Pov Hikari
Solitamente non piombo nelle case altrui senza un
minimo di preavviso.
Quello che lo fa è mio fratello Tai e perché no,
anche mia madre a volte, quando decide di cucinare l’ennesima torta ai
ravanelli e pretende di farla assaggiare all’intero condominio alle tre di
pomeriggio.
Quella plumbea e fredda mattina ero partita di buon
ora da Tokyo, armata di borsone e tanta pazienza per affrontare le quasi tre
ore di treno che mi avrebbero portata ad Osaka.
Avevo avvisato Sora circa una settimana prima e lei
si era mostrata entusiasta del mio arrivo. L’avevo inoltre pregata di non dire
niente a nessun’altro, un po’ perché volevo fare una sorpresa al mio
fratellone, un po’ perché… beh, ad Osaka lui non era l’unico ragazzo che volevo rivedere.
Per tutto il tragitto, nonostante avessi riempito i
cellulari di entrambi di chiamate e messaggi, non avevo ricevuto nessuna
risposta e la cosa stava cominciando a farmi agitare.
Nel mio stesso scompartimento poi c’era una signora
con due bambini alquanto scalmanati che tentavano di coinvolgermi nei loro
giochi fracassandomi i timpani: armata di non poca pazienza li assecondai
unendomi a loro e alla fine le mie risate erano sincere.
Anche se a dirla tutta, avrei preferito riposarmi un
po’.
Quando arrivai davanti al loro appartamento, senza
aver chiuso occhio, con un borsone da venti chili dietro e sopratutto senza
aver ricevuto uno straccio di risposta, suonai alquanto titubante.
Ancora non sapevo cosa mi sarei trovata di fronte,
ma vedere una Sora appena sveglia aprirmi la porta con una faccia sconvolta e
con indosso solamente una canottiera, mi fece pensare al peggio.
-
Un suono insistente e metallico quella mattina mi
trapanò la testa facendomi sollevare le palpebre che sembravano pesare
tonnellate.
La prima cosa che notai, con gli occhi ancora
appannati, era che non mi trovavo in camera mia: sentivo l’ormai tristemente
nota molla rotta del divano conficcata nel mio fianco sinistro.
La seconda cosa che notai – ed era davvero
impossibile non farlo -, era un corpo caldo saldamente ancorato al mio.
Con sforzo sovrumano sollevai entrambe le palpebre
rimanendo per un attimo stordita dalla luce che entrava a fiotti attraverso i
vetri del balcone. A quanto pare avevamo scordato di abbassare la tapparella.
Poi finalmente, abbassai lo sguardo al mio fianco.
Non so cosa mi trattenne dal lanciare un urlo
apocalittico degno di Munch alla vista di quel
corpo, di quel ragazzo addormentato
al mio fianco e con un sorriso beato stampato in faccia nonostante il sonno
pesante.
Deglutii più volte cercando con lo sguardo una
veloce via di fuga ma poi i miei occhi vennero nuovamente calamitati su di lui.
La maglietta gli si era sollevata, lasciando
scoperti gli addominali ben saldi.
Mi venne voglia di posarci la mano su per vedere
come avrebbero reagito d’istinto i suoi muscoli…
Era quella la cosa strana di Tai: indubbiamente era
un bel ragazzo, aveva un fisico che molti nostri coetanei di sesso maschile
potevano invidiargli, eppure…
Eppure aveva sempre quell’aria da eterno adolescente,
quell’espressione spensierata che rare volte gli avevo visto perdere ma che
allo stesso tempo infondeva sicurezza a tutti coloro che lo circondavano.
E anche allora quel sorriso beato e quei capelli
scarmigliati all’ennesima potenza sul cuscino rigido del divano, lo rendevano…
completo.
Per un lungo attimo pensai di svegliarlo nuovamente
a suon di cuscinate ma poi accadde ciò che era inevitabile: la consapevolezza della sera prima e del dove io effettivamente mi trovassi, mi fecero mancare il respiro.
Mi alzai stando ben attenta a non sfiorarlo e lo
sentii mugugnare – le sopracciglia gli si erano aggrottate in un modo così
indifeso che dovetti pestarmi i piedi per non costringermi a tornare lì-,
mentre si rigirava e continuava a dormire.
Mi passai la mano nervosamente nei capelli e lo
sguardo mi cadde accidentalmente sulle varie bottiglie di vetro sparse per la
stanza.
Ed inesorabilmente vuote.
Mi stavo dirigendo a passo di carica verso la mia
stanza, pronta a buttarmi sul letto, quando quel suono metallico che mi aveva
svegliata mi trapassò nuovamente la testa.
Il campanello!
Agghiacciata mi voltai verso il mio coinquilino ma
lui non sembrava minimamente turbato da quel suono.
Beato lui.
Mi guardai due secondi allo specchio per assicurarmi
di sembrare almeno umana – preferii
non averlo fatto-, e trafelata andai ad aprire.
Vidi Hikari Yagami aprire la bocca con un cipiglio
che non prometteva niente di buono, ma poi, dopo avermi guardata per un
interminabile secondo, la richiuse.
Ci guardammo ed io ricordai finalmente quello che
avevo dimenticato: il suo arrivo.
- Ma stai bene?- fu la prima cosa che mi domandò ed
io, posandomi un indice sulle labbra –oh, le labbra!-, le feci segno di
seguirmi dentro.
Spiai con lo sguardo le sue espressioni e i suoi
occhi sgranati quando vide suo fratello sul divano e gli alcolici sparsi.
Si girò verso di me, poi guardò nuovamente gli
alcolici e poi Tai.
Il suo sopracciglio si sollevò ironico. Fu allora
che le afferrai il polso e la trascinai in camera mia.
- Allora, non è come sembra- esordii con un tono
talmente gracchiante da far accapponare la mia stessa pelle. Scoprii d’avere la
gola secchissima.
Lei posò il borsone a terra. – Perché -, cominciò
mentre si sfilava il cappotto – come sembra?-
Mi dava le spalle, ma dal tono riuscii ad intuire
che sul suo viso si fosse formato un sorriso.
In quello lei e Taichi erano da sempre stati uguali:
sorridevano allo stesso modo, loro.
Colta alla sprovvista cominciai a boccheggiare. Già,
come sembrava?
- Non… non lo so, dimmelo tu allora – sospirai
buttandomi sul letto.
- Beh, innanzitutto ciao Sora Takenouchi e si, è un piacere anche per me rivederti -,
la sentii dire ridacchiando e con quel suo tono che non sembrava mai pungente.
Oserei dire sempre comprensivo: nonostante fosse più piccola, a volte i suoi
atteggiamenti erano decisamente più maturi dei miei.
Battei un colpo sul letto al mio fianco e dopo poco
sentii il materasso abbassarsi sotto il suo peso. –Ho interrotto qualcosa
stamattina?-
Il sangue affluì alle mie guance in pochi attimi e
la stanza mi sembrò improvvisamente di dieci gradi più calda.
La guardai negli occhi e mi stupii di vederli quasi
pieni di… speranza?
Quella cosa mi spaventò. Difficilmente gli occhi di
Hikari erano menzogneri.
-Ma cosa dici!Stavamo dormendo, insomma ieri sera ci
siamo addormentati lì, o meglio cisiamoaddormentatidopoaverbevutoepoiinsomma…-
Le sue mani gentili si posarono sulle mie spalle
interrompendo il mio sproloquio.- Adesso prendi fiato e mi racconti cos’è
successo. Tanto sono solo le dieci ed è sabato, Tai dormirà per almeno altre
due ore -.
E così Hikari fu la prima a sapere del bacio, -da
ubriachi, solo sfiorato- ma pur sempre bacio.
Ricordavo le mani di Taichi che mi stringevano e poi
c’era quella sua ammissione sul mio profumo che sentiva ovunque… era davvero
assurdo.
Era quasi mezzogiorno quando il ragazzo si svegliò.
Parlare con Hikari mi aveva di molto
tranquillizzata, ma non riuscii a frenare i battiti che acceleravano
inesorabili.
Lo sentii urlare di stupore alla vista di sua sorella
e sicuramente l’aveva presa in braccio perché lei continuava ad urlargli di
rimetterla a terra.
Fintanto rimasi in camera, la situazione era
gestibile.
Ma dovevo uscirne, prima o poi.
Ed il prima si affacciò in camera mia con il sorriso
malizioso di Hikari. – Allora, non esci?-
Sospirai. – E’ andato a farsi una doccia, via libera
per il momento -, aggiunse poco dopo.
Non mi rassicurò granché, ma almeno riuscii ad
abbandonare il mio nido sicuro.
Sentivo l’acqua scrosciare mentre io e Hikari
cominciavamo a preparare il pranzo.
Il rumore delle stoviglie strideva nelle mie
orecchie, ed Hikari capendo il mio imbarazzo mi lanciava sorrisi rassicuranti.
Il suono del campanello per la seconda volta in
quella giornata mi riscosse. Guardai la sorella del mio coinquilino perplessa,
ma lei mi ricambiò con lo stesso sguardo.
Tamponando le mani sul grembiule da cucina che avevo
indossato, aprii la porta.
Trovandomi davanti l’intero nostro gruppo di amici,
con a capo Mimi e subito dietro un Tk quasi febbricitante.
- E’ arrivata allora? – mi chiese il minore degli
Ishida, e ad un mio cenno del capo si aprì in un luminoso sorriso correndo
dentro.
Ma io guardavo Mimi, come lei guardava me.
Gli altri entrarono –per ultimo Yamato, che mi
scoccò un’occhiata maliziosa difficilmente fraintendibile-, e sulla soglia
rimase solo la ragazza, che mi scrutava attenta.
- Sei…- cominciò, ma io non la lasciai continuare.
L’afferrai per il polso – in un curioso dejà-vu di
quella mattina-, trascinandola in camera ed ignorando totalmente tutti gli
altri che avevano circondato Hikari in cucina: a quanto pare l’adoravano tutti.
Quando mi richiusi la porta alle mie spalle, Mimi
scoppiò a ridere. – Siamo nervose o sbaglio? –
Io cominciai a contare fino a dieci, ma mi fermai a
tre.- Tu! – esordii puntandole il dito contro il petto, fasciato da un cardigan
in maglia rosso porpora. – Hai idea di cosa tu
abbia scatenato ieri sera?! –
Lei mi guardò con una scintilla negli occhi e,
congiungendo le mani come se si trovasse davanti ad un’immagine sacra, si
avvicinò a me. –Cos’è successo? Perché io so
che è successo qualcosa! –.
Con una mano sul fianco, mi massaggiai i lati del
naso. Mi stava venendo un terribile mal di testa.
Stavo quasi per spiattellarle l’intero accaduto
quando sentii Tai fare il suo trionfale ingresso in cucina.
- Ma… Sora?- chiese con un tono che mi sembrò…
impaurito?
Era vicino alla mia stanza, quindi riuscii benissimo
ad ascoltare ogni sfumatura di quella domanda.
- Arriva, è andata un attimo di là con Mimi -.
Dolce, cara Hikari.
Deglutii e mi voltai nuovamente verso quel terremoto
umano.
Questa volta fu lei a puntarmi l’indice contro.-
Dopo esigo un resoconto super
dettagliato. Ora andiamo fifona -, e senza lasciarmi nemmeno il tempo di
sillabare altro spalancò la porta.
Trovandosi davanti proprio il mio peggiore degli
incubi - o il migliore dei sogni, mi suggerì la mia coscienza -.
- Oh! – esclamò Mimi fissando Tai e poi me. -
Stavamo arrivando, ma se devi dirle qualcosa fate pure! - sventolò una mano con
fare teatrale e andò dritta in cucina.
Mi sembrò di andare in apnea. I nostri occhi si
erano incrociati solo per qualche istante ma, codarda, li distolsi subito dai
suoi aggiustando delle pieghe sul lenzuolo in realtà perfetto.
- Sora volevo dirti…- cominciò.
Un nodo allo stomaco mi attorcigliò anche la mente.
Fermai le mani nervose e le congiunsi pur di tenerle ferme.
Mi voltai lentamente, sfoderando uno dei miei
migliori sorrisi: la mandibola mi tirava.
Taichi era in evidente difficoltà, con una mano si
toccava i capelli e l’altra grattava nervosamente la guancia.
La ricordavo sulla mia, quella guancia, un po’
ruvida per via della barba dei tre giorni…
- Volevo dirti che ecco, qualsiasi cosa sia successa
ieri sera… ti chiedo scusa-.
Una secchiata d’acqua gelida in testa non sarebbe
riuscita a farmi sentire più persa.
Sgranai gli occhi, il sorriso si trasformò in una
smorfia di stupore. – Qual… qualsiasi cosa?-
Lui abbassò lo sguardo con fare mesto e sospirò
pesantemente. – Beh, lo sai ormai come sono fatto. L’alcool non lo reggo bene
ed insomma io non sono molto responsabile da ubriaco e credo che ieri sera…
insomma io abbia davvero esagerat…-
- Tai, frena! - bloccai quel suo flusso di coscienza
senza nemmeno accorgermene.- Non è successo…- deglutii, - non è successo niente
ieri. Stai tranquillo, sono crollata sul divano perché anche io avevo esagerato
-.
Risollevò il capo di scatto e mi fissò dritto negli
occhi con un’espressione talmente seria che per un attimo ebbi paura.
- Davvero? –
- Certo. Puoi stare tranquillo -, conclusi io.
Lui abbozzò un sorriso e si avviò verso la porta.
Assorta com’ero non mi ero affatto accorta che fosse entrato in camera.
- Andiamo dagli altri? -, domandò con tono piatto e senza guardarmi ed io lo raggiunsi con
nella mente lo stesso tamburo che mi stava squassando il petto.
Il pranzo allargato andò bene.
Hikari sedeva tra me e Tk, anche se ad esser sincera
parlò quasi esclusivamente con lui e con un pizzico di malizia notai le sue
guance colorarsi di un tenue pesca ogni volta che le sorrideva.
Quindi così soffiava il vento.
Dal canto mio, ero divisa tra le occhiate di Mimi –
seduta all’altro mio fianco, - e lo sguardo sfuggente di Taichi, che il caso –
oppure no?- aveva voluto proprio di fronte a me.
Ci divertimmo molto, e quando servimmo il dolce, offerto
gentilmente da Izzy, Yamato suonò qualcosa con la sua inseparabile armonica.
Dopo pranzo Joe e ahimè, anche Mimi andarono via, impegnati entrambi in Facoltà
fino a tarda serata.
Sulla porta la ragazza mi fece promette e al tempo
stesso promise, di liberarsi per almeno un’oretta verso cena per poter parlare
in santa pace.
Acconsentii, pensando che in fondo la vendetta era
un piatto che andava servito freddo.
Yamato, Izzy e Taichi si erano rifugiati in camera
di quest’ultimo per provare un nuovo gioco portato dall’informatico del gruppo,
mentre Hikari e Tk sedevano sul divano scherzando tra loro.
Il ragazzo la guardava in un modo così intenso che
provai una sana invidia benevola per Hikari. Lei rideva delle sue battute in un
modo talmente puro da non accorgersi che Takeru seguiva ogni suo singolo
movimento.
Il biondo m’invitò nella conversazione con molta discrezione
e lo stesso fece lei, ma mi sentii di troppo e con una scusa uscii sul balcone.
Il freddo pungente mi aiutava a schiarirmi le idee.
Dicembre era alle porte e il freddo copriva tutta
Osaka. C’era una lieve nebbia quel pomeriggio, ed il sole non riusciva a
penetrare quella coltre grigia.
Mi sentivo un po’ così, grigia come quel cielo,
senza sapere nemmeno bene il perché.
O meglio, ne ero perfettamente conscia, ma non
volevo ammetterlo nemmeno a me stessa.
I palazzi si fecero più sfocati e con sorpresa mi
accorsi d’avere gli occhi lucidi.
Alzai lo sguardo al cielo per ricacciare indietro
quelle inspiegabili lacrime di frustrazione e proprio in quel momento sentii
l’anta del balcone aprirsi.
Per un attimo temetti sul serio di trovarmi di
fronte il mio coinquilino, invece era soltanto
la testa bionda di Yamato.
Richiuse la porta alle sue spalle e si poggiò di
fianco a me senza dirmi una parola.
Ero nervosa perché aveva avuto la capacità di
beccarmi in uno dei miei momenti no. Ma sapevo che i silenzi di Yamato spesso
erano proprio così, senza cose nascoste.
Stranamente quella volta ebbi la sensazione opposta.
- Voglia di stare sola? – mi chiese, e nel farlo il
vapore uscì dalle sue labbra.
Annuii, non c’era bisogno di mentire.
Voltò il capo e subito dopo i suoi occhi chiari mi
fissarono. – Non devi pensarci, perché lui è fatto così -.
Lo guardai stranita ma allo stesso tempo il solito
nodo allo stomaco salì ancora.
Alzò un angolo delle labbra, con un’espressione che
non seppi definire altro se non… dolce. Capii il perché solo ascoltando quello
che mi disse dopo.
- Tai è il mio secondo fratello. So che siamo
completamente opposti. Non ti nego che in passato non sono mancati momenti di
lotta tra noi e per lotta intendo anche scazzottate nel bel mezzo del cortile
della scuola, - si toccò la mandibola pensieroso, forse ricordando di essere
stato colpito dal suo migliore amico proprio lì.
- Lo conosco come conosco me stesso, - continuò -
anzi forse meglio, perché lui è molto più facile da leggere, me ne rendo conto-
ammise, strappandomi un sorriso. – Sono certo che qualsiasi cosa sia successa
tra voi due l’ha sconvolto. Da quando sei arrivata è… beh, suppongo di dover
dire ancora più Taichi di quanto lo
sia di solito. Perciò non mollare la spugna con lui, non farlo mai -.
Ero rimasta con le sopracciglia aggrottate per tutto
il tempo e solo quando finì di parlare me ne resi conto, tornando con il viso
rilassato.
Mi lanciò un’ultima occhiata e prima di tornare
dentro mi richiamò.
- Si? – risposi, completamente stordita da quanto mi
aveva appena confessato.
Lo vidi sorridere, un sorriso per cui tante ragazze
avrebbero ucciso e che io consideravo caldo come quello di un amico. – Non
essere troppo dura con Mimi. Ha dei modi fin troppo diretti a volte, ma agisce
sempre a fin di bene -.
E senza aggiungere altro si richiuse il battente
alle spalle.
SPAZIO AUTRICE:
Più di tre mesi d’attesa, ne sono consapevole.
Ahimè, questa volta la colpa è per 60% mia e per il restante della sessione
estiva che di certo non rallegra le mie giornate.
Parlando del capitolo, so che forse vi aspettavate
più momenti Taiora ma, dopo lo scossone finale del capitolo precedente, ho cercato
proporre uno sguardo più ampio.
Finalmente Hikari ha fatto la sua entrata in scena:
spero di non aver deluso i fan di questo personaggio con la mia versione, ho
tentato di essere il più IC possibile.
Inoltre c’è una novità che potete trovare sulla mia
pagina personale ma che vi dico anche qui. Con non poco imbarazzo – credetemi,
è proprio tanto-, mi sono lasciata convincere a creare una pagina su Facebook
che potete trovare digitando “Reby” sul social oppure cliccando sul bottoncino
della mia pagina autore qui su EFP.
Non so esattamente come gestirla ma ogni
aggiornamento, ogni avanzamento delle mie storie lo troverete scritto lì, così
magari potrete anche insultarmi per i miei continui ritardi!
Ultima notizia e poi vi lascio: molto probabilmente
troverete presto una mia nuova storia, ma ci devo pensare un po’ su prima di
pubblicarla perché decisamente ricalca molto le orme delle mie precedenti long
su questa serie(e ci siamo capiti).
A presto spero,
vostra Sabrina.
PS. Mi sono accorta recentemente che la mia
“Breathlessly” è al primo posto tra le Storie più popolari nella sezione. Non
so se questa situazione durerà perché ci sono ottimi lavori in giro, ma per me
è stato un colpo scoprirlo perciò GRAZIE.