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Autore: Seven Scars    02/07/2013    4 recensioni
Sonny è una ragazzina proveniente da una famiglia di maghi. La famiglia del padre vanta, da lunghissime generazioni, di essere sempre stata smistata tra le fila dei Grifondoro e le aspettative sulla piccola strega sono molte e pressanti. S.L.T. è la storia di una ragazzina che impara a lottare per dimostrare il proprio valore, contro i pregiudizi che le persone hanno su di lei. Ma se un certo Potter le rendesse difficile non avere pregiudizi? E' la sfida più grande che deve affrontare, ma lei ancora non lo sa.
Genere: Fantasy, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio, Famiglia Potter, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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Capitolo 3

LA SCELTA







Sonny era in piedi davanti a tutti, con ancora il Cappello Parlante sulla testa. Non accennava a muoversi, a fare il minimo passo in avanti. La consapevolezza che il peggio era accaduto davvero le spense il respiro e l'orrore che non potesse fare nulla per tornare indietro si fece strada in lei.
Non è possibile...”.
Gli studenti del tavolo Tassorosso avevano continuato ad applaudire, ma più passava il tempo, con Sonny immobile e con un viso pallidissimo, più il loro applauso andava scemando, fino a scomparire completamente.
Qualche studente alla sua destra aveva cominciato a sghignazzare.
Non può, il Cappello...”.
«Signorina, deve andare al suo posto ora» sentì in lontananza la voce del professor Vitious, nonostante fosse proprio accanto a lei.
In cosa ho sbagliato, papà? O forse è il Cappello che si è...”.
Sonny si girò a guardare il professore con gli occhi strabuzzati dall'incredulità e dopo essere rimasta a fissarlo per qualche secondo, si avvicinò leggermente, parlando a bassa voce in modo che potesse sentire solo lui. «Io...i-io credo che il Cappello Parlante si sia sbagliato, io...».
Il professore sollevò immediatamente lo sguardo per scrutarla meglio, non riuscendo a credere che quella ragazzina stesse sul serio dicendo quelle cose. «Signorina Trulock, non dica sciocchezze, il Cappello non può essersi sbagliato» disse con tono risoluto, ma evidentemente era talmente sorpreso da dimenticare di dirlo a bassa voce.
Ci fu un attimo di profondo silenzio, come se tutti i presenti avessero smesso anche di respirare, Sonny si sentiva pietrificata e il poco colorito che aveva in viso scomparire del tutto.
Qualche secondo e la Sala Grande scoppiò in un putiferio. Dalla sua destra provenivano risa e insulti, voltò la testa in quella direzione e vide il tavolo dei Serpeverde e quello dei Tassorosso in totale subbuglio. I Serpeverde erano tutti piegati in due dalle risate e urlavano contro i Tassorosso insulti non molto diversi da quelli che aveva pronunciato Campbell sull'Espresso.
«Siete dei perdenti!».
«Guardate! Nemmeno i Tassorosso vogliono starci nella vostra casa!».
«Quella è una magonò!» urlò una ragazza bionda dal tavolo dei Serpeverde indicando nella direzione di Sonny, sghignazzando con la compagna accanto.
A onore dei Tassorosso, bisogna dire che risposero con altrettanta foga agli insulti, come a voler cercare di riparare il danno ormai fatto; erano tutti rossi in viso dalla rabbia, non dalle risate.
Fu quando anche gli altri due tavoli alla sinistra di Sonny cominciarono a ridere che si sentì un tonfo assordante provenire dalle sue spalle, riportando un silenzio tombale. La ragazzina si voltò immediatamente a vedere cosa era successo e vide la professoressa Mcgranitt in piedi, con la bacchetta puntata sul soffitto, da cui fuoriusciva una cascara di scintille gialle.
«Se sento anche solo un'altra risata o un altro insulto da chiunque in questa Sala Grande vi prometto sulla barba di Merlino che vi metterò tutti in punizione fino alla fine del vostro percorso scolastico, nessuna eccezione». La voce della preside rimbombò per tutta la Sala Grande. Era apparentemente calma, ma la potenza con cui disse quelle parole le fece accapponare la pelle. Far arrabbiare la preside il primo giorno di scuola non era stata affatto una buona mossa.
Sonny, in quel preciso istante, si sentì morire dalla collera, dalla paura e dalla vergogna e un rossore incontrollato si impadronì del suo viso. Voleva scappare, fuggire da quello che era successo e da quello che aveva fatto, tornare indietro nel tempo e non ridire quelle parole. Non era una Grifondoro, sarebbe stata la reietta della sua famiglia, suo padre sarebbe rimasto profondamente deluso, ma in quel momento non sapeva cosa era peggio: la delusione del padre o l'odio di tutta la scuola. E in quell'istante il sogno di rimanere in quella scuola si infranse. Erano bastati pochi secondi per rovinare l'unica cosa che desiderava da anni. Non aveva nulla contro i Tassorosso, ma loro non sapevano! Non sapevano cosa significasse per lei non essere una Grifondoro, cosa significasse per suo padre, che l'aveva spinta verso quella direzione perchè l'unica ammissibile per lui. L'avrebbero odiata tutti. Studenti, professori, anche le stesse mura di Hogwarts se avessero potuto parlare le avrebbero urlato contro che era la vergogna della scuola e Sonny lo sapeva bene.
Ancora voltata indietro a guardare la preside sentì tutti gli occhi puntati su di lei, una professoressa tarchiata la guardava con rimprovero e biasimo. Temeva ormai di girarsi nuovamente verso i tavoli.
«Signorina Trulock, lei è una Tassorosso» le disse la preside guardandola negli occhi e Sonny si sentì trapassare da parte a parte «Vada a sedersi con i suoi compagni, dobbiamo continuare lo smistamento». La potenza del suo sguardo le fece venire voglia di scoppiare in lacrime seduta stante. Distolse gli occhi e annuì, per girarsi lentamente di nuovo in avanti, mantenendo lo sguardo basso. Cominciò lentamente a muovere le gambe, per fare un piccolo passettino avanti, mentre gli occhi cominciavano a pizzicarle.
«Signorina Trulock, deve lasciarmi il Cappello» le disse con voce dura il professor Vitious.Non si era accorta, infatti, che il cappello parlante fosse ancora sulla sua testa. «Oh, si...» alzò le braccia per prendere con mani tremanti il Cappello consunto, ma prima di sfilarlo lo sentì parlarle.
«E' la scelta giusta».
Niente rabbia, niente isterismo, solo delusione profonda. Ecco cos'era Sonny Trulock in quel momento. Sfilò delicatamente il cappello dalla testa e lo porse al professore, per poi ricominciare a scendere le scale. Senza alzare mai il mento e con estrema lentezza, nell'assoluto silenzio, raggiunse il tavolo dei Tassorosso e si sedette al primo posto libero sulla lunga panca. Accanto a lei c'era una ragazza più grande, forse di un paio d'anni, che non appena Sonny si sedette fece una smorfia di disprezzo e si spostò più vicina all'amica dall'altro lato. Fu allora che Sonny involontariamente alzò lo sguardo a vedere i suoi compagni di casa e in quel momento si rese davvero conto che i suoi giorni ad Hogwarts sarebbero stati i peggiori della sua vita.
Non cercò con lo sguardo Gabe lungo il tavolo. Tra tutti i Tassorosso, era dispiaciuta soprattutto di aver deluso lui. Ora erano nella stessa casa, ma lui l'avrebbe sempre considerata una traditrice e una falsa, che fino a poche ore prima aveva difeso i Tassorosso e al momento dello smistamento aveva mostrato il suo disprezzo più di tutti gli altri.
Un senso di angoscia le pervase tutto il corpo, aveva le mani sudate e il viso infuocato. Sentiva lo stomaco ingarbugliarsi ancora di più di quando, minuti prima, doveva sforzarsi di salire i gradini verso lo sgabello. E un nodo in gola le faceva salire lacrime che non voleva scendessero, almeno non ancora, “non adesso”.
Dopo di lei, altri due studenti indossarono il Cappello e nessuno di loro fu smistato in Tassorosso. Sonny non fece caso a chi fossero, se li avesse visti in qualche istante prima di arrivare al castello o in quale casa venissero mandati. Aveva lo sguardo fisso sul tavolo davanti a lei, come se volesse analizzare ogni venatura del legno scuro.
Sentì un rumore di posata che percuoteva con delicatezza un bicchiere, ma che risuonava forte nella Sala Grande. Sollevò lo sguardo per vedere la preside in piedi e tutti gli studenti imitarla, così si alzò anche lei.
«Un caloroso benvenuto a tutti gli studenti del primo anno. Vorrei illustrare alcune regole della scuola a chi non le conoscesse e rammentarle a quelli degli anni successivi che ancora sperano di compiere qualche marachella all'interno della scuola senza conseguenze» disse la preside rivolgendosi in particolare al tavolo dei Grifondoro, alla sua sinistra.
«Il custode di Hogwarts, il signor Filchester, farà in modo che voi rispettiate le regole del castello, ovviamente aiutato dai Prefetti e dai Caposcuola» continuò indicando verso la porta d'ingresso alla Sala Grande, dove Sonny vide in lontananza un vecchietto con la gobba e capelli radi; non dava certo un'ottima impressione da lì fuori.
«Il coprifuoco è previsto alle otto di sera per gli studenti del primo, secondo e terzo anno. Alle nove, invece, per gli studenti degli anni successivi. Quindi oltre questi orari nessuno studente dovrà essere sorpreso nei corridoi del castello, eccezion fatta per caposcuola e prefetti di ronda. Chiunque venisse scoperto vedrà sottratto punti alla propria casa e sarà sottoposto a punizioni di vario genere, anche pulizia della guferia. Le lezioni sono obbligatorie e a fine anno scolastico lo studente sarà sottoposto ad esami in ogni materia. Inoltre, ogni casa avrà una propria squadra di Quidditch e vi saranno tornei per tutto l'anno fino alla consegna della Coppa di Quidditch della Scuola. Ogni studente può guadagnare punti per la propria casa, ma altrettanti possono essere sottratti in qualsiasi circostanza di irregolarità. La casa che guadagnerà più punti entro la fine dell'anno riceverà la Coppa delle Case. Ed ora abbia inizio il banchetto!» terminò così la professoressa McGranitt e magicamente sui lunghi tavoli comparirono piatti e pietanze di ogni tipo. Pollo, manzo, patate bollite, ali fritte, roast-beef, zuppa di cipolle, caraffe di succo di zucca, torte di ogni genere. Se solo Sonny non si sentisse tanto male per la sua situazione, quel banchetto le sarebbe sembrata una visione.
Immediatamente tutti gli studenti si fiondarono sul cibo come se non ne vedessero da giorni e anche la ragazza che si era allontanata da lei quando si era seduta, distratta dal cibo, si riavvicinò di più a Sonny nell'intento di prendere le patate dall'altra parte del tavolo.
Fu in quel momento che Sonny incrociò involontariamente lo sguardo di Gabe, seduto poco più in là alla sua destra. Aveva il viso rosso dalla meraviglia di ciò che c'era davanti a lui, probabilmente indeciso da cosa partire, ma quando incrociò lo sguardo di Sonny diventò improvvisamente serio. Fu lei la prima a distogliere lo sguardo, non poteva sopportare di sentirsi tanto sciocca anche agli occhi dell'unica persona che le era stata amica per qualche ora prima di arrivare al castello.
La cena sembrò passare molto lentamente e Sonny non mangiò quasi nulla. Aveva bevuto molto succo di zucca nella speranza di mandar giù anche il nodo allo stomaco, senza ottenere alcun risultato. Tutti gli altri invece sembravano rimpinzarsi di cibo come se avessero uno stomaco senza fondo e chi era appena stato smistato aveva già fatto amicizia con chi gli era seduto a fianco. Durante il banchetto nessuno l'aveva accusata di essere una traditrice, ma nemmeno avevano provato a parlarle, quasi come se avesse la lebbra. Non se la sentiva affatto di biasimarli.
Quando ebbero finito di cenare, la preside augurò la buona notte e avvisò gli studenti del primo anno di seguire i Prefetti della propria casa, che li avrebbero condotti verso i dormitori. Seguì il flusso di studenti Serpeverde e Tassorosso verso le scale in fondo a sinistra rispetto al tavolo degli insegnanti che conducevano fuori dalla Sala Grande.
Il Prefetto della casa di Tassorosso si chiamava Donald McAffie e riferì agli studenti novellini che quelle scale conducevano verso i sotterranei. Camminarono con i Serpeverde fino ad un certo punto, lungo un corridoio scuro con pareti di pietra e illuminato solo da alcune torce. Poi ad un certo punto i verde-argento proseguirono verso sinistra.
«Ora per arrivare alla Sala Comune dei Tassorosso bisogna girare a destra» disse il prefetto, assicurandosi che tutti lo avessero sentito e lo seguissero in quella direzione. «Sulla sinistra lungo questo corridoio c'è un quadro che rappresenta la natura morta, che costituisce l'entrata delle cucine di Hogwarts» disse il prefetto, indicando il grande quadro alla loro sinistra «E' severamente vietato agli studenti mettere piede nelle cucine senza uno speciale permesso, quindi non potete andare a fare scorte di cibo di notte». La serietà con cui McAffie lo disse fece intuire che era un episodio che avveniva spesso. «Proseguendo oltre, sulla destra, ci sono delle grosse botti in una nicchia di pietra. Ecco, quello è l'ingresso della Sala Comune Tassorosso».
Una volta arrivati Sonny vide delle grosse botti, più alte di lei di un mezzo metro quasi, incastonate in un incavo di pietra.
Il Prefetto si girò a guardarli e per la prima volta Sonny riuscì a guardarlo in viso. Era molto alto, con corti capelli biondi e occhi nocciola. Aveva un sorriso gentile che gli dava un'aria simpatica.
«Per entrare dovrete battere il tempo sul barile più grosso, quello che viene definito 'il ritmo di Tosca Tassorosso'. A chiunque non riesca a battere al tempo giusto o sbagli il numero di colpi i barili gli riverseranno aceto. Il barile che dovrete percuotere è quello centrale, gli altri servono solo a confondere quelli delle altre case che volessero tentare di entrare. Tutto chiaro? Ora vi faccio sentire». Si girò nuovamente verso uno dei barili laterali e percuotendolo con le mani eseguì quella che a Sonny sembrò quasi una canzone per quanto fosse lunga. Pensò che le sarebbe servito un mese solo perr impararla, se anche fosse riuscita a rimanere in quella scuola senza essere affatturata da qualcuno.
Dopo aver finito, McAffie fece ripetere ad alcuni studenti del primo anno quel ritmo, per essere sicuro che lo memorizzassero. Quasi tutti sembravano esserci riusciti e Sonny, che non riusciva a ricordare nemmeno le prime quattro battute della sequenza, non poté fare a meno di pensare che quella era la dimostrazione che non era affatto una Tassorosso.
Non appena McAffie si assicurò che tutti o quasi avessero imparato il ritmo, rieseguì la sequenza sulla botte centrale, che subito si aprì a mostrare dietro di se un cunicolo che si arrampicava verso l'alto. Sonny seguì gli altri studenti e alla fine del cunicolo si ritrovò in una grande stanza circolare dal tetto basso. La stanza era tutta arredata con stendardi gialli e neri, alternati a quadri che rappresentavano persone in movimento.
Wow! Quei tizi nei quadri si muovono! Che meraviglia!” pensò tra sé Sonny, per un attimo dimenticando tutti i suoi problemi.
«Per la barba di Merlino, i quadri si muovono!» disse un ragazzo alto con i capelli scuri proprio accanto a Sonny che sembrava aver dato voce ai suoi pensieri. Tutti si girarono a guardare e trattennero il fiato dalla sorpresa.
«Sì, hai ragione!».
«E' così!».
«Già, novellini!» rispose Donald McAffie alla loro sorpresa. «E' sempre un piacere avere a che fare con voi, che vi sorprendete per così poco! Tranquilli, anche questo è un pregio della nostra casa: sappiamo stupirci anche per le piccole cose» e rivolse un sorriso gentile a molti di loro. «Potete avvicinarvi se volete! Questa è casa vostra da ora in poi» disse infine quando i primini Tassorosso sembravano tanto intimoriti da non voler fare un passo.
Sonny aspettò che tutti si allontanassero un po', poi fece qualche passo avvicinandosi ad uno dei quadri. In quello che aveva di fronte c'era una donna grassottella e dall'aria gentile che le sorrideva e sotto c'era una targa recitava:

 

Riuma Wesling, Tassorosso, 1872-1935.
Fondatrice dell'Ufficio di regolazione e controllo delle Creature Magiche al Ministero della Magia di Londra”.

 

Continuò a guardarsi intorno e notò un caminetto proprio dal lato opposto della porta di ingresso, davanti ai quali c'erano divani e poltrone imbottite. Sopra al caminetto c'era un grosso quadro, anche questo in movimento, che raffigurava una donna tarchiata e sorridente con in mano un calice a due manici. Non appena vide che Sonny la osservava mosse in avanti la coppa, come a voler brindare a lei. Sotto il quadro era scritto:

 

Tosca Tassorosso, 962-1044.
Co-fondatrice della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts e
Fondatrice della casa di Tassorosso nel 993.
Ha introdotto lei gli elfi domestici nelle cucine del castello,
garantendo loro un lavoro e una certa indipendenza.
Molte delle ricette servite ai pasti sono state inventate da lei.”.

 

Sollevò lo sguardo, una volta finito di leggere, per incontrare quello della donna. Lei continuava a sorridere bonariamente e Sonny si sforzò di farlo anche lei, ma era evidente la differenza: il suo era molto più forzato, un sorriso di circostanza.
Tavoli circolari e sedie in legno erano posizionati in tutta l'area della stanza. Sul lato destro rispetto alla porta c'erano tante piccole finestrelle basse, sulle cui mensole erano poggiati cactus e varie piante grasse e un alberello di salice era direttamente piantato nel pavimento. Stava per avvicinarsi, quando la porta della Sala Comune si aprì ed entrarono fiumi di studenti degli anni successivi.
Quando si accorsero di lei alcuni le lanciarono sguardi truci, altri borbottavano tra loro. Poi vide una ragazza con lunghi capelli castani e molto alta, poteva essere del sesto o settimo anno, venirle incontro a passo spedito e fermarsi a pochi passi di distanza da lei.
«Ehi, tu, ragazzina! Hai idea di quanto ci prendano in giro le altre case e di quanto sgobbiamo per evitarlo?» disse gesticolando la ragazza.
«Io...» Sonny farfugliava, mentre il viso le andava in fiamma ad una velocità impressionante.
«Sai una cosa? Mai, e dico mai, da quando sono qui, e ormai sono ben sette anni, mi era capitato di vedere una cosa del genere. Se dipendesse da me» disse avvicinandosi ancora di più a Sonny, tanto che la costrinse a indietreggiare «ora saresti fuori dalla nostra casa».
Sonny sentiva gli occhi di tutti puntati su di lei, come se aspettassero che qualcuno le lanciasse contro una maledizione.
«Stai attenta a quello che fai, Trulock» disse infine la ragazza con voce bassa, ma abbastanza forte da farsi sentire da lei.
Le diede un'ultima occhiata furiosa, poi girò i tacchi e scomparve dietro una delle porte circolari ai lati del caminetto.
La guardavano tutti e se fino ad allora nessuno le aveva dato molta importanza, in quel momento le sembrò quasi di bruciare sotto gli occhi truci di tutte quelle persone.
«Ehm...bene novellini» riprese McAffie, cercando di essere disinvolto e continuando a sorridere con lo scopo di allentare la tensione palpabile nella stanza. «Quelle due porte ai lati del caminetto conducono ai dormitori, la destra a quelli delle donne e la sinistra a quelli degli uomini. Sulle porte sono incisi i vostri cognomi che sono stati aggiunti magicamente subito dopo lo smist...». Il prefetto non ebbe modo di finire, perchè non appena Sonny capì quale fosse la direzione da prendere, corse dritta verso la porta alla destra del camino. Gli occhi le bruciavano e la gola sembrava essersi completamente chiusa da un nodo invisibile. Dietro quella porta c'era un'altra piccola stanzetta circolare di passaggio, lungo la parete c'erano sette porte numerate in senso orario. Quella del primo anno era la prima da sinistra e sulla porta, sotto la targa dell'anno, erano incisi dei cognomi: Bluesmark, Hughes, Murfin e Trulock. La aprì velocemente, si infilò nella stanza e richiuse la porta dietro di se, premendo la schiena contro di essa.
Non ebbe neanche il tempo di guardare la stanza che il groppo in gola che la accompagnava da ore e che si era trasformata in una morsa pochi istanti prima, si sciolse in un fiume di lacrime che finalmente potevano scenderle lungo le guance.
Sarebbe stata la vergogna della famiglia. I colleghi del padre l'avrebbero derisa, riusciva a immaginarseli di nuovo a cena nel periodo natalizio mentre le dicevano che avevano sempre saputo che non era degna del cognome che portava. Le zie paterne l'avrebbero trattata come una malata, come se non essere una Grifondoro non fosse una colpa, ma una malattia. Poteva immaginare molto chiaramente suo padre sopraffatto dalla collera e dalla delusione. Forse lui l'avrebbe considerata veramente una colpa, non essere un Grifondoro quando si discendeva direttamente dal suo fondatore, quando da tempo ignoto intere generazioni non erano mai state smistate in case diverse da quella.
Forse papà non sarà così dispiaciuto. Forse capirà che non è stata colpa mia, che ho provato a chiederlo al cappello, ma che non mi ha ascoltato...”.
Era una speranza infondata. Come avrebbe potuto capire Grant Trulock, che le aveva raccontato per la prima volta la storia di tutto l'albero genealogico quando Sonny aveva solo sei anni? Proprio lui, che le aveva regalato una sciarpa di lana dei Grifondoro al suo compleanno, ad Agosto? L'uomo che, poco prima di salire sull'Espresso di Hogwarts, aveva chiesto alla figlia di non deluderlo?
Si immaginò per un attimo seduta in cucina a casa sua, a riferire ai genitori che era stata smistata tra i Tassorosso. Probabilmente non le avrebbero detto nulla, ma Sonny sapeva che gli avrebbe procurato un dolore al cuore, soprattutto a suo padre. Anche la madre Poma ci teneva molto che fosse una Grifondoro, come lei, ma per Grant la questione era diversa. Oltre a non avere una figlia Grifondoro, lui avrebbe avuto su di se la responsabilità di aver spezzato la tradizione di famiglia.
Mentre le lacrime le scendevano incontrollabili dagli occhi, Sonny capì che l'unica cosa da fare era non dire nulla a suo padre. Non lo avrebbe mai saputo, avrebbe fatto qualunque cosa pur di non farsi scoprire. Avrebbe comprato da Madama McClann la cravatta e il mantello con i colori rosso e oro, non si sarebbe lasciata sfuggire nulla dalla sua bocca. Agli occhi del padre sarebbe stata una Grifondoro coraggiosa e fiera.
Qualcuno stava bussando dietro la porta alle sue spalle che aveva volontariamente bloccato. Sonny raddrizzò di scatto la schiena e sgranò gli occhi dalla paura di farsi vedere in lacrime dalle altre compagne. Esitò, rimase ferma davanti alla porta, con le lacrime che le rigavano il viso. Bussarono con maggiore insistenza e sentì le voci delle ragazzine dall'altra parte che parlottavano tra loro, molto probabilmente di lei.
Sonny si asciugò velocemente le lacrime con la manica della divisa e cercando di stamparsi un finto sorriso sulla faccia, si voltò ad affrontare le sue nuove compagne di scuola.
Aprì la porta e vide tre ragazze che aspettavano sulla soglia, disposte come a formare i vertici di un triangolo. La ragazza al centro era la più alta, con lunghi capelli ramati e lisci, occhi azzurri e il naso alla francese. Alla sua sinistra c'era un'altra ragazza, anche lei alta, ma meno della rossa. Aveva i capelli castani e ricci ben curati e occhi marrone scuro. Queste due fissavano Sonny e la guardavano con occhi truci, quasi disprezzanti, tanto da farla sentire di nuovo male.
La ragazza alla sinistra di Sonny, invece, era l'unica che la guardava senza sdegno, quasi con interesse. Era più bassa delle altre tre ragazze, smunta e col viso pallido, ma con uno sguardo vispo. I lunghi, lisci capelli neri le ricadevano sulle spalle piccole e magre e aveva occhi intensi e grigi come il fumo.
Non era particolarmente bella, nulla nel suo aspetto fisico faceva pensare che potesse qualche caratteristica particolare, ma era il suo sguardo a colpire fortemente. Dava un forte senso di bontà e di pazienza.
Dopo qualche istante in cui le quattro ragazze erano rimaste a scrutarsi, la rossa fece un passo in avanti verso la stanza, costringendo Sonny a indietreggiare per farla passare. La riccia la imitò senza guardarla nemmeno.
L'unica a rimanere immobile fu la ragazzina più piccola con gli occhi grigi, che continuava a guardarla curiosa. Sonny si sentiva imbarazzata, non sapeva perchè continuava a fissarla e temeva volesse prenderla in giro. Poi la vide allungare una mano verso di lei.
«Io sono Nessi Bluesmark. Piacere di conoscerti» le disse con la mano stesa in avanti aspettando che Sonny la stringesse, sorridendole gentilmente.
Non poteva crederci che c'era qualcuno in quella Sala Comune che volesse davvero conoscerla, non dopo quello che aveva fatto in Sala Grande. Sonny rimase a fissarla per qualche istante con la bocca aperta, non del tutto convinta da quell'atteggiamento, poi decise di rispondere.
«Io sono Sonny Trulock» si presentò, stringendo la mano della ragazzina.
«Non dovresti parlarle, sai?» sentì dire da una delle due ragazze alle sue spalle con voce dura. Sonny si voltò e vide che era stata la rossa.
«Hai visto quella tipa del settimo anno? Forse non dovremmo parlarle» aveva detto la riccia con voce un po' tremante. Forse temeva una reazione brusca della ragazza più grande se avesse intrattenuto un'amicizia scomoda come la sua.
Sonny non sapeva cosa dire. Guardava quelle due ragazzine e non le biasimava in alcun modo. Eppure loro non conoscevano le motivazioni di Sonny, non sapevano perchè aveva reagito in quel modo un'ora prima. Ma in fin dei conti cambiava qualcosa? Lei sarebbe stata sempre la ragazzina che odiava i Tassorosso, costretta a convivere con loro.
Dopo qualche secondo in cui la rossa la squadrò, Sonny la vide girarsi di spalle e dirigersi verso il suo baule ai piedi di un letto a baldacchino. Seguendo la schiena della ragazza con lo sguardo, vide finalmente la stanza in cui era rimasta chiusa per buoni dieci minuti, ma che ancora non aveva osservato.
Come tutte le altre stanze che aveva incontrato, anche quella era circolare. Molto simile alla Sala Comune, anche lì il giallo e il nero erano i colori dominanti, a richiamare lo stendardo della casa. Quattro letti a baldacchino erano disposti a raggiera, anch'essi dello stesso legno scuro dei tavoli e delle sedie della Sala Comune. Erano ricoperti da un copriletto giallo a strisce oblique nere e le tende dei letti, pendenti da alte aste di legno che partivano dagli angoli e morbidamente raccolti ai lati da una fascia in velluto nero, erano di tessuto appena trasparente e di un giallo caldo.
Vide con la coda dell'occhio Nessi, la ragazza dagli occhi grigi, muoversi verso il letto alla sua destra più vicino alla porta e le altre due ragazze avevano cominciato a cacciar fuori dai bauli i loro pigiami. Così le imitò, avvicinandosi lentamente all'unico letto libero, quello accanto alla ragazza con gli occhi grigi sulla destra, più vicino alla finestra rotonda che si trovava dalla parte opposta della porta. Tirò fuori dal baule il suo pigiama e dopo averlo indossato si infilò sotto le coperte. Vide la rossa di fronte a lei tirarsi le tende del letto a baldacchino e Sonny fece altrettanto.
Il completo silenzio scese nella stanza e nessuno fiatò nemmeno per augurare la buona notte.
Passò molto tempo, ma Sonny non riusciva a prendere sonno. In quella stanza non si sentiva a suo agio, ma completamente fuori posto, come una piovra fuor d'acqua.
Quanto più il tempo passava tanto più la sensazione di solitudine e di disperazione crescevano dentro di lei. Si sentiva bloccata in quella stanza senza più aria, aveva difficoltà a respirare e prendere sonno. Dopo quelle che le sembravano ore, Sonny capì che non poteva dormire in quella stanza, non come le altre, non con loro. Lentamente, senza farsi sentire dalle compagne di stanza, si alzò dal letto e si diresse verso la porta circolare della camera. Scese le scale che conducevano alla stanza rotonda della Sala Comune e si avvicinò al divano di fronte al caminetto, che intanto era quasi spento.
Ci si sedette tirando le gambe al petto e poggiando la testa sulle ginocchia, a fissare il quadro sopra al camino. Era tutto buio, ma la luce fioca proveniente dal fuoco le permetteva di vedere Tosca Tassorosso addormentata sulla poltrona. Il braccio con cui sorreggeva la coppa a due manici penzolava dal bracciolo e rischiava di far cadere il vino contenuto all'interno. Ogni tanto il suo stesso russare la ridestava dal sonno e spostava il braccio tanto da non far mai cadere il vino a terra.
Sonny ricominciò a pensare a casa, a come si lamentava tra se quando il padre le parlava continuamente delle storie dei suoi avi. In quei momenti si annoiava da morire, eppure mai le era passato davvero per la testa che non sarebbe stata una Grifondoro anche lei. Aveva sempre dato per scontato che sarebbe stata quello che i suoi genitori volevano, si fidava quando il padre le diceva “Sarai una futura Grifondoro”, o quando diceva che “il Cappello Parlante tiene conto della tua opinione”.
Non era avvenuta nessuna delle due cose e presto o tardi avrebbe dovuto affrontare suo padre. Aveva l'impressione che quella sarebbe stata una lunga notte.








Angolo dell'autore.
E incredibilmente sono giunta a pubblicare anche il terzo capitolo! Questa cosa mi emoziona, credevo mi sarei fermata al primo o secondo capitolo, e invece eccomi qui.
Voglio ringraziare tanto quelle altre due belle donnine che hanno recensito i primi due capitoli e messo la storia tra le seguite e preferite. Grazie davvero <3
Piccolo appunto che volevo fare, una cosa inutile a dire il vero: come forse avete notato, il custode di Hogwarts non è più Gazza con la sua inseparabile Mrs Purr. Ho ritenuto opportuno cambiare perchè Gazza era già abbastanza anziano all'epoca di Harry Potter, quindi credevo plausibile che...potesse essere morto(?) nel 2015. A sostituirlo c'è questo Signor Filchester che in fin dei conti non è molto diverso dal nostro amato Gazza. Inizialmente anche lui doveva avere accanto un gatto che lo aiutasse, tuttavia ho deciso di cambiare e lasciare soltanto lui. Il motivo è che non mi andava di ricalcare la figura di Gazza, creare una sua finta copia, ma un personaggio comunque nuovo e con una storia diversa.
Secondo, qualcuno mi aveva chiesto già dal primo capitolo di cambiare le dimensioni dei caratteri. Nei primi due capitoli ho messo un carattere abbastanza grande, in questo ho deciso di usare uno più piccolo per ''testare'' e vedere quale sia il migliore, in termini di estetica e anche leggibilità. Quindi se mi fate sapere (tramite una recensione se vi andasse di scriverla) quale ritenete migliore mi fate un grosso favore.
Per il resto, se ci sono domande a cui vorreste delle risposte io sono qui pronta a darvi risposte ** Quindi niente, buona lettura a chi deciderà di leggere anche questo capitolo <3 N.B.: Voglio avvisare qui che non aggiornerò per i prossimi due martedì, vale a dire 9 e 16 Luglio. Spero di pubblicare il quarto capitolo il 23 o se riesco anche un po' prima **

  
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