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Autore: Astry_1971    20/01/2008    14 recensioni
"In tutto il mondo magico, non esisteva un Pozionista capace come il suo ex insegnante, nessuno era stato mai in grado di eguagliarlo.
Se c’era un mago in grado di salvare suo figlio, questo era lui, e il fatto che fosse morto non era un motivo sufficiente per rassegnarsi."
Questa storia è stata scritta sull'onda dell'emozione suscitata dagli avvenimenti dell'ultimo libro. Ho sentito il bisogno di restituire ad una persona speciale, quello che la Rowling ha voluto negargli.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Per amore di un figlio



Autore/Data: Astry, Ottobre 2007.
Beta - reader: Niky (alias Nykyo) e Starliam.
Personaggi:Severus, Harry, Hermione, Ginny.
Rating: per tutti.
Avvertimenti: Spoiler sul settimo libro
Riassunto: : In tutto il mondo magico, non esisteva un Pozionista capace come il suo ex insegnante, nessuno era stato mai in grado di eguagliarlo.
Se c’era un mago in grado di salvare suo figlio, questo era lui e il fatto che fosse morto non era un motivo sufficiente per rassegnarsi.

La storia è dedicata alla mia Beta Niky e a tutte quelle che, come noi, hanno avuto fiducia in Severus Piton.


CAP. 1: La maledizione

Harry correva a perdifiato su per le scale. Lo aveva fatto migliaia di volte, con lo stupore dell’allievo del primo anno, con la curiosità che lo aveva spinto fino a scoprire i più profondi segreti dei quel castello. Aveva percorso quei corridoi perfino con l’angoscia della morte che gli stringeva il cuore nei momenti terribili della battaglia finale contro Voldemort.
Ora, dopo diciannove anni, stava di nuovo correndo lungo un tragitto fin troppo familiare, quasi senza guardare dove metteva i piedi. Aveva lasciato indietro sua moglie Ginny e il nuovo preside, il piccolo professor Vitious, che lo aveva accolto non appena giunto alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.
Aveva ancora nelle orecchie, la voce di Vitious che, uscendo distorta dal becco del più insolito Patronus che avesse mai visto, lo esortava a precipitarsi immediatamente alla scuola: suo figlio, Albus Severus, si era ammalato improvvisamente e nessuno a scuola sembrava capire che cosa avesse il ragazzo.
Giunto alla porta dell’infermeria, la spalancò senza nemmeno bussare, e si precipitò all’interno.
La prima cosa che i suoi occhi verdi incontrarono fu lo sguardo triste dell’infermiera che, appena si accorse della sua presenza, gli si avvicinò con passo veloce e le braccia allargate in un inconfondibile gesto di disperazione.
“Signor Potter, mi dispiace, non so cosa fare, è così da due ore.” disse indicando il primo letto della fila, nel quale si intravedeva appena il volto pallidissimo e immobile di un bambino. Accanto a lui, il fratello maggiore, James, se ne stava rannicchiato su una sedia, con lo sguardo perso nel vuoto.
“Si è accasciato improvvisamente e non siamo più riusciti a fargli riprendere i sensi.” Continuò l’infermira.
Harry non rispose. Si avvicinò al letto e crollò in ginocchio accanto a suo figlio.
“Perchè? Stava bene, ho ricevuto un suo gufo appena ieri… non può essere, no...” mormorò scuotendo il capo.
Nel frattempo anche Ginny e il preside erano entrati nella stanza.
La giovane donna si avvicinò al letto e posò la mano sulla spalla del marito.
“Il Preside vuole vederti, pare che si tratti di una maledizione molto potente: magia Oscura, Harry.” mormorò con voce strozzata. “Lui teme che… oh Harry, non deve accadere: lui non può… il nostro bambino…”
“Albus non morirà,” la interruppe suo marito e la maga si portò le mani a coprire il volto.
Non voleva nemmeno sentire la parola “morte” riferita a suo figlio. Prese a tremare e a singhiozzare.
Poi, Harry sollevò appena lo sguardo, la vista era appannata dalle lacrime, ma non si asciugò gli occhi. Guardò prima Ginny, poi Vitious e, infine, di nuovo sua moglie: era evidente che, parlando di preside, la donna non intendesse il piccolo mago che era a pochi passi da lui. No, il Preside per lei era ancora Albus Silente e, in effetti, era così anche per lui.
Harry si alzò e, lasciata l’infermeria, si diresse verso la scala a chiocciola che conduceva all’ufficio circolare, seguendo l’uomo al quale lo studio apparteneva attualmente.
Quando ne ebbero raggiunto la soglia, Vitious, non entrò con Harry, ma gli aprì semplicemente la porta e poi si fece da parte lasciandolo passare.
Non disse niente: non era necessario. Conosceva Harry Potter da quando era solo un bambino.
Oltre a nutrire un grande affetto per lui, aveva imparato a rispettarlo come uomo e come mago più di tutte quelle persone che ora lo acclamavano come eroe.
Allo stesso modo, continuava ad avere una sorta di timore reverenziale verso quello che era stato il suo superiore. Era come se Silente fosse ancora lì in carne ed ossa, e fosse ancora lui ad assegnare le mansioni agli insegnanti, a decidere il calendario scolastico e ad inaugurare i banchetti nella sala grande, o almeno, Vitious non dimenticava mai di farlo a suo nome.
Harry si guardò intorno, l’ufficio era ancora come lo ricordava: il nuovo preside considerava quel luogo una sorta di museo, con i suoi ricordi e i suoi cimeli. Tutto era come lo aveva visto l’ultima volta, tutto, ad eccezione di un nuovo ritratto appeso alla parete, accanto a quello di Albus Silente.
Un uomo vestito di nero, col volto di un pallore quasi spettrale, era ritratto nella magica tela, incastonata in una cornice d’argento finemente decorata.
Harry stesso aveva commissionato il dipinto, chiedendo che fosse appeso accanto a quelli degli altri presidi di Hogwarts.
Solo per un istante i suoi occhi indugiarono stupiti su quell’immagine: Severus Piton si era guadagnato il posto d’onore che la tela occupava, dando la vita per la causa, eppure, a differenza degli altri ritratti presenti nella stanza, il suo sembrava un comunissimo quadro babbano.
L’uomo, infatti, se ne stava immobile, con lo sguardo tristemente abbassato, quasi si sentisse fuori posto lì, e volesse in tutti modi passare inosservato.
Harry distolse lo sguardo: non era lì, per parlare con Piton, bensì con Silente, anche se vederne per la prima volta il volto appeso ad un muro lo metteva a disagio.
Non entrava nell’ufficio da molti anni e non aveva mai visto quel quadro, anche se sapeva che il lavoro era stato eseguito alla perfezione, come lui aveva richiesto, e il suo ex insegnate ora aveva il suo angolo di parete nella stanza che lo aveva visto preside.
In realtà non aveva mai voluto rivedere gli occhi neri di Severus Piton, non dopo il loro ultimo sguardo nella Stamberga.
Fece qualche passo in avanti e sollevò il capo fino ad incontrare, invece, le pupille color del cielo di Albus Silente.
A differenza di Piton, il mago dalla lunga barba bianca sembrava più vivo e reale che mai, lo guardava con aria triste, ma benevola.
“Mi dispiace, Harry… mi dispiace!” disse con un filo di voce.
Il ragazzo sopravvissuto, ormai divenuto un uomo, si avvicinò ancora, le braccia lungo i fianchi e i pugni stretti all’inverosimile.
“Lei sa cosa gli è successo. Ginny, mi ha detto che ha parlato di una maledizione, ma chi è stato, chi ha fatto questo a mio figlio?”
“Harry, quello che devo dirti non ti piacerà…”
“Non mi piacerà?” scattò. “Non mi piacerà, certo che no, qualcuno sta cercando di uccidere mio figlio, e qualunque cosa lei abbia da dire, non mi piacerà.”
“No, Harry, nessuno sta cercando di uccidere tuo figlio, la cosa è più complicata di quanto tu possa immaginare.”
Harry lo fissò con rabbia, ma lo lasciò parlare: voleva sapere e, soprattutto, voleva capire di cosa si trattava più in fretta possibile, per poter salvare il suo bambino. Perché lui ci sarebbe riuscito, a qualunque costo.
“Vedi caro ragazzo, nessuno ha lanciato maledizioni su Albus Severus, ma è stata la scuola stessa: queste mura lo hanno fatto ammalare.”
“Cosa sta cercando di dirmi? Cosa… ma… vuol dire che…” Harry prese a torcersi le dita, camminando avanti e indietro nello studio.
“Possiamo portalo fuori di qui allora, perché non lo avete fatto?” Nel momento stesso in cui pronunciava la frase, però, sapeva già che, se quella fosse stata la soluzione, sarebbe stata tentata fin dal principio.
Si voltò di nuovo verso il ritratto di Silente che scuoteva mestamente il capo.
“Harry, ho voluto parlarti di persona, perché ci sono cose che solo io e te sappiamo. Cose che sono successe molti anni fa…”
“Per favore, può arrivare al punto?” sbottò Harry, impaziente.
“Il punto, Harry, è che sia tu che tua moglie Ginny, siete stati legati a Voldemort in un modo molto particolare. La sua anima è venuta in contatto con la vostra, in modi diversi, ma lasciando comunque una traccia del suo passaggio.”
“Ma Ginny sta bene, si è ripresa completamente, e anch’io non sento più la sua presenza dentro di me da quando è stato distrutto.”
“Voldemort è morto, Harry. Lui non tornerà più, ma, là dove passa, il fuoco lascia sempre una bruciatura.”
“Bruciatura? Ma cosa sta dicendo?” Il giovane mago si afferrò i capelli, non riusciva a seguire il discorso di Silente: era troppo agitato.
Voldemort era morto, erano passati diciannove anni, tutto sembrava andare bene, ed ora, improvvisamente, il mondo sembrava crollargli nuovamente addosso.
“E’ come se la sua anima avesse lasciato un’impronta dentro di voi e questa fosse stata ereditata in qualche modo dal piccolo Albus” proseguì Silente. “E’ come una malattia, i cui effetti sono molto simili alla maledizione dell’anello dei Gaunt, anche se molto più lenti. Per anni è rimasta addormentata e latente ed ora la magia di Hogwarts l’ha risvegliata.”
“La magia di Hogwarts?”
“Sì, Harry, queste mura sono molto antiche, i più grandi maghi della storia hanno camminato in queste stanze, e la scuola ha assorbito la loro magia. Le pietre di Hogwarts sono così cariche di magia, che ogni incantesimo fatto all’interno della scuola viene amplificato.”
“Ma James, perché lui non ha subito gli effetti di questa maledizione?”
“Probabilmente perché la Magia Oscura è più potente nel dormitorio di Serpeverde. James non è immune, ma essendo stato smistato a Grifondoro, non è stato esposto come Albus Severus agli influssi negativi del sotterraneo che apparteneva a Salazar.”
Potter fissò di nuovo il ritratto dell’anziano mago, cercando di elaborare le sue parole: effetti molto simili a quelli della maledizione dell’anello, la maledizione che aveva colpito Silente nel suo ultimo anno come Preside.
Piton. Lui l’aveva curato.
I suoi occhi schizzarono verso il ritratto più piccolo lì accanto. Il respiro si fece improvvisamente affannoso, mentre puntava l’indice tremante verso l’uomo vestito di nero, che ora lo fissava a sua volta.
“Lui… lui può...” riuscì a mormorare con voce soffocata.
Silente non rispose, ma si girò in direzione dell’altro ritratto, come se potesse vedere l’uomo dietro il muro.
L’immagine di Piton sollevò lentamente il mento, scrutando il mago che aveva di fronte, con la stessa espressione di quando lo rimproverava durante le lezioni di Pozioni.
“Vedo che non hai prestato attenzione alle informazioni che ti ho dato, Potter. Come al tuo solito. Io non ho guarito il professor Silente dalla maledizione dell’anello.” scandì asciutto.
Poi, quasi sottovoce: “Non ci sono riuscito.”
“Ma, forse, questa volta potrebbe,” incalzò l’altro, senza dar peso al sarcasmo del suo ex insegnante.
Le labbra di Piton si piegarono appena.
“Forse… ma hai dimenticato una cosa fondamentale: io sono morto.”
Harry scrollò il capo con rabbia.
Sapeva benissimo che i ritratti, pur conservando il carattere e i ricordi delle persone, non potevano in alcun modo sostituirle.
Severus Piton era morto da diciannove anni, ormai. Era morto davanti ai suoi occhi, in un modo atroce.
Dimenticarlo? Come avrebbe potuto?
Nonostante fosse passato tanto tempo continuava a rivedere quella scena orribile ogni notte.
Eppure non riusciva ad accettarlo. In tutto il mondo magico, non esisteva un Pozionista capace come il suo ex insegnante, nessuno era stato mai in grado di eguagliarlo.
Se c’era un mago in grado di salvare suo figlio, questo era lui e il fatto che fosse morto non era un motivo sufficiente per rassegnarsi.
Senza dire altro, Harry si voltò di scatto e fece qualche passo in direzione della porta, quando la profonda voce di Piton lo bloccò di nuovo:
“Spero che tu non stia per fare qualche stupidaggine, Potter.”
Ma lui non rispose, uscì dalla stanza circolare e si diresse di corsa verso la biblioteca.



Continua…






  
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