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Autore: Jo_The Ripper    01/07/2013    3 recensioni
“Quanto a te, vecchio,” fece ostile.“ Questa faccenda dell'umana in grado di battere il mio Labirinto è solo una storiella da quattro soldi, inventata da patetici cantastorie e messa su carta da sciagurati scribacchini mentecatti. Un evento che non si realizzerà mai sotto il mio dominio.” Ghignò sicuro di sé, scostando dalla fronte un impertinente ciuffo biondo.
“Maestà, il destino guida chi lo segue docilmente e trascina chi si ribella.” Rispose il Saggio semplicemente.

Una piccola one shot, prequel delle vicende di Labyrinth.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Jareth
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Into the Labyrinth'
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ONCE UPON A TIME

Il cielo del Labirinto era limpido e terso, l’aria frizzante un balsamo per lo spirito.
Il vento soffiava leggero, scuotendo i ramoscelli dispettosi che scappavano al rigore uniforme delle siepi verdi ed ordinate, interrotte qua e là da uno spigoloso obelisco di pietra.
Nel cuore del dedalo vi era uno spiazzato circolare nel quale convergevano tutte le strade; urne ornamentali intarsiate poggiavano su rialzi in marmo, ed al centro del pavimento composto di lastre di pietra, era inserita una meridiana, il cui pesante ago metallico incassato nel piatto, disegnava l’ombra che indicava la posizione del sole.
La sagoma del castello si stagliava maestosa al di sopra delle siepi, il sole ne illuminava le guglie, le torri e le torrette.
Una figura leggermente ingobbita, proveniente da una delle strade del Labirinto, si avvicinò con passo strascicato ad uno scanno. Facendo forza sulle dita ossute poggiate sui braccioli, salì, e con un tonfo sordo si lasciò cadere sul suo trono composto da pesanti volumi dalle copertine consunte e dalle pagine di pergamena ingiallite.
Il suo copricapo, con in cima una testa di uccello, si animò, spalancando i penetranti occhi gialli.
“Attento a non farmi cadere, vecchiaccio! Raddrizzami che il sangue che a te manca sta affluendo al mio cervello!” gli gracchiò contro.
Il vecchio diede a malapena segno di averlo udito quando, con tutta la calma del mondo, alzò pigramente le braccia rimettendolo nella posizione corretta.
“Alla buon’ora!” continuò l’altro acido.
Il saggio non replicò, spostò lo sguardo verso una delle entrate (o uscite, dipende dai punti di vista) del Labirinto e si accarezzò la lunga barba canuta.
“Stiamo per avere ospiti.” Affermò sicuro.
“Se lo dici tu che sei così saggio, mi fido.” Rispose sarcastico il copricapo.

Dopo pochi istanti, infatti, schiamazzi e fracasso di armature metalliche si fecero sempre più vicini. Da un sentiero emerse, nel centro del Labirinto, una ghenga di goblin.
Le grottesche creature si guardarono intorno, ed esplosero in altre grida disperate.
“L’abbiamo persa! Ve l’avevo detto di girare a destra!” sbraitò un membro del gruppo, dalla coriacea pelle verde sottobosco ed un elmetto da vichingo calato sul capo.
“E adesso? Il Re ci punirà!” esclamò un altro che andò a nascondersi dietro un suo compagno, tremante di paura fino alla coda.
La prospettiva del Re arrabbiato fece calare un gelido silenzio tra quegli esserini.
“Non sarà contento di sapere che abbiamo perso quel suo dannato pollo dalle uova d’oro.” Constatò un altro, stringendo saldamente una lancia dalla punta scintillante.
“E se è caduta in una segreta? Qui è pieno di quegli aggeggi.” Ipotizzò un goblin dal viso simile a quello di un ratto.
“Potrebbe anche averla mangiata uno di quei cosi rossi e gialli della foresta…” suppose la creatura che imbracciava una clava cosparsa di spuntoni metallici.
Intanto il Saggio se ne stava con gli occhi fissi sulla cricca, ma non li stava realmente osservando, piuttosto vagava perso nel nulla.
Il goblin dal cappello vichingo si voltò a fissarlo, incrociandone lo sguardo immobile.
“Ehi tu,” gli si rivolse con aria da bulletto. “Cos’hai da guardare?”
“Zitto, inetto di un goblin, non vedi che sta pensando?” rispose alterato il Coprisaggio.
“Nessuno ti ha interpellato, gallinaccio!” si inalberò quello, mettendo in mostra l’acuminata dentatura.
“Come osi, testa vuota di un microcefalo sottosviluppato! Vieni qui che ti cavo gli occhi, fatti sotto!” lo minacciò con fare battagliero, e lui ghignò, chiamando a sé tutti i suoi compari.
“Preparati ad essere spiumato.” Sentenziò, ed i suoi amici sorrisero malevoli, facendo scorrere le dita adunche ed artigliate sulle armi a loro disposizione.
Il Saggio in quel momento si scosse dal suo torpore. Una profonda ruga di disapprovazione comparve tra le sue candide sopracciglia aggrottate.
“Shhh,” intimò serio. “State facendo di tutto per farmi perdere il filo.”
“Il filo, che filo?” chiese una delle creature, curiosa.
“Il filo dei miei pensieri.” Replicò l’altro pacatamente.
“Ah, ma io ti conosco!” lo indicò il goblin armato di alabarda. “Sei quel vecchio pazzo che se ne va a spasso nel Labirinto!”
L’affermazione suscitò le sguaiate risa dei suoi amici.
“Il confine tra genio e follia è sempre molto sottile.” Affermò tranquillo il Saggio.
“Sì, certo. Comunque si dice in giro che tu risolvi i problemi, e noi ne avremmo uno.”
“Ebbene, parlate.” Li esortò.
Il Coprisaggio spalancò gli occhi e gli si abbassò fino a sussurrargli all’orecchio.
“Che fai, prima ti insultano e poi li aiuti? Allora è vero che non sei saggio!”
“Zitto, mi deconcentri.” Gli ordinò con fare perentorio. “Parla.” Incitò il goblin.
“Allora, il Re oggi non era di buonumore e così, per toglierci di torno ci ha fatto dono di una gallina da inseguire nel Labirinto. Solo che noi l’abbiamo persa e non sappiamo dove andarla a cercare.”
Il Saggio rilassò la schiena contro il suo trono di libri, assorto.
I goblin si misero quieti in attesa.
Le labbra del Saggio si schiusero e si rivolsero a loro.
“Se noi cerchiamo qualcosa, il Labirinto è il posto più adatto alla ricerca.”
Le creature inclinarono il capo di lato, dando segno di non aver capito.
“Parla come mangi, vecchio.” Lo ammonì il goblin che fino a pochi minuti prima temeva l’arrivo del Re più di ogni altra cosa al mondo. Il Saggio sospirò.
“La via che è a monte è la stessa che è a valle.”
Il Coprisaggio fece una smorfia contrariata.
“Non ascoltatelo, dice solo scemenze!”
L’anziano volse lo sguardo verso l’alto, un’occhiata che non celava le sue intenzioni malevole contro il suo compagno. Si schiarì la voce.
“E a volte, la via che è a valle...”
“È la stessa che è a monte.”  Lo interruppe il cappello. “Vi sembra logico?”
I goblin si scambiarono sguardi dubbiosi. Sembravano riporre molta più fiducia nel copricapo che nel vecchio che lo indossava. In effetti dava l’impressione di avere qualche rotella fuori posto.
“Vuoi star zitto!” ordinò il Saggio al Coprisaggio. Si focalizzò di nuovo sui goblin. “Spesso, ci sembra di non andare da nessuna parte, quando in effetti è vero.”
Li vide annuire.
“Beh, sicuramente in questo momento non stiamo andando da nessuna parte.” Notarono le creature scambiandosi sguardi d’approvazione.
“Poverini.” Disse il Coprisaggio.
“Forse,” fece il Saggio, “forse sembra sia così. Le cose... non sono sempre... come...” Parve per un attimo perso in chissà quali misteri dell’universo ed infine sembrò tornare con la risposta finale: “... sembrano.”
I goblin erano anche più confusi di prima.
“L’avevo detto io che era solo un matto!”
“Forse intende dire che dobbiamo tornare da dove siamo venuti per cercare la gallina del Re.”
“O che dobbiamo tornare dal Re, chiedere perdono e farci prendere a calci fino a quando i suoi stivali non si consumeranno.”
“O che dobbiamo continuare a cercare il pollo qua attorno…”
Il baccano prodotto dai goblin, che mai prima di allora avevano messo così a dura prova i loro cervellini, si levò alto, condito da epiteti poco piacevoli all’indirizzo della gallina e altre ipotesi su quale sarebbe stato il loro destino finale.
Il Saggio intanto continuava a riflettere. Tossicchiò leggermente e si rivolse all’uccello sul suo capo.
“La via che è a monte è la stessa che è a valle…perché quest’espressione non mi suona nuova?”
L’animale strinse gli occhi, frugando alla ricerca di un ricordo perduto. Dopo qualche istante di borbottii e brontolii, sembrò far luce sulla faccenda.
“L’abbiamo letto tempo fa, in quell’antico libro di magia. Ricordi, è una vecchia leggenda, una specie di profezia sul Labirinto, mi si passi l’espressione.”
Il Saggio annuì.
“Sì, ricordo.”
I goblin avevano captato quella conversazione e si avvicinarono curiosi.
“Che profezia sul Labirinto?”
“Diventeremo più alti?”
“Moriremo tutti?”
Il Saggio fece loro cenno di tacere, e scosse il capo in diniego.
“È una storia molto antica, sconosciuta ai più, il cui ricordo si sta affievolendo con il tempo. C’era una volta una ragazza…”
“Una ragazza umana?” intervenne uno di loro.
“Sì.” Replicò il Saggio.
“Ragazze umane, che schifo!” risposero in coro i goblin.
Il vecchio corrugò la fronte.
“Comunque sia, c’era una volta una ragazza che viveva in una terra di sogni irreali, nascondendosi dalla realtà. Trattata come un’estranea in casa sua, viveva intrappolata nel mondo delle sue fantasie. Nessuno ascoltava le sue speranze. Le sue grida futili echeggiavano in una casa di pietra, nessuno era al suo fianco e si sentiva abbandonata dalla famiglia, con nessun posto dove nascondersi.”
Il gruppo si acquietò e si mise in ascolto, pendendo dalle labbra dell’anziano.
“Finché un giorno trovò un libro. Un libro che parlava di creature fantastiche chiamate goblin, e del loro Re, capace di esaudire qualsiasi richiesta.”
“Ehi, siamo noi!”
“Non sapevo di essere così famoso.” Continuò uno di loro, passandosi la mano sul capo calvo e lisciandoselo come se avesse avuto una chioma fluente.
“Tu sei l’idiota più famoso di tutto il regno!”
Risero starnazzando di contentezza.
“La ragazza chiese che il bambino fosse preso ed affrontò la sfida del Labirinto, vincendola.”
I goblin tacquero. Nessuno aveva mai vinto la sfida del Labirinto fino ad allora. Il solo pensiero di un umano vittorioso era inconcepibile.
“Non sapevo che questa storia fosse ancora in circolazione…” una melodiosa voce ruppe il silenzio.
Da dietro un obelisco comparve, nella minuscola piazza, il Re dei goblin in tutta la sua solenne avvenenza.
“M-maestà!” proruppero i goblin gettandosi al suo cospetto.
“E così stavate ascoltando le fandonie di questo vecchio…” asserì seccato, puntellandosi i fianchi con i pugni chiusi.
“E- era una b-bella storia, sire.” Azzardò uno di loro.
Il Re scostò il mantello con un gesto stizzito e le creature si strinsero tra loro, intimorite.
“Per voi piccole menti stolte anche questa baggianata può risultare un avvincente diversivo. Piuttosto…” disse guardandosi attorno. “Dov’è finita la gallina che vi avevo ordinato di inseguire?”
Nessuno trovò il coraggio di rispondere.
Il monarca batté nervosamente il piede sulla pietra.
“Ebbene?”
“Noilabbiamopersaenonlatroviamopiù.” Dissero tutto d’un fiato.
“Come? Non ho capito bene.” Affermò abbassandosi a livello delle creature e portandosi una mano guantata all’orecchio.
“Noi l’abbiamo persa…”
“…e non la troviamo più.” Conclusero.
Lui si risollevò e sospirò stancamente, pizzicandosi la base del naso con le dita.
“Sono stato così generoso con voi, dandovi qualcosa da cacciare e come vengo ripagato? Lo perdete! Beh, sicuramente siete coscienti di quale sarà la vostra punizione...”
Il sovrano si erse in tutta la sua maestosità dinanzi alle tremebonde creature.
“N-non la g-gora, sire!” implorarono in coro.
“Oh, non crederete di intenerirmi con le vostre patetiche suppliche! Nella gora, subito!” con uno scatto del polso fece aprire una botola sotto di loro, e gridando i goblin si trovarono catapultati in quell'acquitrino trionfo di putridume e lordura vari.

Il Re stirò un sorrisetto soddisfatto, poi si voltò a fronteggiare l’anziano.

“Quanto a te, vecchio,” fece ostile.“ Questa faccenda dell'umana in grado di battere il mio Labirinto è solo una storiella da quattro soldi, inventata da patetici cantastorie e messa su carta da sciagurati scribacchini mentecatti. Un evento che non si realizzerà mai sotto il mio dominio.” Ghignò sicuro di sé, scostando dalla fronte un impertinente ciuffo biondo.
“Maestà, il destino guida chi lo segue docilmente, e trascina chi si ribella.” Rispose il Saggio semplicemente.
Il Re a quell'affermazione sembrò perdere la sua tracotanza e lo guardò bieco con i suoi occhi azzurri, diventati foschi per la rabbia. Si lasciò poi andare ad una risata sarcastica.
“Ormai non sei più giudizioso come un tempo, vecchio! Ma bada di tenere a freno la tua lingua, oppure...” assottigliò minaccioso lo sguardo di ghiaccio, facendo comparire una perfetta sfera di cristallo. “Ti trasformerò in un'oca starnazzante, animale che ben si confà alla tua stupidità ineguagliabile.”
Il Saggio stava per replicare con un altro motto sibillino, quando il Coprisaggio prese parola al suo posto.
“Il Saggio ha ben compreso la lezione, sire.” Chinò il capo servile.
Il Re sembrò compiaciuto del gesto di sottomissione.
“Bene. Non mi servono dei goblin con la testa piena di frottole su una stupida ragazzina umana capace di sconfiggermi. Esigo che non facciate mai più parola di questa sciocchezza con nessuno, sono stato chiaro?” comandò.
“Trasparente.” Replicò il cappello, ed il Saggio annuì.
Con un ultimo sorrisetto superbo, il Re sparì così come si era presentato.

“Di’ un po’, ti è sembrato intelligente metterti a parlare di quella favola? Lo sai quanto questo tipo di storie non piaccia al Re!” Sbraitò il Coprisaggio.
“Re Jareth è orgoglioso, ma credo non sia a conoscenza della seconda parte della storia, altrimenti sarebbe andato ancora di più in escandescenze.” Disse l’anziano.
“Non ricordo la seconda parte.” Affermò l’uccello.
Il Saggio inarcò un sopracciglio.
“Tu non sei quello che mi ha appena ingiunto di non far più parola di questa favola?”
“No, è stato il Re. Adesso sbrigati e parla.” Tagliò corto.
“La seconda parte narra che un giorno, nella vita della ragazza arriverà un uomo, che le darà qualsiasi cosa lei desideri ed ami.”
Il Coprisaggio scoppiò in una sonora risata.
“Questa è davvero bella, e tu credi che quest’uomo sia il Re?”
“Ma c’è una cosa che nessuno sapeva…nessuno sapeva…nessuno sapeva che il Re dei goblin…”
“Cosa, nessuno sapeva cosa?” domandò ansioso il Coprisaggio.
Il vecchio si fermò un attimo, per poi continuare, tranquillo.
“Tutto accade a tutti prima o poi, se c'è abbastanza tempo.” Rispose con l’aria di chi la sapeva lunga.
“Ma che razza di risposta è? Sei davvero un nonnetto con il cervello come una groviera!” s’impermalì il cappello che non aveva ricevuto la risposta che desiderava.
Ma il Saggio non lo ascoltava già più.
Con un ultimo sguardo alle guglie del Castello oltre la Città di Goblin, socchiuse le palpebre e si assopì.


***

Eh, la labirintite ha colpito ancora, stavolta grazie alle canzone Once upon a time di Donna Summer. Non è niente di che, ma mi ronzava in testa da qualche giorno. Ed io devo sempre dar sfogo alle voci che assillano il mio cervellino bacato.
Non c’è niente da fare, alla fine si ritorna sempre ai vecchi lidi.
Al prossimo sclero!
  
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