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Autore: Damson    03/07/2013    8 recensioni
Questa storia è un adattamento moderno del romanzo di Jane Austen Orgoglio e Pregiudizio. Speriamo che l'autrice non si offenda troppo per le eclatanti modifiche alla trama da noi apportate: purtroppo le abbiamo ritenute necessarie.
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“Non sta evitando te, sta evitando Wickham.” cercò pazientemente di farla ragionare Giovanna.
“E, dato che ci esci in continuazione, non gli stai certo facilitando le cose.” rincarò la dose Carlotta.
Andrea guardò basito Elisabetta, dato che l'amica non faceva altro che offendere Darcy per lui era appurato che le facesse schifo: “Wow! Lisa ma cosa combini? È un super triangolo!” gongolò entusiasta, la cosa si stava facendo più interessante del suo programma preferito Cortesie per gli ospiti.
“Non c’è nessun triangolo chiaro!? Il triangolo è solo nel cervello di Giovanna e Carlotta!”
“Tua madre sarebbe al settimo cielo a sentire una storia così.”
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 9
Elisabetta.
 
Occhi neri, occhi fiammanti
appassionati e splendidi occhi,
vi amo così tanto, vi temo così tanto
di sicuro vi ho visti in un'ora sfortunata"
(Oči čёrnye, ballata popolare russa)
 

Riguardo la mattina successiva vi devo rendere partecipi di un avvenimento inatteso.
Oddio, se proprio bisogna essere sinceri fino in fondo, non si potrebbe neanche considerarlo un avvenimento vero e proprio. Infatti non era successo nulla di concreto: stiamo parlando di qualcosa che riguarda la mente di Darcy.
Ma in ogni caso è una cosa che è successa ed ha anche una certa importanza.
Iniziamo dal principio: per prima cosa Darcy si svegliò con un gran mal di testa (gli pulsavano le tempie e sentiva un continuo tump tump nelle orecchie) e la raggelante sensazione di aver sognato Ozzy Osbourne.
Mentre si alzava ed arrancava per la stanza cercò di fare mente locale: doveva ricordarsi dove aveva messo le aspirine e dove i Black Sabbath avevano tenuto il loro ultimo concerto.
A quel punto si convinse che la sera prima aveva battuto la testa da qualche parte, era svenuto ed adesso nel suo cervello erano saltati i collegamenti nervosi: era l’unica spiegazione possibile per quelle idee così confuse.
Oltretutto non riusciva a spiegarsi per quale motivo i Black Sabbath avessero scelto un nome così brutto per il loro gruppo (poi si ricordò che erano inglesi e li perdonò), ma sopratutto proprio non si spiegava come mai nel suo cervello ci fossero informazioni di quel tipo.
Passando davanti alla finestra realizzò che il tump tump non era nella sua testa, ma veniva da fuori.
Si affacciò e vide che Elisabetta e il solito tipo di ieri stavano giocando a basket.
Primo: cosa ci faceva un canestro proprio sotto la sua finestra? Vabbè, lui era al terzo piano… ma questo non cambiava i fatti: c’era un fastidiosissimo canestro sotto la sua finestra.
Lo avrebbe fatto sradicare.
Secondo: ma quel tipo non lavorava mai? Non gli pareva di averlo invitato ai giardinetti, anzi gli pareva proprio di dargli dei soldi! Si segnò mentalmente due o tre cose da dire al capo-maggiordomo che certamente non gli avrebbero fatto piacere.
Terzo: perché Elisabetta e quel ragazzetto dovevano giocare di prima mattina alle… si guardò intorno in cerca di un orologio, dieci! Erano le dieci!
Era tardissimo e lui non si svegliava mai così tardi: gli sembrava che le mattine passate dormendo fossero mattine sprecate. Suo cugino lo prendeva in giro da una vita per questo (come per tante altre cose) dicendo che era così ingessato da non riuscire a godersi nulla, neanche una bella dormita.
Aprì la finestra e, per l’ennesima volta dall’inizio di quelle vacanze, si ritrovò incantato ad osservare Elisabetta che, piena di energie come al solito, correva per il campo con la palla.
Darcy si rendeva conto di essere diventato uno stalker senza ritegno, ma, supponendo che nessuno se ne fosse accorto, non gliene importava gran ché (se avesse saputo che sia Caroline che Elisabetta ne erano pienamente consapevoli non sarebbe stato così tranquillo a riguardo).
Il ragazzetto continuava imperterrito a canticchiare la stessa musichetta:
“Has he lost his mind?
Can he see or is he blind?
Can he walk at all,
Or if he moves will he fall?”
I Black Sabbath! Ecco perché non faceva altro che pensare a cose assurde: era colpa della sera precedente. Era venuto fuori che quel Riccardo aveva un gioco chiamato Rock Band (opportunamente dotato di chitarra batteria e microfono) ed Elisabetta e Charles avevano ritenuto cosa buona e giusta invitarlo a fare un baccano infernale per gran parte della notte.
Ed ecco spiegato il mal di testa: canzoni rock e metal suonate con una batteria giocattolo, una patetica atrocità.
Il tutto condito con la soave voce di Caroline che era stata tutta la sera sul divano attaccata a lui a cianciare: “E’ vergognoso che un membro del personale passi il suo tempo così con noi. Non lo dico perché voglio farne una questione classista, però noi lo paghiamo per lavorare: quando il suo turno è finito può tornarsene a casa sua. Purtroppo Charles ha sempre avuto la brutta abitudine di dare troppa considerazione a chicchessia. Se non fosse così adesso non saremmo costretti a stare qui seduti ad ascoltare lui e quei due campagnoli fare questo frastuono demoniaco!”
Una delle cose che Darcy non riusciva a spiegarsi era perché Caroline gli parlava sempre dando per scontato che lui fosse intollerante verso il prossimo: si domandava se avesse detto o fatto qualcosa che glielo lasciasse supporre non rendendosi conto che spesso, quando qualcuno gli parlava, lui lo squadrava come il proprietario di una piantagione di cotone dell’America ottocentesca avrebbe squadrato l’ultimo schiavo nero dell’Alabama.
In realtà ad irritare Darcy quella sera non era stata la musica e neanche la batteria giocattolo: gli piaceva sentire Elisabetta cantare e si divertiva a vedere Charles fare lo scemo con la batteria e lo stesso gli pareva valesse per Giovanna, che, come lui, aveva scelto un ruolo di spettatrice.
Ad irritarlo era Caroline, più attinia e invadente del solito.
“Poi quel Riccardo è così insulso ed anche penoso: ci prova in continuazione con la Benetti, ma non lo vede che tanto lei non se lo fila? Non ha un po’ d’orgoglio? Ma poi, premettendo che de gustibus non est disputandum, non capisco cosa ci trovi in lei: non ha grazia, non ha educazione, riesce sempre a dire la cosa sbagliata al momento sbagliato. Stamattina! Santo cielo! Mi è venuto in mente di quando è andata a correre… fuori! Ti rendi conto?! È andata a correre fuori quando abbiamo una palestra privata con tre tapis roulants! Ma si può? Che perdita di tempo. E non paga di ciò è pure ritornata con le scarpe piene di fango. Di fango capisci?! E poi era tutta contenta…giusto un campagnolo potrebbe essere contento dopo aver corso nel fango per chilometri! Ridicolo.. Vabbè ripensandoci, magari all’altro campagnolo piace per questo, tra simili si capiscono... No no, non concordo neanche con me stessa così!.. Non riesco proprio a convincermi. Nel suo viso non c’è nulla di particolare, è così dozzinale! La cosa più banale di tutte sono certamente quegli occhi scuri. Se io avessi avuto la sfortuna di avere un colore così anonimo al posto del mio verde naturale mi sarei messa delle lenti a contatto…”
Darcy aveva già notato da tempo gli occhi di Elisabetta ed i commenti di Caroline non fecero altro che riportarci di nuovo la sua attenzione: “come sono belli” aveva pensato con spontaneità.
La bocca cantava e gli occhi ridevano: era stupenda.
 
Adesso, affacciato alla finestra, non poté far altro che ammettere con se stesso di non essere mai stato attratto da una donna quanto lo era da lei.
Aveva l’impressione che una tale stupida infatuazione non gli avrebbe portato nulla di buono e, stizzito, chiuse la finestra ed andò a farsi una doccia.
 
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La signora Benetti non sapeva guidare.
Anzi, devo spiegarmi meglio: la signora Benetti aveva la patente, ma questo non significa necessariamente che sapesse guidare.
Per questo Elisabetta, mentre aspettava seduta in fondo alla grande gradinata d’entrata, dava per scontato di veder comparire suo padre con la fedele Panda da battaglia.
Ma la sua aspettativa venne presto disattesa quando vide l’auto avanzare a scatti lungo il rettilineo alberato. Esisteva un solo motivo che giustificasse quell’orrido incedere a singhiozzo ed il suo timore si concretizzò in meno di un minuto, quando l’auto fu abbastanza vicina da consentire di vedere le tre persone al suo interno: sua madre, Lidia e Caterina.
Ora tutto aveva senso, ecco perché sua madre aveva tassativamente vietato che fosse Andrea a riportarle a casa: i tre geni del male volevano approfittarne per scuriosare alla villa. Che gioia!
L’unico interrogativo in sospeso era se suo padre fosse stato malamente estromesso o se si fosse auto-estromesso (Elisabetta, certa di sapere la risposta, ci avrebbe scommesso una mano).
Presa dal panico osservò la situazione, per fortuna abbastanza buona: Bingley e Giovanna erano accanto a lei, tutti allegri e sorridenti, e non c’era traccia né di Darcy né di Caroline.
Bingley aveva già avuto il piacere di conoscere sua madre: la signora Benetti, in una felice giornata di sole, aveva pensato fosse una geniale idea mettersi al mare proprio accanto a loro, con cappellone di paglia ed occhiali da sole a mosca, pensando di non essere notata. In tale situazione Giovanna, già di suo timida e schiva, rivolgeva a mala pena la parola ad uno sconfortato Charles che non se ne capacitò finché Elisabetta non lo mise a parte della fonte del problema.
La conoscenza non era stata delle migliori, ma Lisa aveva fiducia che la sua indole bonaria e allegra lo avrebbe reso comprensivo nel caso madre e sorelle avessero detto o fatto qualcosa di imbarazzante.
Inoltre Bingley non sapeva l’italiano e per questo Elisabetta gli volle molto bene.
La Panda inchiodò ai piedi della scalinata, sollevando un sacco di polvere.
“Fine braking, Mrs Benetti! Nice to meet you, I’m Charles! You are welcome!” la salutò tutto giulivo andando incontro alla donna che scendeva dall’auto. Non fece in tempo a finire la frase che si ritrovò circondato (molto probabilmente le tre avevano organizzato il piano d’attacco mentre erano in auto). Nessuna di loro ovviamente sapeva l’inglese, ma tutte erano convinte del contrario e Bingley venne bombardato con domande, affermazioni e sorrisi di cui non capiva il senso.
Elisabetta, esasperata, cercò di porre fine al tutto: afferrò la madre per un braccio e la allontanò da Bingley: “Mamma piantala! Lo vedi che non capisce cosa gli dite? È inutile che gli urliate tutte e tre nel muso frasi senza senso.”
“Lisa lasciami! Ma dico io! Come ti permetti di parlarmi con quell’aria superiore? So io cosa è bene e cosa non è bene fare!”
Elisabetta stava per risponderle a tono quando un urlo isterico di Lidia la distrasse:
“Madonna Santa! Ma chi è quello?!”
Alzò gli occhi e constatò con orrore che sulla porta erano comparsi Darcy e Caroline, ma per fortuna sembrava che Darcy non avesse sentito.
“Lisa non sarà per caso quel tipo l’amico di Bingley?” La raggelò sua madre. “E' proprio un bell'uomo!”
Bingley, sentendo il suo nome, si girò a guardare la signora Benetti, con aria interrogativa, senza perdere il sorriso, ma la donna continuò a guardare Darcy ed a parlare con la figlia:
“Allora!? Forza Lisa rispondimi, è lui o no?”
“E’ lui” sussurrò Elisabetta colma d’ira “e ti scongiuro, vi scongiuro a tutte e tre: comportatevi bene! Sa l’italiano quindi smettete di urlare daje allo gnoccone perché non siamo alla première di un film di Pattinson e dubito che avrebbe piacere a sentirsi circondato di tali attenzioni ormonali!”
“Lisa ma che affermazioni sono? Smetti di comportarti in questo modo con me perché mi urti i nervi!”
Elisabetta alzò di nuovo gli occhi verso i due inglesi e vide che stavano scendendo la gradinata con la palese intenzione di raggiungere la comitiva sottostante.
“Hai capito Elisabetta!” gongolò Lidia, mentre le faceva da sottofondo lo sghignazzare di Caterina “Ho sempre pensato che tu avessi il prosciutto sugli occhi, invece hai puntato un gran bel pezzo di mercanzia! Hai già dato un’occhiata a cosa c’è sotto la camicia? Dimmi com’è perché anch’io avrei una gran voglia di vedere…”
“Lidia abbassa la voce! Anzi chetati proprio. Non l’ ho puntato, è solo una persona con cui esigo che vi comportiate bene, perché lui non avrà certamente la voglia di sopportarvi!”
Fu Giovanna a prendere amorevolmente in mano la situazione: oramai Darcy e Caroline erano abbastanza vicini e lei anticipò tutti iniziando a fare le presentazioni.
Darcy si limitò ad un cenno della testa unico per tutte e tre, mentre Caroline fu cortese e si sforzò persino di comprendere quell’idioma che usciva dalla loro bocca  e che si supponeva fosse inglese.
Inutile sottolineare che Lidia e la signora Benetti fecero tutto ciò che era in loro potere per attirare l’attenzione di Darcy, ma lui si vide bene dal dare loro la benché minima considerazione: si mise da una parte con le mani in tasca e guardava Elisabetta che aveva una faccia tesa incredibile e sembrava non vedesse l’ora di andarsene.
Fu come cavarsi un dente, in breve finì e tutte le Benetti si ritrovarono in auto sulla strada di casa.
“Mamma, ma perché stai guidando tu?” protestò subito Caterina “fai guidare Lisa.”
“So esattamente come si guida, sono più di trent’anni che ho la patente!”
“E allora perché sei in terza e vai a novanta? Lo sento anche io che ho quindici anni che quest’auto vuole morire.”
“Io sento cinquanta euro di pieno uscire di gran lena dal tubo di scappamento” bofonchiò Elisabetta.
“Basta Caterina, questa conversazione l’abbiamo già tenuta all’andata! Ora tutta la strada del ritorno puoi anche parlare d’altro, tanto su questo hai torto!”
“Io ho una cosa di cui parlare!” gridò Lidia mettendosi in ginocchio sul sedile davanti in modo da poter vedere le tre sorelle sedute dietro.
“Oh no, Lidia” si preoccupò subito Giovanna “è pericoloso. Siediti per bene e metti la cintura di sicurezza!”
“Giò, lascia stare tua sorella!!” la rimbeccò sua madre.
Elisabetta alzò gli occhi al cielo mentre Lidia faceva la linguaccia ad una allibita Giovanna, che tutto si aspettava tranne essere litigata dalla madre.
Lidia riprese: “Dicevo: finalmente il famoso amico di Bingley! L’ho inutilmente cercato su facebook per giorni interi. Sapete, è vero che è un grande figo, ma è super antipatico. Non ha mai parlato con noi, se oltre all’italiano avesse imparato anche un po’ di educazione sarebbe stato meglio!”
“Hai proprio ragione Lidia cara” commentò la signora Benetti “ma almeno è ricco. Più di Bingley! Me lo ha detto ieri dalla parrucchiera una signora che ha la nipote impiegata qui alla villa.”
A quel punto Lidia dette un contributo fondamentale alla conversazione: “E’ bello come Thor, ricco come Iron Man e antipatico come Loki.”
“Chi sono, tesoro della mamma? Amici tuoi?”
“No mamma! Sono i personaggi di un film, il mio preferito!”
“Sul serio?” esclamò Elisabetta “mi stupisci, credevo fosse Twilight.” Ed era sinceramente stupita.
“No Thor è più bello di Pattinson! Non hai visto che pettorali? Pattinson ha un fisico schifoso, e poi è un ragazzetto.. a me piace il maschio vero.”
“Gesù..” sussurrò sconsolata Giovanna.
“Un ottimo metro di giudizio per i film” disse Elisabetta “in tal caso il tuo preferito non dovrebbe essere 300?”
“Trecento cosa?”
“Lasciamo perdere.”
A questo punto intervenne la piccola Caterina: “Ma come 300 cosa? Trecento spartani! Non dirmi che non ti ricordi, è quel film con tutti quei…” a corto di parole Caterina fece un gesto da culturista.
“Aaah! Giusto!”
“Bambine mie, di che film parlate? Voglio vederlo anche io!”
“Ce l’ho scaricato mamma! Stasera lo guardiamo tutte insieme.”
Elisabetta si girò verso Giovanna in cerca di uno sguardo amico, ma la sorella osservava le farfalle fuori dal finestrino con espressione sognante. Voleva scendere da quell’auto!
 
 
Nel momento in cui la Panda sparì lungo il viale Caroline si girò con un ghigno sadico verso Darcy:
“Pensi quello che penso io?”
Lui sollevò interrogativamente un sopracciglio.
Charles intervenne alquanto sostenuto “Adesso Caroline non iniziare a dire cattiverie!”
“Sarebbe come se tu mi portassi al circo e, quando entrano i clown, mi ordinassi di non ridere.”
“Che stronza che sei!”
“E’ la verità, sono tutte delle ridicole oche. L’unica che si salva è la tua Giovanna. In ogni caso ti faccio i complimenti per la suocera che ti sei scelto.”
Charles neanche finì di ascoltarla, le girò le spalle e corse in casa salendo i gradini e due a due.
Lei si rivolse di nuovo a Darcy: “Ti ripeto, so che la pensi come me. Spero che una cosa del genere non accada nuovamente: sarebbe insopportabile passare altri due giorni come quelli appena trascorsi. Tutto quel frastuono. Per non parlare dell’insulsaggine e la boria di quella Elisabetta.”
“Spiacente di deluderti: i miei pensieri vanno in tutt’altra direzione e sono molto più piacevoli.”
smise di parlare e la guardò negli occhi (rendendosi conto di non averlo mai fatto prima e che, incredibile, erano verdi davvero).
Caroline, fraintendendo clamorosamente, arrossì.
“E a cosa pensavi?”
“A quanto due occhi profondi ed espressivi possano aumentare la bellezza di un viso già grazioso.”
Caroline gonfiò la coda come i pavoni e chiese, convinta di sapere già la risposta:
“E chi è la fortunata a cui ti riferisci?”
“Elisabetta Benetti.”
Il castello di carte della ragazza crollò con la stessa velocità con cui l’aveva costruito:
“Allora dovrò fare anche a te i complimenti per la suocera.”
Darcy la ringraziò e seguì Charles in casa, sperando, in questo modo, di aver chiuso per sempre con le avances di Caroline.
 

  
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