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Autore: Indil_350    03/07/2013    2 recensioni
Tutto si svolge nel clima gelido di una montagna dove Morinaga e Souichi, pian piano, "romperanno il ghiaccio".
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Morinaga camminava, ormai, con passo lento e malfermo, barcollando sulle gambe dolenti e trascinando i suoi piedi nudi nella neve gelida. Bianco, tutto era bianco. Così nitido da far male. La luce del mattino rifletteva sul ghiaccio, la tranquillità e la calma in quel paesaggio erano quasi irreali e lo rendevano ancora più inquietante. Morinaga si chiese se ciò che era accaduto quella notte fosse stato solo un sogno e se ancora non stesse continuando quell'incubo. Freddo. Tutto ciò che sentiva era il vento gelido che gli sferzava il viso, leggero. Il suo corpo ormai aveva perso sensibilità e a muoverlo erano solo la forza di volontà e la disperazione. Ad un tratto si fermò, stremato; le ginocchia gli cedettero affondando nel soffice manto bianco e tutto si fece improvvisamente nero, buio.                                                                                                                                            

Si svegliò in un capanno, dalla cui unica finestra entravano tenui raggi rossastri che illuminavano l'interno modesto. Da quanto era li? Come ci era arrivato? Era sdraiato a terra, con una coperta a coprirgli il corpo nudo. Si mosse lentamente, osservando l’ambiente che lo circondava. Era uno spazio piccolo, in legno umido per la recente nevicata, alle pareti spiccavano vari arnesi di diverse dimensioni, mentre un piccolo fuoco scoppiettava allegramente al centro della stanza e, strofinandosi un po' gli occhi, intravide, in un angolo lì vicino, i sui vestiti ancora gocciolanti. Non era lì da molto. Si alzò cautamente, muovendo qualche passo incerto verso il fuoco, poi si sedette e, dopo essersi stiracchiato un po’, sgranchendo le ossa intorpidite, si avvolse nella coperta di pile mentre i suoi occhi fissavano il vuoto nelle fiamme. Semplicemente aspettava, sapeva di non essere arrivato lì da solo.

Souichi inciampò, rovinando a terra e macchiando il terreno di rosso. Si alzò, fulmineo, ignorando il dolore: doveva scappare. Un ululato echeggiò minaccioso nel silenzio perfetto del bosco, coprendo il rumore dei suoi passi rapidi. Un brivido attraversò la schiena del ragazzo che, affannato, si voltò indietro solo per un secondo, per poi ricominciare a correre stavolta, per quanto possibile, più veloce di prima. Passi leggeri lo inseguivano graffiando il terreno, sempre più vicini. Il ragazzo correva tra gli alberi, incurante dei rami ostili che lo colpivano ovunque e del freddo che gli penetrava nelle ossa. Tutto era indistinto, i colori si mischiavano tra loro e il pericolo incombeva dietro di lui, ma Souichi sapeva dove andava, o meglio, dove doveva andare. Scese, correndo, verso la valle innevata spoglia di alberi e lì, al centro di essa, la sua àncora di salvezza: il capanno. Sollevato accelerò, sebbene allo stremo delle forze, con il fiato ormai corto e la ferita che doleva, voltandosi solo un’ultima volta e i suoi occhi color miele incrociarono, in lontananza, quelli dorati del lupo. Quest’ultimo si era fermato al limitare del bosco e ora lo osservava, famelico, da una roccia innevata. Souichi non rallentò, arrivò alla porta e vi si lanciò dentro spossato dalla lunga corsa e con il cuore in una tormenta di neve, mentre l’ ululato furioso rompeva di nuovo il silenzio.
La porta si aprì di botto facendo entrare uno spiffero d’aria gelida e istintivamente Morinaga si strinse nel plaid mentre osservava, sconvolto,  la figura appena comparsa. Era un ragazzo dai lineamenti vagamente delicati, con gli occhi rivolti verso il basso, a terra, il fiato ridotto all’affanno, i lunghi capelli chiari appiccicati al volto in modo scomposto e la neve sciolta, mista al sudore, che gli imperlava la fronte. Un corpo  minuto e tremante. All'improvviso lo vide accasciarsi sulle ginocchia e solo allora Morinaga si accorse del sangue che impregnava il pavimento e che sgorgava lentamente dal braccio destro del ragazzo. Si alzò, sebbene debole e diffidente, pronto ad aiutarlo ma, quando mosse un passo verso di lui e il legno scricchiolò sotto il suo peso, due occhi minacciosi lo inchiodarono dov’era. Sorpreso da quell’occhiata truce e sempre più confuso, Morinaga  rimase lì, impalato, ad osservare l’altro mentre riprendeva lentamente il controllo di se stesso.
Souichi se lo era completamente dimenticato. Tra il freddo, la fuga e la ferita davvero quel ragazzo era l’ultimo dei suoi pensieri e ritrovarselo davanti, fermo, con solo la coperta addosso, gli fece uno strano effetto: sembrava così fuori luogo, così sbagliato in quel momento che lo guardò male, mentre cercava con fatica di riprendere fiato. Lo fissò: i capelli scuri erano ancora umidi e la sua pelle pallida, le spalle erano larghe anche se racchiuse e nascoste dal tessuto pesante e poi vi erano gli occhi. Quando Souichi lo aveva trovato che giaceva inerte mezzo sepolto nella neve, i suoi occhi erano chiusi, serrati in un’espressione sfinita e sofferente. Ora, invece, due iridi azzurre, di ghiaccio lucente, lo osservavano curiose, sebbene ancora all’erta. Stranito dalla sua presenza in quella stanza, Souichi si girò e fece per alzarsi, ma il braccio ferito non resse il peso del suo corpo. Scivolò disteso, tracciando un’ennesima scia di sangue al suolo. Gemendo di dolore, cercò di mettersi a sedere con una mano sulla ferita, come a proteggerla. Era esausto, voleva solo riposarsi, perciò chiuse inconsciamente gli occhi, rilassando i nervi per un solo attimo. Fu allora, nel suo piccolo momento di debolezza, che un gesto impercettibile lo fece sobbalzare. La sensazione di una mano calda sulla pelle. Scattò immediatamente in piedi e guardò ancora il ragazzo che aveva di fronte. Lo vide avvicinarsi piano, come quando si incontra un animale randagio e non si sa bene come comportarsi, poi strappò un lembo di coperta e glielo strinse intorno al taglio, a mo’ di benda. Stupito, gli lasciò finire quella fasciatura improvvisata ma continuò a fissarlo di sottecchi, seguendo i suoi movimenti finché quello non tornò accanto al fuoco. Nessuno dei due parlò. Dalla finestra ormai entravano solo i tenui riflessi della luna, mentre vari ululati facevano da sottofondo a quello strano momento. Souichi si mosse piano, sedendosi anche lui vicino le fiamme per asciugare un po’ i vestiti. Entrambi i ragazzi fissavano il fuoco, entrambi avvolti in quel silenzio opprimente.
Morinaga non sapeva cosa pensare. Semplicemente stava lì, ad osservare le lingue di fuoco che, man mano, divoravano i pezzi di legno rimasti e creavano giochi inquietanti di ombre e luci. Le domande gli percorsero la mente come un fiume in piena: da dove spuntava quel ragazzo? Era lui che lo aveva salvato? Perché non parlava? E perché era ferito? Lo guardò con la coda dell’occhio: lui era immobile, lo sguardo volto a terra, così fragile eppure così forte, pensò, perso in chissà quali pensieri. I suoi occhi erano rivolti al suolo ma, sebbene la sua prospettiva  gli permettesse di vederlo solo di sbieco, notò che guardava un punto fisso, senza però vederlo realmente: in quegli occhi torvi si scorgevano pensieri frenetici e contrastanti tra loro; da essi trasparivano quelle riflessioni che sconvolgono l’animo, che inquietano. Quel ragazzo stava guardando dentro di sé e rovistava fra i ricordi, offrendo a lui solo pura indifferenza, rifugiandosi in un’atmosfera cupa e solitaria. Ma chi era, in realtà, quel ragazzo? Morinaga sospirò, poi prese fiato e gli rivolse la parola.

*La mia seconda storia... composta da non so quanti capitoli xD Spero vi intrighi almeno un po' (non ho in mente tutta la storia, quindi anche io la scoprirò man mano come voi) :33*

  
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