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Autore: Edelvais    03/07/2013    7 recensioni
Bene, era nella sezione E, Geoff c’era, Bridgette c’era… le sue labbra si incresparono in una smorfia quando lesse il nome del criminale nemico di Geoff. Avrebbe pagato per non avere quel teppista in classe.
“Come hanno potuto metterlo insieme a te dopo quello che ti ha fatto!”
Esclamò la mora guardando Geoff, che sorrise imbarazzato.
“Smorfiosa ficcanaso, fatti gli affari tuoi, credi che le abbia solo prese!?”
Riconobbe quella voce sgraziata e inorridì, pensando al fatto di dover avere in classe per i rimanenti due anni di liceo quel delinquente di Duncan Evans.
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Duncan, Geoff, Gwen, Trent | Coppie: Duncan/Gwen
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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Epilogo




You can dance forever.
You got a fire in your feet.
But will it ever be enough?
You know that it'll never be enough.
You can fly and never land.
And never need to sleep.
But will it ever be enough?
You know that it'll never be enough.

                                     Original Sin,  Meatloaf
 




«Vuoi ballare?» le domandò lui sommessamente.
Gwen lo guardò stupita. «Non sapevo ti piacesse ballare».
«Be’, ci sono molte cose che non sai di me», rispose Duncan con un tono vagamente divertito.
Ed era questo che la faceva impazzire; la sua imprevedibilità, la sua capacità di riuscire a sorprenderla in qualunque momento. Tutto ciò aveva avuto il potere di attrarla a lui.
«Però so che non ti piace il polpettone della mensa», replicò Gwen con un sorrisetto.
Duncan fece un’espressione sbalordita poi scoppiò a ridere, la sua risata musicale lei la sentì diffondersi intorno a loro creando un velo impalpabile ma solidissimo contro l’imbarazzo e l’ambiente esterno con la sua vaga ostilità.
Quello che c’era al di là di loro.
«Come te ne sei accorta?».
«La smorfia che esibisci quando la cuoca te lo offre è piuttosto eloquente».
«Ma che tono saccente, sempre la prima della classe, vero?».
Gwen non riuscì a reprimere una risata. «Adesso però stai parlando di Courtney».
Chiacchierando l’aveva condotta al centro della pista da ballo, sapientemente delimitata dal resto del salone dal gioco di luci; assorta nelle sue parole, lei non ci aveva quasi badato, ma fu acutamente consapevole del momento in cui il giovane si fermò davanti a lei e le prese una mano, facendole scivolare nel contempo un braccio intorno alla vita. La trasse verso di sé con gentile fermezza, e i loro abiti si sfiorarono: una stretta discreta, ma l’intimità dello sguardo che imprigionava il suo aveva l’effetto di un drappo caldo di seta preziosa sulla pelle nuda.
Si accorse che gli stava sorridendo, col volto levato verso il suo: erano talmente spontanee le sue reazioni a quei momenti che lei avvertiva confusamente di non essere nemmeno più padrona delle proprie espressioni.
Intorno a loro si era creato un certo vuoto, ma quella solitudine creata dal confine indefinibile tra loro e il resto della gente, Gwen non lo avvertiva come un peso.
Lo sguardo del giovane era una carezza quasi tangibile che corse dalle sue labbra, alla fronte per poi tornare agli occhi.
«Comunque nemmeno io sapevo ti piacesse ballare», disse Duncan.
Gwen sorrise. «In effetti sono arrivata a detestarlo dopo la mia prima e unica lezione di danza».
«Non è così male, sai», rispose lui facendole fare un giro. «Anche se questo è un lento devo ammettere che mi sto divertendo».
Nel frattempo, a qualche metro da loro, Bridgette e Geoff li salutavano con la mano, impegnati anche loro in un ballo lento e placido.
Gwen doveva ammettere che, in effetti, Duncan aveva ragione: non era poi così male ballare. La musica che rimbalzava tra le pareti della palestra della scuola era rilassante, e le braccia del ragazzo avvolte attorno alla sua vita le davano un senso di sicurezza contro gli sguardi perplessi e interdetti degli altri studenti - i quali evidentemente non avrebbero mai pensato che una gotica asociale come lei e quel delinquente del suo fidanzato si presentassero al ballo di fine anno - che pensò di aver fatto bene a cedere alle suppliche di Duncan, che insisteva per portarla a quella che lei considerava un’inutile festa.
 
«Sei bravo» esordì Gwen a metà del secondo ballo.
Duncan rise e la guidò con grazia disinvolta in un mezzo giro che fece turbinare i loro abiti.
«Grazie, streghetta. Ma ti giuro che non ho mai preso lezioni», rispose.
 La mano che teneva posata sulla spalla del giovane scivolò verso la sua nuca e, mentre gli cingeva il collo col braccio, si alzò sulle punte dei piedi, gli occhi chiusi, per posare le labbra semiaperte sulle sue. Quel movimento la sbilanciò, ma il braccio intorno alla sua vita era saldo e semplicemente si appoggiò contro quel corpo solido mentre Duncan interrompeva il ballo stringendola a sé.
Con le labbra catturò quell’ansito, stupore e piacere allo stesso tempo, che trovò sulla bocca di lui.
«Allora, sei ancora convinta che sia una festa da schifo?».
Gwen scosse la testa. «No, hai vinto tu; avevi ragione».
«Ah! Sapevo che l’avresti detto!», si gongolò lui.
Gwen non fece in tempo a replicare che sentì una mano posarsi sulla sua spalla e una voce familiare raggiungere il suo orecchio.
«Ciao ragazzi».
«Ehi, Trent!», lo salutò Gwen, sorridendo.
«Duncan, posso rubartela solo per un attimo? Giusto il tempo di un ballo», disse il ragazzo.
Duncan lo squadrò un momento, prima di cedergli il posto con una certa riluttanza.
«Grazie amico».
Il punk riuscì a stento a reprimere una smorfia a quell’appellativo. D’accordo, si erano chiariti e ora non c’era nessun sentimento di odio tra loro, ma Duncan non si fidava ancora di lui, e sentirsi chiamare amico da uno che fino a poco tempo prima avrebbe tanto voluto spedirlo al diavolo, non gli faceva certo fare i salti di gioia.
Nonostante tutto questo, Duncan acconsentì a lasciarli soli per qualche minuto e si diresse di malavoglia verso il banco delle bibite.
«Allora, come stai?», domandò Gwen.
«Bene, grazie. Tu e Duncan avete parlato con Courtney?».
Era saltato subito al dunque. Gwen notò che mentre la guidava nella danza le rivolgeva delle occhiate nervose.
«Trent, c’è qualcosa che non va? Mi sembri agitato», disse preoccupata.
Lui scosse la testa, distendendo le labbra in un sorriso.
«No, il fatto è che mi dispiace averti sottratta dal tuo ragazzo e…».
Gwen lo interruppe. «Trent, non importa! Sei uno dei miei migliori amici, e Duncan ha capito benissimo che avevi bisogno di parlarmi».
Il ragazzo sembrò rilassarsi a quelle parole, e le fece fare un mezzo giro. In quel modo Gwen dava le spalle al banco delle bibite e a Duncan, e aveva come l’impressione che due paia di occhi azzurri le stessero perforando la schiena.
«Comunque sì, abbiamo chiarito con Courtney. Ha deciso che continuare a infierire in quel modo contro di noi stava diventando un comportamento altamente infantile e si è scusata».
Trent sgranò gli occhi. «Courtney si è scusata? Con voi? Cioè, ne sono felice, ma non me lo sarei aspettato da quella testarda orgogliosa di una ragazza».
Gwen rise. «Sì, nemmeno noi potevamo crederci all’inizio».
«Nonostante tutto mi mancherà…».
La ragazza aggrottò le sopracciglia.
«Sì, è già partita per New Haven. L’hanno presa all’Università di Yale», disse Trent rispondendo alla domanda che Gwen stava per formulare. «Però sono contenta per lei, è una delle scuole più prestigiose…».
Trascorsero qualche secondo in completo silenzio, limitandosi a seguire la musica, ma quando questa cessò, Trent si allontanò da lei, sorridendo.
«Adesso ti lascio a Duncan; ho l’impressione che mi stia scuoiando con lo sguardo».
«Oh, non essere ridicolo!», disse Gwen, ma le bastò lanciare uno sguardo al suddetto ragazzo per ritrovarsi d’accordo con Trent.
«Ci vediamo, Gwen, e grazie per il ballo».
Trent fece per andarsene, ma la ragazza lo afferrò per un polso. «Trent… grazie. Grazie per tutto. Ti voglio bene».
In un impeto di affetto, Gwen gli lanciò le braccia al collo, soffocandolo in un abbraccio stritolatore.
«Mi dispiace per tutto quello che ti ho fatto passare quest’anno…».
«Gwen, siamo sentimentali, eh?», scherzò lui scostandola con delicatezza da quella stretta. «Ti voglio bene anch’io».
Dopo averle rivolto un ultimo sorriso si allontanò, confondendosi con la folla che ora saltava a ritmo di una canzone molto più allegra e briosa delle precedenti.
Senza nemmeno avere il tempo di voltarsi – nonostante non ne avesse il bisogno – ecco che due mani la prendevano per la vita, trascinandola fuori dalla palestra, nel giardino della scuola.
I due giovani si sedettero sul prato, sotto il chiaro della luna piena che illuminava i loro visi.
«Credo di avere due fori nella schiena», esordì Gwen, sarcastica. «Non mi hai staccato gli occhi di dosso nemmeno per un momento: non ti fidi di me?»
Duncan rise. «Veramente è di lui che non mi fido; è sempre il tuo ex».
Gwen sbuffò, scompigliando la cresta al ragazzo. «Oh, andiamo, io e Trent siamo solo amici ora, lo sai».
I due rimasero un attimo in silenzio, guardandosi attorno. Poi Duncan prese il viso di Gwen tra le mani e la baciò con dolcezza.
«Sai, all’inizio dell’anno sono arrivata ad odiarti», gli confessò a fior di labbra.
Duncan sorrise. «Mai quanto me».
Gwen rimase un momento interdetta. «Davvero?».
«Sì, però poi ho cominciato a guardarti con gli occhi di un predatore, e ho realizzato che saresti stata una preda perfetta», disse prima di baciarla di nuovo.
La ragazza gli diede un buffetto sul braccio, fingendo un’espressione indispettita.
«Non è molto romantico definire la tua ragazza una “preda”».
«Pensavo che le sdolcinatezze non facessero per te. Mi sono sbagliato?».
Gwen sorrise e lasciò che Duncan si stendesse sull’erba, appoggiando il capo sul suo grembo.
«Ti ricordi la prima volta che abbiamo guardato le stelle insieme?», domandò.
«Certo, eravamo a casa mia e pensavo volessi farmi qualche scherzo di cattivo gusto».
Duncan scoppiò a ridere, mentre la giovane gli accarezzava dolcemente i capelli.
«E la schiacciata che ti appioppai in faccia durante quella partita di pallavolo?».
«Già, brucia ancora», scherzò Gwen.
Continuarono a dar voce alle reminescenze dell’anno per un tempo indefinito, e nel ricordare tutti quei momenti che avevano condiviso, Gwen si sentì scaldare il cuore, ormai invaso da una felicità travolgente.
E in quel momento lui lo disse, catturando il suo sguardo.
«Ti amo, streghetta».
«Ti amo, delinquente».
Sorridendo, Gwen chinò il capo e posò un bacio sulle labbra di Duncan.
«Ho vinto», sussurrò lui quando furono a pochi millimetri di distanza.
«Come?».
«Ho vinto la scommessa, Raggio di Luna».
Gwen scoppiò in una risata argentina – non prima di aver rifilato un bel pugno di rimprovero nello stomaco di lui ‒ per poi essere catturata dalle braccia del ragazzo.
Duncan aveva ragione: aveva vinto lui quella maledetta scommessa che li aveva accompagnati per tutto l’anno. L’aveva fatta innamorare perdutamente di lui, che aveva prontamente ricambiato il sentimento, facendo germogliare un amore unico che li teneva uniti da un legame indissolubile.



THE END
 






Ehm... Che dire! Innanzitutto mi scuso con tutti voi per il ritardo imperdonabile con cui oso pubblicare l'epilogo di questa fic; purtroppo per mancanza di tempo e - soprattutto - ispirazione non sono mai riuscita a concluderla come si deve. E spero di esserci riuscita ora, nonostante questo ultimo capitolo ancora non mi convinca molto.
Senza troppi sproloqui inutili, vorrei ringraziare tutti voi che mi avete sempre seguita nonostante i miei ritardi impossibili nell'aggiornare, chi ha recensito e chi ha anche solo letto o dato un'occhiata.
Grazie veramente di cuore! Scrivere questa fic è stato divertente e sopra ogni cosa liberatorio, e se da una parte sono contenta di averla finalmente conclusa, dall'altra mi piange il cuore.
Anyway, spero che l'epilogo non vi abbia delusi. Grazie ancora a tutti! Spero continuiate a leggermi ^^

Ed







 
   
 
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