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Autore: Mayo Samurai    29/06/2013    3 recensioni
“Non vuoi che ci conosciamo, non vuoi che ci parliamo, che cosa devo fare, per poter incontrare ciò che amo?
Uccidimi allora, se questa è la mia sorte, non voglio più sentir parlare di nessuno, nemmeno della corte.”
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Nella terra di cui ora vi racconto le novelle, non vi era alcun posto per le favole belle.
Il re, un uomo bruto e crudele, impediva a tutti di fiorire, anche agli alberi di mele.
E sotto la funesta sorte del regno, finalmente nacque del trono il successore degno.
Un bel ragazzo, puro di cuore, con sempre di un bambino allegro l’umore.
Il sovrano sarebbe un giorno diventato, spodestando il padre, e dandogli la lezione che s’era da sempre meritato.
Il principe amava giocare, passare il tempo cacciando, sempre la compagnia altrui cercando.
Il villaggio, la foresta e persine le cantine conosceva a memoria, facendo infuriare dame, messeri, che gli perdonavano ogni birbanteria.
La speranza del regno rappresentava, ma solo una volta divenuto adulto, del trono si impossessava.
Chiunque lo conoscesse faceva di tutto per proteggere il giovane principe, anche se il fanciullo amava cacciarsi nei guai, sporcarsi le mani, più che pensare alla sua regale stirpe.
E fu così, mentre bighellonava per la foresta, che vide la cosa più bella, più nascosta, che s’intrufolò nella sua testa.
Non era particolare, e nemmeno così bello, ma per Alfred pareva innocente come un piccolo agnello.
Biondi capelli e occhi verdi descrivevano il giovane ragazzo, e la pelle candida, come potè vedere, del collo, un piccolo sprazzo.
Senza farsi sentire il giovano a lungo osservò, pensando:”Ma come potrò mai avvicinarlo, siamo troppo diversi ohibò!”
Pensando e rimuginando al castello fece ritorno, dimenticandosi addirittura di augurare al proprio padre il buongiorno.
Ma il re non ci fece caso, pensando che il figlio fosse solamente da altri pensieri persuaso.
Intanto il principe si struggeva, ripensando a quel sentimento che tanto lo rodeva:
Doveva vederlo, di nuovo! E non importava se glielo avessero impedito, se su di lui avessero usato fruste di rovo!
Con il fuoco e la speranza che ardevano nel cuore, il giovane principe si gettò alla ricerca del proprio primo amore.
In lungo e in largo, invano lo cercò, chiedendosi che fine avesse mai fatto, che tipo di fine mai gli toccò.
Sembrava sparito, disperso, oramai un sogno per il nostro principe, la cui vita andava di traverso.
Ma eccolo di nuovo, lì, nella folla! E il giovane corse, come se al posto delle gambe avesse una molla.
Era proprio lui, non si poteva sbagliare, e ora non si sarebbe lasciato sfuggire, l’occasione per con lui parlare.
Quando lo stava per toccare, ecco che improvvisamente viene a mancare.
Svanito, di nuovo perso, nella folla immerso.
Il principe si sentiva stanco, triste e disperato, incapace di comprendere gli scherzi crudeli del fato.
“Non vuoi che ci conosciamo, non vuoi che ci parliamo, che cosa devo fare, per poter incontrare ciò che amo?
Uccidimi allora, se questa è la mia sorte, non voglio più sentir parlare di nessuno, nemmeno della corte.”
Ma era ovvio che il destino non ti avrebbe ascoltato, almeno non ora, piccolo principe disperato.
I giorni passavano ma il dolore del principe si faceva solo più forte, costringendolo a fare le notti insonni, sempre più corte.
Non riusciva a capacitarsi di tanta tristezza, perché non esisteva un modo per gettarla, via, come mondezza?
Voleva solo liberarsi di quel peso, o risolverlo, per non sentire più il proprio cuore venir leso.
Alle stelle l’aiuto implorò, e a saggi e a monaci, il suo dolore confessò.
Ma nessuno di loro rispose, come il principe avrebbe voluto, lasciandolo solo, abbandonato, ancora in cerca di aiuto.
Piangendo piano, col cuore spezzato, sotto le coltri, si sentiva riparato.
A notte fonda, un rumore però sentì, incredulo, chiaro, come se fosse in pieno mezzodì.
S’alzò e lo sguardo fece viaggiare, accorgendosi di una figura, accanto al suo letto riposare.
Oh- Ma del giovane biondo si trattava, che con labbra oramai gelide al cielo guardava!
Con occhi bagnati e cuore spezzato, il principe si chiese perché mai di quel gesto azzardato.
Con delicatezza il suo corpo sollevò, e vicino al proprio cuore l’altro s’accostò.
Non vi era più aria nei polmoni, gli occhi oramai era solo opachi bottoni.
Il cuore di Alfred batteva ancora, per disperazione si straziava, e l’arrivo della propria ora, solamente implorava.
E piangendo per qualcuno che non aveva conosciuto, con cui non aveva parlato, il giovane principe del proprio destino aveva già deliberato.
Trovando il pugnale sotto al cuscino, al proprio cuore lo avvicinò, pigolando come un pulcino.
Tanta paura il cuore di sua maestà in quel momento provò, ma non si sarebbe tirato indietro, troppo dolore in quel momento provò.
Scappava dalla vita con un peso sul cuore, ma felice, che avrebbe potuto raggiungere il suo più grande amore.
Bastò un colpo e il cuore centrò, lasciando al principe solo pochi attimi, prima che la Morte la sua vita arrestò.
Per la seconda volta la Morte derise quella notte, chiedendosi se gli umani si fossero ammattiti tutti facendo tra di loro a botte.
Ma poco le importò, perché a casa due nuove anime portò.
E non fece caso alle loro tristi parole dopotutto lei era Morte, e le anime solamente accompagnava, senza deciderne la sorte.
Per questo non s’accorse che anche il principe sorrideva, nascosto tra i capelli del ladro, mentre nella notte lei si dissolveva.
 
Ed ecco qui la seconda parte di questa altra schifezza!
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1908956&i=1
Anche se non siete stati avvertiti, mi fa piacere che siate giunti fino in fondo.
Siete coraggiosi.
Mi piaciacete.
Continuate così, leggete le mie schifezze e ditemi quanto -non- sono brava!
Alla prossima, ciaossu!
   
 
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