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Autore: Krixi19    08/07/2013    4 recensioni
"Alcune amicizie impiegano molto a maturare, [...] altre invece nascono e crescono spontaneamente. L’amicizia tra Chri e i gemelli Weasley apparteneva alla seconda categoria. [...] Forse era stata proprio l’imprevedibilità ad attrarla a loro, [...]. Erano come il vento, liberi, naturali, spontanei e senza regole, non sapevi dove ti avrebbero portato, ma non aveva importanza: l’unica cosa che potevi fare era chiudere gli occhi e lasciarti trasportare. E così lei aveva fatto, per tutti gli anni in cui erano stati insieme."
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La vita non è che l’insieme di momenti, più o meno significativi; questa storia si compone proprio di questo: momenti, aneddoti, episodi, alcuni più collegati tra loro, altri meno, ma che nel loro insieme vanno a comporre l’esistenza di Christine Harvey, di Fred e George Weasley. Un rapporto unico, quasi indescrivibile; una vita intera, tra gioie e dolori, alcuni più grandi di altri.
Perché se c’è una sola cosa certa, è che la vita è imprevedibile.
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«Io non permetterò che ti accada qualcosa. Né permetterò che accada qualcosa a George. E so che lui farà lo stesso con noi. E so anche che tu farai lo stesso con me e lui. Finché staremo insieme, non ci accadrà nulla».
Genere: Angst, Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fred, Weasley, George, e, Fred, Weasley, George, Weasley, Nuovo, personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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We were nothing like the rest

 

 

 

 

 Maggio 1998

 

Quel giorno non ci furono segni. Non ci furono avvisi, non ci furono sintomi, nulla. Cominciò come una giornata normale, addirittura allegra; nessuno avrebbe potuto prevedere in cosa si sarebbe trasformata.

Chri stava sistemando la stanza che Zia Muriel aveva non troppo facilmente concesso loro di usare come ufficio, Fred stava contando l’incasso, George stava finendo la relazione di fine mese, quando il galeone dell’ES di tutti loro si era riscaldato. Avevano preso l’abitudine di portarselo sempre dietro, di tenerlo sempre in tasca, visto che la situazione ad Hogwarts stava decisamente peggiorando; si aspettavano quindi qualcosa di diverso – una richiesta di aiuto da Neville, per esempio –, non si aspettavano certo di leggere “Harry è tornato, si combatte”.

«Bisogna avvertire gli altri dell’ES, magari anche qualcuno che non ne faceva parte» disse subito Fred, pratico, cominciando ad evocare Patronus, imitato da George, che aggiunse: «Anche quelli dell’Ordine».

Anche Chri sfoderò la bacchetta, mandando un paio di Patroni alle persone giuste.

«Fatto» disse Fred, passandosi una mano sulla fronte. In quel momento Ginny scese le scale di corsa, entrando trafelata nella camera – da quando non era tornata a Hogwarts, aveva trovato rifugio a casa di Zia Muriel, così come loro, una volta costretti a chiudere il negozio.

«Avete letto?» disse col fiatone.

«Sì» disse Chri, annuendo. «Andiamo?» aggiunse, senza star a perdere tempo; non le piaceva l’idea che Ginny venisse, ma la conosceva abbastanza da sapere che avrebbero discusso anche per ore, e che se anche l’avessero lasciata lì, avrebbe trovato il modo di venire lo stesso – magari un modo pericoloso.

Gli altri annuirono, Fred prese per mano Ginny, poi tutti loro si Smaterializzarono alla Testa di Porco, dove un Abe molto seccato li accolse grugnendo loro qualche cosa e indicando il passaggio; lo imboccarono, e finalmente raggiunsero la Stanza delle Necessità, dove ormai un gruppetto di persone si era raccolto.

«Abe è un filino seccato» annunciò Fred, alzando la mano in risposta a tutti coloro che li stavano salutando. «Vorrebbe andare a dormire e il suo pub è diventato una stazione ferroviaria».

«Ah, è questo che ha detto» commentò Chri, spostandosi dal passaggio, per dar modo a tutti coloro che erano dietro di entrare.

«Allora, qual è il piano, Harry?» domandò George, mentre Chri cominciava a percepire la tensione dell’imminente battaglia.

«Non c’è un piano» rispose Harry, che sembrava essere piuttosto disorientato.

«Improvvisiamo, allora? È il mio piano preferito» dichiarò Fred, e Chri non poté far a meno di ridacchiare, per la veridicità della cosa.

Dopo che Harry si era finalmente deciso ad accettare il loro aiuto ed era andato alla Torre di Corvonero, a vedere com’era fatto il diadema di cui avevano parlato, loro si erano ritrovati lì, ad aspettare il suo ritorno, mentre a mano a mano i membri dell’Ordine li raggiungevano. Chri detestava aspettare: più aspettava, più la tensione saliva. Fred e George erano piuttosto bravi a stemperare la tensione, ma, davvero, l’attesa la stava torturando.

Finalmente Harry fece ritorno, e George gridò subito: «Che si fa, Harry? Cosa succede?»

«Stiamo facendo evacuare i ragazzi più piccoli, l’appuntamento è in Sala Grande per organizzarsi» rispose Harry. «Si combatte».

Con un boato, mentre la tensione accumulata si trasformava in adrenalina, un’ondata di persone si lanciò fuori dalla Stanza, tutti con le bacchette sfoderate, pronti a combattere.

Ginny stava per seguirle, ma la signora Weasley la trattenne, furiosa.

«Sei minorenne! Non lo permetterò!» urlava. «I ragazzi sì, ma tu, tu devi tornare a casa!»

«No!» ribatté Ginny, tentando di svincolarsi dalla presa. «Sono nell’Esercito di Silente!»

«Un branco di ragazzini» ruggì la signora Weasley.

«Un branco di ragazzini che sta per sfidarlo, cosa che nessun altro ha osato fare» intervenne Fred.

«Ha sedici anni! Non è abbastanza grande! Cosa v’è saltato in mente a voi due, di portarvela dietro...»

Fred e George si scambiarono uno sguardo colpevole, e anche Chri si vergognò un po’ per aver ceduto a priori.

Ginny stava ribattendo qualcosa, ma fu interrotta: qualcuno era appena uscito dal tunnel ed era inciampato, cadendo con un gran tonfo.

«Sono in ritardo?» disse Percy, rialzandosi trafelato. «È già cominciato? L’ho saputo solo ora e...»

Tacque, mentre un silenzio attonito accoglieva le sue parole e il suo ingresso; Fleur e Lupin tentarono di stemperare la tensione in un misero tentativo di conversazione, mentre Chri guardava prima Percy, poi i gemelli, che parevano pietrificati, come il resto della loro famiglia.

«Sono stato uno scemo!» ruggì Percy, rompendo il silenzio. «Un idiota, un imbecille tronfio, sono stato un... un...»

«Un deficiente schiavo del Ministero, rinnegato e avido di potere» concluse Fred.

Percy deglutì. «Sì» ammise.

«Beh, non potevi dirlo meglio di così» disse Fred, e gli strinse la mano; Chri tirò un sospiro di sollievo, mentre la signora Weasley spingeva da parte Fred, per stritolare Percy in un abbraccio.

«Cos’è che ti ha fatto tornare in te, Perce?» chiese George, mentre Chri distoglieva accuratamente lo sguardo.

«Era un po’ che ci stavo pensando» disse Percy, «ma venire via dal Ministero adesso è difficile: sbattono i “traditori” ad Azkaban in un attimo. Però mi sono tenuto in contatto con Chri» aggiunse, accennando a lei, mentre i gemelli la guardavano stupiti «e mi ha fatto sapere che Hogwarts stava per dare battaglia, e così... eccomi».

«Strano che ci sia il tuo zampino» commentò Fred, sorridendo.

«Non ho fatto nulla, mi sono limitata ad informarlo» disse Chri, scrollando le spalle. «Ha deciso tutto da solo».

«Ci aspettiamo che i nostri prefetti prendano il comando in simili circostanze» declamò George, in un’imitazione dei modi pomposi di Percy. «Adesso andiamo a combattere, o ci perderemo tutti i Mangiamorte migliori».

 

Qualche ora dopo l’allegria provata nella Stanza delle Necessità a Chri pareva solo un ricordo lontano. I Mangiamorte erano riusciti ad entrare, le maledizioni volavano ovunque, e si combatteva, senza sosta. Aveva sempre pensato che, al momento cruciale, avrebbe combattuto per gli ideali in cui credeva, avrebbe combattuto per porre fine a quella guerra ingiusta, avrebbe combattuto per riportare la pace; in realtà, combatteva solo per la sopravvivenza delle persone a lei care, l’unica cosa a cui riusciva a pensare. Tra un duello e l’altro, e anche durante, Schiantava i Mangiamorte che vedeva che stavano per lanciare maledizioni contro uno dei suoi, erigeva scudi proteggendoli, lanciava Controincantesimi.

«Smettila di proteggermi» le gridò George, pochi passi indietro a lei, quando lei aveva Ostacolato il Mangiamorte con cui lui stava combattendo, «pensa a te».

«Ho visto un’occasione!» urlò di rimando lei, parando il colpo che il suo Mangiamorte le aveva lanciato e scagliandogli tre Schiantesimi consecutivi, mandandolo a cozzare contro il muro.

«Bel colpo» le disse Fred, al suo fianco, sorridendo allegro, prima di Trasfigurare il Mangiamorte contro cui lui stava combattendo.

«Grazie» disse lei, sfinita, togliendosi la fuliggine dagli occhi; cominciava ad accusare la stanchezza, mentre già un altro Mangiamorte stava prendendo il posto di quello precedente. Fred formò uno scudo davanti a lei, deviando l’Avada Kedavra che quello le aveva lanciato.

«Grazie» disse di nuovo lei, mentre faceva uscire fiamme vive dalla sua bacchetta e mandandole poi contro il nemico. «Vedi, George, è così che...»

Ma non ebbe modo di aggiungere altro: l’aria tremò e un raggio verde la colpì in pieno petto.

Mentre cadeva, ebbe l’impressione di sentire le urla di Fred e George graffiarle le orecchie. Ma fu un attimo. Quando toccò il pavimento, già Christine Harvey non esisteva più.

 

 

 

*

 

Epilogo

 

«Fred, adesso basta».

La voce di Ron era alterata, e Fred non si stupì del fatto che non gliene importasse nulla. Erano poche le cose di cui gli importava. George, seduto accanto a lui, forse era l’unica.

«Ron, lascialo in pace» disse George, con rabbia, il tono che aveva sempre, tranne che con lui; Fred si chiese vagamente se anche a lui accadeva la stessa cosa, ma, in fondo, non gli importava nemmeno di quello.

«No, George, non va bene. Deve riprendersi. Dovete riprendervi».

Dalla voce di Ron adesso traspariva l’affetto nei suoi, nei loro confronti, ma di nuovo Fred non si stupì del fatto che non gliene importasse.

«Cosa pensi che penserebbe Chri, eh, se vedesse che hai, che avete abbandonato così...»

Accadde in un secondo: Fred si alzò di scatto e afferrò Ron per il bavero della maglia, il pugno destro tirato indietro; George scattò in piedi, frapponendosi tra i due; Ron guardò Fred stupito, e forse ferito, le mani alzate in segno di resa.

«Non nominarla mai più» disse Fred a denti stretti, lasciando andare il bavero della maglietta di Ron sotto la pressione della mano di George.

«Ron» disse George, guardandolo serio, «vattene. Adesso».

Ron fece un passo indietro, troppo basito per dire alcunché, e Fred finalmente stese il braccio lungo il fianco, la mano ancora stretta a pugno. Stava tremando.

«Così non va bene» disse Ron, prima di andarsene, senza che nessuno dei due lo salutasse.

Appena Ron si chiuse la porta alle spalle, Fred si lasciò sul cadere sul divano, emettendo un gemito di rabbia. George si lasciò scivolare accanto a lui, prendendosi poi la testa tra le mani, con aria sconfitta.

«Forse dovremmo chiudere il negozio» disse infine.

«Forse dovremmo» convenne Fred, atono.

«Ma lei non avrebbe voluto» constatò George, il dolore tangibile nella sua voce.

«Lei non c’è più» sputò Fred, «è impossibile che gliene freghi qualcosa».

George sospirò, poi tra di loro calò il silenzio, fatto di cose non dette, cose non espresse, ma di cui entrambi erano a conoscenza.

«Mi chiedo che senso abbia tutto questo, senza di lei» ruppe il silenzio Fred, la rabbia evaporata, sostituita dallo stesso dolore di George.

«Me lo chiedo anche io» rispose lui.

«A quest’ora, avremmo dovuto aver aperto la filiale di Hogsmeade, ci saremmo espansi a Birmingham, avremmo dovuto esser sposati. E invece... niente».

E di nuovo calò quel silenzio strano, che caratterizzava le loro giornate, che si trascinavano lente e dense.

«Non se ne andrà mai, vero?»

«Cosa?» chiese George, anche se Fred sapeva che conosceva la risposta.

«Il dolore».

«No» rispose. «Forse, se saremo fortunati, riusciremo a conviverci».

«E come potrei? La mia anima ce l’ha ancora lei».

 

 

 

 

And as I looked around, I began to notice that

 we were nothing like the rest*

 

 


*citazione tratta da Mountain Sound dei Of Monsters and Men


Lo so che ora mi odiate, lo so. Ma c'era il what if, ricordate? Il What if consiste nell'inserimento di un nuovo personaggio ed io sono convinta che questo basti a cambiare il corso di alcuni eventi (se è vero che il mondo è una grossa catena di causa ed effetto e che il battito di una farfalla può provocare un uragano all'altro capo del mondo).

Detto questo, finale super pessimista, in effetti. Ma neanche tanto. Non so, credo che insieme Fred e George ce la possano fare a superare questo trauma o comunque a trovare la forza l'uno nell'altro (mentre sono profondamente convinta che George non si sia mai ripreso dalla morte di Fred, nell'universo Rowlingiano). E, insomma, non potevo uccidere Fred. Semplicemente non potevo. ç_ç

Mi è stato suggerito in passato di distinguere i generi della storia in "pre-finale" e in "post-finale", perché rileggerla con la consapevolezza di questo finale, mi dicono, rende ciò che era magari fluff angst. Detto questo...

Spero che la storia vi sia piaciuta, grazie per avermi accompagnato lungo tutto il percorso. Grazie davvero. Inoltre, sono veramente contenta ed emozionata per essere arrivata alla fine della pubblicazione di questa immensa one-shot, così i nuovi lettori potranno leggerla interamente, come è giusto che venga letta - o almeno, come era nelle intenzioni ^^
Qualche tempo fa, avevo in mente di fare un qualche missing moment - che verrà, nel caso, pubblicato a parte - ma poi la mia ispirazione è evaporata, quindi non prometto nulla. Sappiate solo che c'è un documento word intitolato "We were n - missing moments", qualsiasi cosa voglia dire.

Grazie ancora, ai lettori silenziosi e non: vi amo tutti.

A presto (spero)

Cri

   
 
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