Capitolo 4 Rock Lee corse, corse come un disperato. Non gli importava di sbattere contro decine di rami, di essere pieno di tagli; non gli importava nemmeno di finire in qualche posto sconosciuto a quell'ora della notte: voleva solo trovare il suo maestro, solo a questo riusciva a pensare. Ormai stava correndo da dieci minuti, avrebbe dovuto vederlo a momenti. Arrivò in uno spiazzo, al limitare della foresta. Si guardò intorno, cercando di capire dove fosse andato Gai; ma era impossibile, c'erano troppe strade lì intorno. Doveva assolutamente tentare la fortuna e imboccare una delle vie, ma non riusciva a decidere: aveva il terrore di sbagliare e di non riuscire a trovarlo. Si lasciò cadere su una piccola roccia al centro dello spiazzo, le mani nei capelli. “No... no... maestro... sono uno stupido, uno stupido!” Perché era stato così stupido? Perché? Non sarebbe mai riuscito a darsi una risposta. Poi sentì un rumore dietro di sé e si girò di scatto; non vide nessuno, ma a pochi passi dalla roccia trovò una busta chiusa. La prese e l'aprì subito: Caro Lee, ho lasciato una mia copia a girare nella foresta, certo che verrai a cercarmi tra un po'. Mi dispiace, ma non sono riuscito a trovarti per tutto il giorno e non ti ho detto quello che avrei voluto, quindi mi vedo costretto a scriverti una semplice lettera. Rock Lee, so che non riesci ad accettare che io debba allontanarmi per così tanto tempo, ma so anche che non mi ritieni veramente responsabile: ormai ti conosco bene, non lo pensi. Se ti avessi trovato, ti avrei detto di portare pazienza, di essere forte e di aspettare il mio ritorno senza darti troppi pensieri; se rifletti bene è solo un anno, o poco più, puoi sopravvivere benissimo anche se non sono lì con te. Avanti! Stiamo trasformando questa storia in una tragedia! Potrei capire se si trattasse di due, tre anni... ma dodici mesi non sono poi tanti. Adesso dirai che per te è comunque troppo tempo, perché sono sempre stato con te e non sei abituato alla mia assenza; anche per me un anno è molto, ma ti assicuro che passerà in fretta, se non trascorri tutto il tempo con quell'aria depressa. E te lo sto dicendo io, che sto soffrendo almeno quanto te per questa storia, se non di più. Quindi, per favore, ricordati tutto quello che ti ho insegnato e sorridi come sempre; altrimenti non riuscirò a lavorare, se so che non sei felice. D'accordo? Ti scriverò ogni volta che potrò e ti farò sapere non appena avrò finito qui. Ricorda che ti voglio bene Il tuo maestro Gai Rilesse la lettera molte volte, e per ognuna di queste il suo cuore si faceva sempre più leggero, sempre meno angosciato. E sempre più in colpa. “Maestro Gai... anch'io le voglio bene...” *** *** *** Cinque mesi dopo, Rock Lee mangiava tranquillo una ciotola di ramen nel locale preferito di Naruto; l'amico era dovuto correre al palazzo dell'Hokage, lasciando la sua porzione a metà, senza che nessuno dei due ne conoscesse il motivo. Così il ragazzo dai capelli neri aveva potuto finire pure l'altra ciotola, anche se da solo. Era da un po' di tempo che si era abituato all'idea che il suo maestro fosse partito, ma ancora provava una grande nostalgia ogni volta che pensava a lui: non era caduto in depressione e già questa era una buona cosa. Una notizia, però, avrebbe a breve distrutto quella calma che era riuscito a creare con tanta fatica. Nel locale entrarono due persone che non conosceva; due jonin, maschi, sui venticinque anni, che ordinarono il menù del giorno ed iniziarono a chiacchierare. La conversazione non interessò Lee, almeno in un primo momento. “Kai dov'è?” “Chi? Ah, si, Kai. È andato all'entrata nord, a prendere dei feriti...” “Feriti? Perché, qualche missione è andata male?” “Temo di si. Però non so chi sia, non me l'hanno detto: credo che sia una missione vecchia di qualche mese... ehi!” Rock Lee scattò sulla sedia e schizzò fuori dal locale, rovesciando la sua ciotola che quasi cadde addosso ad uno dei due jonin. Corse a più non posso finché non raggiunse l'entrata nord e lì si guardò intorno, alla ricerca di qualcuno che potesse dargli informazioni. “Mi scusi, sa dirmi cos'è successo?” chiese ad una donna poco distante “Chi è che sta arrivando?” “Sono i ninja inviati per la missione nel villaggio di Kavoe, cinque mesi fa. A quanto pare hanno avuto successo, ma ci sono diversi feriti e addirittura un decesso: arriveranno a momenti.” “Questo... non ci avevo pensato...” Mai a Rock Lee sarebbe anche solo passata per l'anticamera del cervello l'idea che il suo maestro potesse morire in missione. Mai. L'unica sua preoccupazione era di non vederlo per molto tempo, ma a questa eventualità non aveva mai pensato. Come quella notte, in cui Gai era partito per Kavoe, Lee venne colpito da un fortissimo dolore allo stomaco, come di mille lame che lo perforavano. Aspettò con queste fitte per soli cinque minuti, che a lui sembrarono ore. Dall'enorme portone principale entrarono un carro trainato da due cavalli e tre ninja a piedi; vide che uno di loro si fermava a parlare con la donna di prima e, insieme, guardarono dentro al carro. Si avvicinò con molta calma, perché voleva ancora un po' di speranza... Prima che potesse dire qualcosa, la donna si rivolse a lui: “Ho controllato: ha perso la vita un jonin, mentre gli altri sono solo lievemente feriti. Secondo me avrebbero dovuto...” Ma Lee non l'ascoltava più. Non voleva sentire più niente. Rimase lì, davanti al carro, per chissà quanto tempo, prima di decidersi a controllare al suo interno. Voleva sapere. Doveva sapere, ma allo stesso tempo era tentato di andarsene, di continuare a credere e a sperare di riunirsi un bel giorno con il suo maestro, la sua unica ragione di vita. Alzò la mano, la ritrasse; si avvicinò un poco, tornò indietro. Aveva paura. Era terrorizzato dalla paura. Sollevò con un colpo il telo bianco... e il suo adorato maestro era lì. Lì, dietro di lui, che sorrideva rassicurante. “Chi stai cercando, Rock Lee? Guarda che io sono qui dietro!” “Ma... maestro Gai...? Lei è...” “E non balbettare! Cos'è, non sei contento di vedermi?” “MAESTRO GAI!!” Lee si lanciò contro di lui senza aspettare un secondo di più. “Maestro! È vivo... È VIVO!! I... io... mi è preso un colpo: pensavo che fosse... che l'avessero...” Il sorriso di Gai si allargò ancora di più: voleva così bene a quel ragazzo, che non poteva fare a meno di sorridere e di abbracciarlo. Intanto, il carro e i quattro ninja erano ripartiti verso l'ospedale. “Certo che sono vivo, Rock Lee. Hai davvero pensato che fossi morto?” “Si...” “Vabbè che sono un po' ammaccato, però ci vuole più di questo per farmi fuori! Su, avanti! Andiamo, che ti offro da bere.” “Ma, maestro” disse Lee, staccandosi a malavoglia dal suo abbraccio. “Io devo parlarle: le ho detto delle idiozie, non pensavo assolutamente quello che ho detto...” “Lo so, non c'è bisogno che me lo dici. Adesso andiamo, che ho una gran sete... ah! Quasi dimenticavo!” Prese la borsa che aveva sulle spalle e si mise a frugare al suo interno: ne estrasse una tuta verde fiammante, nuova, perfetta. “Questa è per te” esclamò, orgoglioso. “L'ultima volta non ce l'avevi e ho pensato che fosse perché non ti stava più, quindi te ne ho fatta una nuova. Con le mie mani! “Maestro... ma è bellissima!” “Lo so! Ora andiamo, così dopo puoi metterla.” “No” esclamò Rock Lee, infogato. “Vado subito a metterla! Mi dia due minuti, la prego!” “D'accordo” annuì, e si avviarono tutti e due verso casa. Maestro... anche se il mondo dovesse crollare; anche se mi succedesse qualcosa, qualsiasi cosa; anche se non avessi più una gamba, o un braccio, o entrambi; anche se dovessi morire... mi riterrei la persona più fortunata del mondo, perché lei è qui con me. Fine Ecco qui il finale! Lo ammetto, ero tentata di concludere con “e il suo adorato maestro era lì”, ma ho cambiato idea all'improvviso; ci stava così bene quel seguito, che non ho saputo resistere ed ho optato per un finale felice. Però vi avverto che ve la siete vista brutta, perché l'ho terminata una domenica, il giorno dopo aver visto Cold Case in tivù, e chiunque lo segua sa che può essere molto influente sull'umore; diciamo che, se l'avessi scritta di sabato, ora stareste piangendo come fontane! Spero che vi sia preso un bel colpo con la storia del telo, perché il mio intento era proprio quello (me molto sadica ultimamente, eheh!). Un grandissimo grazie a tutte le persone che mi hanno seguito e mi hanno recensito e anche a chi lo farà per questo capitolo e non potrò rispondergli. Un bacione^^ Ah! Due avvertimenti dell'ultimo minuto. Prima di tutto, sarei contentissima di ricevere recensioni (per questa o per le altre storie) anche dopo mesi, quindi non mettetevi problemi (che invece mi metto io ogni volta! Quindi il senso del messaggio è: non fate come me!). Seconda cosa... la prossima storia potrebbe essere una TsunadeXJiraiya e, attenzione, potrebbe essere una lemon! Ebbene si, ho deciso di provarci anch'io. In realtà l'ho già scritta e dovrei solo risistemarla un po', però prima voglio farla leggere ad alcune mie amiche: deciderò se pubblicarla in base al loro giudizio, ma voi state in allerta e fatemi sapere se vi interessa, anche perché mi vergogno un po' ^////^. Insomma, di lemon su loro due non ce ne sono! (io non le ho trovate, ma se ci sono fatemelo sapere! Almeno una!) Ora me ne vado seriamente***