Serie TV > The Vampire Diaries
Segui la storia  |       
Autore: Sissi Bennett    02/07/2013    3 recensioni
Nessuno sano di mente si sarebbe mai addentrato negli anfratti scuri della City quando la luna era alta nel cielo; la notte non era un luogo rassicurante, fatta eccezione per gli ubriachi, per gli sprovveduti e gli squilibrati, e ovviamente per lui.
Non c’era più spazio per i buoni sentimenti, niente più giustizia, niente più compassione, niente più umanità. Non quando le paure aumentavano e la pazzia trovava spazio.
E il vampiro era ben contento dell’appellativo disumano, perché voleva essere considerato un qualcosa di superiore; uno spietato assassino, senza limiti, senza scrupoli; voleva incutere terrore con il suo comportamento inumano.
Per questo adorava passeggiare per i vicoli immersi nelle tenebre e nel silenzio; perché quella era la New York che amava: malvagia, amorale, ambigua, sfacciata e disinibita; la New York che gli calzava a pennello, la New York della notte.
E lui, Damon Salvatore, ne era il padrone indiscusso.
Genere: Angst, Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon Salvatore, Nuovo personaggio
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

A beast about to strike

Image and video hosting by TinyPic

Capitolo tre: The agreement

 

“When I'm drivin' in my car
And that man comes on the radio
He's tellin' me more and more
About some useless information
Supposed to fire my imagination
I can't get no, oh no, no, no
Hey hey hey, that's what I say
I can't get no satisfaction
I can't get no satisfaction
'Cause I try and I try and I try and I try
I can't get no, I can't get no”

(Satisfaction- The Rolling Stones).

 

Radio Caroline aveva cominciato le sue trasmissioni la domenica di Pasqua del 1964 con Satisfaction dei Rolling Stones.

Da quel momento in poi i rapporti con il potere erano decisamente cambiati. Le radio avevano portato la prima grande rivoluzione culturale del ventesimo secolo, ma in ben pochi ne avevano compreso il potenziale prima dell’avvento delle radio pirata.

Finalmente si percepiva aria di libertà, di evasione, a volte di trasgressione. Le regole iniziavano a stare strette, la gente sentiva il bisogno di nuovi riferimenti, di una spinta nel futuro. Per Damon era stato come respirare per la prima volta dopo tanto tempo a pieni polmoni. Delle sua vita umana poteva ricordare solo dovere e rigore;  l’etichetta era alla base della vita sociale ed era anche qualcosa di vincolante.

Diventare un vampiro aveva solo peggiorato la situazione: Damon non aveva idea di come comportarsi, a volte l’istinto comandava e poi la sua coscienza lo puniva. Sage gli aveva dato la prima vera scossa, gli aveva insegnato a godersi la vita, ma tra le due guerre non era stato facile trovare qualcosa di cui gioire.

Gli anni sessanta e le radio pirata avevano segnato una rivoluzione. Il potere non era più nelle mani di chi aveva creduto di detenerlo fino a quel momento, il potere era lentamente scivolato verso il basso, verso tutti.

Damon aveva visto le gonne accorciarsi e i capelli allungarsi, aveva assistito al radicale cambiamento delle abitudini dei giovani. Nessuno era più disposto a starsene zitto. La felicità doveva essere conquistata e creata su misura.

E New York era diventata il centro del sogno di rivincita. Tutto grazie a quella canzone che un decennio dopo continuava a suonare, a far sentire la propria voce.

Una canzone che Damon Salvatore aveva assunto come inno personale. I tempi in cui tutti potevano comandarlo a bacchettata erano finiti. Si trovava nella sua città, nella sua epoca e niente poteva andare storto.

Non ricordava di aver vissuto un periodo più felice di quello; tralasciando la parentesi Lexi, gli eventi dell’ultimo anni si erano rivelati più che vantaggiosi e quelli degli ultimi giorni a dir poco incredibili.

Aveva tenuto d’occhio quella ragazzina dai capelli biondi che sembrava adorare il pericolo. Abitava sul serio a Brooklyn, in un palazzo un po’ dismesso, ma non così desolante come se l’era immaginato. Niente a che vedere con gli edifici di Greenwich Village, naturalmente.

L’aveva seguita e spiata, ma non aveva trovato nessuna falla nel suo racconto. Era stata sincera: sua sorella alloggiava e studiava in un prestigioso collegio a pochi passi da Madison Square Guarden; entrambe erano state adottate alla morte della madre dal patrigno. Il vero padre sembrava scomparso nel nulla.

Frequentava l’ultimo anno del liceo; lavorava in un negozio di dischi. Damon non aveva potuto appurare se fosse davvero una prostituta, ma il suo istinto gli suggeriva di no. Probabilmente gliel’aveva detto solo per impietosirlo.

La cosa comunque non lo infastidiva. Si sarebbe incazzato sul serio se la storia sulla sorella si fosse rivelata falsa, quello sì.

Era il motivo per cui l’aveva lasciata in vita e non poteva accettare di venire preso per il culo proprio su quello.

 

Quando Charlie fece il suo ingresso al Billy’s, non poteva credere di aver accettato per davvero quell’assurdo patto.

La sua vita non era mai stata come quelle delle altre ragazze. Ricordava un periodo felice, quando sua madre era ancora viva, ma dopo la sua morte tutto era peggiorato.

Il secondo marito di sua madre aveva preso lei e sua sorella in affidamento, ma presto si era rivelato totalmente inadatto a svolgere il ruolo del padre.

Era entrato in depressione dopo la morte di sua moglie; aveva incominciato a bere e aveva perso in lavoro. Senza l’assegno mensile seguito all’adozione, non sarebbero mai sopravvissuti. Si erano trasferiti in un appartamento più piccolo e più brutto.

Charlie aveva imparato in fretta a cavarsela da sola. Lavorava tre giorni a settimana in un negozio di musica e ogni tanto dava una mano nel bar di una delle sue amiche.

David, il loro patrigno, aveva trovato un altro lavoro, sebbene non ben retribuito come il precedente. Meglio di niente comunque.

Sua sorella a otto anni era stata accettata in una prestigiosa scuola. Le avevano offerto una borsa di studio per coprire parte delle spese; il piccolo stipendio di Charlie pagava il resto delle retta. Era una cifra irrisoria rispetto al totale, ma nell’economia della famiglia aveva un peso non indifferente.

Non aveva mai fatto la prostituta, nemmeno ci aveva mai pensato. Aveva mentito per impressionare il vampiro, nella speranza di smuovere in lui ciò che lo aveva indotto a lasciarla libera la volta prima, qualunque cosa fosse. Non aveva funzionato.

Alla fine si era trovata costretta ad acconsentire a quella folla idea di diventare la sua schiavetta consenziente. Già nella definizione c’era qualcosa che non quadrava.

Non avrebbe voluto presentarsi. Più di una volta, in quei pochi giorni, aveva pensato di tenersi ben lontano da quel locale. Magari il vampiro se ne sarebbe dimenticato.

Il rischio, però, che sua sorella ci andasse di mezzo era troppo grande. Così quella sera, Charlie si era fatta coraggio e si era diretta al Billy’s.

Non era molto spaventata, non per se stessa almeno. L’idea di abbandonare sua sorella la intimoriva più della sua stessa morte.

D’altra parte, una strana sorta di curiosità si era fatta strada nel suo animo. Per anni era stata la ragazza sfortunata, quella un po’ anonima, che non riceveva mai attenzioni. Non le era mai successo niente di eclatante, nemmeno di bello.

Faticava a rammentare un momento davvero felice.

Non che trasformarsi nella servetta di un vampiro omicida la rendesse particolarmente contenta, ma la sua parte più sconsiderata e impulsiva la spingeva a buttarsi nella prima, vera avventura della sua vita.

Il Billy’s era un locale piuttosto piccolo, ma gremito di gente. Un lungo bancone occupava un’intera parete, proprio accanto al palco. Si stava già esibendo un gruppo, nonostante fosse abbastanza presto.

Charlie non sapeva a che ora sarebbe arrivato il vampiro, perciò si era recata lì poco dopo l’apertura.

Si guardò un po’ intorno, spaesata. Sembravano tutti più grandi di lei; era perfino sorpresa che non avessero controllato la sua età prima di lasciarla entrare.

Non che quello fosse un posto normale. Già il fatto che un vampiro lo frequentasse regolarmente, lo rendeva più unico che raro.

Si avvicinò al bancone per ordinare. Sarebbe stata l’unica a prendere qualcosa di analcolico. Eppure un po’ di alcol le avrebbe fatto bene, per allentare i nervi.

Dopo due ore la coca cola era ancora intatta. Aveva lo stomaco ribaltato per l’agitazione. Centoventi minuti sembravano un tempo infinito, eppure le passarono in un attimo.

Il proprietario del locale, un certo Will, le aveva tenuto compagnia per un po’. Era rimasto piuttosto stupito di trovare una ragazzina in un posto come quello, ma non l’aveva cacciata fuori. Girava gente ben peggiore.

Charlie non gli aveva rivelato la sua vera età; Will l’aveva capito comunque; per quanto fosse spigliata, emanava lo stesso un’aura d’innocenza propria di una quasi diciottenne.

L’uomo non ci mise molto a capire che fosse una delle tante vittime di Damon, perciò provò a intrattenerla quanto poté. Quando infine adocchiò il vampiro all’ingresso del locale, si accinse a servire gli altri clienti. Aveva svolto il suo compito: si era assicurato che non se ne andasse, ora erano fatti di Damon.

Charlie si sistemò meglio sullo sgabello e gettò un’occhiata all’orologio appeso al muro, segnava quadi le undici. Non era molto tardi e David normalmente neanche si accorgeva della sua presenza, ma lei il giorno dopo aveva scuola.

Se ci arrivo a scuola. Considerò tra sé e sé. Non sapeva che cosa le sarebbe accaduto quella sera. Damon le aveva promesso di tenerla in vita, o almeno così le era parso. Doveva fidarsi della parola di un vampiro?

«Ti prego non dirmi che sei una di quelle brave ragazze». Apparve dal nulla e per poco Charlie non gli rovesciò tutta la coca addosso.

Damon alzò le sopracciglia e le tolse il bicchiere di mano. «Non sei in un locale convenzionale, sai? E hai ordinato lo stesso una coca cola» osservò «Spero proprio che tu possa essere un po’ più divertente di così» la stuzzicò.

«Non volevo cacciarmi in altri guai» si giustificò.

«Ah sì? Forse avresti dovuto pensarci due volte prima di venirmi a cercare per ringraziarmi della mia buona azione. Non sei divertente e neanche sveglia. Non mi stai impressionando molto».

«Io non sono noiosa» ribatté lei «E neppure stupida». Mandava avanti da anni la sua famiglia; non avrebbe permesso a un vampiro qualunque di sminuirla in quel modo.

Damon la guardò dall’altro al basso, poi la prese per un braccio e la spinse giù dallo sgabello «Andiamo, adesso sono io che ho sete».

Percorsero tutta la sala, fino a una porta secondaria. Uscirono in un piccolo cortiletto sul retro, vuoto a eccezione di alcuni cassonetti della spazzatura.

Romantico. Pensò lei.

Il suo cuore cominciò a battere all’impazzata. Perché l’aveva portata lì? Voleva ucciderla senza testimoni presenti?

«Ho fatto una ricerca nella biblioteca della mia scuola. È una piccola scuola di quartiere e vanno matti per le leggende metropolitane. C’è un’intera sezione dedicata al sovrannaturale. La verbena è velenosa per voi vampiri. Vi stordisce e neutralizza i vostri Poteri, vero?»

«Stai pensando di correggere il mio bourbon?» le chiese Damon, nascondendo un certo divertimento per quella pallida intimidazione.

«No, volevo solo sapere se avevo trovato le informazioni giuste».

Damon poté appurare che fosse un’ottima dissimulatrice. Se il suo cuore non l’avesse tradita con quel battito impazzito, non sarebbe apparsa per niente spaventata.

Un punto a suo favore, perché lui non ne poteva più di tutte quelle ragazzine che lo pregavano quasi in ginocchio di lasciarle libere.

Charlie aveva una tattica tutta sua. Ugualmente inutile, ma almeno era qualcosa di diverso.

«Hai fatto bene i compiti» le concesse «Non ti sognare, però, di minacciarmi. Potrei romperti il collo in meno di un secondo».

La giovane incassò e distolse lo sguardo. «Adesso che succede?»

«Noi vampiri abbiamo Poteri speciali, l’hai detto tu stessa. Possiamo influenzare la mente umana, indurla a fare quello che vogliamo. Usiamo spesso questo controllo quando ci nutriamo, per evitare che le nostre vittime urlino e si contorcano. A volte non le uccidiamo, a volte le induciamo a dimenticare. Quello che ho provato con te» specificò «È una routine che comincia a stufarmi. Quando privi una ragazza delle propria volontà, lei diventa un irritante robot».

«Ti vuoi nutrire di me?» gli chiese.

Damon annuì «E non ho nessuna intenzione di soggiogarti. Voglio provare un po’ di carne fresca».

«Tutto qui?» si stupì Charlie «E poi sono libera di tornarmene a casa?» si aspettava di venire rinchiusa in qualche scantinato, solo per alimentare le sue riserve di sangue o peggio, per dover soddisfare i suoi più bassi istinti.

«Puoi tornartene a casa» le permise «Almeno finché non avrò ancora voglia di te».

«È l’unica cosa che mi chiedi? Per il resto posso continuare con la mia vita?»

«Stai contrattando?»

«Sto cercando di capire i termini del patto».

«Sono io che decido quali sono i termini e quando cambiarli» la stroncò Damon «Per adesso le mie esigenze coincidono con le tue».

Charlie si mordicchiò il labbro e si mise le mani in tasca. Non poteva dire di aver vinto alla lotteria, ma stava andando meglio di quanto avesse mai sperato.

«Va bene. Allora possiamo fare presto? Domani devo svegliarmi presto per andare a scuola» disse.

Damon piegò leggermente un angolo della bocca all’insù. Era strano sentire la parola “scuola”. Era una dimensione così umana, diversa e lontana dalla concezione che aveva lui del mondo.

Quella ragazza stava per diventare il pasto di un vampiro e la sua prima preoccupazione era la scuola.

«Vieni qui. Posso finire in un attimo» le fece cenno con un dito.

«Come funziona?»

«Sei oltremodo curiosa» constatò Damon «Niente di straordinario. Tu pieghi il collo, io mordo, succhio, tu ti prendi un po’ del mio sangue, il morso sparisce e siamo tutti felici e contenti».

«Aspetta, io dovrei bere il tuo sangue?» si stranì Charlie.

«Sì, se vuoi che la ferita si rimargini».

«Io non lo bevo, che schifo!» storse il naso lei «Non possiamo saltare quella parte? Morirò dissanguata se non prendo il tuo sangue?»

«No, non sono un macellaio» la tranquillizzò «Ma ti resterà il segno».

«Metterò un cerotto o qualcosa di simile».

«Funzionerà per qualche volta, ma cerca di abituarti all’idea. Non posso farti andare in giro con i segni sul collo; prima o poi qualcuno li noterà».

«Fa male?» si preoccupò Charlie.

«Solo se non lo vuoi» spiegò Damon.

«Non so se lo voglio» mormorò la ragazza. Non era andata lì di sua spontanea volontà. Aveva accettato solo per salvarsi la pelle.  Come poteva sapere se al momento del morso la sua mente si sarebbe rifiutata oppure lo avrebbe accolto senza problemi?

«Ti conviene fartelo piacere» le consigliò Damon «Ora piega la tua graziosa testolina di lato». Le si avvicinò e allungò una mano per accarezzarle i capelli.

Charlie si trovò inchiodata dalle iridi di ghiaccio del vampiro. Già la prima volta che lo aveva incontrato era rimasta incantata dal suo fascino. In condizioni normali, sarebbe caduta ai suoi piedi.

Questo, però, non era un ragazzo conosciuto una sera in un bar. Era un vampiro che desiderava il suo sangue. Quegli occhi non la attraevano più, la intimidivano.

Chiuse i suoi, per non guardare. Strinse i pugni. Non sapeva che tipo di male aspettarsi e quello la rendeva molto nervosa.

Damon strofinò la punta del naso per tutta la lunghezza del collo. Charlie avvertì un brivido. Non servì a calmarla, ma almeno ora era concentrata sulla piacevole sensazione di essere stretta da quelle  braccia.

Damon inspirò forte. Il profumo del sangue si faceva sempre più forte a ogni battito accelerato del cuore. Aprì leggermente la bocca, permettendo ai suoi canini di allungarsi. Sfiorarono la pelle sottile e lentamente la penetrarono.

Non fu il dolore lancinante che Charlie si era aspettata, ma ammise di aver provato esperienze molto più piacevoli. Fece del suo meglio per rimanere ferma, finché non riuscì più a trattenersi.

Si scostò leggermente e il suo viso si contrasse in una smorfia.

La presa di Damon sui suoi fianchi si era fatta più salda e i canini scendevano sempre più in profondità a ogni sorso. Sorsi che non accennavano a smettere, anzi divenivano sempre più lunghi.

Il vampiro per un attimo valutò di fermarsi, ma presto risolse di proseguire. Era vero, le aveva promesso che non l’avrebbe uccisa. Gliene importava qualcosa?

Non molto.

Il suo sangue era delizioso, ricco di adrenalina pompata dalla paura. Damon mandò tutto al diavolo e continuò  bere. Ne avrebbe trovata un’altra.

All’improvviso sentì un male acuto appena sotto le costole. Sciolse la stretta e Charlie sgusciò via.

«Te l’ho detto che ho fatto le mie ricerche» disse lei.

Il vampiro spostò lo sguardo sul suo torace e vide un piccolo paletto di legno spuntare dalla sua maglia. Lo tirò via con forza, trattenendo un grugnito. Si girò verso la giovane.

Charlie questa volta non abbassò gli occhi. Si era recata in quel locale preparata. Non si fidava di lui e aveva avuto ragione.

«Stavi per infrangere la tua promessa» lo accusò.

Damon si pulì la bocca con una mano e alzò le spalle «Incidenti che capitano».

«Non posso morire. Devo badare a mia sorella» affermò Charlie «Non ho nessun problema a concederti un po’ del mio sangue se ne hai bisogno, ma impara a controllarti o questo patto si conclude qui».

Damon ghignò «Vedi, il fatto è che non spetta a te dare ordini. Non ho mai detto che saresti stata intoccabile e salva per sempre. Ti ho concesso altro tempo per vivere, ma ho intenzione di riprendermelo quando vorrò. E delle stupide chiacchiere su una sorellina sola e abbandonata non invertiranno i ruoli. Non sono io lo schiavetto qui».

Charlie ingoiò il rospo. Avrebbe tanto desiderato prendere a schiaffi quel bel visino, ma aveva tirato già troppo la corda.

«So dove abiti Charlie e so in che collegio alloggia tua sorella. Non tentarmi» l’avvisò «Ora va’ a dormire o sarai troppo stanca per la scuola» la schernì. Rientrò nel locale dileguandosi, piantando in asso la ragazza.

Aveva finto di essere arrabbiato; in realtà era rimasto piuttosto compiaciuto dalla tenacia della sua giovane preda. Si era dimostrata furba e non tutti avrebbero avuto il coraggio di fronteggiare un vampiro con i canini scoperti.

Forse si era sbagliato; forse Charlie Hastings non era né noiosa né stupida.

 

Il mio spazio:

Sono sparita per un sacco di tempo! Scusatemi tantissimo.

Tra esami, tesi e le mie altre due storie non trovavo mai il tempo di mettermi a scrivere questa.

È un capitolo che si concentra più su Charlie, dato che negli altri due non le è stato dato molto spazio. È un tipetto un po’ particolare; ammetto che possa sembrare una pazza.

Giuro che cercherò di entrare il più possibile nella sua personalità e nella sua storia. Per ora forse è ancora tutto un po’ confuso ma siamo solo all’inizio.

Volevo avvertivi, poi, che purtroppo non aggiornerò più fino a settembre. È una nuova fanfiction per me, in un fandom in cui non ho mai scritto, quindi vorrei mettere giù un piano per scriverla al meglio.

Ringrazio infinitamente chi ha commentato e chi ha solo letto in silenzio. Anche chi l’ha messa tra le seguite/preferite/ricordate.

Radio Caroline iniziò davvero le sue trasmissioni il giorno di Pasqua del ’64. Su un sito avevo letto che la prima canzone mandata in onda fu Satisfaction del Rolling Stones ma le date non coincidono perché questo brano fu pubblicato per la prima volta nel 1965. Prendete quindi le notizie date a inizio capitolo come una mia “licenza poetica” ai fini della storia.

Ringrazio ancora bumbuni per il fantastico banner!

Lasciatemi un commentino, please! Sono ben accette critiche, così correggerò il tiro per la prossima stesura!

Auguro buone vacanze a tutte!!

Fran;)

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > The Vampire Diaries / Vai alla pagina dell'autore: Sissi Bennett