Categoria: Harry Potter
Autrice: Juliet
Titolo: The Lost Tale
Rating: Arancione
Avvertimenti: One - Shot
La storia completa è ormai andata perduta.
Spesso ciò che rimane celato tanto a lungo da essere
quasi dimenticato non è più ricostruibile completamente; quando le emozioni
sono troppo lontane nel tempo, perdono la loro veridicità e la loro forza,
lasciando solo una scia di colore appena visibile.
Ciò che ci rimane ora è quasi del tutto incolore,
troppo insipido forse per farci provare qualcosa, ma che vale comunque la pena
di essere raccontato.
The Lost Tale
“Quello che sappiamo di lei è solo ciò che ricordano le poche persone
che l’ hanno vista davvero, hanno osservato i suoi movimenti e ascoltato le sue
parole.
Lunghi boccoli biondi, occhi del colore del mare, dicono alcuni.
Del colore dell’erba, secondo altri.
Era stata Smistata nella nobile Casata di Salazar Serpeverde nel 1939,
quando il Signore Oscuro, allora conosciuto ancora con il nome di Tom Marvolo
Riddle, frequentava il secondo anno e cercava ( trovandolo, infine, diversi
anni dopo )il modo di aprire la Camera dei Segreti.
Della sua famiglia non sappiamo più nulla, addirittura il cognome non ci
è noto. Coloro che lo conoscono non l’ hanno mai rivelato, giustificando la
scelta di tacere su questa ragazza tirando in ballo il rispetto della sua
memoria ormai quasi completamente evaporata. Possiamo solo congetturare,
immaginarla come la figlia di due ricchi maghi Purosangue, appartenenti
all’aristocrazia inglese della prima metà del Novecento, abituata a passare la
vita nel Maniero di proprietà della famiglia da generazioni, servita e riverita
da schiere di elfi domestici.
Ma la storia che stiamo tentando di raccontare non ha bisogno, forse, di
tutti questi fronzoli e dettagli dallo scarso valore, utili solamente a
soddisfare la curiosità di chi si innamora di una storia avvolta da fitta
nebbia. Quello che diamo per certo è che il destino di questa bella e undicenne
Purosangue bionda si legò a quello del dodicenne Tom Marvolo Riddle.
“Lo vedi quello? Il ragazzo con i capelli neri che ora beve dal suo
Calice…” si spiegò meglio la ragazzina, guardando con attenzione i suoi
movimenti tranquilli e composti. Non assomigliava affatto a nessun altro
ragazzo avesse mai incontrato in vita sua. Aveva un viso intelligente e degli
occhi scuri quasi quanto la chioma corvina. Si comportava sempre correttamente,
da quello che aveva sentito su di lui, studiava, frequentava con grande
profitto tutti i corsi, era molto amato dai professori.
L’amica guardò nella direzione indicatagli e poi ridacchiò, tornando a
posare lo sguardo su di lei.
“Ma quello è Tom Riddle! Moltissime altre ragazze sono innamorate perse di lui!”
le disse, dimenticandosi di parlare a bassa voce. La bionda non fece in tempo a
fermarla, o zittirla in qualunque maniera. Spostò lo sguardo, quasi senza
volerlo, verso il posto in cui il ragazzo sedeva. Tom Riddle lo restituì,
incontrando i suoi occhi chiari.
La ragazza distolse il suo, senza arrossire. Quando si decise a
risollevarlo, cercando di nuovo il ragazzo, scoprì che se n’era andato.
Quella fu la prima volta in cui Tom Riddle notò la protagonista di
questa storia, a tratti quasi una leggenda dal sapore amaro. Posò gli occhi
sulla sua chioma color miele, vide i riflessi verde mare dei suoi occhi, si
fece un’idea del suo carattere.
Non era arrossita come facevano tutte le ragazzine che lo fissavano in
continuazione quando incontravano i suoi occhi freddi, non aveva rovesciato
qualcosa, dimostrandosi impacciata e scappando infine nel suo dormitorio
insieme alle amichette più o meno perfidamente ridacchianti.
Tuttavia il loro primo incontro avvenne solo alla fine del terzo anno
del ragazzo, nel giugno assolato e pericoloso del 1941, quando la guerra dei
Babbani infuriava, dilagando come una pestilenza su gran parte dell’Europa.
“Forza, muoviti, la cerimonia inizierà a momenti!” disse la ragazzina,
esortando l’amica a raggiungerla nel corridoio, fuori dalla Sala Comune di
Serpeverde “Se vinceremo la Coppa delle Case… vorrei esserci, se non ti è di
troppo disturbo!” continuò, ironica, piantando le mani sui fianchi e facendo
schioccare la lingua, scocciata.
Un’ombra si proiettò sul muro in pietra di fronte a lei, inducendo la
ragazza a girarsi, lasciando perdere le rispose dell’amica, provenienti ancora
dalla Sala Comune, che la raggiungevano flebilmente attraverso l’apertura nella
roccia che conduceva al suo interno.
“Sei ancora qui… stai per perdere la cerimonia” disse il ragazzo, senza
un particolare tono di voce. Una semplice constatazione.
“Anche tu” ribatté lei, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi e
osservandolo, quasi curiosamente, avvicinarsi.
“Non importa” disse il ragazzo, superandola e entrando nella Sala Comune
dopo aver sostato di fronte a lei per qualche secondo. L’amica raggiunse la
bionda in quel momento, sussurrandole eccitata all’orecchio.
“Mi sono quasi scontrata con Tom!”
La ragazza non sorrise.
Nel 1943 il Basilisco fu liberato dalla sua prigione di pietra, la
Camera dei Segreti, secondo fonti attendibili all’interno di Hogwarts. Si dice
che delle aggressioni e infine, verso il termine dell’anno scolastico, della
morte di una studentessa, ritrovata senza vita in uno dei bagni, fu incolpato
Rubeus Hagrid, incastrato dal brillante Prefetto di Serpeverde, Tom Marvolo
Riddle.
Lo studente, che allora frequentava il terzo anno, fu espulso e non si
verificò più alcun attacco ai danni degli studenti.
La scuola rimase aperta.
Tom Riddle uscì in fretta dall’ufficio del Preside, Armando Dippet,
fermandosi appena scorse la figura della ragazza. Aveva ormai quasi quindici
anni, la bionda Serpeverde che aveva notato già al suo primo anno, e aveva
perso l’aria forse anche l’innocenza di
una bambina.
Il suo sorriso era più malizioso, il suo sguardo sapeva essere più
glaciale, la sua gonna lasciava scoperta una parte maggiore delle sue lunghe
gambe, le sue movenze erano quasi feline.
Si era trasformata nella perfetta erede Purosangue e nella perfetta, futura moglie di qualche rampollo di una famiglia ricca e
aristocratica almeno quanto la sua.
In più c’era solamente la sua bellezza conturbante.
Sorrise al ragazzo.
“Hai scoperto qualcosa?”
Lui rispose con perfetto autocontrollo, la voce quasi incolore,
indifferente. Studiatamente indifferente.
“Non chiuderanno la scuola, ora che hanno trovato il colpevole” rispose,
raggiungendola sulle scale. Lei sorrise divertita, ancora una volta.
“Ne è passato di tempo da quando ero una bambina, sai”
Lui incatenò gli occhi verde mare ai suoi.
“Non ne è trascorso poi moltissimo”
La ragazza rise, scotendo appena la chioma bionda, profumata di viole.
“Sei tu che non te ne sei accorto, allora”
Sorrise lui, a quel punto. Di uno strano sorriso.
“Cosa vuoi da me?”
“Un bacio” rispose, senza alcun imbarazzo “Domani finisce la scuola e
non ero sicura che il prossimo anno saremmo tornati qui… fino a qualche attimo
fa” spiegò.
“Perché dovrei accontentarti?” domandò ancora il ragazzo, appoggiando
una mano alla destra e una alla sinistra del corpo della ragazza, impedendole
di spostarsi dal muro alla quale era appoggiata.
“Fallo e basta, Tom”
Lui strinse gli occhi in uno sguardo gelido.
“Non chiamarmi Tom” disse, un comando perfettamente convincente.
“Come vuoi, Riddle” rispose la ragazza, scrollando le spalle,
infastidita dal suo tono glaciale..
Il ragazzo sorrise per la seconda volta, un sorriso diverso da quello
che esibiva nelle circostanze che lo richiedevano. Era un sorriso che aveva
qualcosa di sinistro in sé. La sensazione che aveva colpito la ragazza venne
dimenticata appena le labbra di lui si posarono sulle sue.
Poco prima del tramontare del 1943, durante il sesto anno di Tom Marvolo
Riddle, il professor Slughorn, insegnante di Pozioni alla scuola di Magia e
Stregoneria di Hogwarts, commise uno dei suoi errori più grandi. Rispose alla
domanda che uno dei suoi allievi migliori gli pose, in presenza di un gruppetto
di amici.
Rivelò lui come era possibile “fabbricare” un Horcrux, rispose a tutte
le sue domande molto, troppo curiose.
Anzi, più che curiose, avide.
Il suo diario, comprato nella Londra Babbana, fu il primo oggetto in cui
il ragazzo ripose una parte della sua anima.
Distesa sul suo letto, la ragazza si rigirava fra le mani quel diario
così comune, osservandolo a metà fra lo scettico e il curioso.
“Cosa dovresti fartene, di questo? Metterei la mano sul fuoco sul fatto
che tu non abbia mai tenuto un diario in vita tua…”
Il ragazzo rispose solo quando si fu rivestito.
“Una specie di esperimento” rispose, sedendosi accanto a lei e
porgendole la gonna della sua divisa. Lei la prese, scoccandogli un’occhiata
piuttosto fredda.
“Mi stai mettendo alla porta?”
“Devo studiare” rispose il ragazzo, senza guardarla in faccia,
raccogliendo anche la sua camicetta e la cravatta della divisa scolastica.
Senza curarsi di abbottonare la parte superiore del completo e prendendo
fra le mani la cravatta verde e nera, la ragazza si alzò e si diresse verso il
bagno, iniziando a pettinare i capelli per raccoglierli in uno chignon.
“Vado” disse semplicemente, quando ebbe finito, dirigendosi verso la
porta che dava sulle scale. La voce tradiva una sorta di innaturale freddezza.
Il ragazzo si girò a guardarla.
“Ci vediamo stasera, anche Avery e Lestrange saranno presenti. Ti
mostrerò come intendo usare il diario”
La ragazza sospirò.
“Non è che mi interessi molto del tuo diario, sinceramente” ribatté lei,
aprendo la porta e appoggiandosi sullo stipite, le braccia incrociate.
Tom Marvolo Riddle sorrise.
“Hai di meglio da fare?” una nota pericolosa nelle parole che parevano
così tranquille e spontanee.
Lei scrollò le spalle.
“Forse”
Lui la raggiunse in un attimo, schiacciandola alla porta.
“Stai mentendo” sussurrò sulle sue labbra “Ma non fa nulla…ho sempre
saputo che sei brava a mentire”
Lei lo spinse via e lui si allontanò, consentendole di spostarsi
liberamente.
“Ma sei avvertita. Se te la fai con qualcun altro ti ammazzo”
Parole così naturali da venir prese subito sul serio. La ragazza sapeva
che non esistevano “modi di dire” nel vocabolario di quello studente del sesto,
così convincente, così pronto, così potente.
Se ne andò senza una parola in più, in un fruscio di stoffa.
Nel 1944 Tom Marvolo Riddle fu designato Caposcuola;
gli insegnati lo vedevano come l’orfano in gamba, affidabile e corretto, mentre
lui e i suoi amici più stretti si esercitavano nelle Arti Oscure che erano loro
proibite. Un gruppo di sostenitori, composto proprio dai suoi compagni di
dormitorio lo vedeva come un leader, iniziando a riferirsi a lui utilizzando un
altro nome.
La ragazza osservò Avery uscire dalla stanza, facendogli un cenno con la
testa in risposta al suo saluto. Quel ragazzo non le era mai piaciuto
particolarmente. Era rimasto solo Tom, nella stanza. Entrò, arrivandogli alle
spalle.
“Come ti ha chiamato, Avery? E Lestrange, prima?”
Il ragazzo si voltò verso di lei, raccogliendo il mantello.
“Non dovrai usarlo in giro”
La ragazza non obiettò alcunché.
“Lord Voldemort” rispose il ragazzo.
La bionda scoppiò a ridere, una risata falsa.
“Che trovata è questa, me lo spieghi? Lord Voldemort…” ripeté fra sé,
scuotendo la testa. Le mani del ragazzo la afferrarono e trascinarono contro il
proprio petto.
“Ma che diav…”
“Non ti permettere mai più, hai capito bene?” la voce tranquilla ma così
fredda, crudele ma così apparentemente pacata. La voce di cui la ragazza aveva
avuto paura una volta, diversi anni prima. Ricordò il sorriso cattivo che lui
le aveva rivolto in passato quando lo ritrovò nella sua espressione.
“Lasciami!” strattonò le braccia, cercando di liberarsi. Senza
risultato.
“Mi sono spiegato?”
“Lasciami andare!” urlò, sentendo pochi attimi dopo le braccia
nuovamente libere. Rimase davanti a lui, in ginocchio sul pavimento di pietra,
cercando di bloccare sul nascere i singhiozzi che le salivano alla gola,
singhiozzi di dolore, di paura, di smarrimento, senza riuscirci del tutto.
“Nagini…” sentì la sua voce chiamarla per la prima volta usando il suo
nome. Quando fu in grado di rialzarsi, uscì quasi scappando dalla stanza. Senza
guardarlo.
La storia vuole che quando Tom Marvolo Riddle,
nell’estate del 1945, sparì dall’Inghilterra, subì tante e tali trasformazioni
attraverso la Magia Oscura da non essere più riconoscibile quando riapparve
sotto il temuto nome di Lord Voldemort.
La storia completa è ormai andata perduta. Spesso ciò
che rimane celato tanto a lungo da essere quasi dimenticato non è più
ricostruibile completamente; quando le emozioni sono troppo lontane nel tempo,
perdono la loro veridicità e la loro forza, lasciando solo una scia di colore
appena visibile. Ciò che ci rimane ora è quasi del tutto incolore, troppo
insipido forse per farci provare qualcosa, ma che vale comunque la pena di essere
raccontato.
Lord Voldemort vide Nagini un’ultima volta. La volta
in cui, secondo la leggenda, lui la uccise, quando lei si rifiutò di essere
marchiata come Death Eater. Aveva voluto andare sola da lui, rivederlo almeno
un’ultima volta.
L’aveva trovato così diverso.
Di questo ultimo incontro non sappiamo nulla, nessuno
ci può aiutare a ricostruirlo. Il corpo di Nagini non fu mai rinvenuto.
Probabilmente la donna fu seppellita. Non lo sappiamo, possiamo solo
congetturare.
Alcuni dicono che questa Nagini, bellissima, troppo
bella, non è mai esistita. Che il Signore Oscuro possiede un serpente che ha
chiamato proprio Nagini per puro caso, e che gente superstiziosa e credulona ha
incrementato la leggenda di questa ragazza bionda, uccisa giovanissima dal
ragazzo che aveva amato. Io non lo so, ma ho voluto raccontare la storia lo
stesso. Se un giorno coloro che sanno vorranno parlare, potremmo avere la
conferma che la ragazza dagli occhi color del mare, come amo descriverla, ha
avuto una parte in questo storia.”
La ragazza smise di leggere e dopo pochi istanti, chiuse il libro.
“Ora dormirai?” domandò in un sussurro, piegandosi verso la bambina e
lisciandole il pesante copriletto di seta.
Esitò per un attimo, poi annuì.
“Brava” le sorrise la sorella, alzandosi dopo averle posato un leggero
bacio sulla fronte. “Allora mi preparo anche io e ti raggiungo a letto”.
“Meda?” la richiamò la bambina, dopo qualche secondo.
“Sì?”
“Tu credi che lei sia esistita? Nagini?”
Andromeda Black sorrise tristemente, nel buio.
“Io penso di no, Bella”.
***
Note dell'Autrice: Come mi è stato ricordato in diverse recensioni, Bellatrix è in realtà la maggiore delle sorelle Black. In questa fanfiction, appare ovvio, mi sono presa qualche libertà XD Il fatto è che ho sempre immaginato (e scritto) di Andromeda come della più dolce, riflessiva delle tre. E Bellatrix che legge una favola a chiunque proprio non la vedo XD Spero ci possiate passare sopra... è che proprio non mi sento di invertire le sorelle, nonostante tutto ^^
Già che ci sono (e soprattutto siccome ve lo devo), un grazie di cuore alle bellissime recensioni che mi avete lasciato. Inutile dirvi che mi hanno davvero fatto un sacco di piacere ^^ Grazie a tutte!
Questa ff la scrissi anni e anni fa. In un certo senso, ci sono
affezionata. Così, stasera l’ho brevemente rivista e ripostata. Chissà perché
proprio stasera XD
Anyway, spero vi lasci qualcosa.
Grazie a tutti i lettori!
Juls