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Autore: Fear    02/07/2013    8 recensioni
Cit/: Piccoli diamanti, piccole perle d'acqua – questa volta salata – le rigarono il volto. Un soffio di vento se le portò con sé, e quanto avrebbe voluto Rein essere portata via insieme a loro. Ci pensava e ripensava ogni momento della sua vita. Ogni volta che vedeva l'acqua, le saliva un groppo alla gola e un nodo le attorcigliava le tonsille impedendole di respirare. Aveva iniziato a temerla, non riusciva a non pensare che quella medusa fosse dovunque: nella piscina pubblica, nel fiume e la vedeva persino nella sua vasca da bagno.
Si era seduta sulla sdraio della piscina, ma poi l'aveva abbandonata.
[...]
[ Drammatica, angst, bad ending ― incentrata su Rein ]
♣ Scritta perché un pesce non può nuotare senza pinne
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Rein
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Buon pomeriggio ragazze ed ora anche ragazzi. Scusate se ho cambiato queste note autore, ma come avete potuto notare, è da quasi quattro mesi che non aggiorno la raccolta. Per questo, oltre che per motivi di tempo e di completa dedizione a "Come il cielo di primavera", mia long fiction, ho deciso di non cancellarla, ma di trasformarla in una semplice e sola one-shot. Di conseguenza lascio anche il contest per le motivazioni elencate sopra, mi scuso per il disagio e soprattutto con le persone che volevano leggere un seguito; ce l'avevo quasi pronto, ma poi pensandonci mi sono detta era meglio così e non mi pento di questa scelta. Grazie a tutti per le recensioni e vedrò di calcolare meglio i miei tempi la prossima volta, ma è stato un imprevisto. Beh, credo di aver detto tutto e vi auguro buona lettura - ancora. Continuate a recensire e datemi il vostro parere.
Un abbraccio da Miku





 

Una mano piena di nuvole

# Sadness

Un passo. Rein allungò il braccio per raggiungere l'ombrellone e con tutta la forza che aveva provò a spingersi verso di esso, ma invano. In un momento si ritrovò a terra, la faccia sporca di polvere e un'espressione delusa sul volto.
Maledette gambe, si ritrovò a pensare. Erano anni ormai che le sue gambe facevano i capricci ed erano altrettanti anni che Rein difficilmente ritrovava il sorriso. Ricordava ogni minimo particolare di quell'incidente, di quel giorno in cui il destino le fece lo scherzo più crudele di tutti.
L'acqua le aveva portato via tutto.
La sua vita.
Il suo futuro.
La sua sanità.
La sua libertà.
Quando quella medusa l'aveva avvolta tra i suoi tentacoli, quando quell'incredibile seduzione l'aveva trascinata giù con sé... il momento della sua rovina sembrava allo stesso tempo un istante di piacere e delizia.
La vespa di mare. Quel mostro che ha veleno sufficiente per uccidere sessanta uomini, quell'essere degli abissi più profondi aveva scelto proprio quel giorno per salire in superfice.
Il nuoto per Rein era tutto. Ogni punto, ogni virgola della sua vita era sempre stata sfumata dal nuoto, dall'acqua. Il sapore di cloro che libera i polmoni, gli schizzi che ti bagnano i capelli. Per lei era come volare, al posto delle ali usava la sua forza, usava il suo corpo per spiccare il volo e lasciar cadere a terra gocce di ricordi. Ogni volta che si tuffava in acqua il suo corpo fremeva, il cuore le batteva all'impazzata, quando gareggiava era come una battaglia e lei come una guerriera lottava, lottava fino allo sfinimento.
Piccoli diamanti, piccole perle d'acqua -questa volta salata- le rigarono il volto. Un soffio di vento se le portò con sé e quanto avrebbe voluto Rein essere portata via insieme a loro. Ci pensava e ripensava ogni momento della sua vita. Ogni volta che vedeva l'acqua, le saliva un groppo alla gola e un nodo le attorcigliava le tonsille impedendole di respirare. Aveva iniziato a temerla, non riusciva a non pensare che quella medusa fosse dovunque: nella piscina pubblica, nel fiume e la vedeva persino nella sua vasca da bagno. 
Un pesce non può nuotare senza pinne.

Si era seduta sulla sdraio della piscina, ma poi l'aveva abbandonata.
Si trascinava faticosamente su una sedia a rotelle, facendo girare e girare le ruote di ferro sul pavimento del suo palazzo. Ne aveva abbastanza.
Con la poca forza che le rimaneva si avvicinò barcollante alla balaustra, abbandonando per un momento tutti i suoi pensieri, tutte le sue preoccupazioni.
Il cielo minacciava pioggia, acqua sporca.
Il mare, non troppo lontanto, era pieno d'acqua.
Nel mare sfociava anche un fiume impetuoso, in cui l'acqua si muoveva sinuosa.
Il mondo era pieno d'acqua. E lei aveva paura. Aveva paura di quello che era stato e che rimaneva, nonostante tutto, il suo amore più grande.
Ma presto lei non ne avrebbe più fatto parte. Voleva nuotare per un'ultima volta, nel buio. Voleva annegare i suoi ricordi, voleva tuffarsi in un mondo nuovo. Voleva semplicemente morire. Voleva scappare.
Con la mano diafana e tremolante prese dalla tasca della camicetta il suo telefono.
«911 emergenza.» Era sicura.
«Mi serve un'ambulanza.» La sua ultima conversazione.
«Qual è l'emergenza?» I suoi ultimi problemi.
«C'è stato un suicidio.
» Le sue ultime lacrime.
«Chi è la vittima?» La sua ultima volta.

Un profondo respiro. 
Rein, sei sul blocchetto di partenza. Senti il cuore uscirti dal petto e le urla dei tuoi cari che si fanno sempre più lontane e ovattate. E poi l'arbitro fischia.
Ti sei tuffata ed ora stai nuotando. Questo mondo non faceva per te.


«Io.»


 

   
 
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