
Il fatto è che ho iniziato a tradurre una storia americana, aka 'Locked Up', e oltre a questa aiuto a tradurre anche 'BRONX', insieme ad un'amica. Così facendo, ovviamente il mio tempo diminuisce notevolmente.
Prima di continuare questa storia avevo intenzione di mettermi in pari con la traduzione di Locked Up, però poi ho aperto Word per buttare almeno giù il capitolo seguente di questa e quello che ne è uscito è ciò che vedete quassù (?)
È venuto fuori di getto, non l'ho propriamente programmato quindi non so come sia. Ho pensato solamente che magari era il caso di aggiornare ugualmente, per vedere quanto questa ff possa ancora continuare ad interessare.
Ho scritto un pezzo anche del prossimo [sì tutto oggi lol ma ero come ispirata e ne ho approfittato] e niente, so ciò che voglio far accadere ma come sempre ripeto che non voglio che sia troppo svelto, però non ho idea se questo fattore lo troviate noioso o meno. Non so, io calcolo tutto a seconda delle visualizzazioni e delle recensioni, tenendo conto di ciò che mi dite. Alcune già mi hanno espresso che non è un problema, se mai decideste di lasciarmi un parere mi fareste sapere? Ve ne sarie infinitaente grata :)

Detto questo, Bieber sembra improvvisamente essersi reso conto di quanto cretini siano gli amici di Alyssa, ma onestamente anche Alyssa stessa. Yuppy yuh lol [E questo razzismo verso i canadesi? Pft, solo perché sono bianchi (?) lol]
Poi, cerca di avvicinarsi sempre di più ad Helena, che ora si ritrova un'Audrey parecchio confusa e arrabbiata contro. Mmmh, cosa ne pensate di quest'ultima? Potrebbe sembrare antipatica e rompiscatole ma non lo è poi più di tanto, daaai.
Come ultima cosa: Helena ha avuto il consenso dei genitori riguardo il progetto di intercambio. Chissà chi le capiterà come compagno, o più propriamente chi anche solo arriverà dall'Inghilterra (;
Vabbé lascio a voi alle supposizioni, mi piace vedere come le vostre testoline macinano per collegare ogni particolare lol

Ci si sente, bellissime! E come sempre grazie mille a chi legge e chi recensisce, byeee. <3
   
 
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