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Autore: vannagio    02/07/2013    13 recensioni
A Jane non piace presentarmi come sua amica. Per le altre persone sono sempre Darcy la mia stagista, o Darcy la mia assistente, o Darcy l’unica stagista disponibile, anche se non sono più la sua assistente-barra-stagista da un pezzo. La cosa non mi disturba, dico davvero. Neanche a me piace ammettere di essere amica di Orsa Maggiore Jane. Però, che ci piaccia oppure no, Jane ed io siamo amiche.
Come faccio a esserne così sicura?
Di solito le amiche sanno cose delle loro amiche che nessun altro, nemmeno i fidanzati delle suddette, sa. Ebbene, io so una cosa che Thor non sa.

[Dedicata a Evilcassy, che giorno uno ha compiuto gli anni. Tantissimi auguri!]
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Darcy Lewis, Jane Foster, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'E se Thor fosse tornato prima?'
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Per la serie…
“Quando vannagio vaneggia!”







Dedicata a Evilcassy, per il suo compleanno.
Ogni promessa è debito. Tantissimi auguri!




Amiche & Meteore




A Jane non piace presentarmi come sua amica. Per le altre persone sono sempre Darcy la mia stagista, o Darcy la mia assistente, o Darcy l’unica stagista disponibile, anche se non sono più la sua assistente-barra-stagista da un pezzo. La cosa non mi disturba, dico davvero. Neanche a me piace ammettere di essere amica di Orsa Maggiore Jane. Però, che ci piaccia oppure no, Jane ed io siamo amiche.
Come faccio a esserne così sicura?
Di solito le amiche sanno cose delle loro amiche che nessun altro, nemmeno i fidanzati delle suddette, sa. Ebbene, io so una cosa che Thor non sa. Voglio dire, io so tante cose che Thor non sa (come uppare un video su youtube, ad esempio, il significato dell’acronimo html, come scaricare illegalmente brani musicali in formato mp4), ma so una cosa, di Jane, che Thor sicuramente non sa. Per questo motivo sono assolutamente certa che, ci piaccia oppure no, Jane ed io siamo amiche.
Non mi credete? Va bene, adesso vi racconto tutto. Voglio proprio vedere se alla fine qualcuno avrà il coraggio di dire che Jane ed io non siamo amiche!
Siccome tra amiche ci si aiuta a vicenda, soprattutto quando si soffre per amore, la sera in cui la cosa-che-a-differenza-di-Thor-io-so è cominciata, Jane ed io ci trovavamo in un bar a bere come spugne. Già solo questo particolare dovrebbe avervi convinti: quale persona se non un’amica accetterebbe di ubriacarsi per aiutarne un’altra? Eravamo in un bar, dicevo. Mentre Jane affogava le pene d’amore nel boccale di birra, io nel mio ci affogavo la noia. Ehi, cosa sono quelle facce? Ho detto che siamo amiche, non buone amiche.
«Non posso credere che sia andato via così, senza neanche telefonare».
«Non essere troppo severa con lui, probabilmente non sa nemmeno cosa è un telefono».
«Primo, non credo che pretendere una telefonata sia essere troppo severa. Secondo, sai quanto gli costava alzare quel suo martello enorme e venire?».
Inutile dire che scoppiai a ridere, vero? E che Jane arrossì fin dietro le orecchie? Ecco, appunto.
«In Norvegia! Intendevo… venire in Norvegia, a Tromsø!».
«Sì, certo. Tu devi scopare di più, è solo questo il tuo problema».
«Darcy, parlo sul serio».
«Anch’io! È vero o no che quel martello non lo hai mai visto? Che non ne vedi uno qualsiasi già da un po’?».
Ma ormai Jane era al di là del bene e del male. Fu con un sorrisone grosso così che la vidi scagliare il boccale di birra vuoto per terra e urlare “Un altro!” tra lo stupore generale e le originalissime imprecazioni del barista.
«Insomma, dopo averlo aspettato per mesi, all’improvviso lo SHIELD mi propone un lavoro fichissimo in Norvegia. Rifiutare sarebbe pura blasfemia, sono una scienziata, mica una casalinga, e un posto vale l’altro per aspettare, mi dico. Allora prendo l’aereo. E via, verso l’infinito e oltre! Non faccio in tempo a mettere piede a Tromsø, che gli alieni decidono di fare una bella Apple Pie con la Grande Mela. E chi ti vedo al tg? Thor! Che combatte in prima fila, per giunta. Cosa avrei dovuto fare? Aspettare davanti alla tv? No, mi dico. Devi tornare in America, Jane. Non si discute. Thor è qui e rischia la vita. Di nuovo salto sul primo aereo. Di nuovo non faccio in tempo a mettere piede sulla terra ferma, che Thor è già volato via. Verso l’infinito e oltre. Ti sembra giusto, Darcy? Sii sincera, ti prometto che non mi arrabbio. Ti voglio bene, Darcy, sei la mia migliore amica. In effetti sei la mia unica amica, per forza che sei la migliore!».
Visto? Lo pensa anche lei. In vino veritas, lo sanno tutti.
«Jane, penso soltanto che tu abbia bisogno di divertirti. Non puoi mica passare tutta la vita a scrutare le stelle, dico bene?».
«Come se fosse facile. Questo è il New Mexico, non c’è niente a parte il deserto, qualche specie protetta di cactus e il cielo stellato più limpido del pianeta».
«Be’, c’è anche Darcy, l’unica stagista disponibile. E si dà il caso che questa stagista abbia già elaborato un piano geniale».
Dovete sapere che ogni volta che le mie labbra pronunciano le parole piano e geniale, Jane storce la bocca. Quella sera non solo storse la bocca, ma tornò immediatamente lucida. Un attimo prima era semisdraiata sul bancone del bar, gesticolava e straparlava (sì, tutte e tre le cose insieme), l’attimo successivo aveva raddrizzato la schiena (neanche le avessero ficcato un bastone su per il… avete capito) e piantato su di me gli occhi nuovamente vigili.
«Darcy, cosa hai fatto?».
«Niente!».
«Darcy».
Ecco un’altra cosa di Jane che non sopporto: il modo in cui certe volte pronuncia il mio nome. È come se non fosse più un nome ma una specie di esclamazione intimidatoria, del tipo “Ti prego, dimmi che non hai fatto una cosa che sicuramente non approverò. Ti prego, o non potrei rispondere delle mie azioni”, tutta concentrata in due sillabe. Se ci pensate è un modo sintetico e molto pratico di esprimersi, ma doveva scegliere proprio il mio nome? Non poteva usare un acronimo come fanno tutte le bimbeminkia?
«Okay, potrei aver fatto qualcosa…».
«Darcy».
«…ma è una sciocchezza, una cosa da ridere».
«Darcy».
«Okay, okay». Le sorrisi nel modo più finto e innaturale possibile. «Presente il mio vlog, no? E il film Grindhouse - Death Proof, quello di Tarantino con Kurt Russell?». Jane aveva la fronte così corrucciata e la bocca così storta da sembrare un bulldog. «Lo prenderò per un sì. Ora se unisci le due informazioni, quale risultato ottieni?».
«Darcy».
Stavo per dire “Risposta sbagliata, ritenta, sarai più fortunata!”, quando qualcuno picchiettò sulla spalla di Jane.
«Tre Anelli ai Re degli Elfi sotto il cielo che risplende, sette ai Principi dei Nani nelle lor rocche di pietra, nove agli Uomini Mortali che la triste morte attende, uno per l'Oscuro Sire chiuso nella reggia tetra, nella Terra di Mordor, dove l'Ombra nera scende. Un Anello per domarli, un Anello per trovarli, un Anello per ghermirli e nel buio incatenarli. Nella Terra di Mordor, dove l'Ombra cupa scende. E adesso voglio il bacio!».
Devo ammettere che da parte mia non fu molto carino scoppiare a ridere in faccia al tizio. Considerando poi il film al quale mi ero ispirata per il mio piano geniale, ridere era decisamente una pessima idea. Che poi, a essere precisi, non ridevo di lui ma per la faccia di Jane: un misto tra lo sguardo della mucca sui binari che guarda il treno arrivarle incontro e quello del pesce che boccheggia nella rete.
Lo strano incrocio di camionista e nerd di prima generazione che ci stava davanti fissava Jane come io fisserei l’ultimo modello di Mac uscito in commercio, ovvero con un rivolo di bava che pende da un angolo della bocca. Jane si sporse verso di me, senza perdere di vista Camionerd (cosa non facile, devo dargliene atto), e sillabò solo una parola: Darcy.
Era mio dovere prendere in mano la situazione, del resto era stata mia l’idea. Sia ben chiaro, non accetterò critiche a riguardo: il piano era geniale sul serio, forse si poteva orchestrare meglio, sono d’accordo, ma ciò non toglie che a qualcosa di buono alla fine ha portato. Perciò… zitti e mosca!
«Okay, amico. Ottima prova, sei stato bravo, ma purtroppo sei arrivato tardi. La mia amica ha già assegnato il premio».
Finalmente Camionerd si decise a scollare gli occhi dalle tettine (sono proprio piccole! Chissà cosa ci trova Thor, che è palesemente un tettomane!) di Jane e volgerli nella mia direzione. Trovarmi a tu per tu con quello sguardo pesto per le troppe ore al volante, o pc, o entrambe le cose (spero non contemporaneamente) non fu una bella esperienza. Ammetto di aver dubitato per un secondo (solo uno, però!) della genialità della mia idea.
«E chi mi dice che non state cercando di fregarmi, uhm?».
Intanto Jane era un disco rotto. Strattonava la manica della mia camicia e ripeteva a intervalli regolari Darcy.
«Jane», risposi per solidarietà.
Questo parve sbloccare il disco. «Spiegazione. Subito». Più o meno.
Sorrisi a Camionerd. «Ci daresti un minuto?». Senza attendere una risposta, afferrai Jane per il gomito e la trascinai fino all’ingresso della toilette. «Allora, uhm… Potrei aver annunciato sul vlog di questa mattina che una mia amica molto carina, di nome Jane Foster, si sarebbe trovata qui, a quest’ora. Potrei aver promesso anche che il primo che si fosse presentato recitando la poesia dell’anello di Tolkien avrebbe ricevuto in cambio un bacio. Un bacio da te».
«Un bacio con la lingua», precisò un tizio biondo. Era appena uscito dalla toilette degli uomini, con le mani ancora impegnate a chiudere la patta dei pantaloni. Aveva capelli lunghi, barba incolta, una sciarpetta colorata intorno al collo. Sulla testa portava una specie di fez, ma senza frangia, un po’ punkabbestia, e indossava una camicia di flanella sopra una t-shirt scolorita. In risposta alle nostre occhiate perplesse lui si limitò a fare spallucce e a dire: «Seguo il tuo vlog, è carino!».
Voi non potete capire l’emozione! Rimasi imbambolata a fissarlo per secoli, fin quando il DAAAARCY! di Jane non mi fece tornare alla realtà.
In casi come questi il mio nome assume un significato del tutto diverso, ovviamente: “Di’ le tue ultime preghiere, perché cinque passi sono tutto ciò che ti resta da vivere” credo sia la traduzione più accreditata. Difatti, con i bulbi oculari iniettati di sangue, Jane mi prese per il collo della camicia e mi strattonò un paio di volte prima di sibilare: «Adesso trovi un modo per tirami fuori da questo casino, un modo che non preveda la lingua di quel maniaco dentro la mia bocca. Sono stata chiara?».
Pensai a qualcosa di molto triste per non scoppiare a ridere.
«Se volete posso dire a Camionerd che ho riscosso io il bacio».
Il Figo Della Toilette era rimasto ad ascoltare, a quanto pareva. E aveva utilizzato il mio stesso soprannome. Ricordo di aver pensato che le possibili spiegazioni a un simile evento potevano essere soltanto due: leggeva nel pensiero oppure era la mia anima gemella.
«Se in cambio stai per chiedermi un bacio, scordatelo», disse Jane.
Giuro che l’avrei picchiata seduta stante. Sarei stata capace di svendere la mia adorata edizione illustrata de Il Signore degli Anelli per avere l’occasione di baciare un tipo così. Ma Jane no, Jane aveva standard troppo elevati.
«Sta’ tranquilla, dolcezza, non sei il mio tipo».
Il mezzo sorrisetto con il quale ci salutò fu la cosa più erotica che avessi mai sperimentato in vita mia. Da lontano lo guardammo parlare con Camionerd, dargli una pacca sulla spalla e uscire dal bar con una borsa di tela che gli penzolava dalla spalla.
Sospirai. «Non gli ho nemmeno chiesto come si chiama».
«Darcy!».
Fino ad ora ho raccontato fatti visti con i miei occhi, occhi offuscati da cinque boccali di birra, va bene, ma pur sempre i miei occhi. Adesso invece ci inoltreremo nella terra del mi hanno raccontato che... Le informazioni sono sempre di prima mano, di questo non dovete dubitare, ma non mi sono state riferite tutte dalla stessa persona, quindi sono stata costretta a lavorare di taglio e cucito per assemblare i brandelli della storia e confezionare una bella coperta patchwork. Ciò significa che il punto di vista sarà sempre il mio, a sua volta ciò significa che il modo di esprimermi sarà sempre il mio. Se non vi sta bene, quella è la porta (metaforica). Patti chiari, amicizia lunga.
Dunque, qualche giorno dopo il quasi stupro a mio carico ai danni del Figo Della Toilette, Jane era ancora affranta e distrutta per Thor. Tuttavia la clamorosa emicrania post-sbornia le aveva dato molto cui pensare: non posso mettere in stand-by la mia vita per un alieno (anche se molto figo), in primis. Urgeva quindi un cambiamento, qualcosa che segnasse uno spartiacque, che rendesse tangibile questa voglia di voltare pagina. Molte donne si affidano a un bravo parrucchiere, altre fanno shopping per comprare un nuovo paio di scarpe, altre ancora riordinano l’armadio, fanno pulizie, cambiano le tende. Jane no. Jane mise in moto il camper, alla ricerca di un posto tutto nuovo in cui parcheggiarlo. Non chiedetemi il perché, siamo amiche, okay, ma questo non vuol dire che sappia dare una spiegazione a tutte le sue stramberie. Provai a domandarle il motivo, ma la risposta che ottenni fu soltanto «Non posso ricominciare sotto le stesse stelle». Che mi venisse un colpo se ho capito cosa intendeva. Voglio dire, le stelle non sono sempre uguali? Boh, l’astrofisica è lei.
Non ebbi sue notizie per una settimana, fin quando non telefonò annunciando di aver trovato un posto perfetto. Si era stabilita presso un piccolo borgo a poche miglia da Albuquerque e dal Chaco Culture National Historical Park, al limitare di un piccolo canyon. «Darcy, dovresti vedere. La vista qui è mozzafiato!». Mozzafiato nel senso che se la mattina, ancora intontita dal sonno, scambiava la porta del bagno con quella di uscita, rischiava di fare la fine di Willy Il Coyote. Mozzafiato anche nel senso che non doveva esserci anima viva o cinema o bar o qualsiasi cosa che implicasse interazioni umane nel raggio di parecchie mila miglia. Ma, ehi, chi sono io per giudicare? De gustibus non est disputandum.
In seguito venni a sapere che un’anima viva c’era eccome, ma procediamo con ordine.
Era tardo pomeriggio, Jane non aveva ancora trovato il suo posto perfetto e in mancanza di meglio aveva deciso di sostare in un’area attrezzata per camper ad Albuquerque. Stava entrando in retromarcia nella piazzola presa in affitto, quando… BAAAAM!! Tamponamento col camper del vicino, fanalino rotto, ammaccatura sul culo del veicolo. Subito arrivarono le urla del proprietario del camper guercio.
«Dove cazzo ce l’hai gli occhi? Non hai visto che c’era il mio mezzo qui?».
«Mi scusi, credevo ci fosse abbastanza spazio per la manovra».
Quando Jane aprì lo sportello per scusarsi di persona e verificare l’entità dei danni… BAAAAM!! Preso in pieno, naso sanguinante e bernoccolo sulla fronte. Da brava crocerossina, Jane si precipitò in soccorso del malcapitato.
«Oh, Cristo! Mi spiace. Le assicuro che… TU!?».
Potete immaginare la mia faccia quando Jane mi disse che il tizio che aveva quasi ammazzato a sportellate sul naso era nientepocodimenoche il Figo Della Toilette nonché mia probabile anima gemella: nera e letale come la Morte Nera, ovvio.
«È questo il ringraziamento per averti aiutato qualche giorno fa, dolcezza?».
Naturalmente io non ero presente, ma sono strasicura che il dolcezza venne accompagnato dallo stesso mezzo sorriso stracciamutande della sera al bar.
«Non ti montare la testa, mi capita spesso di investire la gente». Già, le capita spesso di mettere sotto i figoni, chissà come mai. Non ho mai capito se questa cosa dell’investire la gente sia una specie di rito di accoppiamento per Jane, tipo la ruota del pavone ma più rischiosa. Oddio, porca miseria, scusate, ho appena fatto uno spoiler senza rendermene conto! «Si può sapere che cosa ci fai qua?».
«Sono diretto al Chaco Culture National Historical Park, per studiare da vicino lo stile di vita del Tamias Striatus, comunemente noto come Scoiattolo Striato. Si ipotizza che in questa zona viva una particolare specie che si contraddistingue dalle altre per la testa calva. Intendo dimostrarne l’esistenza». Santo Odino, figo e intelligente: cos’altro si può volere dalla vita? «E tu, dolcezza?».
«Cerco un nuovo posto per il mio camper, avevo bisogno di cambiare panorama. Anche se dopo la tua lezione di biologia mi sembra alquanto ridicola come motivazione».
«Be’, scusa se te lo dico, ma questo è proprio un panorama di merda».
Me la vedo benissimo Jane diventare rossa per la rabbia fin dietro le orecchie e colpire il poveretto sulla testa col suo stesso fez. Capite? Invece di sfruttare la scusa dell’infermierina premurosa, invitarlo nel suo camper per mettergli del ghiaccio sul bernoccolo e poi passare ad altro, lei cosa fa? Lo picchia. A nome di tutte le donne: Jane, sei un disastro.
«È una sistemazione provvisoria. Invece di dire idiozie, perché non ti alzi da terra, così cerchiamo di arginare il fiume di sangue che ti cola sul mento?».
Eh, in ritardo ma c’è arrivata anche lei.
«Uhm, non è niente. Quello che non uccide rende più forti».
Il Figo Della Toilette si tastò il mento con le dita, si rese effettivamente conto del sangue che sgocciolava e scrollò le spalle. Sotto lo sguardo inorridito di Jane, usò un lembo della sciarpa che aveva intorno al collo per pulirsi e tamponare l’emorragia.
«Ti prego, dimmi che era appena uscita dalla lavatrice».
Il Figo Della Toilette fece quello che avrei fatto io al suo posto: scoppiò a ridere.
A questo punto urge una digressione sul modo di ridere di Figo Della Toilette.
Avete presente la risata fuori contesto del Kattivo dei film? Quella che ti fa attorcigliare le budella, non perché malvagia e paurosa, ma perché il Kattivo è molto più figo dell’eroe e l’unica cosa che vorreste fare dopo averlo sentito ridere in quel modo è schiaffeggiare la protagonista femminile di turno e urlarle in faccia “Ma sei cieca? Che diavolo ci trovi in quella checca in calzamaglia?”.
Sì? Ecco.
«Certo che sei strana. Non sai come mi chiamo, però già mi giudichi».
Qui Jane ha sicuramente roteato gli occhi, come quando non coglie il doppio senso nelle mie battute e non sa cosa rispondere.
«Ah, sarei io quella strana? Ti rendi conto che stiamo facendo conversazione seduti in mezzo a una piazzola polverosa tra due camper tamponati?».
«D’accordo, allora. Tu fai la cortesia di chiedermi il nome, così puoi tornare a giudicarmi senza problemi. Invece io ti offro da bere, così ci spostiamo in un luogo più appropriato a fare conversazione». No, non stava parlando del letto del suo camper. Non ancora. «So dove trovare il panorama perfetto che cerchi. Cosa ne pensi, dolcezza?».
Jane è un po’ tarda di comprendonio, ma non così tarda.
«Piacere di conoscerti, sono Jane Foster, astrofisica. E tu? Come ti chiami?».
Si chiamava Charlie Frost, ma preferiva farsi chiamare Mika.
«Come il cantante?».
«Quale cantante? È una parola di un raro dialetto hindi e significa Scoiattolo Furbo».
«Ti s’addice».
«Lo so».
Avete presente il posto perfetto per il camper di Jane di cui parlavo prima? Bene, fu proprio quello il luogo più appropriato a fare conversazione in cui la portò Mika. Proprio un gran furbacchione questo scoiattolo, non è vero?
Dopo aver posteggiato il camper col culo ammaccato accanto a quello col fanalino rotto, Mika scovò una vecchia coperta patchwork puzzolente di naftalina e la distese sul terriccio rosso. E siccome in frigo non aveva altro che un barattolo di cetrioli sott’olio sui quali sembrava essere fiorita una nuova civiltà, Jane pensò alla cena, Mika al bere. Trascorsero il resto della serata sdraiati su una coperta mangiucchiata dalle tarme, con il canyon a poco più di due passi dai loro piedi e le stelle sopra le loro teste. Sgranocchiarono i crackers e il formaggio da discount di Jane, sorseggiarono il distillato di peyote di Mika (sì, quello allucinogeno), parlarono di scoiattoli dalla testa calva, alieni che non mantengono le loro promesse e di quanto può essere pericoloso bere un distillato allucinogeno in prossimità di un canyon.
«Mika, ho come l’impressione che le stelle mi stiano precipitando addosso».
«Tranquilla, è colpa del distillato».
«Sto cominciando a odiarle, queste maledette. Non voglio più essere un’astrofisica».
«Tranquilla, è sempre colpa del distillato».
«No, è colpa di Thor».
«Allora vuol dire che non hai bevuto abbastanza distillato».
«Per te la risposta a ogni problema è sempre il distillato?».
Anche da ubriaca o allucinata, Jane riesce a essere noiosa e irritante.
«Sì, perché il distillato è buono. E ti mette coraggio».
«Coraggio per fare cosa?».
Adesso citerò testualmente quello che mi è stato riferito. Siete stati avvertiti, quelle che seguiranno non sono parole mie, che nessuno suoni alla mia porta con il conto del dentista. Proseguite a vostro rischio e pericolo.
Mika si girò su un fianco e guardò Jane senza battere ciglio. I suoi occhi erano due stelle ammiccanti nella notte. Oppure non erano occhi. Forse le stelle stavano precipitando davvero ed era il caso di prendere un ombrello. O forse no, perché le stelle non cadono, sono punti fissi nel cielo, ti illudono, fanno promesse che non mantengono, ti fissano a distanza, fredde e così lontane da diventare irreali, come Thor. Forse gli occhi di Mika erano meteore: ti tagliano la strada all’improvviso, ti abbagliano, poi spariscono, e tu non senti la loro mancanza quando non ci sono più, perché dalle meteore sai cosa aspettarti.
Forse Mika si sbagliava, Jane aveva bevuto fin troppo distillato. Forse era solo moooooolto ubriaca quando mi ha raccontato questa parte della storia. Anche perché specificò che all’improvviso sentì una voce e che capì trattarsi della voce di Mika solo vendendo la bocca di lui aprirsi e chiudersi. Questo la dice lunga sul suo stato mentale in quel frangente, no?
«Tre Anelli ai Re degli Elfi sotto il cielo che risplende, sette ai Principi dei Nani nelle lor rocche di pietra, nove agli Uomini Mortali che la triste morte attende, uno per l'Oscuro Sire chiuso nella reggia tetra, nella Terra di Mordor, dove l'Ombra nera scende. Un Anello per domarli, un Anello per trovarli, un Anello per ghermirli e nel buio incatenarli. Nella Terra di Mordor, dove l'Ombra cupa scende».
«Credevo di non essere il tuo tipo», disse Jane.
«Tranquilla, dolcezza, è sempre colpa del distillato».
In parole povere, si baciarono.
E mi dispiace se ho distrutto la magia, ma cercate di mettervi nei miei panni: Jane, la mia amica Jane, ha baciato Mika, la mia probabile anima gemella, scusate se è poco! È già tanto che non abbia fatto una strage quando me l’ha raccontato.
Comunque sia, a un certo punto della pomiciata devono aver sentito freddo, perché Mika interruppe l’idillio per chiedere: «Camper tuo o camper mio?».
«Per entrare nel tuo, credo serva l’antitetanica e non ricordo quando ho fatto l’ultimo richiamo».
Mezzo sorriso stracciamutande da parte di Mika. «Camper tuo, allora».
In poche parole, scoparono.
E di nuovo mi dispiace (no, non è vero) se ho distrutto la magia, ma di nuovo cercate di mettervi nei miei panni: Jane, la mia amica Jane, ha scopato con Mika, la mia probabile anima gemella, di nuovo scusate se è poco!
Come sarebbe a dire che volete i dettagli? Siete senza cuore!
Spiacente, non sono stata così masochista da chiedere i particolari. Avrei potuto, ovviamente. Jane era talmente sbronza, quando mi ha raccontato tutta la storia, che mi avrebbe fornito anche le dimensioni di certe parti anatomiche se solo gliele avessi domandate.
Tutto quello che so è che scopare sotto l’effetto di un allucinogeno fu la cosa più strana mai capitata a Jane (considerato che adesso ha per fidanzato un alieno, figo ma pur sempre alieno, è tutto dire). Citando di nuovo testualmente, un attimo prima aveva l’impressione di sfrecciare su e giù sulle montagne russe, l’attimo dopo di galleggiare placidamente sulla schiena tra le onde del mare (e Jane non è mai stata al mare!). Nel frattempo c’erano sempre le due meteore che le svolazzavano davanti, sopra, sotto, accanto, che la braccavano in qualsiasi direzione volgesse lo sguardo.
Il resto ho provato a immaginarlo.
Sì, lo so, ho detto di non essere masochista. Ho mentito, va bene? Alla fine della serata di bevute in cui mi ha raccontato tutta la storia, sono stata costretta a riaccompagnare Jane fino al suo camper, perché da sola non si reggeva in piedi. L’ho fatta cadere a peso morto sul letto e soltanto dopo averle gettato addosso una coperta di lana, mi sono resa conto che presumibilmente su quel materasso si era data da fare con la mia probabile anima gemella.
Ammetto con un po’ di vergogna di aver cercato come un’assetata nel deserto un segno, una traccia, qualsiasi cosa mi aiutasse a capire come si fossero svolti i fatti. Erano passati già alcuni giorni, però, e Jane aveva sicuramente provveduto a riordinare. La mia mente, purtroppo, non era dello stesso avviso. Così l’ammaccatura sulla parete divenne il punto in cui Mika aveva spinto Jane spalle a muro. L’angolo di moquette scollato era l’impiccio sul quale erano inciampati, prima di raggiungere il letto. Un letto microscopico, che per Jane sola era già stretto: come avevano fatto a starci in due? Immaginarli come un groviglio di vestiti, gambe e braccia annodate incastrato in quel buco mi fece sorridere e inviperire al tempo stesso.
Lanciai un’occhiataccia alla traditrice che ormai dormiva profondamente, pensando di vendicarmi facendole qualche dispetto: spruzzarle la schiuma per capelli sulla mano e farle il solletico al naso, ad esempio, oppure immergerle le dita in una tinozza di acqua tiepida. L’espressione del viso di Jane era distesa e serena come non la vedevo da tanto tempo, da prima che incontrasse Thor. La ruga di preoccupazione che le increspava la fronte era sparita. La scopata a quanto pare le ha fatto bene, ricordo di aver pensato. E all’improvviso l’astio svanì. La mia amica era andata avanti, aveva fatto qualcosa per se stessa finalmente. Avrebbe potuto scegliere qualcun altro per voltare pagina? Feci mentalmente spallucce. Un figone vale l’altro, pensai, e nell’ultimo periodo piovono letteralmente dal cielo.
Contenti? Possiamo proseguire, adesso? Bene.
Ricordate la telefonata con la quale Jane mi informò di aver trovato il posto perfetto per il suo camper? Ecco, avvenne esattamente la mattina successiva al misfatto con Mika.
«Darcy, dovresti vedere. La vista qui è mozzafiato!».
«Sei troppo entusiasta per i tuoi standard, non può essere merito soltanto di un grosso buco nel terreno. Cosa è successo?».
Ho sempre avuto fiuto per la gente che ha passato la notte a scopare. Jane ovviamente non mi diede soddisfazione, ma si limitò a ridacchiare come un’adolescente.
«La prossima volta che ci vediamo ti racconto tutto».
«Va bene, però ci vediamo in un bar, così ti faccio ubriacare. E allora sì che sarò sicura che mi stai raccontando veramente tutto».
Caso volle che, appena dopo aver interrotto la conversazione con me, Jane ricevesse una chiamata dallo SHIELD. Una certa Maria Hill le comunicò che a breve l’osservatorio di Thompson, New Mexico, le avrebbe offerto un prestigioso e molto remunerativo impiego, attraverso il quale avrebbe potuto proseguire i suoi studi sul Ponte di Einstein-Rosen. Era il modo dell’agenzia di chiedere scusa e rimediare ai disagi che Jane aveva subito negli ultimi mesi, trasferimento in Norvegia compreso.
Se Jane si fosse chiamata Darcy, avrebbe mandato a ‘fanculo SHIELD e Maria Hill senza pensarci due volte e sarebbe corsa a riprendere la ginnastica orizzontale con Mika da dove l’aveva lasciata. Ma Jane si chiamava, e si chiama tuttora, Jane. Aveva già buttato alle ortiche un lavoro fichissimo in Norvegia per rincorrere un uomo. Non c’era motivo di ripetere lo stesso errore, anche perché non capita spesso che la sorte giri a tuo favore più di una volta (ragionamento applicabile anche ai figoni che finiscono ripetutamente sotto la sua auto, secondo la mia opinabilissima opinione, ma tant’è). Insomma, Jane accettò il lavoro. A quel punto non restava altro da fare che dirlo a Mika.
«Un cetriolino, dolcezza? Non sono male. La muffa li ha resi più saporiti, adesso hanno un retrogusto di… cos’è quella faccia? Ti è morto il gatto?».
«Devo andare via. Per lavoro».
«Ah. Abbandoni il tuo posto perfetto così presto?».
«Mika, mi dispiace davvero tanto».
«E di cosa? Abbiamo trascorso una piacevole serata e una nottata parecchio movimentata. Non c’è proprio nulla di cui tu debba dispiacerti. A meno che io non abbia fatto schifo, ma non credo proprio».
«Certo che no, è solo che…».
«Sappiamo entrambi che tra noi non sarebbe durata più di qualche altro giorno. Anch’io ho i miei impegni, cosa credi? Gli scoiattoli dalla testa calva non aspettano nessuno! Te l’ho già detto: non sei il mio tipo, dolcezza, ed io non sono il tuo. È stata colpa del distillato. È stata solo…».
«…una meteora».
Si salutarono con l’abbraccio caldo di Jane e il mezzo sorriso stracciamutande di Mika. Poi il camper col culo ammaccato ripartì, lasciandosi alle spalle quello col fanalino rotto per sempre.
Cacchio, suona terribilmente tragico così, non è vero? Che figata!
Comunque sia, questa è la conclusione della storia, questa è la cosa di Jane che a differenza di Thor io so. E adesso, come ho già detto all’inizio, voglio proprio vedere se qualcuno ha il coraggio di dire che Jane ed io non siamo amiche. Voglio proprio vedere chi al mio posto non solo avrebbe accettato con nonchalance e self control le capriole di una notte tra la sua amica e la sua probabile anima gemella, ma addirittura sarebbe stato felice della cosa (lo sanno tutti che una scopata al giorno toglie il medico di torno). Se questa non è amicizia, non so proprio cos’altro potrebbe esserlo.
Per questa settimana abbiamo concluso, ragazze e ragazzi. Commentate numerosi, fatemi sapere cosa avreste fatto se vi foste chiamati Darcy Lewis. Ci vediamo nel prossimo vlog, che parlerà principalmente di quanto è figo Tony Stark e solo secondariamente della sua decisione di distruggere tutte le armature.
Che la forza sia con voi!


***


«Hai davvero intenzione di uppare quel vlog?».
«Cos’è? Paura delle martellate di Thor o di non apparire abbastanza figo?».
«La prima che hai detto. Un po’ anche la seconda. Non sono certo che l’epiteto Figo Della Toilette mi renda giustizia».
«Non ti preoccupare, probabilmente Thor non sa nemmeno come si accende il computer. E in quanto alla seconda tua preoccupazione…».
Darcy mise in standby il laptop e raggiunse Mika, impegnato a contemplare il non-contenuto del frigorifero.
«Ti andrebbero dei cetriolini ammuffiti?», chiese lui. «Sono buoni. Hanno un retrogusto molto stagionato ma tutto sommato piacevole. E se li bagni col mio distillato scendono in gola che è un piacere».
Darcy gli diede una pacca sul sedere e lui rilanciò col tipico sorriso stracciamutande.
«…meglio se la gente non ti trova figo. Concederti a Jane è stato più che sufficiente».
«Quante storie per una scappatella avvenuta mesi fa, per giunta prima di essere folgorato dalla tua nerdissima beltà! Dimenticherai mai questo brevissimo capitolo della mia vita?».
Darcy afferrò Mika per la sciarpetta colorata che portava intorno al collo e tirò fin quando le loro bocche non si trovarono alla stessa altezza.
«Solo quando Jane mi concederà una notte di sesso bollente con Thor».
Quello che accadde dopo, tra Darcy e Mika, è materiale per youporn.







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Note autore:
Questa storia è stata scritta per il compleanno di Evilcassy (AUGURONI!!!). L’ho plottata insieme alla festeggiata moooolto tempo fa, quindi non potevo non regalargliela: è sua di diritto!
Questa oneshot è una post-Avengers e un prequel della mia precedente ff Ritorno a Midgard.
Ultimamente l’ispirazione per le mie storie arriva in reazione ai cliché che spopolano nel fandom. È uso comune, infatti, tratteggiare Jane come la dolce ragazza che scruta il cielo malinconica e aspetta paziente il ritorno del suo eterno amore. Ovviamente ognuno è libero di immaginare i personaggi come meglio crede e soprattutto come gli pare e piace, ma Jane è una scienziata, si presuppone che sia una donna moderna ed emancipata, davvero non si riesce a farle fare nient’altro oltre guardare le stelle?
Charlie Frost è un personaggio del film 2012 (cercate su google immagini), al quale Evilcassy ed io ci siamo ispirate spudoratamente per la caratterizzazione di Mika. E a proposito di questo OC, l’idea del nome Mika, che in una qualche lingua hindi significherebbe Scoiattolo Furbo, è sempre di Evilcassy: purtroppo, però, non sono riuscita a trovare un riscontro. Ah, mi raccomando, non prendete esempio da Mika e Jane, non provate a produrre e/o bere il distillato di peyote, per nessun motivo al mondo!
Il piano geniale di Darcy è la versione nerd e soft del concorso indetto, durante una trasmissione radiofonica, da una delle protagoniste femminili del film di Tarantino Grindhouse- Death Proof: tale concorso prevedeva che l’amica della suddetta facesse una lap-dance al primo uomo che durante la serata le avrebbe offerto da bere e dedicato una certa poesia. Se avete visto il film, converrete con me che il piano di Darcy non è poi tanto geniale.
Per chi ama Darcy e la sua adorabile demenzialità, leggete questa bellissima storia di una bravissima autrice, Alley. Risate e divertimento garantiti.
Come sempre ringrazio le mie sexybeta-assistenti Dragana e OttoNoveTre, che mi sopportano con grande pazienza; Evilcassy, perché è grazie a lei se questa storia esiste; tutte le persone che continuano a seguire le mie fanfiction.
Bacioni e a presto.
   
 
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