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Autore: piuma_rosaEbianca    03/07/2013    3 recensioni
Prima che tutto iniziasse. Cosa può esserci stato dietro quella rischiosa avventura nata quasi per gioco, che adesso chiamiamo Arctic Monkeys.
Un arrivo che sorprenderà tutti, e cambierà abitudini e routine in quel di High Green.
Due ragazzine e una band che inizia a formarsi.
Un teen drama all'inglese, con un'ottima colonna sonora.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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TS - You won't get much closer... Scusatemi tantissimo per il mostruoso ritardo!
Questo capitolo è anche un po' più corto dei precedenti, e copre un arco di tempo oscenamente breve per quanto c'ho messo a scriverlo, ma capirete tutto in seguito.
Buona lettura ♥

~
Riuscii a rimanere non vista per tutti e venti i minuti che l'acqua impiegò a bollire.
Il fischio del bollitore mi trapanò la testa già provata, seguito a ruota dalla voce di Jamie.
-Cass, lo vuoi anche tu il tè?- mi chiese probabilmente senza pensarci su due volte.
Sentii una sorta di squittio e un'imprecazione a mezza voce levarsi all'unisono.
Alex fece finta di non aver emesso alcun suono, mentre Emery diede la colpa al bollitore caldo.
Con deliberata lentezza mi sollevai dal divano e voltai la testa verso la cucina per mostrare tutto il mio disappunto a Jamie.
Appena mi ebbe vista e capita, cambiai la mia espressione corrucciata con il più falsamente affabile dei miei sorrisi e -Sì,- dissi. -Volentieri!-.
Mi alzai un po' più svelta e li raggiunsi in cucina.
Andai a sedermi al fianco di Jamie, con un po' di delusione da parte di Alex.
-Ne faccio un'altra? Quando ha detto che arrivava Matt?- chiese Emery mentre versava l'acqua nelle tazze.
-Ha detto cinque minuti, ma dato che sono i suoi cinque minuti tanto vale che glielo rifai dopo.- le rispose Alex.
-Col cazzo che glielo rifaccio.- borbottò lei con uno sbuffo, buttando l'avanzo di acqua nel lavandino e portandoci le tazze.
Ci fu uno smorzato coro di “grazie” mentre ce le posava davanti, insieme a latte e zucchero, e si sedeva a capotavola fra me e Alex.
-Cass, tu come lo prendi di solito?- mi chiese Alex, versandosi un po' di latte.
-Non ne ho idea, l'ho bevuto pochissime volte, un sacco di tempo fa. Mi ricordo a mala pena di cosa sa.- risposi mischiandolo lentamente, facendo vorticare le foglie.
-Questo è tè nero, piuttosto forte e amaro.- disse, annusandolo. -Dipende dai tuoi gusti, se lo vuoi più dolce e anche più cremoso aggiungi un po' di latte, ma poco. Se lo vuoi solo un po' più dolce vai per lo zucchero, pochissimo però, perché ne altera il sapore. L'ideale sarebbe lo zucchero candito bianco, ma da queste parti purtroppo non si trova.- spiegò, facendo una piccola smorfia di disappunto sull'ultima frase.
Jamie soffocò una risata nel suo tè, mentre Emery distolse il suo sguardo ammirato un attimo prima che venisse intercettato.
Puntai sul latte, e forse ne versai un po' troppo a giudicare dalla sua espressione.
Ma quando lo assaggiai era davvero buono. Decisamente migliore rispetto alla brodaglia insipida e troppo amara che ricordavo aver assaggiato da piccola.
Feci i complimenti ad Emery, e prima che lei potesse rispondere qualsiasi cosa oltre a un timido sorriso, intervenne Alex.
-Sei fortunata ad averlo assaggiato qua. Emery ha, oserei dire, un talento naturale per le dosi delle foglie. Neanche mia madre lo fa così bene.- disse Alex sorridendole, e prendendo un gran sorso del suo.
Lei diventò di un colore inquietantemente simile a quello delle pareti, ma sorrise e ringraziò a bassa voce.
Proprio in quel momento, giusto per aggiungere imbarazzo all'imbarazzo, suonarono alla porta.
Andò ad aprire Emery, nella speranza di darsi il tempo di ritornare ad un colorito normale, senza pensare che potesse essere solo Matt che arrivava a quell'ora.
E, infatti, fu lui a vederla ancora rossa e a scoppiarle a ridere in faccia, facendole ovviamente salire immediatamente il nervoso.
-Se sei venuto a rompere le palle puoi andartene subito.- gli disse lei acida, tentando di chiudergli la porta in faccia.
Jamie alzò gli occhi al cielo, esasperato dal comportamento dell'amico, ma non intervenne.
Alex invece si concentrò sul suo tè, con un'aria quasi stranamente colpevole.
Matt riaprì la porta con uno spintone, quasi facendo cadere Emery, e se la chiuse alle spalle entrando in cucina.
Tirò una pacca sulle spalle ai due amici andando a sedersi con mala grazia al posto di Emery e bevendo dalla sua tazza.
Lei lo seguì a qualche passo di distanza, e nel suo sguardo c'era puro odio mentre lo guardava indugiare sulla tazza per berla fino all'ultimo sorso.
Andò a sedersi accanto ad un improvvisamente silenzioso Alex, e lanciò un'occhiata cattiva anche a lui, come se tutto quello fosse colpa sua.
-Superbo, come sempre. Complimenti, piccola.- disse Matt a Emery, facendo probabilmente il verso ad Alex, anche se non era stato presente alla scena di prima, il che mi fece supporre che fosse qualcosa di abbastanza abituale.
-Era ai frutti di bosco, idiota. Spero che stavolta ti faccia vomitare anche l'anima.- disse lei, prendendo la tazza vuota e andando a sciacquarla.
L'espressione spavalda del ragazzo fu incrinata per un attimo da rabbia, verso se stesso probabilmente, ma aveva tutta l'intenzione di riversarla su di lei.
Jamie lo fermò con prontezza.
-Ragazzi, ve l'ho detto che Cass verrà a Stocksbridge da lunedì?- disse, con finto entusiasmo.
Forse pensava che parlare di scuola fosse terreno neutro per tutti, ma si sbagliava di grosso.
-Ah sì? Che bello! Dobbiamo organizzarci con gli orari così potrai tornare a casa con noi invece di prendere il bus. I miei genitori insegnano lì, quindi ci portano e riportano sempre loro.- disse Alex, sinceramente entusiasta.
-Ma pensa che fortuna, Emery smetterà di inseguirci per non pranzare da sola!- disse invece Matt con un falsissimo sorriso.
-Vorrai dire che magari voi smetterete di farmi i cani da guardia e potrò finalmente pranzare da sola.- rispose a tono Emery.
Jamie sospirò di nuovo sconsolato.
-Quali sono le tue materie preferite?- mi chiese Alex interrompendo sul nascere un altro litigio, e meritandosi un'occhiata di gratitudine da Jamie.
-Nella mia vecchia scuola erano Letteratura italiana, Inglese e Scienze. Ora credo che dovrò abituarmi un po' alle nuove.- risposi con un mezzo sorriso, nascondendo l'ansia che provavo al pensiero della nuova scuola.
-Beh, qua ovviamente non facciamo Letteratura italiana, ma sono abbastanza sicuro che adorerai allo stesso modo Letteratura inglese. Emery parla sempre così bene della sua prof, no?- disse Jamie.
-La signorina Mitchell è fantastica, sì, ma ci tratta troppo come dei bambini. Non vedo l'ora di passare alla Darragh l'anno prossimo.- rispose lei.
-La Darragh? Scherzi? È un'arpia quella! Non fa altro che mettermi note perché non finisco i compiti. Ce ne da una quantità assurda, ci credo io!- disse Matt, sbuffando.
-Per te qualsiasi cosa che richiede un minimo sforzo è troppo, non fai testo.- disse Alex ridendo.
-Ma voi andate tutti in classe insieme?- chiesi ai ragazzi.
-Io non vengo a Stocksbridge, vado ad Ecclesfield. Ma comunque qui non ci sono vere e proprie classi, ci sono tanti corsi e ognuno frequenta quello che vuole, circa. In realtà poi fino all'ottavo anno sono tutte obbligatorie.- spiegò Jamie.
-Questo vuol dire che dall'anno prossimo voi potrete scegliere le materie, sì. Anche se purtroppo Inglese, Matematica, Scienze e Informatica sono obbligatorie.- disse Matt.
-Anche Educazione Fisica è obbligatoria.- disse Emery.
-Ma quella dispiace farla solo a te perché ti scelgono sempre per ultima nelle squadre.- ribatté il ragazzo.
-Ma cosa dici? Sono la migliore del mio corso in praticamente tutto. La odio perché la mia prof è un'insopportabile dittatrice. L'unica donna maschilista sulla faccia della terra.- rispose a tono lei.
-Magari perché la Scaramall non è proprio tutta donna.- rise Alex.
-Gira voce che sia sposata con se stessa.- disse Matt, scoppiando a ridere.
-E comunque, Helders, a te Educazione fisica piace solo perché puoi farti notare dalle oche nel tuo corso. Tanto la Wight non fa che riderti dietro, lo sai benissimo.- disse Emery, con un sorrisetto canzonatorio e vittorioso.
-E tu come lo sai? Non sei abbastanza popolare anche solo per avvicinarti a Lisa.- la attaccò Matt, che se l'era presa per quella battuta.
-L'ho sentita a mensa. Tutti l'hanno sentita. Dovresti vedere che splendida imitazione di te fa il suo ragazzo, Jim Lydon.- rispose lei, sempre con la stessa espressione.
-Jim Lydon? Ma è un coglione. Frequenta il mio corso di Inglese, è un totale idiota. Il professor Baker non fa che buttarlo fuori dalla classe.- disse Alex, sgranando gli occhi.
-Non che la Wight sia tanto più sveglia. So che è riuscita a prendere zero in un compito di grammatica, al settimo anno. Ed era un compito di recupero.- disse Emery.
Io stavo là in silenzio a sentirli discutere con tanto fervore di cose e persone che io non conoscevo, e mi chiedevo se sarei mai riuscita a relazionarmi completamente con quel mondo.
Anche Jamie aveva un'aria un po' persa, frequentando un'altra scuola, ma sapeva di sicuro più di me dato che quelli dovevano essere argomenti ricorrenti nelle loro conversazioni.
A un certo punto, mentre Emery continuava a parlare male della ragazza che piaceva a Matt, e lui le rispondeva a tono, Alex si accorse della mia aria confusa e accorse a fermarli.
-Ehi Cass, tranquilla eh. Non sono tutti così in quella scuola. Mi sa che dovremo farti da guide per i primi giorni, anche se credo capirai da sola come funziona.- disse, con un mezzo sorriso poco rassicurante.
-L'importante è scegliersi le persone giuste con cui stare, e stare lontani dalla plebaglia.- disse Emery con l'aria di una che la sapeva lunga.
-Magari non troppo, che poi ti ritrovi come questa qua.- disse Matt, accennando ad Emery con un movimento della testa.
-Io sto benissimo lontana da quelle oche. Meglio stare da sola che con quella gente orrenda.- disse lei, disgustata.
-Non devi stare da sola, Em. Devi stare con noi.- disse Jamie, sorridendole con finta dolcezza, e provocandole una smorfia disgustata.
Notai che nonostante quello che mi aveva detto quella mattina, nonostante i battibecchi con Matt e l'imbarazzo costante per Alex, si trovava bene con loro.
E anche io, forse, iniziavo a sentire un inizio di quel calore, quell'accettazione e quell'affetto di cui era piena la sua vita e di cui io ero stata privata per così tanto tempo.
Giusto per confermare i miei pensieri, Matt aveva appena sfidato Emery a Tekken e lei aveva accettato sorridendo.
Mi offrii di rimanere su a sistemare la cucina, avendo voglia di stare da sola e in pace, ma me lo impedirono.
Scendemmo quindi tutti in cantina.
Si lanciarono tutti sui divani sfondati, Emery, Matt e Jamie su quello di fronte alla tv, io ed Alex sull'altro.
Mi rannicchiai su un lato mentre i ragazzi si litigavano i controller ad alta voce.
Li osservai giocare.
Matt e Emery ridevano tanto e si insultavano spesso. Jamie imprecava più verso la tv che il suo eventuale avversario, mentre Alex, con un po' più di contegno, imprecava fra i denti e ringhiava in modo piuttosto inquietante.
Provai a seguire il gioco, cercando di capire come funzionasse e cosa volessero dire le fin troppe barre sullo schermo, inutilmente.
Non feci domande per non infastidirli o distrarli.
Emery mi chiese distrattamente se avessi voglia di fare una partita anche io, ma non insistette quando rifiutai.
Le ginocchia strette al petto, la schiena rivolta alla tv e la testa appoggiata alla spalliera del divano, riuscii in qualche modo a chiudere le orecchie a ogni rumore e ad appisolarmi.
Sognai di essere ancora a Firenze, di camminare distrattamente per il centro assurdamente vuoto.
Non c'erano turisti con le loro macchine fotografiche sempre sollevate, non c'erano scolaresche urlanti, non c'erano neanche abitanti che camminavano in fretta per raggiungere il posto di lavoro o la fermata dell'autobus più vicina.
Tutti i negozi erano chiusi, sprangati. Qua e là vedevo vetri rotti, muri anneriti e crepati, ogni tanto qualcosa che bruciava.
Anche le statue e i monumenti erano tutti anneriti dalle fiamme, alcuni anche distrutti.
Il duomo sembrava essere stato bombardato: il marmo in frantumi sull'acciottolato quasi completamente divelto.
Le case intorno nient'altro che cumuli di macerie fumanti.
Camminavo in quella distruzione, e mi sentivo triste, ma non sorpresa.
Come se sapessi che sarebbe successo e fosse stata solo una questione di tempo.
Mentre attraversavo Piazza della Signoria, coperta da uno spesso strato di sabbia spessa che altro non era se non la vecchia pavimentazione completamente sbriciolata, notai qualcosa che si muoveva fra le rovine della Loggia dei Lanzi.
La testa bronzea di Perseo rotolò giù dal cumulo di pietre, e mi venne quasi da ridere per l'ironia della sorte.
Ma proprio quando il capo scolpito colpì la sabbia e si fermò, dalle macerie si sollevò un uomo.
Era alto, massiccio, coperto di polvere e sangue. Stringeva in mano una spada di bronzo, anch'essa polverosa e insanguinata, la stessa che il povero Perseo aveva probabilmente perso nella caduta dal suo piedistallo.
Scalò rapidamente il piccolo monte di dura pietra grigia e mi si avvicinò, minaccioso.
Per qualche ragione, nonostante il sole splendente, non riuscivo a vedergli il volto.
Quando fu a pochi passi da me, sollevò la mano armata e stava per calarla sulla mia testa. Ero paralizzata dalla paura, e mi avrebbe sicuramente uccisa, se non fosse stato troppo lento.
Un colpo di pistola risuonò assordante nella piazza deserta.
L'uomo si accasciò a terra, sangue e fumo che uscivano da un buco poco sopra l'orecchio sinistro.
Non mi voltai a vedere chi fosse stato a sparare.
Mezzo affondato nella sabbia grigia, bloccato per sempre dalla morte in un'espressione di rabbia folle, c'era mio padre.
Mi svegliai di soprassalto e mi ci volle un po' per rendermi conto di dove fossi.
Era buio pesto nella cantina ora deserta. Dalle due piccole finestre appena sotto il soffitto non veniva neanche un filo di luce, quindi supposi che fossero passate diverse ore.
Il collo mi doleva per essere stato a lungo piegato contro il divano, e quando distesi le gambe le mie ginocchia schioccarono rumorosamente.
Feci schioccare anche la schiena, intirizzita anche lei per la posizione scomoda assunta per troppo tempo.
Presi fiato, poi, ancora un po' scossa dal sogno, e mi alzai.
I miei occhi si erano un po' abituati all'oscurità e riuscii a trovare le scale senza troppi problemi.
Dalla botola socchiusa proveniva un tenue chiarore. Magari non era troppo tardi per la cena, sperai.
Dalla sera prima non avevo assunto altro che una tazza di tè e stavo morendo di fame.
Salii a tentoni, riuscii ad sollevare la porta di legno senza troppe difficoltà e ad entrare nella dispensa in penombra.
La visione dalla porta a vetri mi confermò che fosse ormai sera.
Preparandomi già miriadi di scuse, avanzai nella sala da pranzo, solo per trovarla deserta. Le luci erano accese, c'era qualcosa a cuocere nel forno e la tavola sembrava essere stata appena apparecchiata.
Dal salotto sentivo quello che sembrava un telegiornale provenire dalla tv. Andai a vedere.
C'erano i signori Cook abbracciati sul divano che stavano guardando la BBC News e commentavano di tanto in tanto le varie notizie.
Ferma sotto l'arco che separava le due stanze, non sapendo proprio cosa dire, mi schiarii la voce, sperando che mi sentissero.
La signora Cook si girò di scatto, mi fissò per quella che a me sembrò una vita e poi si alzò, precipitandosi ad abbracciarmi e parlando troppo veloce perché potessi capire cosa stesse dicendo.
Mi sembrò di intendere qualche scusa, forse un rimprovero smorzato, e un'infinita serie di domande preoccupate.
Quando si staccò, il signor Cook l'aveva raggiunta e la stava gentilmente invitando a lasciarmi respirare.
-Ma ti senti bene, tesoro?- mi chiese avendo recuperato un po' di contegno.
-Adesso sì. Non si preoccupi, signora Cook.- risposi sorridendo in quello che speravo fosse un tono rassicurante.
-Avrai fame. Ti abbiamo aspettata per cenare. Tony va' a chiamare i ragazzi.- disse, spingendomi poi nella sala da pranzo e verso il tavolo.
Mi fissò finché non mi sedetti allo stesso posto della sera prima, poi sorrise e si dedicò all'arrosto.
Tempo neanche un minuto e il resto della famiglia venne a sedersi.
Notai allora che l'orologio da parete accanto sopra il forno segnava le otto e un quarto, e mi sentii in colpa per averli fatti aspettare tanto.
Per tutta la cena, la signora Cook non fece altro che chiedermi informazioni sull'accaduto, nonostante i figli e il marito le avessero già riferito tutto.
Risposi educatamente ad ogni domanda, ma a un certo punto dovette notare la velata freddezza nel mio tono, perché sospirò e tacque di botto.
Il signor Cook, trattenendo un sorrisetto divertito per il comportamento della moglie, mi chiese piuttosto cosa mi fosse sembrato di High Green durante il mio tour mattutino.
-Silenziosa.- risposi, provocando una risatina a tutti.
-Ma la trovo adorabile. Non so se sperare di abituarmici presto e poterla vedere come casa, o di non farlo mai e continuare a sorprendermene.- aggiunsi sorridendo, ed ero sincera.
Continuammo a parlare amabilmente per il resto del pasto, e a tratti anche Jamie ed Emery si inserirono con commenti e altri aneddoti sulla città.
Dopo cena, esattamente come la sera precedente, sparecchiammo tutti insieme, ma stavolta non ci dirigemmo in salotto.
Jamie annunciò che usciva con “gli altri” e sparì sotto lo sguardo vagamente contrariato della madre.
Io ed Emery ci ritirammo in camera.
-Allora, come ti sono sembrati gli altri oggi?- mi chiese una volta che fummo entrambe pronte per la notte e distese sui rispettivi letti.
-Uhm, simpatici.- risposi, ma sentii da sola quanto poco convinta suonassi.
-Già. È questa l'impressione che fanno. Ma qualche volta possono essere anche davvero simpatici.- disse lei sorridendo.
-Anche Matt?- sorrisi con una certa malizia.
Emery sospirò, ma sorrideva anche lei.
-Sì, anche lui, a volte. Ma raramente eh!- e rise.
Rimasi un po' in silenzio, osservando il grosso poster degli Oasis attaccato proprio a lato del mio letto.
-Immagino di non essere la prima a dirlo, ma lo sai, sì, che siete carini insieme?- le dissi poi, voltandomi per vedere la sua reazione.
Lei sembrava inorridita.
-Ma no! Matt è un idiota totale! E poi neanche mi guarda come una vera ragazza. A volte mi sembra di essere il fratello di Jamie, piuttosto che la sorella.- disse.
-Ma non sono la prima a dirlo.- sorrisi.
Lei sospirò ancora.
-No, non lo sei.-
Tacqui di nuovo, portando l'attenzione a una vecchia foto attaccata sopra al comodino, semi nascosta dalla sveglia.
Ritraeva Alex, Emery, Jamie e Matt da piccoli, tutti con in testa un cappello da Babbo Natale, in un salotto che non era quello di casa Cook.
Alle loro spalle c'era un alto albero di Natale addobbato, e in un angolo quella che mi sembrava la madre di Alex sorrideva in direzione dei bambini.
Vedendola, mi tornò in mente un'altra domanda da fare.
-E Alex, invece? Credi che lui ti consideri più di quanto faccia Matt?-.
Ancora una volta, Emery sospirò, adesso però sconsolata.
-No. Anche lui non mi vede come altro che la sorellina di Jamie. Ma almeno, non so, lo fa con gentilezza.-.
-Ah sì, gentile lo è sicuramente. Anche troppo.- commentai io.
Lei sembrò capire cosa intendessi, perché ridacchiò.
-Aspetta che prenda confidenza. Sentirai quanto poco suona gentile, dopo.- ribatté.
-Sembrave a disagio, oggi, con me nei paraggi. O meglio, sembrava che si sforzasse di sembrare a suo agio, e dava l'effetto contrario.- dissi.
-Fa sempre così quando vuole provarci con qualcuna.- rispose Emery con una certa amarezza.
Chissà quante altre scene come quella di quel pomeriggio aveva dovuto sopportare.
-Scusami.- mormorai stupidamente, rattristata.
-E di cosa. È lui l'idiota.- replicò.
-Comunque tranquilla, a me non interessa. E vedrai che è solo questione di tempo prima che si accorga, che tutti si accorgano, che tu sei una ragazza. Fidati.- e sorrisi.
Nel suo timido sorriso di rimando, intravidi una quantità enorme di speranza contaminata da un profondo sconforto radicato nel tempo.
Sembrava chiedersi quanto tempo ci sarebbe voluto, dubitando nel profondo che sarebbe mai successo.
Dopo qualche minuto di silenzio un po' imbarazzato, annunciò di essere stanca e spense le luci, girandosi dall'altra parte.
Io, avendo dormito il pomeriggio, ci misi un bel po' ad addormentarmi.
Rimasi a lungo a guardare il soffitto, ascoltando il respiro della mia nuova amica.
Ripensai a quanto avevo detto al signor Cook a cena, e mi dissi che avrei tanto, davvero tanto voluto abituarmi a quel posto. Trovare una nuova casa, una nuova famiglia.
Mi sentivo bene lì, sebbene ancora piuttosto a disagio in certi momenti. E se non fosse mai cambiato niente? Se non avessi mai trovato il coraggio e la forza di scrollarmi di dosso il mio passato e approfittare a pieno quella nuova possibilità di vita?
Con lo sguardo che scorreva dal soffitto che al buio pareva viola scuro alle pareti tappezzate, fra le miriadi di facce più o meno visibili, rimuginai a lungo su queste domande.
Prima che riuscissi a darmi una qualsiasi risposta, però, scivolai in un sonno senza sogni.
~

Di nuovo, mi scuso dal profondo del cuore di questi sei mesi di blocco. Davvero, non sapete quanto mi dispiaccia.
Ho dovuto affrontare un periodo di crisi con gli Arctic, dovuto al fatto che su tre date in italia non andrò probabilmente a vederli neanche mezza volta.
Poi c'è stata la scuola, e un lungo, lunghissimo momento di indecisione sul cosa fare di questo capitolo che si è trascinato fino a qualche giorno fa.
Comunque, il giorno di oggi non è un giorno a caso per postare.
Approfitto di questo capitolo per fare tanti tanti auguri di buon compleanno alla mia collega, my partner in crime, Bi_Lu.
Tutto quello che posso fare è scriverti, anche quest'anno. Un giorno recupereremo tutti i festeggiamenti persi. Ti voglio tanto bene ♥
Oggi, magari vi interessa di più, è anche il compleanno della nostra cara Emery. (sì, lo so, è banale, ma non l'ho scelto io)
Perché non mi mandate un po' di auguri anche per lei? Sono sicura che li apprezzerà, anche se la faranno probabilmente arrossire.
Se non avete niente da fare, dato che è estate e ci sono le vacanze, perché non mi fate sapere se questo capitolo vi è piaciuto? O anche se vi ha fatto schifo, se ancora non mi detestate del tutto, o se vorreste darmi fuoco e guardarmi bruciare. Vi preeeego ç__ç
Il titolo del capitolo è tratto dal testo di Panic Station, dei Muse. (e ha senso, fidatevi. Capirete più avanti.)
I disclaimer li sapete. Se conoscessi gli Arctic Monkeys non saremmo qui a parlarne. Se qualcuno mi pagasse neanche.
Ringrazio di cuore chi ha recensito lo scorso capitolo e chi ha messo la storia fra le seguite. Scusatemi ancora per il ritardo, spero di non avervi delusa con questo capitolo.
Vi giuro che per il prossimo non aspetto altri sei mesi. GIURO!

A presto,
Piuma_
   
 
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