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Autore: Ephi    06/07/2013    6 recensioni
[Storia sospesa causa mancanza ispirazione.. AAAAH. Sigh.]
Ovvero: Come Annientare le Lagne degli Dei.

No no, non si può non tener conto di questa cosa. Com'è possibile che gli dei ne abbiano sempre una? E noi mezzosangue, scusate? Cioè.. rendiamoci conto! Imprese di qua, imprese di là.
E, infatti, una è toccata a me, che è già tanto se riesco a leggere un testo senza imprecare contro metà Olimpo. (ops)
Eppure, non riusciamo a dire di no, vero? Tutto purché la finiate di distruggere mezzo pianeta per ogni minima cosa che non vi sta bene. (sì, signor "zap-ti-fulmino", parlo principalmente a te!)
Genere: Comico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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PROGRAMMA: C.A.L.D.
PROLOGO






Se state pensando che questa sia la storia perfetta di una persona perfetta, avete sbagliato sicuramente a seguire le indicazioni.
Non è il mio caso, credetemi. Niente figoni semi-morti e dalla pelle marmorea, niente semi-lupi che si tatueranno il mio nome sul braccio, niente supereroi con martello e caschetto pronti a scatenare lampi e tuoni solo perché fanno un gran casino. Io sono sempre stata solo quella complessata della situazione.
Ora vi chiederete perché dovreste stare a sentirmi ancora, e, effettivamente, avreste solo ragione. Non saprei nemmeno elencarvi motivi sufficienti per stare qui a perder tempo con me e alle mie farneticazioni su gente del calibro di Perseo, Teseo, Odisseo, un sacco di -seo.
Cosa c'entrano, dite? Ecco, me lo chiedevo anche io.
La mia tranquilla, allegra, monotona vita era tutta articolata in piccolo arcipelago di isolette conosciute, per lo più, per la loro simpatica componente (altamente) vulcanica. Oltre che per Lilo e Stitch.
Quel pomeriggio me ne stavo dietro al carretto dei gelati che il signor Mead mi aveva gentilmente prestato per cominciare il mio ennesimo lavoretto estivo. Sistemai alcune - no, troppe - ciocche ribelli sotto il berretto arancione e gli occhiali da sole. Vedevo fin troppi bambinetti saltellanti, durante il giorno, e le scorte di gelato erano praticamente destinate solo a loro. Di conseguenza, il mio guadagno aumentava.
Per adesso era quello il mio obbiettivo: cavarmela da sola, specie per realizzare il mio sogno. C'è chi svaluta senza riserve i bambocci di quindici anni come me, solo perché vivono ancora nel mondo dei desideri. Il mio era fin troppo grande, diceva il signor Mead, ma lo trovava nobile.
In più, volevo partire per New York, visitare la Grande Mela, ma non volevo dare peso alle tasche di mia madre, già troppo occupata a mantenerci entrambe. Aveva un piccolo chioschetto sulla spiaggia, vendeva un sacco di oggettini strani, con la piccola differenza che era lei stessa a crearli. Autentici capolavori, credete a me. Avevo appesi al collo almeno sei (uno l'avevo perso, va beh) delle sue creazioni. Diceva mi avrebbero protetta, diceva che lui mi avrebbe riconosciuto, quando li avrebbe visti. Per Lui, intendeva mio padre.
Ma non parliamone.
Il mio carretto dei gelati era già semivuoto, data la massa informe di turisti che invadeva le vie del lungomare. L'ultimo bimbetto a cui diedi un ghiacciolo alla ciliegia mi ringraziò con una specie di pernacchia, poi corse via, prima che potessi scagliargli addosso una vaschetta di gelato alla vaniglia. Alzai gli occhi verso il cielo e sentii sulla pelle che il sole stava cominciando a perdere calore. Di lì a poco sarebbe arrivato un nuovo, bellissimo, tramonto. E anche la "gara" a cui avrei partecipato quella sera stessa.
Non ero mai stata brava con le pistole, non quanto i miei amici. No, calma. Non voglio dire che esco con gli agenti di CSI Isole Hawaii. Voglio solo dire che i miei compari hanno una certa passione per i giochi del luna park, in particolare quelli di tiro al bersaglio. Quella stessa sera, poi, il più rompibballe di tutti, Tim, aveva deciso di sfidare me (la più sfigata di tutti) a VINCI-IL-PESCE-ROSSO-O-TI-BUTTO-IN-MARE, tanto per far capire agli altri che lui era il più bravo di tutti.
Per riassumere: avevo un bagno in mare a cui prepararmi.
Riportai il carretto al bar del signor Mead (che per la cronaca, assomigliava tanto a un tricheco, con tanto di baffoni arricciati. Era bellissimo.) e mi trascinai fino a casa, gettando di tanto in tanto qualche occhiata all'oceano.
Non avevo mai avuto paura di gettarmi in mezzo a quelle onde enormi. Sentivo, in qualche modo, che qualcuno potesse capirmi, quando stavo lì. Spesso mi capitava di rimanere seduta sul bagnasciuga e conversare amabilmente con qualche granchio o pescetto microscopico. Le stesse conversazioni che faresti anche col tuo vicino di casa, per capirci.
- Ehi Sam -
- Ciao Jen, allora? - sguazzava, il pescetto Sam - Com'è andata oggi coi bimbetti assatanati? -
- Una meraviglia, come al solito -
- Sei sempre stata brava col sarcasmo -
- La Donna del Sarcasmo, mi farò chiamare così -
E mi continua a chiamare così.


Mi gettai nella doccia tentando di togliere il più possibile la salsedine che costantemente mi si appiccicava addosso. Adoravo quell'odore, ma non era carino presentarsi ad un'uscita come se avssi pescato tonni fino a mezzora prima, diceva mia nonna. Come se mi importasse.
Afferrai un paio di pantaloncini e una canotta, sgranocchiando qualcosa alla veloce. Salutai mia madre con un urlo e raggiunsi di corsa la piazzetta al centro del villaggio. Come mi aspettavo di trovare, Kevin era seduto sotto una delle palme, la gamba zoppicante stesa sulla panca di pietra. Si guardava attorno come se aspettasse di incontrare un viso familiare il prima possibile. Quando mi vide, si sbracciò come un matto. Mi avvicinai, con un cenno di capo.
- Ehi, Jenna! - 
- Odio quando mi chiami così -
- Allora, Jenna, com'è andata a lavoro? Tutto apposto? -
Annuii, sedendomi di peso accanto a lui. - Sì, certo. Non capisco perché ti preoccupi così tanto -
- Sai che accadono cose strane, da un po' di tempo a questa parte - disse Kevin, come per riprendermi.
- Sì, lo so, ma non è che tutte le vecchiette vogliano uccidermi - aggiunsi in fretta, trattenendo una risata.
- Vecchiette, certo, vecchiette.. - bofonchiò lui, girando con cautela la gamba malmessa.
- Ancora con questa storia? Andiamo, su con la vita.. -gli diedi una pacca sulla spalla - Sono troppo forte per farmi ammazzare -
- Tu non capisci - disse all'improvviso, esattamente come una settimana fa.
Per farla breve, sempre una settimana fa, una nonnina - che era tenera, davvero tenera - aveva scagliato addosso a me e al bancone del bar in cui lavoravo la sua borsetta di pelle di pitone, la quale conteneva qualcosa di altamente esplosivo. Per un estremo caso fortuito, Kevin era lì. Mi aveva afferrato e mi aveva fatto saltare (non saprei nemmeno dire se a cinque o nove metri di altezza), salvandomi da possibili ustioni di quinto o sesto grado.
Il direttore del locale per cui lavoravo pensò bene fosse qualcuno che avesse qualche conto in sospeso con lui. La chiusura imminente mi lasciò senza un posto e parecchio depressa, con divisa e grembiule color limone bruciacchiato. Si era scusato, si era pure impegnato a trovare un nuovo lavoro a noi poveri dipendenti. E il signor Mead (l'uomo-tricheco) aveva accettato ad assumere proprio me.
Ero al settimo cielo, non fosse che, per Kevin, l'obbiettivo della nonnina, dovevo essere solo ed esclusivamente io. Non ero riuscita a fargli cambiare idea e nemmeno a farlo concentrare sul suo ginocchio ammaccato. Continuava a starmi appresso come un'ombra, osservando chiunque come se dovesse essere Jack lo Squartatore. (oppure Bilbo Baggins, se proprio fate fatica a ricordare la sua faccia)
Quella sera, almeno, ero riuscita a convincerlo che farci uscire sarebbe stata una cosa positiva, anche per distrarci un po', nonostante non la smettesse di scrutare ogni minimo centimetro della piazzetta con gli occhi color corteccia.
Gli altri ci raggiunsero poco dopo: Keilani, Rob e Mya assieme a Tim, il suo nuovo (osceno) ragazzo. L'unica cosa che sapevo di lui è che mi detestava, a pelle, forse per la battuta che avevo fatto a proposito dei suoi capelli orrendi. Ecco, una cosa di me la dovete sapere: non riesco a non dire quello che penso, spesso risultando irritante e troppo sfacciata. Ma come sempre anche quella volta tutti avevano riso, tranne lui.
Mentre camminavamo, sentii la mano di Kevin stritolarmi il braccio.
- Vuoi che il mio avambraccio si auto-amputi? - chiesi, bisbigliando.
- Sento puzza, Jenna -
- Ehi, non sei affatto carino - lo guardai seriamente offesa.
- Ma no - disse lui, parlando come se avesse una faringite acuta - Sento che c'è qualcosa che non va, dobbiamo andarcene.. -
- Stai scherzando spero - decretai, tentando di liberare il braccio. - Devo battere quello schifoso - accennai con cenno di capo dietro di noi.
- Per favore, Jen, devo parlarti.. -
Mi illuminai di immenso. - Ehi, non mi hai mai chiamata Jen! Ora mi commuovo.. -
- La vuoi smettere?! - disse, imitando un urletto ancora in preda alla faringite.
Non feci in tempo a controbattere che Il Simpatico Tim mi si parò davanti, mentre teneva per mano la mia amica Mya, che lo guardava come se fosse mister universo. (il che mi fece pensare avesse seri problemi di vista) - Allora - cominciò, con la sua voce suadente - Sei pronta, cara Jennifer? -
- Ci puoi scommettere - risposi, liberandomi dalla presa ferrea di Kevin, che ora saltellava dietro di noi.
Raggiungemmo una delle bancarelle e mi parai di fronte a uno dei fucili, osservandolo con una certa riluttanza. Non mi sentivo a mio agio e sapevo che lui lo sapesse. Lo guardai con la coda dell'occhio, mentre iniziava ad armeggiare con l'arma come se la conoscesse fin troppo bene.
Presi esempio e cominciai a far finta di saperne qualcosa, finché uno scintillio non attirò la mia attenzione: un piccolo arco se ne stava appeso su una delle mensole accanto ai premi. Notai fosse fintamente placcato in oro e piccole freccette con la punta a ventosa gli stavano a fianco.
- Mi scusi - dissi in fretta e furia - Come tiro al bersaglio si potrebbe usare una qualsiasi arma che, in qualche modo.. ehm.. centri quel bersaglio, vero? -
Il signore mi guardò un po' confuso, poi annuì, in silenzio.
- Benissimo: voglio quell'arco -
Tim si girò verso di me, come se avesse sentito la mia voce per la prima volta da mesi solo ora. Scrutò il mio profilo per un po', finché il signore dietro al banchetto non mi porse la piccola arma giocattolo. Mi sentii subito meglio e doveva averlo notato pure lui. Mi parve di sentirlo quasi ringhiare, ma ero troppo occupata a posizionare le freccette.
Al via puntò la sua arma e sparò tutti e cinque i colpi, centrando i barattoli in pieno. Mya per poco non spaccò il timpano a Rob, col suo urletto,  e lui  perse quasi l'equilibrio.
- Ora tocca a te, Jennifer - disse, con un sorrisetto meschino dipinto sulla quella faccia (da schiaffi).
Non lo guardai nemmeno e preparai l'arco, tendendo la corda. Strinsi appena l'occhio e mirai al centro della lattina Sprite. Tira! sentii.
Scagliai una freccia dopo l'altra senza nemmeno accorgermene. Le lattine rimasero un momento in bilico, poi caddero all'indietro con un accennato CLANG ritmico.
Tutti rimasero in silenzio per un po', poi Rob sussultò con un - WOW! DONNA! -
Gli feci l'occhiolino complice e scoccai un'occhiata eloquente al simpaticone, poi diedi le spalle a tutti. Non volevo mi vedessero così.
Dire che fossi turbata era dire poco. Non avevo mai avuto una buona mira e poi non doveva essere così normale sentire delle voci che ti consigliano come diventare "L'eroe del tiro bersaglio" tutto in un colpo. Poggiai l'arco sul bancone assieme a qualche banconota e poi sparii nella folla, tentando di allontanarmi da tutti.
Mi fermai quando fui sicura che nessuno mi stesse seguendo e mi guardai le mani. Doveva essere successo un miracolo o un qualcosa del genere. Quella pressione che mi aveva accarezzato la mano era semplicemente nata da dentro di me. Scossi forte la testa, stavo sicuramente impazzendo.
Raggiunsi la spiaggia più vicina e mi sedetti sulla sabbia, ascoltando il rumore delle onde. Il signor Mead aveva il suo piccolo locale qualche metro più in là e la musica ribaltava i muri, raggiungendomi.
Non sentii nemmeno i passi striscianti dietro di me, ma l'istinto mi fece abbassare la testa prima che un braccio mi afferrasse. Rotolai sulla sabbia e mi misi a carponi: Tim mi osservava con astio dal buio. E fin qui, nulla di strano. Non fosse che, stavolta, avesse un occhio solo.


Il suo ringhio mi fece balzare di poco all'indietro.
- Ma cosa cazz.. - bofonchiai, spostandomi i capelli dalla faccia - Ma tu sei.. -
Lui rise, una risata gutturale, come in preda alla faringite che spesso ha anche Kevin quando crede che nessuno lo senta.
- Tu sei.. Tu sei.. - ripetei, in preda ad un momentaneo inceppo col dizionario.
- Vediamo se ci arrivi, Jennifer - tuonò, avanzando.
Rimasi immobile, ancora allibita. - Sei.. -
- Allora?! Sono?! - domandò, stavolta quasi offeso.
- Orribile!- decretai - Sei davvero osceno, ragazzo! - insomma, dovevo dirglielo. Poteva essere anche un Ciclope, ma era proprio brutto.
Lui mi fissò per qualche momento, come se non avesse colto il messaggio (ormai era chiaro, anche versione monocchio era davvero privo di umorismo), poi fece la cosa che più mi fece rendere conto del fatto che fossi in pericolo: partì alla carica verso di me.
Rotolai nuovamente sulla sabbia, mentre con la sua clava (da dove cavolo era comparsa?!) tentava di spappolarmi la testa. Mi alzai e mi inoltrai nel buio della spiaggia, tentando di nascondermi tra le palme giganti. Udii i suoi passi con fin troppa chiarezza, questa volta, e continuai il mio slalom disperato fino alle prime luci del locale del signor Mead.
- Non potrai scapparmi, semidea! Ho un conto in sospeso con tuo padre! - urlò, non accennando a rallentare.
Non capivo cosa stesse dicendo, a cosa si riferisse, ma a quanto pare mio padre aveva fatto qualcosa di brutto a qualche Ciclope. Ottimo, dissi tra me e me.
Il cagnetto del signor Mead prese ad abbaiare all'impazzata. L'uomo-tircheco uscì poco dopo, brandendo un qualcosa che doveva essere una lancia.
- Vieni dentro, Jennifer! - mi disse, più simile a un ordine.
Non me lo feci ripetere due volte, mentre piombavo nel retro del locale suo locale con l'impatto di una cometa. Mi appoggiai al muro e cercai di prendere fiato, tentando di restare lucida. Ricapitolando: fuori da quella porta un monocchio ce l'aveva con me per via di mio padre e l'uomo-tircheco, armato di lancia (evitiamo domande), mi stava difendendo.
Raggiunsi una conclusione: dovevo aiutarlo.
Mentre cercavo di saltare oltre la cassa, Kevin mi si catapultò addosso, all'improvviso senza più alcun sintomo di dolore alla gamba. I suoi ricci biondicci (oh!) erano alla rinfusa sotto il berretto della OBEY. - Jen! - disse, strizzandomi in preda al panico. - Grazi agli dei! -
- Grazie a chi..? - chiesi, soffocando.
- Dov'è?! -
- Chi? -
- Il Ciclope! -
- Come diavolo fai a sapere che Tim è un Ciclope?! -
Non mi rispose e corse fuori, dove il signor Mead era impegnato a tener occupato il monocchio della simpatia.
Lo seguii a ruota, ma il cagnetto mi bloccò la strada, guardandomi malissimo. - Per favore, spostati! Devo.. - Poi alzai gli occhi, al suono dello strumento a fiato che riempì la stanza e la zona circostante. Non sapevo come facessi a riconoscerlo, ma notai qualcosa che era ancora più scorcentante: una scossa partì dal sottosuolo e radici, radici vere, apparvero dal nulla, intrappolando Tim Il Ciclope. Il signor Mead fece qualche passo avanti e lo colpì in pieno addome con la sua lancia: Tim il Ciclope era ora Tim l'Ammasso di Sabbia.
Mi accasciai sulla porta e il cagnetto poggiò la sua faccetta sulle mie ginocchia. Kevin mi raggiunse poco dopo. - Dobbiamo andare, Jen, il dio ci aiuterà ad arrivare al continente in men che non si dica - disse, porgendomi una mano.
- Kevin, sei una capra - commentai senza espressività, notando i suoi nuovi pantaloni pelosi.
- Oh, beh, grazie.. - disse lui, abbozzandomi un sorriso.
Poi lo guardai meglio: Kevin aveva degli zoccoli al posto dei piedi, delle zampe al posto delle gambe, una cintura borchiata a cui era appeso un piffero e la solita maglietta Billabong. Ebbi un mancamento.
- Ahi, ahi, ahi - commentò il signor Mead, porgendomi un braccio. - Forza, forza ragazza, non diventare una pappamolla tutta in una volta per un piccolo Ciclope e un Satiro! -
- Io non sono una pappamolla! - gli dissi, guardandolo in cagnesco e rimettendomi (quasi) in piedi.
- Ehm, forse dovresti portargli più rispetto, Jenna.. -
Ecco, aveva ricominciato.
- Solo perché è il mio datore di lavoro non vuol dire che non possa dire quello che penso! - sbottai - E poi che cos'è questa storia di dei e semidei? -
- Non è forse il luogo migliore per parlare di queste cose, dobbiamo portarti nel continente, tua madre sa già tutto, partiremo subito se.. - cominciò Kevin.
- No, io non vado da nessuna parte se non mi spiegate che dannazione succede! - urlai nel bel mezzo della spiaggia desolata.
- A tempo debito, ragazza - disse il signor Mead - Viaggeremo per mare, sarà più sicuro, avremo la protezione di mio padre dalla nostra parte -
- Suo padre? - chiesi, stavolta incuriosita.
Il signor Mead sorrise, poi si fece illuminare appena dalla torcia, facendo qualche passo avanti: aveva la solita faccia coi baffoni, ma non era più goffo, era invece fin troppo giovane: semplicemente lo sguardo di un nuotatore, così come il suo fisico. Portava una camicia leggera e dei pantaloni a metà gamba, i quali lasciavano vedere la pelle lucida e liscia, nonché tendente ad un azzurro leggero, dei polpacci, la stessa che concludeva fino ai piedi. Piedi palmati.
- Io sono Tritone, figlio di Poseidone - annunciò - Ed è mio compito portarti al Campo Mezzosangue, semidea -
Lo fissai qualche secondo, poi annuii. Avevo sbagliato tutto, non c'era alcun tricheco: avevo un Tritone per amico.










GUERRIERI! (cit. Chirone) u.u
Come potevo mancare, mi chiedo!
Questo è l'inizio della mia nuova storia che (spero) di poter concludere, dato il periodo estivo. Non sono sicura prenderà molti, ma come si suol dire, tentar non nuoce. Diciamo che per me è davvero un'Impresa con la I maiuscolissima.
Il punto è che ci tengo davvero, davvero, davvero, davvero tanto e spero di poter portare degno onore al mondo di Rick (un ola per Rick, forza, gente!)
Quindi, vediamo come viene.
Ahm.. nel frattempo vi ringrazio anticipatamente (come sempre) perché sapervi tutti qui, tutti interessati a Percy e tutti assieme al Campo Mezzosangue, mi esalta un sacco.
Detto questo, alla prossima, semidei!
*zollette di ambrosia a tutti*
Stefi.
  
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