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Autore: wordsaredeadlythings    02/07/2013    1 recensioni
Era tutto così vuoto, silenzioso.
Quando spalancò gli occhi, fu come ritrovarsi in un sogno. C’erano macchie di colore ovunque; era come essere immersi in un mare composto di arcobaleni, come sorvolare un cielo intessuto di colori esplosivi. Erano così brillanti che facevano quasi male, ed ebbe la tentazione di piangere.
Si guardò intorno, nuda ma senza vergogna, senza bisogno di coprirsi, e realizzò che era quello. Quello era il posto dove si andava dopo la morte. Era quello il luogo dove avrebbe trascorso l’eternità. Lei, anima eterna. Senza più sofferenze. Senza nient’altro che pace.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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And in the dark, I can hear your heartbeat
I tried to find the sound
But then it stopped, and I was in the darkness,
So darkness I became

 

 
 
 
Erano passate alcune settimane dall’incontro con Jean, e l’anima non si era mai allontanata troppo da Rachel, forse perché si sentiva in dovere di rimanere lì, forse perché non poteva. Non aveva nemmeno provato a lasciarla da sola: Rachel aveva bisogno di qualcuno e, anche se lei non era più viva, sarebbe rimasta con lei. Sarebbe stata quel qualcuno che Rachel non poteva sentire.
Quella mattina Rachel aveva legato i suoi capelli in una lunga treccia: giocherellava con i capelli raccolti in modo distratto. Indossava una grande felpa verde, dei jeans neri e le delle converse, e l’anima pensò semplicemente che era stupenda vestita così, molto più bella di qualsiasi altra ragazza al mondo.
Sedeva su una poltrona in pelle scura, all’interno di uno studio. C’era un signore, seduto su una poltrona identica alla sua, davanti a lei. La osservava da dietro gli occhiali, picchiettando le dita sul blocco per appunti che aveva in mano.
« Rachel? » la chiamò lui, e l’angelo si girò verso l’uomo. Rachel non si mosse. « Intendi rimanere in silenzio anche oggi? »
Rachel non rispose, non alzò lo sguardo: continuò a giocherellare con i suoi capelli. L’angelo sentì un guizzo di inquietudine nell’anima di Rachel – ormai si era abituata al suo compito, alla sua protetta.
« Rachel, io sono qui per aiutarti. » affermò l’uomo, sporgendosi lievemente verso di lei. « Come posso aiutarti se tu non mi spieghi cos’è successo due settimane fa? »
Sentì qualcosa di rosso e bollente provenire da Rachel. La ragazza alzò lo sguardo, puntandolo contro l’uomo.
« Lei cosa crede sia successo? » chiese, per poi sospirare.
« Rachel- »
« La smetta. Lei non può aiutarmi. »
« Che cosa ti fa pensare questo? »
« Il fatto che lei ha una famiglia che la ama dalla quale tornare, degli amici da vedere nel week-end, una bella casa, un bel lavoro e i soldi che le escono anche dal buco del culo. » affermò la ragazza, più calma di prima. « Una persona come lei non può capire. »
L’angelo percepì l’irritazione dell’uomo, emozione che non esplose però sul suo volto: rimase impassibile, fornito di quel sorriso arcaico che accentuò la rabbia di Rachel.
« E comunque ho già scelto. Lei non può fare niente per farmi cambiare idea. » affermò lei, per poi tornare a pettinarsi i capelli. « Nessun antidepressivo potrà darmi quello che non ho mai avuto. »
« Ovvero? »
« La vita. Quella vera. Quella che tutti dicono di amare ma che io non ho mai sentito davvero. »
« E credi che farla finita sia la soluzione? » domandò ancora l’uomo.
Rachel alzò lo sguardo. Lo guardò a fondo, così a fondo che l’angelo sentì la sua essenza tremare di rabbia e disperazione messe insieme; pianse lacrime fredde a causa di quella disperazione: lei, che era stata così brava a non piangere nemmeno quando le cose andavano veramente male, ora piangeva sentendosi inondata di disperazione e odio e rabbia.
« Sì. » rispose Rachel. « Sì, è questa la soluzione. »
 
*
 
Quando Rachel tornò a casa, prese in mano il telefono per la prima volta dopo settimane. L’angelo appoggiò la testa sulla sua spalla, sedendosi accanto a lei. Era così curiosa di sapere i particolari della vita di Rachel, di sapere che cosa l’aveva spinta a tentare di scappare via da una realtà che aveva distrutto e ucciso anche lei.
C’erano dieci messaggi. Rachel esitò, prima di aprirli. Iniziò con il primo, quello più vecchio.
“Rachel, io so che non vuoi vedermi, ma ti prego, ho bisogno di sapere perché. Chiamami appena lo vedi.”
Era da parte di Jean.
Rachel cestinò il messaggio senza pensarci, e l’angelo la osservò in silenzio, pensando a tutta la rabbia e il dolore che crescevano dentro di lei, distruggendo tutto il resto. Quella rabbia e quel dolore che nessuno – a parte lei – riusciva a capire.
Passò al secondo.
“Rach, ti prego, ti scongiuro, chiamami. Mi manca la tua voce. Mi manca la mia migliore amica.”
Rachel cestinò anche quel messaggio, senza sentire niente.
Passò al terzo. Era molto più lungo dei precedenti.
“Okay, non vuoi chiamarmi. Ma ti capisco, sai? Avrei dovuto capire che stavi male. Avrei dovuto fare qualcosa. Capisco che ora tu sia arrabbiata e non voglia più vedermi. Voglio solo che tu sappia che ho fatto tutto il possibile per poterti rendere felice, per riuscire a salvarti. Non ci sono riuscita, e mi dispiace.”
Rachel cestinò anche quello. Questa volta, però, l’angelo avvertì distrattamente del dolore provenire dalla sua assistita. Strofinò la sua guancia immateriale contro la spalla di lei, ma Rachel non poteva sentirlo.
Gli altri furono più o meno simili, e Rachel li cestinò tutti. Tranne l’ultimo.
L’ultimo era sempre di Jean. A quanto pare, era l’unica che si fosse veramente preoccupata per lei, in tutte quelle settimane. Sentì un dolore acuto e profondo provenire da Rachel, un dolore così simile a quello che aveva provato quando era in vita da farle quasi male fisico. Si guardò le mani, ma non vide altro che la sua pelle bianca e perfetta.
“Rachel, ora, ti chiedo solo questo: sono passate settimane dall’ultima volta che ti ho visto. Ho parlato con tua madre, e mi ha detto che non reagisci alle terapie, che hai gettato via tutti i flaconi di antidepressivi che il medico ha prescritto per te. Ora, rispondi a questa domanda: tu vuoi essere salvata, Rachel? Vuoi salvarti?”.
Rachel fissò quel messaggio per molto tempo, forse anche dieci minuti. Quella domanda rimbalzava nella sua mente con forza, e l’angelo poteva sentirla scorrere ad intermittenza tra mille altri pensieri confusi.
“Vuoi essere salvata? Vuoi salvarti?”
« Non lo so. » sussurrò, e l’angelo vide una lacrima scendere lungo la sua guancia. Cercò di afferrarla con l’indice della mano, ma quella scivolò attraverso il suo corpo, depositandosi sulle pieghe della sua felpa.
Venne seguita da molte altre, mentre Rachel si accasciava sul letto, stremata, priva di forze.
« Non lo so. Non lo so. »
L’angelo si sdraiò accanto a lei. Silenziosamente, si appoggiò al suo corpo e le accarezzò i capelli per tutta la notte, sperando di trasmettergli pace; e pianse, pianse tutta la notte, sperando che quelle lacrime potessero alleviare il dolore di Rachel, il dolore di essere ancora viva, quel dolore che nessuno dovrebbe mai provare.




   
 
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