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Autore: DazedAndConfused    29/06/2013    1 recensioni
[Tim Buckley]
"Certe volte Tim si chiede se nel corso degli anni abbia peccato di egoismo… la risposta è difficile da dare.
È chiaro che dipende dalla persona a cui questa domanda verrà posta: di certo Judy e Taylor non possono rimproverargli quasi nulla.
Qualcun altro, invece, ha di che reclamare.
Eccome."
Omaggio a Tim Buckley, scomparso il 29 giugno 1975.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Starsailor



Certe volte Tim si chiede se nel corso degli anni abbia peccato di egoismo… la risposta è difficile da dare.

È chiaro che dipende dalla persona a cui questa domanda verrà posta: di certo Judy e Taylor non possono rimproverargli quasi nulla.

Qualcun altro, invece, ha di che reclamare.

Eccome.

 

I never asked to be your mountain

I never asked to fly

 

Mary… lei sì che si può lamentare.

Ma d’altronde lui gliel’ha fatto capire quasi subito che cercare di aggrapparsi a lui sarebbe stata soltanto una scelta infelice.

Gliel’ha detto più di una volta: Tim Buckley non è una montagna, non lo è mai stato, ma lei no, lei –così terribilmente cocciuta- ha continuato a stargli accanto, provando a farlo abituare all’idea di trascorrere una vita intera rivestendo il ruolo di sua roccia…

Ma Tim non ha mai chiesto di essere la sua montagna.

Tim non è una montagna, Tim è l’aquila che ci vola intorno.

 

The flying pisces sails for time

And tells me of my child

Wrapped in bitter tales and heartache

He begs for just a smile

 

Oh, e ovviamente poi c’è Jeffrey Scott… Anzi, Jeff.

Si sono “incontrati” una sola volta: era un anno fa e Tim se ne stava nella sua stanza, a comporre e fumarsi delle sigarette, un tè ormai freddo poggiato sul tavolino poco distante e un disco di Billie Holiday in sottofondo.

D’improvviso aveva riconosciuto la voce di Mary, a cui ne era seguita una più infantile, che aveva detto pressappoco “Non chiamarmi Scotty di fronte a lui… chiamami Jeff”

Dopodiché la figuretta esile di un bimbo dai capelli mossi aveva fatto capolino dalla porta: contrariamente alle sue aspettative, Jeff se n’era però rimasto immobile sull’uscio.

Non aveva aperto bocca, non gli era corso incontro… niente di niente.

E Tim si era limitato ad ignorarlo, fingendosi troppo concentrato sulle proprie canzoni per potersi accorgere della sua presenza.

Quando aveva finalmente alzato lo sguardo aveva scoperto che il bimbo non c’era più.

In quel momento –solo in quel momento- si era pentito di non aver saputo togliere la puntina dal vinile e di non aver dedicato un po’ d’attenzione a quel figlio che non era mai stato suo.

 

Oh, he never asked to be her mountain

He never asked to fly

And through his eye he comes his love

And tells her not to cry

 

Forse Jeff lo odia.

Per carità, ha moltissimi motivi per cui farlo: lui e Mary hanno divorziato ancor prima della sua nascita e Tim non s’è mai preoccupato di farsi vivo per i suoi compleanni, il Ringraziamento, Natale o altre occasioni varie… l’unica sottospecie d’incontro che hanno avuto ha ben dimostrato quanto poco futuro possa avere un eventuale rapporto padre-figlio.

Se sul serio lo odia, non può biasimarlo…

Eppure Tim, in fondo, un po’ di bene a questo figliolo sciagurato lo vuole.

Se non altro lo ringrazia tacitamente per essere riuscito a capire che no, lui non sarebbe stato la sua montagna; Jeff infatti non è mai andato in cerca di lui e questo, lo deve ammettere, per lui è stata grandissima fonte di sollievo.

E potrebbe scommettere che ci sia sempre suo figlio dietro il progressivo distacco che è intercorso tra lui e Mary: se dapprima questa aveva forse tentato di farlo sentire in colpa, sbandierandogli sotto il naso quel sangue del suo sangue dagli occhi e il sorriso troppo simili ai suoi, a poco a poco la donna s’è acquietata… è tornata nell’ombra, e con lei pure Jeff.

Tim può vederli chiaramente, seduti vicino ad una finestra, con un temporale che impazza fuori e il figlio che le asciuga le guance con un fazzoletto ricamato.

“Non regalargli anche le tue lacrime”, lo sente dirle con triste dolcezza.

 

As I die I can't remember

Where I saw the rain:

Could it be that her laughter

Drove me down again?

 

Comunque sia, Tim ora non riesce a spiegarsi tutta questa pioggia che lo sta bagnando lentamente: gocce, una dopo l’altra, lo sfiorano fino a rotolare sul pavimento, e a lui sembra di sentire una risata tetra in sottofondo.

Non è Mary, no, e neppure Judy: è un’altra signora, ben più sordida e losca, ed è dura realizzare di non essersene definitivamente sbarazzati…

Avrebbe dovuto metterlo in conto.

Ma la carne è debole, si sa, e la volontà lo è ancor di più: voleva solo conciliarsi il sonno, Tim, e invece…

Invece si sente scivolare per terra.

 

In midnight gazes

I've found you far from me

If you lead me on

Please, leave me down

 

Ha le palpebre abbassate, Tim.

Judy ha richiesto spiegazioni a gran voce e i suoi amici gliele hanno fornite con balbettii e un fortissimo senso generale di confusione –smarrimento- tanto che alla fine s’è rassegnata e ha lasciato perdere.

Ora sta trascinando suo marito in camera da letto –dorme già, Tim, il respiro così lieve- e ogni tanto le viene la tentazione di poggiarlo per terra e andarsene, ma non può.

Sa che dietro la cortina di sbagli si cela un essere umano come tutti gli altri… l’uomo che ama, per l’appunto.

Non può lasciarlo così.

 

I'm sailing all my sins

And I'm climbing all my fears

And soon now I'll fly

 

Tirare le somme è più difficile del previsto, no?

Tim ha sempre pensato di potersela cavare in quattro e quattr’otto, e invece la faccenda s’è rivelata un pochino più complicata.

Com’è che funziona in questi casi? Un Padre Nostro e tutto è sistemato, giusto?

Bah, non che Tim stia morendo dalla voglia di pregare, eh… Una sigaretta, piuttosto.

Ecco, una sigaretta ci starebbe proprio tutta, e pure un po’ della tromba di Miles Davis.

Se solo si ricordasse dov’è andato a finire In a Silent Way, forse la faccenda sarebbe diversa…

Ma l’unica cosa che riesce a scorgere in questo istante, sotto le palpebre chiuse, è quel che resta di un mucchietto di polvere bianca e il vapore che si alza, si alza e non si ferma…

Non si ferma.

 

I've been gone too long

Now I'm home to stay

 

Ha girato un po’ per il mondo, Tim.

Qualche volta su un aereo, altre cavalcando un drago… gli piace viaggiare, tutto qua.

Però gli piace anche tornarsene a casa e trovare le pantofole accanto al caminetto, Taylor che gli mostra l’ultima A che ha preso in biologia e Judy che, appoggiata allo stipite della porta, li osserva ridere con complicità.

È felice di aver avuto l’opportunità di cambiare opinione sulla parola “casa”: un tempo non riusciva ad associarla alla sensazione di serenità che prova ora…

Un tempo i vinili di Johnny Cash avevano lasciato spazio abbastanza in fretta ai cazzotti e, si sa, i pugni non sono mai sintomo di quiete e tranquillità.

Ma ora l’importante è che Tim sia tornato a casa, per restarci.

 

Please, don't leave me again this way

Don't leave me again this way

Don't leave me again this way

 

Niente più pugni, solo tantissimo sonno…

Tim si sente scivolare tra le lenzuola –il petto che si alza e si abbassa sempre più lentamente- e la mano di Judy gli lascia una carezza tenera tra i capelli.

Lo spiraglio di luce che sbuca dalla porta gli fa intuire che sua moglie lo ha lasciato lì da solo, e così un po’ si rabbuia.

Non dovrebbe abbandonarlo così, non in una camera da letto che non assomiglia più a quella che ha conosciuto in questi ultimi anni…

Tim Buckley scuote le spalle e chiude nuovamente gli occhi: il Sonno lo chiama, il Sonno lo reclama a gran voce, quasi fosse un pubblico mai sazio della sua presenza.

“Arrivederci, piccola” sono le ultime parole che ha da offrirgli, un’uscita di scena poco clamorosa.

Al marinaio delle stelle però non importa: è già sulla sua barca, e intorno a lui tutto tace.

 

Please, come home


 

 

 

Note autrice

Il 29 giugno 1975 moriva Tim Buckley, fantastico cantautore e padre del leggendario Jeff.

Non ho mai nascosto la mia preferenza per il figlio (con conseguenti liti con mio fratello, che venera Tim) ma, bisogna ammetterlo: Tim era geniale.

Basta leggere alcuni dei suoi testi per rendersi conto della sua abilità nel mettere in musica quelle che sono delle vere e proprie poesie.

Ho scelto una delle mie preferite, I Never Asked To Be Your Mountain, per fare da cornice a questa fesseria che ho buttato giù per omaggiarlo.

L’ho scelta innanzitutto perché la reputo meravigliosa, ma soprattutto perché Tim la dedicò a Mary Guibert e Jeff.

E proprio suo figlio la cantò il 26 aprile 1991, al concerto tributo “Greetings from Tim Buckley”: il pubblico restò rapito dalla sua performance e dalla sua somiglianza con il padre, e in molti considerano quest’esibizione come il trampolino di lancio di Jeff, che gli permise di acquistare un po’ di notorietà.

Jeff odiava essere paragonato a suo padre, sia per la somiglianza a livello fisico e vocale, sia per l’aver scelto d’intraprendere il suo stesso mestiere… non nasconderà mai l’ostilità provata nei confronti di Tim, ma quest’ostilità nel corso degli anni calerà gradualmente.

Nella mia fanfiction ho cercato di dosare equamente fatti veramente accaduti con escamotage di mia personale invenzione: per esempio, Jeff dichiarò di aver incontrato il padre una sola volta, all’età di otto anni (quindi, presumibilmente, nel 1974). La madre lo aveva portato a casa di Tim, ma questi era rimasto rinchiuso in una stanza a scrivere canzoni, e la visita si concluse lì.

Io ho voluto aggiungere un ipotetico contatto visivo tra i due: Jeff che fa per entrare nella stanza ma che poi si blocca, consapevole di poter disturbare suo padre, è un’immagine che mi piacerebbe fosse successa davvero.

Comunque sia, all’epoca Jeff non sapeva che Tim fosse suo padre, e si faceva ancora chiamare Scotty Moorhead: fu solo dopo la morte di Tim che chiese alla madre chi fosse e ritrovò il proprio certificato di nascita, decidendo di farsi chiamare Jeff Buckley.

Io ho voluto far finta che Jeff nel 1974 sapesse già tutto quanto e, di fronte ad un ipotetico incontro con il padre, volesse farsi chiamare con un nome che –in qualche modo- lo potesse legare di più a Tim.

- La signora sordida è, ovviamente, l’eroina: Tim Buckley è morto per un mix fatale di eroina, morfina ed alcool. Svenne e gli amici lo riportarono a casa, dove la moglie chiese spiegazioni: dopo averlo lasciato un po’ sul divano, la donna lo portò a letto. Quando tornò per controllare la situazione, lo trovò immobile e con la pelle bluastra: a nulla servirono i soccorsi e i tentativi di rianimarlo.

- Judy Brejot Sutcliff è la seconda moglie di Tim e Taylor Keith Sutcliffe è suo figlio, che venne adottato da Buckley.

- In a Silent Way è un disco di Miles Davis e, secondo quel che dice Judy, l’unico posseduto da Tim (mentre io ho fatto finta che avesse anche qualcosa di Billie Holiday, una delle cantanti preferite di sua madre)

- “mucchietto di polvere bianca e il vapore che si alza”: all’epoca l’eroina non si assumeva per iniezione, ma attraverso l’inalazione. “Quest'ultimo metodo è noto con l'espressione "cavalcare il drago" (en. chasing the dragon), che si riferisce letteralmente all'operazione di inalare l'eroina cercando di mantenerla costantemente liquida” (da Wikipedia)

- il padre di Tim Buckley gli fece conoscere la musica di Johnny Cash: era un veterano della II Guerra Mondiale e, a causa di una seria ferita alla testa, il suo equilibrio mentale divenne instabile e lui stesso violento. La relazione con Mary (la prima moglie) aiutò Tim ad evadere da questa realtà familiare piuttosto difficile e lo stesso Jeff ammise che, grazie a Judy e Taylor, il padre poté finalmente godere di un ambiente familiare pacifico e sereno.

- Richard Keeling, amico di lunga data di Tim che gli diede l’eroina (e che venne accusato di omicidio preterintenzionale) dichiarò che le ultime parole che Buckley disse furono “Bye, bye, baby

- Starsailor (“marinaio delle stelle”) è il titolo dell’album di Tim uscito nel 1970 e anche dell’omonima canzone.

Concludo queste note lasciando il link di I Never Asked To Be Your Mountain: questa è l’originale e invece qui c’è la versione di Jeff.

Ringrazio infinitamente chi si prenderà la briga di leggere questa cosuccia insignificante e, perché no?, magari mi lascerà un paio di righe, giusto per farmi sapere se fa tanta pena o se si salva :’D 

 

Dazed;

   
 
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