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Autore: Liberty89    07/07/2013    4 recensioni
Infine, con la paura e l'ansia che banchettavano nei loro cuori come ingordi diavoli delle roventi cerchie infernali, custodi e Ritornanti, affiancati dal mago di corte e il capitano dei cavalieri, erano giunti di fronte a ciò che restava della gloriosa e candida sede degli antichi sovrani del Regno della Luce. La Sacra Reggia, imponente e incontenibile in un singolo sguardo, si mostrò nera e silenziosa, come una triste vedova abbandonata al suo dolore e alla sua solitudine. Soggetto di quella cupa e vecchia fotografia smangiata agli angoli, che non rappresentava più la realtà, l'edificio era reso ancor più inquietante dai freddi raggi della luna a forma di cuore, che sovrastava quella briciola di universo come un'indifferente dea, che con eterna pazienza attende il momento in cui le creature sotto di lei si saranno distrutte a vicenda, riportando tutto alla pace originale.
Tratto dalla fic, capitolo ancora da scrivere.
Seguito della fic "Sclero di una notte di mezza estate".
Genere: Avventura, Drammatico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sclero di una notte di mezza estate'
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Buongiorno mondo! Sono tornata abbastanza presto con il primo capitolo di questa fic che è il seguito diretto di "Sclero di una notte di mezza estate", una fic lunga che è durata quasi cinque anni. Potevo postare già ieri, ma ho preferito aspettare oggi perché senza farlo apposta, è di nuovo il 7 Luglio, lo stesso giorno in cui lo Sclero ha visto la luce e quindi eccomi x3 In principio, doveva esserci un riassunto dello Sclero, ma purtroppo non sono riuscita a continuarlo e sono certa che se fossi rimasta a lavorarci, non avrei più postato questo capitolo.
Non so cos'altro dire, quindi vi lascio. Buona lettura :3

Disclaimer: i personaggi originali di questa fic mi appartengono, mentre gli altri e le loro ambientazioni sono dei rispettivi proprietari. La fic non è stata scritta a scopo di lucro.




Le Fiamme del Tramonto


Capitolo I: Ricomincia da un risveglio

Quella mattina, la pioggia cadeva senza pietà da un soffitto di nuvole talmente scure da dare l’impressione di trovarsi in una notte perenne.
In piedi sulla soglia del loro rifugio di fortuna, Sora fissava il cielo coperto con occhi stanchi e pensierosi. Dall’ultimo scontro con Marluxia e l’Emissario era passata un’intera settimana, eppure non tutte le ferite erano guarite. Con un sospiro si voltò verso l’interno della baracca e posò le iridi celesti sul suo migliore amico chino sulla custode del Tramonto, che da quella battaglia non aveva ancora ripreso conoscenza.
Riku era al limite delle forze, a causa delle poche ore di sonno che si concedeva per vegliare sulla castana e dell’esigua quantità di cibo che mangiava, e la voce ancora non gli era tornata del tutto, purtroppo le sue corde vocali avevano subito un danno più grave di quello che avevano creduto. Jessie, invece, distrutta fisicamente e priva di energie per colpa del veleno che le era stato iniettato, nonché per l’uso del suo ultimo attacco, per i primi due giorni aveva avuto la febbre alta e aveva dormito un sonno agitato. Tuttavia, quando il terzo giorno riuscirono finalmente a debellare anche l’ultima traccia della sostanza nociva, era iniziato l’incubo.
Era cominciato con un movimento della testa, che li aveva portati a pensare che si stesse svegliando, ma poi erano venute le frasi sconnesse: mormorii, parole spezzate, suppliche senza senso rivolte a chissà chi, che poi erano diventate grida di sofferenza, di paura, richieste d’aiuto a cui non sapevano come rispondere. Non riuscivano a darle sollievo con la magia e nemmeno Riku era in grado di fare qualcosa di concreto con la sua vicinanza, con i poteri di Omi, la sua fenice d’acqua, non aveva tentato perché la creatura non era ancora in condizioni di manifestarsi, quindi restavano lì, limitandosi a tenerla ferma per evitare che si facesse del male e aspettavano, impotenti, che l’attacco cessasse. La prescelta si agitava sul suo giaciglio, stringendo i pugni e liberando lacrime di disperazione, che ogni volta inzuppavano la candida benda che le avevano messo sugli occhi, i quali secondo il monaco Miroku, rischiavano di restare ciechi. Finché non si fosse svegliata, però, non avrebbero potuto dire nulla di certo.
Dietro i due prescelti, stavano Kairi e Paperino. La prima impegnata a sistemare la fasciatura sull’ala del mago, che stufo delle sue condizioni, borbottava continuamente di volersi dare da fare in qualche modo. All’ennesimo sbuffo, la principessa della Luce ridacchiò concedendosi un momento di leggerezza emotiva che in quella situazione non poteva far altro che bene. Avevano temuto per il mago di corte vista la quantità di sangue che gli inzuppava gli abiti e le bianche piume, ma fortunatamente, le ferite si erano rivelate poco profonde e grazie all’aiuto di Kagome e Sango erano riusciti a rimetterlo in sesto in poco tempo, fatta eccezione per l’ala destra rotta e per la perdita, forse irrimediabile, dello scettro magico.
Con una premura degna delle migliori amicizie, all’alba del secondo giorno il cavaliere armato di scudo aveva preso con sé Shippo, il demone volpe, per avere una guida ed era tornato sul campo di battaglia per cercare tutti i pezzi dell’arma del mago, pronunciando una semplice frase: “Paperino ne ha bisogno, anche se dirà il contrario, e si arrabbierà molto se non lo troverà al suo risveglio”. Quindi era partito, facendo ritorno nel primo pomeriggio con lo scudo tra le braccia, in cui aveva raccolto tutti i frammenti del bastone e il cappotto della custode del Tramonto. Alla fine, quando il loro pilota ne aveva visto il pessimo stato, aveva mantenuto una gelida calma, che su di lui era tutto fuorché rassicurante, e aveva annunciato di non poterlo riparare, ma aveva aggiunto che avrebbe pensato a una soluzione.
Ora, Pippo era seduto all’angolo opposto della casupola, in compagnia del re, Inuyasha e il suo gruppo di compagni, fermi per via della pioggia, o almeno era quello che il mezzodemone voleva far credere. In realtà, il prescelto del Giorno sapeva che erano rimasti lì per loro, per aiutarli in quel momento di difficoltà e difenderli da eventuali attacchi dei demoni che si aggiravano in quelle zone. Xigbar, invece, aveva raccolto il corpo senza vita dello Sfidante del Destino e se n’era andato all’alba che aveva seguito la battaglia, dicendo che sarebbe tornato presto. Tuttavia, il Tiratore Libero non aveva ancora fatto ritorno. Fortunatamente, Sora era positivo ed era convinto che il numero II sarebbe ricomparso prima o poi, magari con delle buone notizie.
Si girò del tutto e rientrò nella baracca, andando a sedersi accanto all’amico che più di tutti aveva un evidente bisogno di dormire.
-Come sta?- domandò, osservandolo mentre con movimenti quasi meccanici bagnava un pezzo di stoffa nel catino di legno per poi posarlo di nuovo sulla fronte della ragazza, che nonostante il lieve affanno e il pallore ormai perenne pareva dormire tranquilla.
-Sembra stabile…- mormorò l’argenteo a fatica, schiarendosi appena la voce roca. -Dopo quello di stamane all’alba non ha più avuto crisi…-
-È un buon segno, forse tra un po’ si sveglierà.- replicò il castano con un sorriso leggero. -Perché non ti riposi un paio d’ore?- propose, riprendendo poi il discorso. -Puoi metterti qui vicino a lei, così se capita qualcosa, puoi intervenire. E comunque, ci siamo noi, non devi preoccuparti.-
Il custode dell’Alba non rispose subito, ma infine annuì con un cenno del capo. Si alzò in piedi, sotto lo sguardo vigile di Sora, e aggirò il corpo della ragazza per andare a stendersi sul pagliericcio accanto, che confinava con la parete della baracca. Si sdraiò sul fianco e prese una mano della compagna, intrecciando le dita con le proprie, dopodiché chiuse gli occhi e cercò di recuperare un po’ del sonno perso. Tuttavia, non passarono che pochi minuti e il ragazzo si addormentò profondamente, rilassando le membra tese da troppi giorni.
-Finalmente si è convinto.- esordì Kagome, avvicinatasi con passo leggero, mentre s’inginocchiava accanto a lui.
-Già, solo il pensiero di un miglioramento nelle condizioni di Jessie l’ha convinto, altrimenti sarebbe ancora qui.- replicò Sora, incrociandone gli occhi scuri. -Grazie di tutto. Senza di voi, saremmo stati persi.-
-Ci avete già ringraziati abbastanza, e non preoccupartene, lo abbiamo fatto più che volentieri.- disse la sacerdotessa con un sorriso incoraggiante.
-Umph.- sputò, invece, il mezzodemone, guardando fuori dalla finestrella che aveva vicino. -Parla per te.-
-Ignoralo.- ridacchiò la mora, mentre spostava il panno dalla fronte della prescelta per sentirne la temperatura. -Mh, la febbre è scesa ancora, bene.- valutò, rimettendo il pezzo di stoffa al suo posto.
-Questa è un’altra buona notizia.- convenne il keyblader del Giorno. -Speriamo che si svegli presto.-
-A volte il riposo è la cura migliore per ogni male.- s’intromise Miroku, sedendosi a terra e posando la schiena vicino alla porta della casetta.
-Sono d’accordo, però…-
-Non sono troppi giorni che dorme?- domandò Kairi concludendo la frase del compagno, e riponendo le bende sporche in un secchio. -Non ha mangiato nulla e ha bevuto pochissima acqua. La nostra magia non può compensare queste cose, non in misura così grande almeno, giusto?- chiese infine, rivolgendosi al papero, che annuì con aria grave.
-Esattamente. La magia di cura può curare le ferite e restituire le energie perdute, ma parliamo di mancanze più piccole, di un giorno al massimo. Non di un’intera settimana.- spiegò Paperino. -È probabile che esistano incantesimi che lo consentono, ma io non li conosco.- aggiunse, alzandosi in piedi per sgranchirsi un po’. -Forse Merlino o il Maestro Yen Sid li conoscono, ma ora non possiamo contattarli in nessun modo.-
-Siamo isolati, è vero.- tradusse re Topolino, attirando ogni sguardo su di sé. -Ma non per questo dobbiamo abbatterci e poi, credo sia inutile arrovellarci il cervello su cose come questa. Quando si sveglierà, Jessie potrà rimettersi più in fretta, ma per ora, dobbiamo solo pazientare.-
Dopo quella frase, l’unico suono rimasto fu quello della pioggia che imperterrita batteva sul tetto di legno e paglia, come tanti piedi che sbattono sul terreno con una violenza e una forza tali da farlo tremare. Non avendo nulla da fare o da dire, cercarono tutti di riposare e risparmiare le forze, perché potevano essere attaccati in qualsiasi momento. Soprattutto, se pensavano al fatto che da quella notte, non erano più comparsi Heartless o Nessuno, e questo più che un sollievo, lo vedevano come un segnale d’allarme. Inoltre, la serratura di quel mondo non era ancora stata chiusa, non nel passato almeno, perché nella Terra del presente era stata Jessie stessa a sigillarla. Anche questa era una voce sull’elenco mentale del custode del Giorno, che da quella battaglia, aveva impugnato le redini della situazione, prendendosi cura dei compagni feriti e ragionando sulle mosse future insieme al sovrano del Castello Disney.
Fu un candido bagliore seguito da una colorita imprecazione a risvegliare tutti i presenti all’interno della casetta, che si alzarono immediatamente pronti a reagire a qualsiasi minaccia. Si rilassarono, però, quando al loro udito giunse una nuova frase scocciata e colorita e riconobbero la voce del Tiratore Libero, che pochi secondi dopo varcò la soglia del loro rifugio, bagnato da capo a piedi come un pulcino e furente di esserlo.
-Che diavolo succede?- chiese seccato, chiudendosi l’uscio alle spalle. -Credevo che ve ne sareste andati in un paio di giorni da questo posto, che ci fate ancora qui?-
Il prescelto della chiave gemella gli andò incontro, zittendo la replica furente del mago di corte. -Come puoi vedere tu stesso, non siamo in grado di metterci in viaggio. Jessie non s’è ancora ripresa e non possiamo muoverla finché non si sarà svegliata.- spiegò con calma. -La gummiship dista due giorni di cammino, troppo lontano per le sue condizioni.-
-Ricevuto.- rispose semplicemente l’uomo. -Quindi aspettavate il mio ritorno, scusate se ci ho messo tanto a tornare, ma sono uscite delle novità, purtroppo non buone.-
Sora grugnì. -Speravo nel contrario. Cosa c’è di nuovo?-
Il Ritornante si sedette con un sospiro pesante al centro della baracca, accanto al quadrato privo di pavimentazione in cui prendeva posto un piccolo falò appena scoppiettante. -Abbiamo appurato che Malefica è stata eliminata dall’Emissario.- esordì in tono grave. -Speravamo si fosse miracolosamente salvata, rifugiandosi da qualche parte come ha fatto praticamente ogni volta, ma no. Non ne abbiamo trovata traccia, è una settimana che la cerchiamo in lungo e in largo. Nemmeno il vecchio Yen Sid è riuscito a localizzarla, anzi, ha detto che non esiste più.-
-In che senso?- indagò Topolino. -È diventata un Nessuno o qualcosa del genere, oppure…?-
-Cancellata completamente dalla faccia dell’universo.- rispose il numero II. -Non sentiremo mai più parlare di Malefica. Letteralmente.-
Un freddo silenzio accompagnò le parole di Xigbar e si fece quasi tangibile, perché Kagome e Sango rabbrividirono al pensiero della presenza di una simile entità, capace di fare quel che voleva della vita altrui al pari di un malevolo Dio capriccioso che schiacciava i mortali come moscerini.
-Immagino che questa fosse la notizia meno brutta.- intervenne Paperino, spezzando quella macabra tensione. -Il resto?-
-Bè, grazie al frammento di radice rimasto attaccato al cuore di Luxord, siamo riusciti a capire meglio come sono morti lui e Xaldin, e questo è il secondo motivo per cui nessuno di noi s’è fatto vivo prima di oggi.- riprese il Tiratore Libero.
-Cioè?- chiese Sora, temendo un peggio ignoto ma intuendo che fosse pericoloso.
-Quando abbiamo trovato Xaldin, la sua pelle era grigiastra e Vexen ne aveva dedotto che quell’affare aveva prosciugato ogni goccia di luce presente nel suo corpo. Il fatto preoccupante, però, è un altro.- espose, fermandosi un istante. -Dobbiamo sperare che Marluxia non dia vita ad altre diavolerie simili, perché quelle cose si nutrono di luce, qualsiasi sia la forma. Xemnas, Vexen e Zexion hanno passato gli ultimi giorni a mettere in sicurezza il Castello e i suoi abitanti, perché per quanto quelle care bestiole siano creature dell’Oscurità, potrebbero non resistere alla tentazione di assaggiare qualcosa dal buffet di Luce più grande che si trovi nell’universo, vi pare?-
A quelle parole, i tre abitanti di quel mondo sussultarono, mostrando espressioni spaventate e preoccupate, specialmente il re, che strinse i pugni e tese le braccia all’inverosimile per non far vedere che tremavano di rabbia e sconcerto.
-State tranquilli.- asserì il Ritornante, intuendo facilmente i loro pensieri. -Merlino è lì da quattro giorni, cioè da quando abbiamo realizzato il problema, e si è occupato personalmente di schermare il cuore del Castello e gli abitanti sono pronti all’evacuazione. Fortunatamente, i tuoi sudditi si sono rivelati efficienti e composti e hanno aiutato come potevano, specialmente la regina.- riferì con un sorriso, che fece rilassare i tre.
-Sono sollevato.- disse Topolino con un sospiro. -Ero pronto a correre al Castello, ma ora so che è in buone mani.-
-Ne siete sicuro?- chiese Pippo, affiancandolo.
L’altro annuì. -Sì, Xemnas e gli altri sapranno cavarsela, e poi c’è Merlino con loro, quindi un’ottima copertura magica.- spiegò. -In caso contrario, sai bene che non avrei esitato ad andare io stesso.-
-E noi vi avremmo seguito!- esclamò il papero. -Vi avremmo seguito e avremmo difeso la nostra casa!-
-Sarebbe stato un bel gesto, ma sarebbe stato intelligente?- s’intromise Inuyasha, attirando l’attenzione di tutti. -Se voi foste andati via, Sora e gli altri sarebbero rimasti soli, ci avete pensato? Avreste lasciato i vostri amici, nelle condizioni in cui sono?-
-Bè…- cominciò il cavaliere, guardando i due compagni.
-Saremmo stati noi a dirgli di andare.- rispose Kairi, mostrando uno sguardo deciso. -Noi ce la saremmo cavata lo stesso e saremmo ripartiti, poi loro ci avrebbero raggiunti.
-No, Kairi.- borbottò Paperino, appoggiando il capo sul pugno chiuso. -Mi dispiace ammetterlo, ma ha ragione. La nostra missione è importante e non possiamo permetterci di lasciarci andare alle emozioni, non in questo modo snaturato.-
Inuyasha annuì soddisfatto di quella risposta, poiché voleva una conferma della loro determinazione che lo convincesse a non aver buttato via il suo tempo nel fermarsi così a lungo in quella baracca per poterli aiutare. Tutto questo, ovviamente, non l’avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura.
-Ogni tanto se ne esce con queste frasi sagge e intelligenti… mi chiedo perché non lo sia sempre…- sussurrò Shippo al monaco, ottenendo una scettica alzata di spalle.
-Ehi Shippo, cosa vuoi insinuare?- chiese l’interessato, acchiappandolo dopo un breve balzo e portandoselo sotto il braccio.
-Ma nulla!- assicurò il bambino, dimenandosi per sfuggire alla presa dell’altro. -Lasciami!-
-Siamo alle solite…- sospirò Sango, chiudendo gli occhi, mentre Kirara le sedeva in braccio, guardando la scena con curiosità.
Il custode del Giorno sorrise, alla vista di quella piccola scaramuccia e notandone con sollievo l’effetto rilassante che aveva avuto su tutti i presenti. Tuttavia, un gemito lo risvegliò, facendolo voltare verso la keyblader che aveva cominciato a mostrare segni d’agitazione.
-Maledizione.- imprecò, frenando ogni respiro all’interno della casetta. -Era andata bene fino a ora…- proseguì, chinandosi su di lei per essere pronto a tenerla ferma se avesse iniziato a muoversi di più.
-Che sta succedendo?- chiese Xigbar, non capendo il perché di tanta ansia.
-Crediamo che siano gli effetti di ciò che le ha fatto quel Marluxia.- spiegò Miroku. -Debellata ogni traccia del veleno di Naraku, la signorina Jessie ha cominciato ad avere altri problemi. Probabilmente ha degli incubi che la portano ad agitarsi nel sonno e spesso abbiamo dovuto trattenerla.-
-Tsk.- sputò il numero II. -Chissà che diavolo le ha fatto quel bastardo…-
Non ottenne mai una replica a quella frase, perché l’esplosione di un pianto disperato accompagnato da un grido rabbioso aveva spento ogni voce e ogni pensiero. Con il respiro rapido e affannoso, Jessie liberò un singhiozzo, dopodiché prese a mormorare parole spezzate e suppliche poco chiare. Ben presto, le lacrime sfuggirono da sotto la benda, bagnandola, e scivolarono ai lati del suo viso ancora caldo a causa della febbre rimasta.
-Quanto dura di solito?- indagò il Tiratore Libero, deglutendo.
-Minuti.- disse solamente Kairi, osservando il risveglio del custode dell’Alba e il suo sguardo deciso a non abbandonare la compagna a se stessa, nonostante la stanchezza. -Minuti interi. Speriamo sempre che duri poco, ma ogni volta sembra che duri fin troppo.-
-Aspetta, c’è qualcosa di diverso.- affermò Riku, guardando con attenzione il viso della prescelta, che si era fatto duro sotto le lacrime. -Forse-
-Fammi… uscire…- ringhiò a denti stretti, insieme a un forte singulto. -Non… non voglio! Vattene… fammi uscire…- proseguì, serrando i pugni, che furono immediatamente presi tra le mani dei due ragazzi al suo fianco. -Maledetta! Fammi uscire! Fammi uscire!- urlò, inarcando la schiena e gettando un piccolo seme di speranza nei compagni, che iniziarono a pensare seriamente che forse era giunto il momento del suo risveglio.

***

Night of fate - Kingdom Hearts Piano Collections: Field and Battle

Tutt’attorno non c’era altro che ricordi.
Tanti quadri colorati, pieni d’immagini e suoni, profumi e olezzi persino, che le mostravano i momenti più tristi e orribili della sua infanzia. Gli scherzi, le prese in giro, le cattiverie, erano stati presi uno per uno e le erano stati presentati fotogramma per fotogramma, in un ciclo continuo e inarrestabile a cui non poteva fuggire. Dopotutto, come si poteva fuggire dalla propria mente?
Jessie aveva provato a scappare, a cercare un fondo in quell’abisso nero in cui era stata rinchiusa, ma aveva sempre fallito. Aveva tentato più volte, così tante che aveva smesso di contarle e, alla fine, dopo quelle che per lei erano sembrate settimane, ma che in realtà avrebbero potuto essere anche solo dieci secondi, esausta com’era, si era arresa e si era accasciata a terra. E lì, aveva avuto inizio il suo calvario.
Quelle finestre piene di orrori avevano cominciato ad assillarla e lei per risposta aveva serrato gli occhi e tappato le orecchie, ma non era servito, perché tutto le arrivava direttamente nella testa e non poteva evitarlo. Pianse e urlò, per sfogarsi ed evitare di impazzire. Perché sapeva, che se si fosse tenuta tutto dentro sarebbe caduta completamente e avrebbe perso il controllo di sé. Gridò e maledisse l’Emissario, perché era certa che ci fosse lei dietro quelle visioni terribili e perché a un tratto, le era parso di sentire la sua risata schernitrice, insieme a quella dei crudeli bambini che la additavano dal suo passato. Infine, supplicò che tutto avesse fine, poiché non aveva altre frecce da poter scoccare.
Dopo un tempo che non avrebbe mai saputo calcolare, si sdraiò a terra, a braccia spalancate, a subire quella cascata di memorie che chiunque avrebbe voluto dimenticare. A fatica si ritagliò un cantuccio per i suoi pensieri, in cui riprese a ragionare su un modo per scappare, per uscire da quella scatola senza pareti che era diventata la sua mente. Fu in quel momento che realizzò di essere posata su una superficie solida. Aveva sempre avuto a portata di mano quel fondo che aveva tanto cercato, eppure non ci aveva mai fatto caso.
Si sollevò e si mise in ginocchio, scrutando con occhi larghi quel pavimento nero su cui non era proiettato alcunché, neppure la sua ombra. Quel piano era illeso, immacolato nel suo colore scuro, e pronto per essere fatto a pezzi.
La sua mente, però, le fu nuovamente nemica, perché l’eco di quelle voci arroganti e derisorie si fece più alta e le immagini parvero farsi più vicine, come se volessero schiacciarla. Allora aveva urlato e dato libero sfogo alla sua disperata frustrazione e poi, furente, aveva iniziato a prendere a pugni il pavimento.
-Bastarda! Fammi uscire da qui!- gridò. -Non voglio stare qui dentro un secondo di più! O se proprio devo rimanerci, vattene tu! Esci dalla mia testa!- proseguì dando fuoco alle sue mani, che continuarono ad abbattersi sulla parete. -Ho detto fammi uscire! Fammi uscire!- ordinò, impugnando la sua chiave nella dritta e infiammandola più che poté. -Maledetta! Fammi uscire! Fammi uscire!-
Infine, mossa solo dalla rabbia e dall’odio, Jessie si alzò e piantò il keyblade nel pavimento, che si crepò, coprendosi di una ragnatela di ferite, e finalmente i suoi occhi incontrarono la luce rossa e calda del Tramonto, che la avvolse e la portò via con sé.
-Se speri di salvarti con questo banale stratagemma, ti sbagli di grosso custode del Tramonto. Eccome se ti sbagli.- ridacchiò la voce gelida dell’Emissario, parlando tramite i bambini di quei ricordi dolorosi, che prima di svanire, spegnendosi come uno schermo, modificarono i loro tratti, rendendoli grotteschi e donando a ognuno di loro un ghigno malvagio e distorto, che di umano non aveva nulla.

***

Con un ultimo urlo pieno di dolore e odio, la ragazza scattò a sedere, cercando di liberare i pugni dalla presa che avvertiva su di essi, ma crollò l’attimo dopo a causa della debolezza, accasciandosi sul petto del prescelto del Giorno, che la strinse a sé per impedirle di muoversi ancora.
-Jessie! Mi senti?- chiamò a voce alta. -Sono Sora, mi riconosci?- domandò rapidamente.
-Sora…?- ripeté lei, tra un respiro e l’altro.
-Sei sveglia!- esclamò il castano, sinceramente contento. -Finalmente sei sveglia!-
-…dove siamo?- chiese impaurita, voltando il capo come in cerca di un punto di riferimento, per poi portarsi una mano agli occhi, che fu però intercettata da quella dell’altro. -Perché…?-
-Siamo ancora sulla Terra, nel passato, con Kagome, Inuyasha e i loro amici.- iniziò. -Hai gli occhi coperti e non possiamo togliere la benda.- le spiegò con calma, sentendola tremare subito dopo.
-È… è per quello che mi ha fatto Marluxia?-
-Non lo sappiamo.- rispose sincero. -L’abbiamo pensato, ma non sapendo di preciso cosa ti è successo, non potevamo andare oltre le semplici ipotesi…-
-Lui…- esordì la ragazza, ricordando con paura l’ultima cosa che aveva visto.
-Per adesso non pensiamoci, ok?- la frenò Sora. -L’importante è che ti sei svegliata. Sei stata incosciente per una settimana e stavamo iniziando a temere il peggio. Ora, però, devi pensare solo a rimetterti in forze e quando sarai in grado di viaggiare, andremo dal Maestro Yen Sid a chiedere consiglio per i tuoi occhi, d’accordo?- proseguì senza accennare ai danni che rischiava la sua vista, ottenendo un piccolo assenso a cui rispose con un sospiro di sollievo. -Adesso ti lascio tra le braccia di qualcuno che più di tutti attendeva il tuo risveglio, poi continueremo a chiacchierare.- sorrise, sporgendosi verso l’altro lato del giaciglio, dove il custode dell’Alba accolse il corpo della compagna, portandoselo al petto e ricevendo una debole stretta dalle sue mani.
-Riku…- pronunciò lei, godendosi ogni sentimento legato al nome dell’altro, perché solo in quel momento si rese conto che le era mancato tutto di lui.
-Sono così felice che tu sia sveglia…- asserì, baciandole la fronte per poi posarvi la propria.
-Anch’io… non immagini davvero quanto…- replicò, deglutendo. -Cos’è successo alla tua voce?- indagò, avendola sentita roca, quasi gracchiante, e ridotta a poco più di un sussurro.
-Nulla d’irreparabile. Mi passerà.- le assicurò con gentilezza. -Non preoccuparti, come ha detto Sora, devi pensare a ristabilirti.-
-A questo proposito…- s’intromise Kagome con voce allegra. -Che ne dite di pranzare? Preparo al volo un po’ di zuppa!- esclamò, battendo i palmi e donando un largo sorriso a tutti, che approvarono l’idea all’unanimità.
-Ti do una mano!- si offrirono Kairi e Sango, seguendola accanto al fuoco su cui avrebbero messo la pentola con l’acqua.
A sentire quelle voci, quei rumori e odori che avevano il sapore della quotidianità, la keyblader del Tramonto finalmente si rilassò, abbandonandosi totalmente nell’abbraccio dell’argenteo e sentendo sulla pelle una consistenza morbida.
-Cos’ho addosso?- domandò incuriosita, rompendo il breve silenzio che si era creato.
-Una maglia di Kagome.- rispose Inuyasha, sedendosi lì vicino a gambe e braccia incrociate, con la spada tra di esse, appoggiata alla spalla. -La tua era a brandelli e sporca di sangue.-
-Tu non sai proprio cosa sia la delicatezza…- commentò Shippo, scuotendo il capo, per poi fuggire dalle grinfie del mezzodemone rifugiandosi dalle ragazze impegnate con il pranzo.
-Piccolo marmocchio impiccione.- borbottò il ragazzo, generando una breve ilarità in quelli che stavano assistendo alla scena. -Comunque…- riprese, portando nuovamente le mani nelle ampie maniche del kimono rosso. -Devo scusarmi con te.-
-Con me?- chiese Jessie, non capendo il perché di quelle parole.
-Sì. Ero lì vicino, quando quella cosa ti ha portata via. Potevo impedirlo, ma non sono stato abbastanza veloce, scusami.- disse Inuyasha con tono basso e profondo, chiudendo gli occhi.
-Noi siamo colpevoli allo stesso modo.- intervenne Sora, abbassando lo sguardo sul pavimento. -Se fossimo stati più rapidi nell’usare la magia-
-Non dite scemenze.- lo interruppe la castana con voce stanca. -Non è colpa di nessuno, al massimo mia… che non ho saputo tirar fuori un piano migliore…-
-Ma noi…- tentò Riku, guadagnandosi un pugno privo di forza sulla spalla.
-Se anche fosse veramente colpa vostra, vi avrei già perdonati…- affermò, scorrendo il braccio del compagno per cercarne la mano e stringerla nella sua. -Piuttosto, come state voi?-
-A parte Riku e Paperino che sono ancora convalescenti, stiamo tutti alla grande!- esclamò il custode della Catena Regale. -Riku ti è rimasto accanto ogni momento, spero che ora riesca a dedicarsi anche a se stesso.- aggiunse, ricevendo un’occhiataccia dalle iridi acquamarina dell’amico. -Non guardarmi così, sei cocciuto e te lo meriti.-
-Non ti ho sentito.- rivelò la ragazza in un soffio. -Non sentivo nulla nel posto in cui ero chiusa.-
Gli astanti tacquero, nonostante le mille domande che avrebbero voluto porle, prima fra tutte, cosa avesse visto, sentito e vissuto mentre era priva di sensi. Tuttavia, sapevano che era meglio non domandare e attendere che fosse Jessie a parlarne di sua iniziativa. Solo Riku e Inuyasha, essendo a conoscenza del passato della castana, potevano immaginare a grandi linee cosa avesse dovuto sopportare.
-Forse, se ti avessi sentito… se avessi sentito qualsiasi cosa, sarei riuscita a fuggire prima…-
-Dove ti trovavi?- chiese Pippo, spinto da semplice curiosità.
-Nella mia mente, l’Emissario mi ci ha chiusa dentro.- disse, gettando inconsapevolmente un’ondata di gelo sui presenti, che sgranarono gli occhi, ricordando e finalmente comprendendo, con un brivido le parole con cui il nemico si era congedato.
L’Emissario avrebbe sfinito la ragazza dall’interno, dove loro non potevano arrivare con facilità, oppure non sarebbero mai potuti giungere, perché vi si era già annidata quella notte. Le avrebbe dato il tormento finché non sarebbe crollata sotto il peso della disperazione, per cui avrebbe accettato anche il più spietato e ingannevole dei patti pur di porvi fine.
-Non credevo di esserci rimasta per tanto tempo… a me sono sembrate poche ore…- proseguì, ignorando la reazione degli amici.
-Bè, ora ne sei uscita, quindi non pensarci.- fece Xigbar, attirando il capo della castana. -Grazie, per aver eliminato quella cosa.- aggiunse rapidamente, riferendosi a Sophia, la donna-fiore che aveva distrutto con il suo ultimo attacco, per poi puntare l’iride dorata sul suo viso e sul sorriso che vi nacque.
-Non c’è di che…- asserì lei, prima di liberare un lungo sospiro pieno di stanchezza, tuttavia si riebbe nel momento in cui Kairi annunciò a gran voce che il pranzo era finalmente pronto.
Bastò quella notizia per ridare la carica ai membri del gruppo, che corsero a recuperare ognuno la propria scodella per gettarsi sul cibo con rinnovata fame. E di fronte a quello scenario, Sora si disse che nonostante le notizie portate dal Ritornante o la pioggia che picchiava ininterrottamente sulle loro teste, quella era buona giornata.





Rieccoci in fondo.
Non ho molto da dire, tranne che questo capitolo è venuto da sé, proprio come fu per il primo della fic precedente, solo la frase conclusiva non mi soddisfa granché, ma pace.
Il titolo è stato un dilemma d'amletica natura, alla fine grazie a un lettore affezionato sono riuscita a sbrogliarmi e a tenere un titolo che è una sorta di tributo a KH: BBS. Ma ora la smetto di rompere e mi eclisso xD Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che mi seguirete in tanti come per lo Sclero.
Alla prossima!
See ya!

Ps: quasi dimenticavo, da qui pensavo di rispondere alle recensioni tramite il comodissimo sistema di EFP, così non dovrete aspettare il mio aggiornamento per avere una risposta xD Ora fuggo, ciau!
  
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