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Autore: Mary CM 93    03/07/2013    2 recensioni
La storia di una ragazza, Angelique, dei suoi drammi famigliari, dei suoi amori e dissapori...di una ragazza bellissima, che vive giorno per giorno, un piccolo dramma dentro di sè...che tenterà di evadere da una realtà che l'ha sempre schiacciata...
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
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“Fermati” dissi all’improvviso con voce spezzata. Lui ubbidì perplesso. 

“C’è qualcosa che non va?” mi domandò quasi imbarazzato. Era il ragazzo più dolce che avessi mai incontrato, era sempre così gentile e posato, così delicato e sensibile. 

“Tu…stai facendo l’amore con me, vero?” gli chiesi guardandolo finalmente negli occhi. 

Lui s’ammutolì, non rispose, aveva l’aria colpevole. 

“Te l’avevo detto sin dall’inizio”- continuai io sicura, noncurante del suo dispiacere- “di non innamorarti di me, io non voglio nient’altro che sesso da te, così come l’ho voluto da tutti gli altri bei ragazzi con cui sono stata…”-scorsi nei suoi occhi uno sguardo d’amarezza, stava soffrendo ed io, per la prima volta, ero sinceramente rammaricata della cosa. 

“Ma…con te è diverso, tu sei diverso…non pensare che stia dicendo qualcosa di scontato, ti prego. Sei diverso dagli altri, sei innamorato e t’importa davvero d’esserlo, ed io non voglio trafiggere questo tuo sogno innocente con del sesso così lontano dai tuoi desideri. E soprattutto…”. 

Feci una pausa perché finalmente riuscii ad ammetterlo a me stessa. “Anche io sono innamorata, per davvero, ma non di te, sono sensazioni nuove e non riesco a tradirle, ma, come te, non sono l’oggetto del desiderio della persona che mi piace…e se questa persona mi volesse usare e poi abbandonare indifferente, credo starei terribilmente male, perciò…”. 

“Ho capito”- continuò lui secco, ma comprensivo come sempre. 
“Ti va se rimaniamo comunque qui sulla spiaggia a parlare? Solo parlare, voglio conoscerti, conoscerti davvero, sento di poterlo fare, anche se a te fa paura scoprirti, però…l’hai appena fatto, mi hai parlato dei tuoi sentimenti…perciò…”-lasciò in sospeso la frase ed ammiccò.

 Aveva un sorriso irresistibile. “E va bene”- cedetti scocciata alla sua richiesta -“Di che vorresti parlare? Hai detto di volermi conoscere, ma io non ho detto di voler conoscere te, quindi forza…parla, chiedi e ti dirò”- gli dissi ironica.

Non sembrò toccato dalla mia risposta acida, ma sferrò un colpo non da poco. 

“Parlami della tua famiglia, sono proprio curioso di capire che ti hanno fatto per renderti una stronzetta montata”- esclamò sghignazzando. 

Lo guardai fisso: “L’unica persona che sia mai riuscita a fermarmi in questa mia smania di schiacciare tutto e tutti è stata mia madre Lorain…ma ovviamente solo prima di risposarsi con Francois…quello schifoso e viscido “padre”, per quello che si definiva, ma io non l’ho mai considerato come tale, solo uno dei tanti che si innamoravano della stupefacente bellezza di Lorain…quella che appunto ho ereditato da lei.”- e sorrisi ammiccando, mentre Jean sbuffava scuotendo la testa. “Comunque prima di stare con Francois, beh c’era stato mio padre…l’aveva essenzialmente “rapita” per questo…anzi…lei aveva rapito lui legandolo stretto…o per lo meno era quello che credeva, ma quando restò, a sedici anni, incinta di me, le corde che gli stringevano forte i polsi si sciolsero e lui se ne andò senza dare mai più sue notizie…”. 

Jean mormorò: “Scusa, non volevo infierire, mi dispiace, se non vuoi continuare non preoccuparti…”. 

“Eh no, ora ho iniziato e ti senti il mio monologo sulle mie vicende familiari, dovessimo stare qui fino all’alba”- esclamai ridendo. 

Romantico ed impeccabile come sempre mi zittì con un “Anche fosse, sarebbe meraviglioso”. 

Ripresi in fretta il filo del discorso: “Francois aveva una figlia, Pauline, che divenne la mia sorellastra, ha quindici anni più di me…”. 

“Cazzo, allora questo Francois doveva avere già una certa età quando ha sposato tua madre”- m’interruppe  improvvisamente Jean. 

“Già, purtroppo…non mi piaceva anche per questo, non che fosse un brutt’uomo, ma mia madre era così giovanile e divertente che vederla con quel fossile stile antico Egitto non era certo il massimo, mi sembrava la frenasse in tutto e poi io non gli sono mai andata molto a genio, era evidente”- incalzai infastidita. 

“Capisco…ed ora? Vi piacete un po’ di più?”- mi domandò Jean. 

“A dire il vero…” –esitai-“ E’ morto, cioè sono morti…un incidente stradale”- vidi subito il volto di Jean cambiare espressione e non avevo proprio voglia delle solite moine o di essere compatita, perciò continuai senza dargli modo alcuno di manifestare il suo banale dispiacere- “Sì, ma non ti preoccupare, è successo sette anni fa, il tempo è passato ed ora ho superato il trauma”. 

“Quindi vivi con chi ora?”-domandò pragmaticamente Jean. “Nella casa di mia madre con Pauline, la mia sorellastra, ormai ha trentaquattro anni e da allora, anche se era più giovane, si è sempre presa cura di me”, risposi risoluta. 

“Beh, sono felice che nella tua vita tu abbia trovato qualcuno che ti sia stato vicino”- disse dolcemente Jean. 

Dio che fastidio queste patetiche frasi, non riuscii a trattenere i miei pensieri, che esplosero senza alcun freno: “Ma quale felicità, Pauline è

semplicemente ed indiscutibilmente insopportabile.”. 
Notai la faccia stupita di Jean e proseguii incalzante. “Pauline sa ogni cosa della mia vita, e non perché io le spifferi tutto come fosse la mia migliore amica, ma semplicemente perché lei è un di quelle persone profonde che cercano sempre di scovare in fondo all’anima di tutti, un po’ come te insomma!”-sbottai.

“Spero sia un complimento allora…”-disse lui. 

“Questa cosa in realtà m’irrita parecchio”- rincarai la dose. “Beh, direi che l’argomento “famiglia” è stato fin troppo affrontato, dai parliamo di qualcosa di peggiore…tipo…parlami di te!”- tentò di cambiare argomento Jean, forse un po’ offeso dalla mia ultima affermazione. 

Sorrisi impercettibilmente, ed in quell’istante, decisi che mi sarei aperta totalmente con lui, che sarei stata sincera: “E tanti credono che io sia solo una sciocca, ma non mi mostro per quello che sono…trasparente ed allo stesso tempo piena di sfumature, fin troppe…questo dipende interamente da come gli altri desiderano conoscermi.” 

Jean sembrava colpito: “E tu invece come ti vedi? Tu cosa desideri conoscere?”. 

Non dovetti riflettere a lungo: ”Io personalmente non desidero conoscermi… perché mi fermerei troppo a lungo e rimarrei distesa a terra piena di ferite, esanime, senza più tentare di rialzarmi.” 

L’avevo decisamente spiazzato, era visibile dall’espressione del suo volto, così decisi di buttarla sull’ironico per togliere quella malinconica espressione che lo avvolgeva in tutta la sua bellezza. 

“E queste cose io le so perché, oltre ad essere bellissima, sono anche particolarmente perspicace ed intelligente”. 

Rise, per fortuna, e comprese che non volevo rivelargli troppo di me stessa, non tanto da farmi del male, ma forse avevo voglia di continuare, di essere sincera e svelarmi completamente, non tanto a lui, quanto a me: “Ciò che sono l’ho creato io: un mostro a cui tutto scivola addosso, non esiste caldo o freddo, giusto o sbagliato. Sai cosa mi piace, cosa mi diverte? Farmi vedere splendente e dopo cessare di brillare per capriccio. Con il tempo ho imparato, infatti, a non ricercare degli svaghi, ma piuttosto crearli dalle paure, dalle passioni e dall’anima delle altre persone più fragili: è una sorta di allenamento per allettare il mio ego. Il fatto è che io voglio annullare tutto ciò che veramente provo perché tutti dipingano su di me in fretta quello che desiderano, sbagliando ed illudendosi. E forse non sono così bella, ma tutti raffigurano in me la passione, il desiderio, i pensieri, le parole, la musica e tutto ciò che può costituire la bellezza in quanto arte. Io faccio solo uso di queste qualità, spesso attribuitemi ingiustamente, e ne creo una vera e propria musa. Per questo inizialmente c’è affinità con i ragazzi, perché io sono una perfetta attrice, li faccio girare il loro film, mi presto, anche per una piccola parte all’interno della trama, ad essere la donna giusta…e quando manca la scena finale, il monotono lieto fine, io scappo ed abbandono il set per godermi la mia fama. Lascio tutti a bocca asciutta e li convinco, inoltre, che lo sbaglio sia solo loro che si sono illusi di essere qualcuno, di essere al mio livello, apprezzati e stimati allo stesso modo di quanto loro stimano me. Ma alla fine io non ho mai detto, e mai lo farò, di volere anche un minimo bene ad uno solo di loro…tutta fantasia, tutte stupende falsità che li fanno cadere in un circolo vizioso da cui difficilmente escono. E quando sono pronti a ripartire io, come la peste, busso alla porta del loro cuore, macchiandola e lasciando un segno del mio passaggio incancellabile.

Non è per cattiveria, ma è così che io stessa mi sono insegnata.”


Jean sembrava incantato dalle mie parole: “Signorina sermone buona sera”- esclamò, credo, per far cadere un po’ la pesantezza del mio discorso- “Beh, comunque lo so, li ho visti alcuni ragazzi della scuola, pazzi di te, disperati, però mi rincuora non essere tra quelli, cioè pazzo di te sì, ma sta sera è stato diverso, credo, mi hai detto quello che sei...e sappi che ti trovo fantastica anche così, in tutta la tua imperfezione da stronza con manie di protagonismo che…”- e si fermò. 

“Che cosa?”-incalzai io infastidita- “Stavi per dire qualcosa che mi avrebbe dato fastidio, vero?”.
 
“Che sono dovute alla tua pessima situazione famigliare e alla storia della tua vita, in particolare al fatto che tuo padre se ne sia andato”- disse freddo. 

Ci fu un attimo di silenzio, ma Jean riprese come nulla fosse accaduto: “E invece il ragazzo di cui sei innamorata? Che ha di speciale?”.


“Credo che lui non mi abbia veramente mai notata, non per disinteresse, perché non esiste realmente il disinteresse per qualcuno o qualcosa finché non lo si sperimenta, ed anche una volta che lo si è assaggiato è troppo tardi per riuscire a non provare più nulla. Forse non mi ha piuttosto notata perché…beh…non so. Mi sono affezionata a lui, quando ho scoperto che lui mai si sarebbe affezionato a me. E’ quel che è peggio è il fatto che non so come conquistarlo”- risposi come una quindicenne alle prese con la prima cotta. 

Jean sembrò infastidito e infatti mi disse secco “Beh è tardi, direi che potremmo andare, no?”. 

Rimasi perplessa, non volevo, mi piaceva essere ascoltata da lui, ma annuii e presi la mia roba. 
Arrivammo alle rispettive macchine e ci salutammo come due normalissimi conoscenti, come se tutti quei discorsi quella notte non fossero nemmeno avvenuti, ma prima che potesse salire in auto, tornai indietro: “E’ stata una delle serate più belle…passata con qualcuno…e non sarebbe stato male, in effetti, rimanere qui fino all’alba, grazie di tutto.”- gli dissi dolcemente. Mi schioccò un bacio delicato sulla fronte e mi augurò la buona notte. 

  
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