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Autore: bolladisapone_    08/07/2013    15 recensioni
Ed Harry, sorridendo labbra contro labbra, si accorge che non esiste il bel bacio perché poi, in fin dei conti, con Louis possono esistere soltanto i baci perfetti, e nulla più.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Harry era sempre stato un bambino timido ed affettuoso, di quelli che puoi far sedere sulle ginocchia e coccolare fino alla notte dei tempi, di quelli con cui puoi parlare per ore ed ore dei tuoi problemi senza che lui si lamentasse anche se –per colpa della sua piccola età- infine non ne capiva nulla.
Quel fresco giorno di febbraio al parco, con la madre seduta sull’altalena che lo guardava da qualche metro di distanza, quel fagottino di circa sei anni andava in giro a distribuire i suoi teneri baci eschimesi tra i bambini.
Strusciava dolcemente il proprio naso contro quello dei primi bambini che si ritrovava davanti, perché Harry amava le coccole ed amava osservare le loro reazioni.
Harry aveva sempre amato osservare i piccoli dettagli.
Si soffermava sulle ciglia lunghe dei bambini che, strizzando gli occhi a quel gesto, toccavano le proprie guance. Si soffermava sui loro nasini arricciati e sul loro sorriso che si ampliava attimo dopo attimo ad ogni sfioro delle punte dei loro nasi.
Il modo in cui arricciassero gli occhi per poi ridere, lo faceva sorridere.
Ad Harry era sempre piaciuto far sorridere la gente.
Tornò alle altalene appena finito di giocare, quando ormai il sole stava per tramontare, colorando il cielo di una miscela di colori intensi, come una tavolozza di un pittore gettata sul pavimento a lavoro finito, con chiazze di colori messi lì a caso.
Rosa, arancione, azzurro ed il bianco sfocato delle nuvole in lontananza si univano in un unico spettacolo, che fecero aprire il ricciolino in un’espressione sorpresa.
-“Harry” la voce della madre lo fece voltare, facendo svolazzare le proprie ciglia per la sorpresa.
-“Dimmi mamma” disse con la sua voce infantile e le guance piene e rosee.
Anne gli indicò con un gesto dolce della mano di sedersi sul sedile dell’altalena accanto a se, ed Harry si sedette in un tacito consenso.
Rimasero qualche attimo in silenzio, con lo sguardo perso all’orizzonte, il rosa che piano scompariva, lasciando spazio solo ad un timido arancione a squarciare l’azzurro del cielo.
Il leggero venticello della sera che stava per calare scompigliò i capelli di entrambi, che tra qualche schiamazzo dei bambini che i genitori portavano via per tornare a casa nel dolce caldo del loro caminetto acceso, cominciarono a dondolare lentamente, il piccolo spinto dalla mano delicata ma forte della mamma.
Harry spostò di nuovo lo sguardo per riappoggiarlo su di lei, scrutando la sua espressione per captare qualche suo pensiero, qualsiasi esso sia stato.
-“Sai quello è un bacio eschimese.”
Il piccolo sussultò appena, preso alla sprovvista dall’esclamazione improvvisa della donna.
Si sporse un po’ in avanti, con le manine paffute a tenersi fermo alla catena del sedile, per guardare la sua mamma che forse cominciava a delirare.
-“Che intendi mamma?” sussurrò questa volta, balbettando qualche lettera.
Ogni volta che parlava Harry se ne vergognava, perché non avrebbe voluto balbettare come i bambini piccoli. Lui era grande, avrebbe dovuto imparare.
Infatti gonfiò appena le guance, tornando poi a concentrarsi sulla donna accanto a se quando ella ricominciò a parlare.
-“Il nasino-nasino”
Harry aprì di poco le labbra, stupito e colpito, con gli occhi che gli luccicavano.
Portò a coprirsi la bocca con le manine, facendo svolazzare le ciglia l’ennesima volta.
-“Mamma ma i bacini si danno con la bocca.”
-“Esistono tanti tipi di baci amore mio.”
Rispose dolce la donna, voltandosi a guardare il figlioletto che la guardava con i suoi grandi occhi verdi spalancati dallo stupore.
-“Davvero?”
Anne rise appena, lievemente, toccando la punta del naso del ricciolino con l’indice, annuendo subito dopo.
-“Sì piccolino.”
-“E quanti bacini esistono?” chiese ingenuamente il piccolino, scoprendosi le labbra piene, riportando le manine a chiudersi intorno alla catena, mentre la madre continuava a farlo dondolare lentamente.
La donna rise ancora un po’, portandosi l’indice sotto il mento, facendo finta di pensare.
-“Mh.. Credo che quelli più importanti siano soltanto sei.”
Annuì poi sicura, spostando lo sguardo al bambino che continuava a guardarla con la bocca spalancata, annuendo per invogliarla a continuare.
Anne sorrise, annuendo piano, mentre cominciava a dondolare se stessa, poggiando le punte dei piedi al suolo sottostante.
-“Il primo è il ‘bacio eschimese’.”
Harry sorrise, subito dopo la donna che poggiò lo sguardo davanti a se, le prime stelle che comparivano nel cielo e la luna che timida mostrava uno spicchio di se.
-“Il secondo è il ‘bacio con le ciglia’.”
-“Il bacio con le ciglia?” chiese il ricciolino, interrompendo il discorso della mamma.
Non avrebbe mai pensato che si potesse baciare senza labbra, lui aveva visto sempre i suoi genitori baciarsi sulle labbra. Mai con le ciglia o con il nasino, e quindi ascoltava il discorso della donna con interesse ed il tipico stupore che solo un bambino può mostrare per un discorso semplice come quello dei baci.
-“Sì.” rispose Anne convinta, senza riuscire a nascondere un sorriso che la reazione del bambino gli faceva nascere sulle labbra.
Strinse le proprie mani sulla catena che legava il sedile dell’altalena al resto della struttura, continuando a dondolarsi, con la brezza della sera ormai calata che fece stringere entrambi nelle proprie felpe di una taglia più grande.
-“Si sbattono velocemente le ciglia vicino alla guancia della persona amata. Così.”  Continuò la donna, sporgendosi verso il bambino per solleticargli la guancia con le ciglia, facendolo ridacchiare.
-“Fa il solletico.”
-“Lo so.” rispose ridendo la donna.
Le loro risate dolci riecheggiavano nel parco ormai vuoto, dove amavano passare del tempo insieme.
Potevano confessarsi tutto, in quel silenzio, coperto solo dal continuo cinguettare degli uccelli che nascosti nei loro nidi cantavano il loro amore.
-“Poi c’è il terzo, che è il ‘bacio danzante’.”
Harry dischiuse le labbra, con gli occhioni verdi che presero a luccicare. Il nome di quel bacio gli piaceva particolarmente. Era armonioso, dolce, e non vedeva l’ora di scoprire che tipo di bacio fosse.
-“Consiste nello strofinare la propria guancia contro quella dell’altra persona.”
-“Mi piace.” rispose il piccolino, con un sorriso che mostrò le piccole fossette che gli si formavano al lati delle guance.
La mamma lo guardo orgogliosa della bellezza del figlio, annuendo l’ennesima volta, fermando il suo dondolarsi per assumere una postura eretta.
-“ Poi c’è il bacio ‘a stampo’.. che sono quei baci che si danno la mamma ed il papà.”
-“Quelli con lo schiocco?” chiese Harry, allargando le braccia in segno di ovvietà.
Anne rise appena, pizzicando una guanciotta del ricciolo che arricciò il naso.
-“Sì piccolino. Poi c’è il bacio alla francese.”
-“Ma a me non piacciono i francesi.” borbottò appena in risposta, facendo ridacchiare la madre che lo guardò inarcando un sopracciglio, stringendosi nelle spalle.
-“Amore mio, i baci alla francese non si danno ai francesi.”
-“Ah no?”
Harry vide la madre scuotere piano la testa, guardandolo addolcita mentre il piccolo si mordicchiava il labbro inferiore per la confusione.
Stava per chiederle quali fossero allora questi famosi baci alla francese, perché lui stava trepidando dall’eccitazione di saperlo.
-“Sono quei baci più lunghi, quelli più intensi, quelli che ti fanno sorridere labbra contro labbra.”
Il cuore del piccolino sembrò aumentare i battiti, mentre assaggiava con il pensiero quelle emozioni così grandi che la madre lasciava trapelare dalla voce leggermente tremante e calda.
Harry ricordava che la voce della sua adorata mamma era sempre stata dolce e calda, così accogliente e sicura. L’avrebbe ascoltata parlare per ore ed ore.
Abbassò piano il viso, con una manina che strinse il sedile su cui era seduto, mentre rialzava lo sguardo per puntarlo alle stelle lassù.
Aveva così voglia di crescere e così tanta voglia di amare, Harry.
-“E l’ultimo? Qual è l’ultimo?”
Sussurrò con gli occhi persi nell’infinito su di se, e la madre lo guardò piacevolmente sorpresa dalla maturità che dimostrava un bambino di soli sei anni.
-“E poi, infine.. ci sono i bei baci.”
Harry non rispose, rimase a fissare il cielo fino a che Anne non fece lo stesso, innalzando i propri occhi per incrociarli nell’immenso in cui erano persi anche quelli del bambino accanto a se.
Lui, il piccolo, sapeva che avrebbe continuato, e allora lo fece.
-“Sono quei baci che ti fan girare la testa, amore mio. Sono quei baci caldi, dolci, quei baci così lunghi che ti fan mancare il respiro. Sono quei baci che son così belli che ti fan venir voglia di restare lì per sempre. E sono così speciali che ti fanno sentire sicuro che quello è il posto in cui in realtà resterai davvero per sempre.”
-“Accanto a lui?” chiese il piccolo, mentre Anne si voltava a guardarlo.
Il naso ancora verso il cielo, con gli occhi più verdi illuminati dalla luce dalla luna.
Sorrise appena, poggiando la tempia contro la catena dell’altalena, mentre si gustava quel suo bambino che cresceva e che diventava grande.
E chiuse gli occhi, riaprendoli subito dopo per non lasciare che le lacrime di commozione gli abbandonassero gli occhi, mentre con un soffio sussurrava l’esclamazione di risposta.
-“Accanto a lui.”

                                                                    
                                                                       * * * * * *


Harry è seduto sull’altalena, le mani a stringere le catene che legano il sedile di legno al resto della struttura e lo sguardo puntato al cielo azzurro macchiato di chiazze bianche e soffici qua e la.
Sorride appena, mentre chiudendo per un attimo gli occhi li sente bruciare per aver fissato troppo il sole.
Harry ha sempre amato guardare il sole, e per quello che lui ricordi dei suoi ormai diciannove anni di vita, non ha mai smesso di farlo neanche per un giorno.
Sposta lo sguardo dal cielo per posarlo alla sua sinistra al rumore sordo di qualcuno che ha occupato il posto sull’altalena, sorridendo alla vista di quel ragazzo dagli occhi cielo che gli siede accanto.
-“Ti ho portato il cappuccino.” sorride quello, cominciando a dondolarsi con le punte dei piedi come sua madre faceva anni ed anni prima.
-“Grazie Louis.” sussurra con un sorriso il riccio, prendendo il bicchiere porso dall’altro, cominciando a sorseggiarne il contenuto.
Restano così, in silenzio, tra gli schiamazzi dei bambini intorno a loro che giocano con la neve.
E’ una delle solite giornate meravigliose dopo una tempesta di neve.
Harry aveva sempre amato il dolce calore del sole che riscalda la pelle, mentre invece la neve la raffredda appena, lasciando il naso rosso e le gambe tremanti.
Louis si gira a guardarlo, con le mani a stringere il bicchiere caldo di Starbucks.
Il riccio è stretto nel suo cappotto, con i capelli nascosti da un cappello di lana grigio e sorseggia piano il suo cappuccino.
Si conoscono da sempre, quei due, e Louis sorride ai ricordi che si affollano nella sua mente.
Lui l’ha sempre amato, Harry.
L’ha amato dal primo istante che i loro occhi si sono incrociati in una calda giornata d’estate, proprio sull’altalena dove ora siedono in silenzio.
E comincia anch’esso a sorseggiare il cappuccino, soffocando una piccola risata a cui il riccio si volta di scatto, guardandolo curioso.
-“A che pensi Lou?” chiese infatti, allontanando il bicchiere dalle proprie labbra.
-“Ma ti ricordi come ci siamo conosciuti?”
Harry arriccia il naso ed annuisce piano, le guance che si colorano di rosso ed un sorrisino che gli si stende sulle labbra.



Louis stava palleggiando con i piedi il pallone consumato e sgonfio che ormai usava da anni, con le mani nelle tasche della tuta, le cuffiette nelle orecchie ed i Beatles che facevano da colonna sonora al suo allenamento.
Sorrideva tra se mentre i suoi amici intorno cercavano di imitarlo, con scarsi risultati.
Perché Louis, 9 anni ed un fisico asciutto, aveva già raggiunto tutti i traguardi che un bambino di quell’età potesse raggiungere nel calcio.
Lui aveva talento, gliel’avevano sempre detto.
Alzò lo sguardo dal suo pallone per un attimo, notando un bambino poco distante seduto sull’altalena.
Capelli ricci, naso puntato all’insù mentre guardava il cielo con un sorriso da far invidia al resto del mondo.
Quasi di conseguenza anche Louis alzò lo sguardo, socchiudendo le palpebre appena la luce forte del sole gli fece bruciare gli occhi azzurri che quasi subito si riempirono di un leggero strato di lacrime.
Abbassò il viso di scatto, riputando lo sguardo reso opaco dalla luce forte a quel bambino, che continuava imperterrito a fissare il sole.
E per la prima volta in assoluto i suoi amici lo videro sbagliare un palleggio, mentre era concentrato a guardare qualcosa di più interessante.
Si abbassò in silenzio a recuperare il pallone, camminando poi verso l’altalena scompigliandosi i capelli lisci, sospirando a sentirli bagnati tra le dita.
-“Hei piccolo.” esclamò, facendo abbassare lo sguardo al riccio che sorpreso lo fisso negli occhi per un po’.
-“Ciao.” rispose poi timido, stringendo le manine intorno al legno del sedile su cui era seduto, seguendo con lo sguardo quel ragazzino che gli si sedette accanto all’improvviso.
-“Piacere Louis.” gli tese la mano, che Harry strinse sentendosi grande.
-“Harry.”
Entrambi si sorrisero, mentre i loro occhi si incrociavano per la vera prima volta.
Louis abbassò per un attimo lo sguardo, poggiando a terra il suo pallone vecchio, tenendolo fermo con la punta del piede destro, muovendolo appena.
Si sentiva così stupido ad essere lì, parlando con un bambino che neanche conosceva, interrompendo i suoi sacri allenamenti.
Prese un respiro, facendosi coraggio, voltando di nuovo il viso al bambino accanto a se che lo guardava fermo e curioso.
-“Cosa ci fai qui tutto solo?”
Ed Harry aveva gonfiato appena le guance, portando lo sguardo a fermarsi sulla gelateria poco distante dal parco.
-“La mia mamma è a prendere il gelato. E tu?” chiese, tornando con lo sguardo puntato in quello azzurro del nuovo amico.
Louis sorrise appena, stringendosi nelle spalle, portando anche il piede sinistro sul pallone.
-“Gioco a calcio.”
Gli occhi di Harry sembrarono illuminarsi insieme al sorriso, che fece comparire due tenere fossette sulle guance appena si espanse sul suo viso.
Louis sorrise insieme a lui, stringendo le mani alla catena dell’altalena, deglutendo appena allo sguardo dei compagni fermo su di se.
-“Perché fissavi il sole?” chiese, ed Harry rimase un attimo interdetto, storcendo appena le labbra rosse.
-“Pensavo.” rispose soltanto, stringendosi nelle spalle.
Louis annuì soltanto, con le guance più rosee del solito e la curiosità che stranamente gli ribolliva nello stomaco.
-“A cosa?” soffiò appena in un sussurro, facendo voltare di nuovo il piccolino che incrociò i suoi occhi verdi ai suoi azzurri come il cielo che stava fissando poco prima.
-“Ai baci.”
Louis schiuse appena le labbra, fissando il bambino che aveva risposto con tutta la naturalezza del mondo, tenendo ancora intrecciate le sua dita alla catena dell’altalena, proprio come lui.
-“Ai baci?” mormorò infatti il maggiore, che nonostante fosse grande ormai, ancora non aveva dato un bacio, e si meravigliò al pensiero che quel marmocchio avesse raggiunto il traguardo prima di lui.
-“Esistono diversi tipi di baci.” Commentò Harry, guardando Louis con sguardo di sufficienza, sentendosi grande e maturo per discorsi del genere.
Louis fece svolazzare le ciglia, sbattendo velocemente le palpebre, amareggiato.
-“E tu hai già dato un bacio?”
Harry annuì fiero di se, e Louis si sentì così piccolo da voler sprofondare. Perché non poteva essere vero che un bambino più basso di se di almeno una spanna avesse già dato un bacio a differenza sua.
Il piccolo scivolò velocemente dal sedile dell’altalena, con Louis che seguì i suoi movimenti, continuando a fissarlo curioso ed amareggiato, vedendolo avvicinarsi.
-“Ho dato un bacio eschimese!” esclamò fiero di se, poggiando le manine sui propri fianchi morbidi, facendo sorridere Louis.
Pensò che fosse adorabile, prima di mordersi il labbro inferiore, perché i maschi non sono adorabili. I maschi sono belli, coraggiosi, sfacciati, ma non adorabili.
Eppure se guardava il piccolo davanti a se, con le sopracciglia aggrottate, le labbra serrate in una linea dritta cercando sicuramente di sembrare serio e soprattutto adulto, e le mani sui fianchi, Louis non poteva definirlo in altro modo se non Adorabile.
-“E sarebbe?” chiese risvegliatosi dai suoi pensieri, abbassando il viso all’altezza di quello del ricciolino per guardarlo negli occhi.
Harry sussultò appena a quella vicinanza, spostando le mani dai propri fianchi e facendo svolazzare le ciglia.
Si avvicinò lentamente, strofinando poi la punta del naso contro quella di Louis che sgranò di poco gli occhi, arrossendo e restando fermo a fissare il piccolo che dopo essersi allontanato lo guardava con un sorriso imbarazzato.
Louis sbatté velocemente le palpebre, portando poi la mano destra sulla punta del naso, sentendo le guance incendiarsi all’improvviso.
-“Mi hai dato un bacio eschimese?” si ritrovò a sussurrare, fissando il bambino davanti a se che sorrideva contento, annuendo convinto come solo un bambino poteva fare.



 
Harry ride perché quei ricordi gli fan sempre tornare il buon umore, ride perché l’espressione sorpresa di Louis è ancora impressa nella sua mente e crede che non scomparirà mai.
Si volta verso il ragazzo accanto a se che sorseggia la sua bevanda, mentre lo guarda di sottecchi, nascondendo un sorriso sincero nel bicchiere dello Starbucks.
-“Vogliamo parlare di quel giorno sul tuo letto, Lou?” mormora poi il minore, lasciando che un sorriso addolcito gli nasca sulle labbra, insieme al rossore che ritorna a colorargli le guance piene.
Louis come previsto sposta il bicchiere dalle proprie labbra, portando lo sguardo su una bambina bionda che corricchia per far spaventare i piccioni, facendoli scappare.
Ed il maggiore ride appena, lasciando poi che una smorfia divertita gli si disegni sul volto, guardando il ragazzo con il naso leggermente arricciato.
-“La tua fissa con i baci.”
Harry finge di non ascoltarlo, sorseggiando il cappuccino che lentamente si raffredda, lasciandogli il dolce sapore del caffèlatte zuccherato sulla lingua.
Porta lo sguardo dove ce l’ha puntato Louis, lasciandosi scappare un sorriso alla bambina bionda che riempie l’aria intorno di risate e buon umore.
-“Non avevo fatto niente, io.” Sbuffa appena, nascondendo quei dolci brividi che i ricordi gli procurano attimo dopo attimo.
Louis fa spallucce, e con un sorriso beve un altro sorso del suo cappuccino, con gli occhi a fissare il riccio accanto a se ed il cuore che batte un po’ più veloce.


 
Louis aveva dato una festa il ventotto dicembre per i suoi 12 anni.
Aveva posticipato i festeggiamenti, perché ne era sicuro, nessuno sarebbe andato alla sua festa di compleanno la vigilia di Natale.
Si divertì un sacco insieme ai suoi compagni di classe e agli amici ‘speciali’, tra un sorso di coca-cola, una manciata di patatine, ed una partita a calcio.
Le risate con Louis erano sempre assicurate, e nessuno dei suoi compagni se ne andò da casa sua scontento della festa a cui avevano appena partecipato.
E per Louis questa era la cosa più bella del mondo.
Ricevette un sacco di regali, tra cui: un pallone nuovo, una tuta da calcio firmata “Tomlinson” con il numero diciassette stampato sulla schiena ed il cd del suo gruppo preferito.
Ormai la casa era vuota, tutti i suoi amici se n’erano andati da un po’, era rimasto solo Harry.
Il maggiore sospirò appena, andando a sedersi accanto al piccolo che senza degnarlo di uno sguardo continuava distrattamente a mangiare patatine, ascoltando musica dal proprio Mp3.
Era rimasto solo in un angolo tutto il tempo, fissando il più grande che giocava con gli altri bambini dimenticandosi di lui.
Era stata la sensazione più brutta del mondo.
Chiuse gli occhi, concentrandosi su una canzone dei Blue, quando sentì qualcuno sfilargli una cuffietta dall’orecchio destro.
Si voltò di scatto, ritrovandosi incastrato negli occhi azzurri dell’amico che lo guardavano con la testa inclinata, curioso e preoccupato.
-“E’ tutto okay Hazz?” mormorò il maggiore, sentendo la madre discutere con sua sorella Lottie al piano superiore.
Roteò appena gli occhi, prima di tornare a concentrarsi sul ragazzino accanto a se, pizzicandogli appena i fianchi con un dito.
Il riccio sorrise, annuendo subito dopo, mentre Louis lo circondava con le braccia, stringendoselo al petto.
-“Che ne dici di dormire qui?” aveva mormorato appena, lasciandogli un bacio tra i ricci scombinati.
Louis sapeva di aver sbagliato, ma come al solito si era lasciato trasportare dalla situazione senza pensare alle conseguenze.
Gli occhi di Harry si riempirono improvvisamente di lacrime, che però si occupò di nascondere al maggiore chiudendo gli occhi e annuendo con un sorriso sincero stampato sul viso.
-“Vado a chiamare tua madre per avvertirla.” aveva sussurrato il liscio prima di alzarsi per andare a recuperare il telefono per avvertire i genitori del piccolo.
Si ritrovarono poco dopo nella camera di Louis, avvolti entrambi nelle coperte calde, sul letto ad una piazza e mezza del maggiore.
-“Louis.” il piccolo cercò di attirare la sua attenzione, sorridendo appena il liscio si voltò per fissarlo.
-“Dimmi Harry.” aveva sussurrato in risposta, mentre il riccio si sporse a recuperare un pacchettino dalla tasca dei propri pantaloni che erano ripiegati sul comodino.
-“Buon compleanno.” sussurrò, porgendo poi il regalo incartato accuratamente ad un Louis con gli occhi lucidi, illuminati lievemente dalla luce della bajour.
Aprì silenziosamente il regalo, schiudendo appena le labbra in un espressione sorpresa, estraendo dal pacco la collana a forma di aeroplanino del suo migliore amico a cui era così tanto affezionato.
-“Ma Harry..” bisbigliò, la voce appena incrinata dalle lacrime di commozione.
-“Voglio che la tenga tu.” rispose prontamente il piccolo, con un sorriso sulle labbra e due dolci fossette ad adornargli il volto.
-“Così ti ricorderai sempre di me.. qualunque cosa accada.”aveva detto sinceramente.
Louis si strinse il regalo al petto, accoccolandosi prontamente al suo petto, affondando il viso nell’incavo del suo collo.
-“E’ il miglior regalo che abbia mai ricevuto, Hazz. Grazie.”
Harry sorrise e basta, stringendo il ragazzo tra le proprie braccia, mentre intorno a loro regnava un dolce silenzio.
-“Scusami.”
Mormorò Louis improvvisamente, facendo sorridere Harry che portò subito dopo una mano tra i suoi capelli, per giocherellarci lentamente.
Amava far scivolare le dita tra i capelli lisci e morbidi di Louis, gli ricordavano i capelli di sua madre, lo rilassava ogni volta facendolo sentire a casa.
-“Non devi chiedermi scusa.” aveva risposto, arricciando appena il naso.
Louis in tutta risposta si era stretto di più al suo fianco, sorridendo contro la pelle lattea del suo collo.
Entrambi furono di nuovo immersi da un silenzio pacifico, per niente imbarazzante.
L’imbarazzo tra di loro non era mai esistito.
Era un silenzio pieno di dolcezza ed intimità, ed ogni volta che Louis pensava a quell’ultima parola un brivido gli percorreva la schiena.
Serrava gli occhi, cercando di scacciare via le paure -di cui ancora non si spiegava il motivo- che gli attanagliavano le viscere, facendogli bloccare il respiro.
Ed ogni volta che succedeva Harry era lì, se ne accorgeva ogni volta perché il maggiore si irrigidiva al suo fianco e lui senza chiedere nulla lo stringeva a se, cullandolo appena.
Si sentiva sempre così piccolo, Louis, pur essendo più grande.
Il piccolo si prendeva così dolcemente cura di lui da farlo sentire indifeso.
-“Che hai Louis?” chiese rompendo il silenzio, mentre gli accarezzava la cute, sentendo l’altro rilassarsi subito ai suoi tocchi.
Louis scosse appena il viso, trattenendo il fiato, sorpreso da quel strano nodo allo stomaco che gli procurò la mano dell’altro che gli sfiorava lentamente il braccio scoperto.
Fece svolazzare le ciglia contro la pelle del suo collo, sentendo il respiro fermarsi quando Harry si allontanò di poco, guardandolo con un sorriso stampato sul viso.
-“Mi hai dato un bacio con le ciglia?”
E Louis, nonostante quelle nuove ed inspiegabili sensazioni sorrise, prima di prendere a cuscinate l’altro ragazzo, facendo svegliare di seguito l’intera famiglia per le troppe risate provenienti dal cuore.



 
Louis sta stringendo la collana che ancora porta al collo nella mano sinistra, sfiorandola dolcemente con il pollice, mentre sorseggia gli ultimi sorsi del suo cappuccino.
Harry è di nuovo lì a fissare il sole, Louis invece è intento a fissare lui.
Niente è cambiato.
Entrambi sono su quell’altalena, come il primo giorno, come sempre.
-“Mi piace pensare al fatto che tu sia sempre stato geloso di me.” esclama tutto d’un tratto il riccio, lasciandosi andare ad una risata che gli vibra infondo alla gola, con gli occhi ed il naso puntati ancora al cielo.
Louis lo guarda aggrottando le sopracciglia, confuso e curioso allo stesso tempo e
-“Cosa?” chiede facendo svolazzare le ciglia, cominciando a dondolare su quell’altalena nel modo più lento possibile.
-“Quand’è nata tua sorella.” bisbiglia Harry, abbassando il viso per far ri-scontrare i loro occhi.
E Louis può giurare, ancora oggi, quanto quegli occhi riescano a bruciargli l’anima.
Scuote appena la testa, arricciando ancora una volta il naso per non lasciarsi andare ad una risata imbarazzata.
-“Non ero geloso di te, ma di mia sorella.”
-“Oh Louis, non mentirmi.” esclama teatralmente Harry, lasciandosi andare e scoppiando in una risata che ora coinvolge anche l’altro.
 
Harry correva lungo il corridoio dell’ospedale con un mazzo di fiori enorme tra le mani ed un sorriso dipinto sul volto.
Sua madre aveva cercato di stare al passo svelto di suo figlio ormai undicenne, ma con scarsi risultati.
Aveva quindi optato per la soluzione migliore: lasciarlo correre spensierato fino alla stanza 32.
Il ragazzo aveva raggiunto in fretta la stanza, picchiettando poi velocemente la mano destra contro il legno della porta azzurra, adornata con un enorme fiocco rosa al centro.
I suoi occhi si illuminarono alla vista, quando la porta si aprì improvvisamente con uno scatto, rivelando un Louis quattordicenne con un sorriso stampato sul viso e gli occhi resi lucidi dall’emozione.
-“Hazz!”
La sua esclamazione rimbombò nei corridoi azzurri e vuoti, mentre il piccolo gli saltava addosso per stringerlo in un forte abbraccio.
-“Auguri Lou! Dov’è la piccola?”
Louis lo guardò, e con un sorriso si distaccò dall’abbraccio, indicandogli una piccola culla in cui dormicchiava la sua nuova sorellina.
Il riccio si avvicinò velocemente, sorridendo verso la madre dell’amico che riposava distesa sul letto, le palpebre abbassate, il viso stanco ed il respiro regolare.
Si sporse appena per guardare meglio la piccola, aprendosi in un sorriso ancora più ampio, mentre Louis gli si avvicinava cautamente, abbracciandolo alle spalle per stringerlo a se, con una presa ferrea sui suoi fianchi morbidi.
-“Non è bellissima?” chiese in un sussurro, facendo voltare Harry che annuì, guardandolo dolcemente, riportando poi lo sguardo su quel batuffolo che dormiva beatamente.
Anne fece capolino nella stanza, sorridendo a Jay che lentamente apriva gli occhi.
Le due amiche si salutarono calorosamente, mentre i due ragazzi rimasero immobili in quel silenzioso abbraccio, contemplando quel piccolo miracolo che cominciava a svegliarsi.
-“Louis” squittì euforico il piccolo, facendo ridere il maggiore che gli poggiò una mano sulle labbra, facendolo zittire di scatto.
-“Non urlare o la spaventi.” Gli sussurrò piano, con le labbra che gli sfioravano l’orecchio.
Harry rabbrividì, senza un motivo apparente, stringendosi di più tra quelle braccia che lo proteggevano dal resto del mondo.
Chiuse gli occhi, perdendosi per qualche istante nei battiti del proprio cuore che, coordinati a quelli di Louis, gli riempivano le orecchie.
Annuì appena, lasciando che l’altro spostasse la mano, riportandola su quel fianco che tanto amava stringere.
Harry era bello.
Erano belli i capelli, gli occhi, le mani, le labbra, la voce di Harry.
Ma quei fianchi erano l’unica cosa che Louis, ne era sicuro, non si sarebbe mai stancato di stringere.
Le loro mamme li risvegliarono dal torpore che il calore di quell’abbraccio emanava, prendendo la bambina tra le braccia che cominciò a piangere.
Louis seguì ogni movimento dello sguardo di Harry, che seguì costantemente i movimenti della bambina.
Bramava con lo sguardo le braccia di sua madre che la stringevano, mentre Jay rideva con dolcezza alle faccette di Anne che fecero zittire la bambina dal suo pianto post-dormita.
-“Vuoi prenderla in braccio?” chiese Louis, leggendo chiaramente il desiderio negli occhi dell’amico, che annuì impercettibilmente.
-“Anne!”
La donna si voltò al richiamo di Louis, che la guardava con un sorriso, stringendo ancora il riccio tra le braccia.
Harry arrossì appena, voltandosi indietro per guardare il maggiore, con sguardo allarmato.
-“Harry vuole prenderla in braccio.” la informò, snobbando volutamente lo sguardo d’allarme del più piccolo.
Anne sembrò pensarci un attimo su, prima di posare lo sguardo sulla donna distesa sul lettino d’ospedale, che annuì con un sorriso dolce.
-“Sta attento!” raccomandò al figlio, porgendogli delicatamente quel fagottino di tenerezza.
Gli occhi di Harry si illuminarono, mentre cautamente prendeva la bambina tra le braccia, trattenendo per un attimo il fiato.
La piccola si agitò appena, poggiandogli una manina paffuta sulla guancia, facendo aprire il riccio in un sorriso.
Piegò appena il viso, strofinando teneramente la guancia contro il palmo di quella mano così piccola.
-“Hey, il bacio danzante!” piagnucolò Louis, facendo sbattere le palpebre ad Anne, sorpresa, che improvvisamente si aprì in un sorriso.
Harry si voltò per guardarlo in viso, lasciandosi andare ad una risata.
-“Geloso Tomlinson?”
-“Mai.”
Louis lo strinse di più tra le braccia, strofinando piano la propria guancia contro i ricci dell’altro, aprendosi in un sorriso dolce alla loro sofficità.
Non avrebbe condiviso i
lorobaci con nessuno.
-“Louis.”
Harry lo rimproverò divertito, mentre il maggiore stringendolo di più affondava il viso nell’incavo del suo collo, aprendosi in un sorriso contro la sua pelle.
-“Ma sei mio.” sussurrò impercettibilmente, facendo fermare per un attimo il respiro di Harry, che abbassò lo sguardo alla bambina, aprendosi anch’esso in un sorriso.
Jay prese la macchina fotografica che teneva accesa sul comodino, guardando Anne con un sorriso complice.
Poi un click. E quell’attimo fu fermo, per sempre.

 
Harry rabbrividisce a quel ricordo, a quel ‘sei mio’ che ancora gli rimbomba nella testa.
Lo sente echeggiare nel vento del parco, come se fosse appena stato urlato dal ragazzo seduto accanto a se, in questa calda giornata d’inverno.
Si volta a guardare il maggiore, che tiene fisso il suo sguardo su di lui, facendolo arrossire.
-“Perché mi fissi?” chiede in un sussurro, abbassando lo sguardo, con le guance in fiamme.
E Louis sorride e scuote appena la testa, perché le guance rosse e l’imbarazzo dell’altro lo fanno innamorare ancora una volta di lui, ogni volta.
-“Anche quella sera guardavi il cielo.” spiega, come se fosse ovvio, alzando anch’esso gli occhi per fissare il sole.
Harry continua a fissare il suo profilo, aprendosi poi in un sorriso leggero all’improvviso ricordo che s’impossessa dei suoi pensieri, facendogli pulsare il sangue nelle vene.
Studia per un attimo i tratti di quel viso che conosce così bene, prima di portare anch’egli gli occhi al cielo, aprendosi in un sorriso ampio.
-“Era più facile guardare le stelle.”
-“Sì, almeno non bruciavano gli occhi.”
Ed Harry si lascia andare ad una risata appena accennata, prima che l’altro aggiunga, portando lo sguardo di nuovo in basso per riguardare il suo viso.
-“E poi le tue labbra sapevano di sale.”
Harry, ancora una volta, mordendosi il labbro inferiore, si perde nei ricordi.
 
Harry cantava a squarciagola l’ultimo singolo degli Oasis, mentre il fuoco del falò gli illuminava il viso rivolto al cielo.
Harry aveva sempre amato guardare il cielo.
Le stelle gli ricordavano gli occhi di Louis, il sole il sorriso di Louis, le nuvole i denti piccoli e dritti di Louis.
Lui amava ogni cosa gli ricordasse Louis.
Ma no, non l’avrebbe mai ammesso.
La sua voce roca riempiva lo spazio circostante, mentre la sabbia gli si insinuava fastidiosamente tra i vestiti.
La gente intorno lo guardava e lo ascoltava, rapita da quel tono così troppo melodioso per un semplice ragazzo di quindici anni.
Harry cantava a squarciagola, senza pensieri o paure, a quella festa intorno al falò finita ormai da un po’.
Litri e litri di alcool consumati e piedi stanchi per i troppi salti, i troppi balli.
Ora tutti eran stretti lì, intorno al fuoco, in un cerchio di tranquillità e musica.
Harry non avrebbe mai potuto chiedere niente di meglio della musica, dopo –ovviamente- Louis.
Harry cantava e Louis, seduto accanto a lui, sorrideva.
Il volto fiero,gli occhi sognanti ed il cuore pieno –troppo pieno- d’amore.
Più Harry cantava e più Louis sentiva di poter morire, e ci avrebbe anche scommesso, non esisteva un modo migliore per morire.
Si unì anche lui improvvisamente, accompagnando la voce rauca del più piccolo con la sua, melodiosa e calda, portando gli occhi al cielo insieme all’altro.
E nessuno poteva capire quanto il cielo fosse importante per loro due.
Loro due che erano due puntini in quell’immenso infinito che era il cielo.
Due stelle troppo lontane, unite in una costellazione che tutti ammiravano da lontano.
Abbaglianti, belli, luminosi.
E tutto questo lo erano soltanto insieme.
Perché una stella è bella da guardare, ma da sola non fa luce.
Un’intera costellazione, invece, era quel tipo di luce che Louis e Harry possedevano, insieme.
Loro due che erano due raggi di Sole che si divertivano ad illuminare lo spazio circostante, riempiendolo di risate, gioia, amore.
Perché loro erano due pezzi di cielo che, congiungendosi, formavano un pezzo di Paradiso.
Erano quell’universo troppo grande e perfetto da capire, quell’universo troppo bello, quello da osservare.
Quell’universo che, però, se ti ci impegni poi a scoprirlo fa paura.
Hai paura perché capisci che non sarai mai grande quanto esso.
E loro erano così, alla vista degli altri che li osservavano da lontano, curiosi ed invidiosi di tutto quell’
amore che soltanto loro avevano e mai nessuno sarebbe riuscito ad eguagliare.
Erano due anime disperse che vagavano l’una accanto all’altra, tra il silenzio e le chiacchiere della gente, nascondendosi da tutti gli altri mentre correvano sul velo della vita che soltanto loro due insieme riuscivano a vedere.
Perché loro non amavano, loro
erano l’amore.
E cantavano, cantavano il loro amore nascosto al cielo, abbassando contemporaneamente lo sguardo, all’ultima nota suonata da un biondo che girava sempre con la sua chitarra, incontrando l’uno gli occhi dell’altro.
E si sorrisero, di quei sorrisi complici e pieni d’amore.
Amore, ancora amore.
Perché loro vivevano del loro amore.
Il gruppo cominciò a sciogliersi, mentre le persone dall’aria stanca ed ubriaca cominciarono ad abbandonare la spiaggia, lasciando Harry e Louis lì da soli, ancora fermi con lo sguardo all’orizzonte.
Il nero del mare che si univa con il nero del cielo della notte.
Louis strinse le ginocchia al petto, respirando a pieni polmoni quell’aria di mare che tanto adorava, mentre il riccio accanto a se lo guardava.
Harry aveva sempre amato osservare i dettagli, ma i dettagli di Louis erano da sempre stati i più interessanti da studiare.
Sorrise tra se, mentre il fuoco ancora acceso davanti a loro scoppiettava, facendo colorare i loro visi di rosso.
-“Sai cos’amo, Harry?” sussurrò Louis, ed Harry rimase in silenzio in una tacita richiesta di continuare.
-“Amo l’aria di mare.”
Harry sorrise di nuovo perché l’aveva sempre saputo, e puntò di nuovo gli occhi all’orizzonte, mentre un lieve spicchio di luna illuminava quella distesa di neroblu che sapeva Louis amasse così tanto.
-“Amo i falò in spiaggia in piena estate.”
Harry si voltò a guardarlo di nuovo, incrociando le gambe sulla sabbia che le pizzicava leggermente, facendolo sorridere.
Si concentrò sul profilo del maggiore illuminato dal fuoco che lentamente si affievoliva, insieme ai battiti del suo cuore.
Perché Louis non poteva davvero essere così bello, ed Harry non poteva amarlo davvero così tanto.
-“Amo la libertà e le corse in motorino mentre canti come un pazzo le canzoni dei Simple Plan.”
Ed Harry si lasciò scappare un sorriso imbarazzato mentre Louis rise all’orizzonte, voltandosi anch’egli per incrociare gli occhi a quelli dell’amico.
La spiaggia vuota, la notte fonda, i loro cuori che battevano insieme, facendo da sottofondo a quella notte che non avrebbero dimenticato mai.
-“Amo le partite a pallone, ed amo quando perdi per un solo punto e cominci a fare il bambino per la rivincita.”
Harry sorrise ancora e sentì le guance incendiarsi, dando stupidamente la colpa al fuoco che avevano di fronte.
Abbassò lo sguardo, perché quegli occhi azzurro oceano proprio non riusciva a reggerli.
-“Amo le chiacchierate con te che cominciano di sera e durano fino al mattino seguente, mentre con una cioccolata calda guardiamo l’alba dalla finestra di camera tua.”
Louis tremò appena, spostando lo sguardo all’orizzonte perché proprio non ce la faceva a guardarlo mentre parlava.
Boccheggiò appena, e sentì lo sguardo del riccio addosso che lo incendiava, facendolo arrossire.
Harry lo guardava e non capiva, sentiva il cuore sciogliersi ad ogni sua singola parola, ma non capiva.
E allora inclinò di poco la testa, e con un sorriso soffiò le parole, perché proprio non ce la faceva a reggere il gioco del maggiore.
-“E poi cos’ami, Louis?”
Chiese, e sperò con tutto se stesso che l’altro lo dicesse.
“Amo te, amo te, amo te, amo te.”
Harry aveva sperato così ardentemente per così tanto tempo che Louis gli avesse sussurrato quelle parole, e si era immaginato così tante scene che, ne era sicuro, avrebbe potuto creare davvero uno di quei romanzi che poi restano nel cuore della gente.
Ma a lui non importava delle fantasie e dei mille romanzi, dei mille sogni e delle mille illusioni.
A lui importava solo di Louis che si stava torturando le mani e tremava accanto a lui, mentre alzava per un attimo gli occhi al cielo.
-“Te.” sussurrò, ed il mondo ed il cuore di Harry si fermarono per un attimo.
I loro occhi si incrociarono, urlando le parole che le loro labbra non riuscivano ad urlare.
I loro occhi si guardarono, si studiarono, si amarono, si sorrisero, si scrutarono, si abbracciarono e si amarono ancora ed ancora.
-“Cos’hai detto?” bisbigliò Harry, gli occhi sgranati e la gola troppo secca.
Louis boccheggiò, voltandosi definitivamente verso il ragazzo che gli si trovava affianco.
Abbassò lo sguardo sulla sabbia sottostante, giocandovi appena, mentre cercava il coraggio di dirlo ancora.
Ormai il guaio era fatto. Il latte era bello che versato.
Che senso aveva ritornare indietro?
-“Ti amo, Hazz.” sussurrò ancora, le mani tremanti ed il cuore che scalpitava, pompava, batteva troppo forte.
In risposta ci fu il silenzio.
Un orrendo e consumatore silenzio che gli consumò piano il cuore e la speranza.
Passarono attimi infiniti in cui solo il vento ed i loro respiri facevano capire al mondo intorno che fossero ancora vivi.
Le lacrime cominciarono ad abbandonare gli occhi del piccolo che non smetteva di guardare il maggiore, che aveva il viso basso, le mani che tremavano e i capelli lisci che sventolavano, seguendo il percorso del vento.
Harry, no, non poteva credere che tutto quello fosse vero.
Poi Louis alzò lo sguardo, facendolo perdere per l’ennesima volta in quell’immenso che erano i suoi occhi.
Harry abbassò le palpebre, lasciando scivolare le ennesime lacrime.
-“Non piangere.. scusami..”
Louis sussurrava, la voce rotta dalle lacrime che gli si erano bloccate alla gola.
Non poteva farsi vedere distrutto davanti ad un Harry che piangeva, doveva essere forte per lui, glielo doveva dopo aver rovinato tutto.
Portò meccanicamente una mano ad accarezzargli la guancia, cancellando via le lacrime dalla sua pelle.
-“Lo so che ho rovinato tutto, Hazz.. mi disp-”
Harry fermò il flusso di parole inutili che, lo sapeva, avrebbero abbandonato le labbra dell’altro da un momento all’altro con un bacio.
Ed in quel preciso istante tutto si fermò.
Il vento che sfiorava i loro visi, le onde del mare che violente si infrangevano contro la riva, il tempo, la luna e le stelle.
Tutto il cosmo si fermò per un attimo a guardarli.
L’amore scoppia quando meno te lo aspetti. Ti scoppia dentro e scoppia poi nell’universo.
Sai, un po’ come il Big Bang. Scoppia e poi da cosa nasce cosa.
Dallo scoppio nacque il mondo, da un bacio nasce l’amore.
Solo che in entrambi i casi c’è un grosso boom prima che qualcosa nasca.
Prima che nasca il mondo, prima che nasca l’amore.
Prima che nasca la vita e basta.
Le labbra di Harry si allontanarono tremanti da quelle di Louis, che si schiusero per la sorpresa, mentre i loro occhi si incrociavano di nuovo, lasciando entrambi alla deriva del verde e dell’azzurro che si scontravano, si univano, si mischiavano.
-“Scusa.” sussurrò Harry, lasciando che le labbra di Louis si aprissero in un leggero sorriso.
Scosse appena la testa, abbassando per un attimo lo sguardo azzurro e lucido sulla sabbia e sulle loro mani fin troppo vicine.
-“Il bacio a stampo.”
Ed Harry non poté evitare di sorridere a quella specificazione così fuori luogo, perché faceva parte di Louis.
Faceva parte di Louis parlare a sproposito, faceva parte di Louis dire la prima cosa che pensasse senza badare alla conseguenze e faceva parte di Louis il sorprenderlo ogni volta.
E lui amava immensamente Louis
-“Sì, il bacio a stampo.” sussurrò allora in risposta, avvicinando lentamente la propria mano a quella del maggiore, sfiorandogli le dita con le sue.
Sussultarono insieme, mentre una scia di brividi gli invadeva la spina dorsale, facendo tremolare le gambe di entrambi.
Harry abbassò lo sguardo nel punto esatto in cui era poggiato quello del maggiore, lasciandosi andare ad un sorriso appena accennato.
-“Harry?”
E le loro parole in quella notte di mezza estate erano fatte di sussurri, bisbigli, sospiri ed amore.
Entrambi alzarono lo sguardo, perdendosi rispettivamente in quello dell’altro, mentre le loro dita si sfioravano, toccavano e poi intrecciavano.
Harry strinse la presa alla mano dell’altro ragazzo, regalandogli un sorriso tutto labbra, denti e fossette.
E poi
-“Dimmi.” soffiò appena, avvicinandosi impercettibilmente al corpo dell’altro.
-“Ora tocca a me darti l’ultimo bacio della lista.”
E la mano libera e tremante di Louis sfiorò appena la guancia del riccio, che irrigidendosi al suo tocco si perse negli occhi lucidi del ragazzo di fronte a se, abbandonandosi al vortice d’emozioni che gli si creò nel petto, mentre il respiro dell’altro gli solleticava le labbra.
Harry sorrise, perché non poteva fare altro.
Sorrise perché tutto il suo mondo stava, tassello dopo tassello, riordinandosi in quel preciso istante in cui le labbra del liscio sfiorarono le proprie.
Sorrise perché il suo mondo si fermò per un attimo mentre entrambi, prima occhi negli occhi, socchiudevano le palpebre per assaporare quel momento magico poco prima del bacio.
Sorrise perché il suo mondo si zittì per un solo attimo, restando lì a fissarlo, immobile, bloccato dalle labbra di Louis che piano toccavano ed assaporavano le sue.
Sorrise perché il suo mondo ricominciò a girare velocemente quando la lingua dell’altro sfiorò la sua, così timidamente che il cuore di Harry sembrò prima fermarsi e poi riprendere a pompare così forte da fargli girare la testa.
E sorrise perché sentì Louis sorridere nel bacio, bocca contro bocca.
Le loro dita si intrecciarono un po’ di più, la mano di Louis scivolò dalla guancia di Harry, andando a sfiorargli delicatamente il collo, mentre, ad occhi chiusi, entrambi si perdevano nel sapore dell’altro.
Poi per un solo istante le loro labbra si allontanarono dal bacio ed i loro occhi si aprirono per perdersi ancora e ancora in quella marea di emozioni che l’altro gli donava con un solo sguardo.
Si avvicinarono ancora un po’, fronte contro fronte e si sorrisero.
Di un sorriso che poteva essere solo di Louis ed Harry e di nessun altro.
Poi il cosmo, tra i loro sospiri ed il dolce suono dei loro ennesimi baci, ricominciò a girare.

 
-“Quanto tempo è passato?” chiede Louis, retoricamente, poggiando la tempia contro la catena dell’altalena, con lo sguardo ancora fisso sul profilo del suo storico ragazzo.
Harry, con gli occhi ancora sollevati al cielo si stringe appena nelle spalle e risponde lentamente, strascicando le parole con quella sua voce roca e soave.
-“Ne è passato tanto di tempo, Lou.. troppo. Ma è come se tutto fosse successo ieri. E sai perché?”
Louis allora si apre in quel suo sorriso sghembo e dolce allo stesso tempo e si morde il labbro inferiore, rispondendo prima che il riccio possa anticiparlo.
-“Perché le sensazioni sono sempre le stesse.”
Harry a quelle parole abbassa di scatto lo sguardo dal cielo per poggiarlo negli occhi dell’altro e si apre in un sorriso a mezze labbra, dopo aver annuito.
Perché solo Louis lo conosce così bene ed a volte questo un po’ lo spaventa.
L’altro conosce i suoi pensieri prima che lui stesso possa averli costruiti nella testa, e prevede ogni suo singolo gesto prima di vederglielo poi, irrimediabilmente, compierlo.
-“Ma come fai a..”
-“Conoscerti così bene?” continua Louis, ed Harry rabbrividisce ancora una volta, prima di annuire.
Louis allora con un sospiro allenta la presa alla catena dell’altalena e piano fa scivolare la sua mano nel vuoto, prima che raggiunga quella dell’altro e la stringa come quella notte.
-“Perché io e te siamo noi, Hazza.”
Ed Harry non può fare a meno di sorridere, sporgendosi un po’ per far congiungere le loro labbra.
Ma Louis lo ferma con una risata, mentre arriccia il naso e lo guarda con quella dolcezza così caratteristica del maggiore.
-“E poi perché sono stato tutti i tuoi primi baci.”
Harry scoppia a ridere e gli morde giocosamente una guancia, prima di poggiare dolcemente la fronte contro la pelle del suo ragazzo, sospirando.
-“La lista non era finita, Louis.”
Louis inarca di poco le sopracciglia, prima di immergere le dita in quei morbidi ricci, sorridendo alla sensazione di tranquillità e pace che ogni volta riesce a provare con quel semplice gesto.
-“Il bacio alla francese era l’ultimo, Harry.”
-“Ti sbagli.”
Harry gli schiocca un dolce bacio sulla guancia, prima di far ricongiungere i loro occhi con un sorriso dolce.
E poi si apre in una risata leggera al viso interrogativo di Louis e decide di rispondere.
-“Ce n’era un altro. L’ultimo.”
Louis sposta la mano dolcemente, dai suoi capelli alla guancia morbida del piccolo, sorridendo a quell’accenno di barba che finalmente ha deciso di contornargli il viso.
-“E sarebbe?” chiede dubbioso, provocando un sospiro sognante all’altro.
-“Ci sono i bei baci, Lou.”
Louis allora ride perché non riesce a far altro, prima di far congiungere anche le labbra a quelle dell’altro, stampandogli un bacio veloce.
-“Vorresti dire che non so baciare?”
Questa volta è Harry a ridere perché, può accettare qualunque stronzata, ma Louis che non sa baciare è davvero troppo e
-“Non dire stupidaggini.”
E allora Louis ferma le risate di Harry baciandogli ancora una volta le labbra, fermandogli il respiro.
-“Embrasse-moi ce soir?” sussurra sulle sue labbra, facendo sorridere il suo ragazzo, e facendogli sollevare le sopracciglia.
-“Ho sempre odiato i francesi.”
-“Ma hai sempre amato me.”
Ed il sussurro di Louis è l’ultimo dolce suono che le orecchie di Harry sentono, prima che le loro labbra si incontrino ancora una volta in una dolce e sinuosa danza di cui soltanto loro conoscono i passi perfetti.
Ed Harry, sorridendo labbra contro labbra, si accorge che non esiste il bel bacio perché poi, in fin dei conti, con Louis possono esistere soltanto i baci perfetti, e nulla più.

  
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