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Autore: Ladypotter97    03/07/2013    1 recensioni
Ciao a tutti, questa è in assoluto la mia prima fanfiction. Allora come dice il titolo, la storia è ambientata dopo la fine di "Città delle anime perdute", però io mi concentrerò su Alec, personaggio che è stato, a mio parere, poco alanizzato dal punto di vista caratteriale. Chi ha letto il libro sa bene che Magnus ha lasciato il cacciatore, nonostante avesse detto di amarlo ancora. Per Alec ci sono ancora speranze? Riuscirà a rompere l'armatura che lo isola dal resto del mondo? Naturalmente parlerò anche degli altri personaggi pensando a cosa potrebbe succedere, perchè il finale dell'ultimo libro rimane sospeso con una frase che può preannunciare qualsiasi cosa. Sebastian si sta muovendo, sta arrivando ...
Genere: Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Alec Lightwood, Izzy Lightwood, Jace Lightwood, Magnus Bane
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Come un tuono

Da quanto tempo stava fissando quella parete?

Da quanto tempo aveva smesso di vivere?

Da quanto tempo non vedeva la luce?

E soprattutto da quanto tempo non si cambiava la maglietta?

Alec sbatté più volte gli occhi, dopo essersi stiracchiato pigramente si alzò dal letto, le tende lo proteggevano dai raggi del sole, ma nonostante questo trovava fastidioso la luce che filtravano. Guardò distrattamente la sua stanza dell’Istituto, vestiti sparsi per il pavimento, libri aperti disseminati per la scrivania, le armi riposte nel baule accanto al letto, una vecchia foto di lui con i suoi fratelli, sembravano felici, Max rideva mentre Jace si provava i suoi occhiali, Izzy faceva una linguaccia alla macchinetta fotografica, e lui scompigliava i capelli del fratellino

Non lo rivedrò mai ridere

Il dolore ancora non l’aveva abbandonato, una cicatrice che sarebbe rimasta per sempre incisa nel suo cuore, allontanò dalla mente il viso di Max e prese la prima maglietta che trovò nel grande armadio di legno, ai lati era ricamato da edera in bassorilievo che si attorcigliava lungo la superficie, la accarezzò distrattamente, poi la sua attenzione fu catturata da uno sprazzo blu all’interno del mobile, avvicinò la mano e sentì la lana morbida, tirò fuori l’indumento, era una sciarpa

Magnus

Il ragazzo rimase senza fiato, se la rigirò tra le mani accarezzandola, la strinse al petto, aveva cercato di dimenticare, di allontanarsi, di scappare dalla consapevolezza che non lo avrebbe più rivisto. Lo stregone lo aveva lasciato, nonostante avesse detto di amarlo, perché lui lo aveva tradito, aveva scoperto che Alec era intenzionato a patteggiare con Camille, Magnus sarebbe diventato mortale e il cacciatore avrebbe ucciso Raphael, sembrava la via più facile. Sembrava.

Alec aveva perso, la morte che lo avrebbe tallonato fino alla fine dei suoi giorni lo aveva allontanato dallo stregone

-E’ il terzo incomodo della nostra relazione- gli aveva detto poco tempo prima, quella frase lo aveva fatto arrabbiare, come poteva Magnus essere così tranquillo? Perché lo avrebbe trattato come tutte le sue storie passate? Alec non voleva diventare un ricordo, non sarebbe stato il trastullo di nessun stregone millenario.

Lanciò con frustrazione la sciarpa verso il fondo della stanza in modo che ,forse, non avrebbe pensato a lui

Dannazione! Lui era un cacciatore! Da quando si buttava giù così facilmente?Aveva visto la morte in tutte le sue sfaccettature. Ma allora perché si sentiva come se gli fosse stata strappata via l’aria dai polmoni?

Si mise le mani tra i capelli, cercò di calmarsi, respirava affannosamente come se potesse affogare nel dolore. Si accovacciò per terra con la testa nascosta

-Ho rovinato tutto- sussurrò, questo era stato per lui come un mantra negli ultimi giorni, lo ripeteva nella notte ed era il suo primo pensiero quando si svegliava. La cosa che odiava di più era che il suo nemico era stato lui stesso e complici erano la sua paura e il suo egoismo.

-ALEC!- la voce di Jace lo fece sobbalzare –Se non esci subito, giuro che sfondo la porta con un calcio. E tu sai bene quanto sono bravo a sfondare le porte- Alec già poteva immaginare il ghigno del suo parabatai al di là della porta. Lo conosceva fin troppo bene da sapere che l’avrebbe fatto sul serio, così dopo essersi dato una ripulita veloce, andò ad aprirgli la porta.

Jace era in tenuta da combattimento, le rune ancora ben evidenti sulla pelle significavano che era andato a caccia. Senza di lui. Prima di parlare il ragazzo lo guardò attentamente, gli occhi dorati stretti in due fessure, Alec sapeva che, anche se avesse voluto, non gli avrebbe potuto nascondere niente.

-Fratello- disse appoggiandogli la mano sulla spalla -Ho bisogno di te- sospirò guardando per terra imbarazzato, poi continuò –E so che tu hai bisogno di me, ti prego Alec basta- Jace aspettò una risposta, ma Alec non sapeva che dire, così si avvicinò a lui e lo abbracciò, l’altro per un primo momento rimase sorpreso, il suo parabatai si mostrava pochissime volte così vulnerabile, ma  ricambiò l’abbraccio dandogli delle pacche sulla spalla

-Accompagnami a prendere la mia roba nel suo appartamento- gli sussurrò lui, poi cercò di abbozzare un sorriso –Tutte le mie vecchie magliette mi stanno strette-

-Okay- Jace lo guardò speranzoso, Alec era forte, lui lo sapeva bene, si poteva piegare ma mai spezzare, proprio come lui. Era per questo che l’aveva scelto come parabatai, quel ragazzino con la felpa sbrindellata, gli occhi blu e i capelli arruffati che gli ricadevano sulla fronte, diffidente e freddo, ma quando stavano da soli, quando sapevano di non essere giudicati, quando sapevano di stare al sicuro, allora in quel momento Alec rideva così che Jace riuscì ad aprire una breccia dentro la sua armatura. Si erano salvati la vita a vicenda, Alec era la sua ombra e i suoi occhi, si fidava ciecamente di lui.

-Vado a farmi una doccia ora- Jace fece una smorfia-Questi dannatissimi demoni puzzano in un modo indecente- gli scompigliò i capelli già arruffati e si allontanò.

Dopo un po’ di metri si girò, Alec era rimasto sulla soglia a guardare il vuoto

-Alec- il ragazzo si girò- Te lo ricordi?- gli chiese Jace, l’altro aggrottò le sopracciglia –La mia forza non smetterà di echeggiare…

-Come un tuono- finì Alec

-Te lo ricordi allora- il suo parabatai sorrise soddisfatto

-Come potrei dimenticare gli stupidi motti di quando eravamo bambini?-

-Finalmente! Con questo ho potuto constatare che non sei completamente partito di testa- detto questo Jace si girò, Alec non riuscì a comporre una risposta adeguata che lui era già sparito nell’oscurità del corridoio.

 

 


   
 
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